Pigigres ha scritto:Se così, molto interessante, devo rifletterci su.
Anche io. Quando ce lo beviamo ?

Pigigres ha scritto:Se così, molto interessante, devo rifletterci su.
pippuz ha scritto:Pigigres ha scritto:Se così, molto interessante, devo rifletterci su.
Anche io. Quando ce lo beviamo ?
Dedalus ha scritto:Il "mistero" è evocativo e può aggiungere fascino, ma oltre un certo limite è nemico della comprensione, e può rappresentare un impedimento non piccolo al pieno godimento del vino, che è complesso e stratificato per definizione, ed è proprio questa la radice del suo fascino. Se i conti non tornano con il vitigno, la zona e le tecniche, allora la curiosità di farmi un'idea almeno generale intorno a questa diversità assume un ruolo centrale. Se questa diversità non me la spiego nemmeno a grandi linee, per me alla fine il Trebbiano di Valentini finisce per essere una monade isolata dal tessuto vitale di relazioni complesse e sfumate che fanno l'intelligenza del vino: il terroir. E' qui la radice della passione, e se il Trebbiano di Valentini rimane del tutto sfuggente a questo tipo di comprensione, finisce per essere non un vero vino di terroir (per me l'unico vino che mi interessi davvero), ma una bevanda moderatamente alcolica che sa di Trebbiano di Valentini. Buona ed intrigante, ma finita lì.
Nota importante: la metto giù netta e dura più per spiegare con maggior chiarezza i miei dubbi, che per dare un ritratto davvero calzante del vino in questione.
l'oste ha scritto:Dedalus ha scritto:Il "mistero" è evocativo e può aggiungere fascino, ma oltre un certo limite è nemico della comprensione, e può rappresentare un impedimento non piccolo al pieno godimento del vino, che è complesso e stratificato per definizione, ed è proprio questa la radice del suo fascino. Se i conti non tornano con il vitigno, la zona e le tecniche, allora la curiosità di farmi un'idea almeno generale intorno a questa diversità assume un ruolo centrale. Se questa diversità non me la spiego nemmeno a grandi linee, per me alla fine il Trebbiano di Valentini finisce per essere una monade isolata dal tessuto vitale di relazioni complesse e sfumate che fanno l'intelligenza del vino: il terroir. E' qui la radice della passione, e se il Trebbiano di Valentini rimane del tutto sfuggente a questo tipo di comprensione, finisce per essere non un vero vino di terroir (per me l'unico vino che mi interessi davvero), ma una bevanda moderatamente alcolica che sa di Trebbiano di Valentini. Buona ed intrigante, ma finita lì.
Nota importante: la metto giù netta e dura più per spiegare con maggior chiarezza i miei dubbi, che per dare un ritratto davvero calzante del vino in questione.
Un vino "artigianale" rischia più facilmente di sfuggire alla comprensione pragmatica, ancor più se come in questo caso non vi sono riferimenti storici e consistenti di vitigino e terroir.
Credo che solo un intervento del produttore di questo vino potrebbe dipanare i tuoi dubbi.
Organizziamo una visita da Valentini per la primavera?
Dedalus ha scritto:l'oste ha scritto:Credo che solo un intervento del produttore di questo vino potrebbe dipanare i tuoi dubbi.
Organizziamo una visita da Valentini per la primavera?
Direi che questa cosa qui...
...come si dice?
Ecco: sepoffa', sepoffa'...
Pigigres ha scritto:vinogodi ha scritto:... beh , esempi di "atipicità" potremmo scovarne in ogni angolo del mondo , e sempre con grande godimento alla faccia di qualsiasi considerazione su riconoscibilità o tipicità nel contesto di tradizione locale . Qualche esempio?
- Che "tipicità" ha Pingus?
- Che territorialità Chateau de Valandraud o La Mondotte ?
- E Hommages a Jaques Perrin cosa c'entra con CNDP ?
- Ma Monfortino è davvero tipico di Serralunga?
PS: continuo? ...
Pur essendo d'accordo che esistono tanti esempi analoghi al caso in questione, faccio notare che gli esempi che hai citato non sono pertinenti, o meglio, sicuramente non lo è Monfortino, gli altri non so. Se uno beve alla cieca Monfortino per la prima volta nella sua vita, supponendo che abbia una buona conoscenza della denominazione, dice "Barolo". Quindi non è proprio la stessa cosa.
meursault ha scritto:Credo che la domanda di Rossano sia retorica.
