Ieri sera fantastica serata in compagnia di
Paolo De Marchi ed il suo superbo
Cepparello. Non ho il minimo problema ad ammettere che l'impressione complessiva che ho ricavato da questa verticale è quella di un vino di qualità ben superiore a quella (già alta) che gli attribuivo precedentemente. Sinceramente non mi aspettavo un livello così omogeneamente alto tra le varie annate (che eppure si percepivano come diverse e rappresentative della climaticità dell'epoca), una così grande mobilità nei bicchieri e soprattutto una così evidente dimostrazione di longevità. Lo potrei definire un vino "certamente toscano" nella sua interpretazione del sangiovese ma con un'anima più compassata e gentile, aggraziata ed elegante, un vino che si esprime con toni decisi ma mai sopra le righe, mai urlati e forse nemmeno eccessivamente passionali. Un vino che sembra rispecchiare il carattere decisamente "savoia" del suo autore, che appare come un gentile signore piemontese legato a questa terra soprattutto dalla bellezza che sa esprimere, capace di coglierne forse meglio di tanti toscani, l'anima estetica (nel senso filosofico del termine) più che quella imperniata sulla cultura realistica e popolare.
Abbiamo iniziato la cena con uno splendido
Chardonnay Collezione De Marchi 1995 (portato proprio da Paolo) che ci ha sorpresi per la fresca acidità che accompagnava le note fumè, inizialmente predominanati. Con l'ossigenazione poi il vino ha tenuto benissimmo: non ha perso freschezza mentre ha attenuato i sentori boise per lasciare spazio a sentori di fiori ed anche ad una bella nota di ardesia che lo ha reso ancora più piacevole e godibile. Molto buono!
La batteria dei Cepparello è stata servita coperta e con ordine casuale. Conteneva inoltre un "ringer" di tutto rispetto che si è dimostrato perfettamente in linea con lo stile del vino di Barberino, sebbene sia stato quasi subito individuato per la netta differenza dei sentori sia olfattivi che palatali:
Brunello di Montalcino 1999 Poggio di SottoLe annate degustate sono state:
2001, 1999, 1998, 1997, 1995, 1990. Al termine della serata ci siamo esaltati con un 1985 che ci ha lasciati basiti per la freschezza assoluta: al naso qualche nota iniziale di sangiovese evoluto (ma buono), caffettoso e un po' sporchino ma poi si è ripulito alla grande; in bocca invece è un vino "wooow": sentori di terra e carrube, con un frutto rosso e scuro che fa capolino e cresce con l'ossigenazione; persistenza da perdere il conto dei secondi (forse minuti) sostenuta al palato da un tannino assolutamente vigoroso e ancora lontano dal totale svolgimento.
Brevi flash sulle altre annate:
1997: per un pelo non è stato il vincitore della serata ma i sentori auguria fresca ed arancia che esprimeva a fine serata non me li dimenticherò per molto tempo; il tannino è meraviglioso per rotondità e corposità. Continuo a sostenere che chi critica l'annata 1997 non la beve abbastanza: i grandi vini di quell'annata sono semplicemente immensi.
1999: buono ma un po' compresso, è rimasto schiacciato dai vicini di bicchiere, il frutto quasi nero ed un tannino quasi allappante lo hanno un po' schiacciato per tutta la sera impedendogli di aprirsi totalmente. Forse il più indietro di tutta la batteria: promette bene ma ha bisogno ancora di tempo.
2001: partito malissimo, forse per colpa di una bottiglia un po' sfortunata, sembrava molto evoluto, quasi cotto, con sentori dominanti di uva passa e rhum. A metà serata invece ci sorprende tutti, mette la quarta e parte per un'evoluzione inaspettata. Simile nei sentori al '97, rimane un pelo sotto per un'anguria un po' più matura e dolcina, ed un tannino ancora troppo fitto e meno definito del fratello maggiore. Però che bella bocca compatta e piacevole, dolce e sinuosa: sarà un grande vino!
1990: dopo una falsa partenza per un tappo malefico, la seconda bottiglia si mostra per quello che già aveva dimostrato in una precedente occasione; un vino talmente giovane da avere ancora tutti i difetti di questa illogica gioventù. Colore che non ha ceduto di un micron dal rosso scuro e soprattutto una bocca cattiva e grintosa, penalizzata però prorprio dall'eccesso di asperità degli amati polifenoli. L'impressione è che si porterà sempre dietro queste caratteristiche e che il tempo difficilmente lo porterà a raggiungere i livelli del 1985
1998: la vera sorpresa della serata! Nessuno avrebbe scommesso una cippa su questo vino di annata considerata "minore" ma che in realtà ci esalta per la sua freschezza, bevibilità estrema (il primo a finire nei bicchieri) e integrita di frutto e colore. L'evoluzione olfattiva è stata notevole raggiungendo il suo top quando ha