Il perchè di questa diversità, di questa unicità, non può essere altro che la tecnica, il manico.
E questo risulta, per Rossano, molto molto meno interessante rispetto ad una diversità territoriale.
Che sarebbe appunto diversità rispetto a tutti gli altri ma sempre all'interno di un comune quadro espressivo.
Però io non sono mica così convinto che il Trebbiano di Valentini sia così distante da altri vini a base Trebbiano.
Ad esempio a me è capitato di bere dei vini della mia zona, dove i bianchi hanno quasi sempre una buona percentuale di Trebbiano (che sia poi bombino bianco o un parente non vi saprei dire) che non erano così distanti dal profilo del vino di Valentini.
Certo Valentini marca molto il suo vino tramite le teniche utilizzate soprattutto in cantina, per quanto arcaiche siano.........però non sono così sicuro che le peculiarità del vino siano così stravolte da porlo al di fuori di tipologia e zona.
Sarebbe interessante dare il trebbiano di Valentini a qualcuno che non ha mai sentito un vino di tale cantina, e vedere se riesce ad identificare vitigno e zona.......
l'oste ha scritto:...Organizziamo una visita da Valentini per la primavera?
meursault ha scritto:Credo che la domanda di Rossano sia retorica.
Il perchè di questa diversità, di questa unicità, non può essere altro che la tecnica, il manico.
meursault ha scritto:E questo risulta, per Rossano, molto molto meno interessante rispetto ad una diversità territoriale.
Che sarebbe appunto diversità rispetto a tutti gli altri ma sempre all'interno di un comune quadro espressivo.
meursault ha scritto:Però io non sono mica così convinto che il Trebbiano di Valentini sia così distante da altri vini a base Trebbiano.
Ad esempio a me è capitato di bere dei vini della mia zona, dove i bianchi hanno quasi sempre una buona percentuale di Trebbiano (che sia poi bombino bianco o un parente non vi saprei dire) che non erano così distanti dal profilo del vino di Valentini.
Certo Valentini marca molto il suo vino tramite le teniche utilizzate soprattutto in cantina, per quanto arcaiche siano.........però non sono così sicuro che le peculiarità del vino siano così stravolte da porlo al di fuori di tipologia e zona.
Dedalus ha scritto:Sì e no.
Si
No.
(sì).
No
Sì.
vinogodi ha scritto:Dedalus ha scritto:Sì e no.
Si
No.
(sì).
No
Sì.
... ecco il Rossano che in pochi conoscono...
marwine ha scritto:vinogodi ha scritto:Dedalus ha scritto:Sì e no.
Si
No.
(sì).
No
Sì.
... ecco il Rossano che in pochi conoscono...
Ma è nei nostri sogni
Deruj ha scritto:merdacce!
l'oste ha scritto:Assomiglia ad un'idea schizoide inventata da un eno-pazzo.
Invece, cena dell'ultimo dell'anno a casa di amici con fuochi artificiali e bambini, in cui tutti collaborano portando qualcosa da bere e da mangiare. Di solito funziona sempre molto bene per il manducare, ovvero le cibarie, in fondo basta l'accorgimento di definire prima chi porta l'antipasto e chi il dolce, altrimenti poi si rischierebbe di trovarsi con cinque salami, tre formaggi di capra, sei panettoni e due pandori. Si sa che dopo Natale tutti han meno voglia di cucinare.
Comunque fortunatamente siamo un gruppo abbastanza affiatato anche da vacanze passate insieme, quindi come detto col cibo questo metodo porta sempre una cena di ottimo livello; infatti c'era di tutto, salmone intero Balik, involtini di pasta filo con carne e verdure, torte salate, zuppa di verdure, crostacei, cotechino e lenticchie, formaggi, tirami su, panettone.
Ma se per il cibo è stato un piacere qualitativo costante, con il vino sono state montagne russe. Sia per il senso di apertura delle bottiglie (c'è chi sostiene che lo champagne vada aperto solo a mezzanotte), che per il lignaggio del liquido bevuto.
E' vero che a fine serata l'alcol si era mischiato tutto indistintamente tra nobile e plebeo, così come mischiati erano i pochi rudimenti di grammatica che riuscivo ad articolare.
Comuqnue fino alla seconda magnum di champagne, dopo mezzanotte, qualcosa ricordo.
Si passa da uno spumante Gancia e un "Valdobbiadene in offerta alla Coop" ad un rosso di Montalcino '99 Biondi-Santi, poi un altro rdM 2006 di Ferrero e un Dolcetto San Fereolo 2006. Tutto questo con gli antipasti ed una residua lucidità, ma subito dopo...il caos.
Una sequenza da "brivido" che parte con un montecucco nemmeno malvagio pur semplice e "apolide", il Rigoleto 2008, ma poi la china scende su lambrusco dell'Esselunga, in sequenza barberona 2009 di vino massello, "brunello 2002 in offerta al Tigros", Morellino Cooperativa Produttori 2008 e il fantomatico Già 2010, il non-novello-ma-quasi.
A quel punto per esorcizzare le ultime bottiglie estraggo la pozione di Panoramix, un Gevrey Chambertin 2006 di Fourrier che riporta in alto il senso del bere rispetto al bere da senso.
Siamo intanto vicini alla mezzanotte, mi avvicino alle magnum sul terrazzo e scelgo Pierre Peters per il brindisi.
Quella di Bollinger SC meglio gustarsela dopo a tavola senza le urla dei bimbi e i botti della mezzanotte. Che poi anche il bdb di Peters non mi è affatto dispiaciuto, ma forse conta il bonus del momento.
Che il 2011 sia benvenuto per tutti.
paipus ha scritto:l'oste ha scritto:Assomiglia ad un'idea schizoide inventata da un eno-pazzo.
Invece, cena dell'ultimo dell'anno a casa di amici con fuochi artificiali e bambini, in cui tutti collaborano portando qualcosa da bere e da mangiare. Di solito funziona sempre molto bene per il manducare, ovvero le cibarie, in fondo basta l'accorgimento di definire prima chi porta l'antipasto e chi il dolce, altrimenti poi si rischierebbe di trovarsi con cinque salami, tre formaggi di capra, sei panettoni e due pandori. Si sa che dopo Natale tutti han meno voglia di cucinare.
Comunque fortunatamente siamo un gruppo abbastanza affiatato anche da vacanze passate insieme, quindi come detto col cibo questo metodo porta sempre una cena di ottimo livello; infatti c'era di tutto, salmone intero Balik, involtini di pasta filo con carne e verdure, torte salate, zuppa di verdure, crostacei, cotechino e lenticchie, formaggi, tirami su, panettone.
Ma se per il cibo è stato un piacere qualitativo costante, con il vino sono state montagne russe. Sia per il senso di apertura delle bottiglie (c'è chi sostiene che lo champagne vada aperto solo a mezzanotte), che per il lignaggio del liquido bevuto.
E' vero che a fine serata l'alcol si era mischiato tutto indistintamente tra nobile e plebeo, così come mischiati erano i pochi rudimenti di grammatica che riuscivo ad articolare.
Comuqnue fino alla seconda magnum di champagne, dopo mezzanotte, qualcosa ricordo.
Si passa da uno spumante Gancia e un "Valdobbiadene in offerta alla Coop" ad un rosso di Montalcino '99 Biondi-Santi, poi un altro rdM 2006 di Ferrero e un Dolcetto San Fereolo 2006. Tutto questo con gli antipasti ed una residua lucidità, ma subito dopo...il caos.
Una sequenza da "brivido" che parte con un montecucco nemmeno malvagio pur semplice e "apolide", il Rigoleto 2008, ma poi la china scende su lambrusco dell'Esselunga, in sequenza barberona 2009 di vino massello, "brunello 2002 in offerta al Tigros", Morellino Cooperativa Produttori 2008 e il fantomatico Già 2010, il non-novello-ma-quasi.
A quel punto per esorcizzare le ultime bottiglie estraggo la pozione di Panoramix, un Gevrey Chambertin 2006 di Fourrier che riporta in alto il senso del bere rispetto al bere da senso.
Siamo intanto vicini alla mezzanotte, mi avvicino alle magnum sul terrazzo e scelgo Pierre Peters per il brindisi.
Quella di Bollinger SC meglio gustarsela dopo a tavola senza le urla dei bimbi e i botti della mezzanotte. Che poi anche il bdb di Peters non mi è affatto dispiaciuto, ma forse conta il bonus del momento.
Che il 2011 sia benvenuto per tutti.
è tratto da un libro di palaniuk?
occhiolino®
l'oste ha scritto:paipus ha scritto:l'oste ha scritto:Assomiglia ad un'idea schizoide inventata da un eno-pazzo.
Invece, cena dell'ultimo dell'anno a casa di amici con fuochi artificiali e bambini, in cui tutti collaborano portando qualcosa da bere e da mangiare. Di solito funziona sempre molto bene per il manducare, ovvero le cibarie, in fondo basta l'accorgimento di definire prima chi porta l'antipasto e chi il dolce, altrimenti poi si rischierebbe di trovarsi con cinque salami, tre formaggi di capra, sei panettoni e due pandori. Si sa che dopo Natale tutti han meno voglia di cucinare.
Comunque fortunatamente siamo un gruppo abbastanza affiatato anche da vacanze passate insieme, quindi come detto col cibo questo metodo porta sempre una cena di ottimo livello; infatti c'era di tutto, salmone intero Balik, involtini di pasta filo con carne e verdure, torte salate, zuppa di verdure, crostacei, cotechino e lenticchie, formaggi, tirami su, panettone.
Ma se per il cibo è stato un piacere qualitativo costante, con il vino sono state montagne russe. Sia per il senso di apertura delle bottiglie (c'è chi sostiene che lo champagne vada aperto solo a mezzanotte), che per il lignaggio del liquido bevuto.
E' vero che a fine serata l'alcol si era mischiato tutto indistintamente tra nobile e plebeo, così come mischiati erano i pochi rudimenti di grammatica che riuscivo ad articolare.
Comuqnue fino alla seconda magnum di champagne, dopo mezzanotte, qualcosa ricordo.
Si passa da uno spumante Gancia e un "Valdobbiadene in offerta alla Coop" ad un rosso di Montalcino '99 Biondi-Santi, poi un altro rdM 2006 di Ferrero e un Dolcetto San Fereolo 2006. Tutto questo con gli antipasti ed una residua lucidità, ma subito dopo...il caos.
Una sequenza da "brivido" che parte con un montecucco nemmeno malvagio pur semplice e "apolide", il Rigoleto 2008, ma poi la china scende su lambrusco dell'Esselunga, in sequenza barberona 2009 di vino massello, "brunello 2002 in offerta al Tigros", Morellino Cooperativa Produttori 2008 e il fantomatico Già 2010, il non-novello-ma-quasi.
A quel punto per esorcizzare le ultime bottiglie estraggo la pozione di Panoramix, un Gevrey Chambertin 2006 di Fourrier che riporta in alto il senso del bere rispetto al bere da senso.
Siamo intanto vicini alla mezzanotte, mi avvicino alle magnum sul terrazzo e scelgo Pierre Peters per il brindisi.
Quella di Bollinger SC meglio gustarsela dopo a tavola senza le urla dei bimbi e i botti della mezzanotte. Che poi anche il bdb di Peters non mi è affatto dispiaciuto, ma forse conta il bonus del momento.
Che il 2011 sia benvenuto per tutti.
è tratto da un libro di palaniuk?
occhiolino®
Palamiuk mi manca. Da una gogolata ho trovato Chuck Palaniuk che a quanto dicono è un emulo di Stephen King, quindi scrive roba che da brividi. Un suo libro si intitola anche Survivor...
Ecco, se ti riferisci a lui, hai ragione e ammetto che purtroppo la paura di bere ancora certi vini approssimativi e scelti con tali parametri, mi terrorizza profondamente.
Sorriso.
l'oste ha scritto:barberona 2009 di vino massello
meursault ha scritto:Giusto per la precisione, si chiama Chuck Palahniuk.
E a mio parere "Fight Club", di Fincher, è un grandissimo film, e, cosa assai rara, meglio del libro.
Tra i libri di Palahniuk consigliatissimo invisible mosters......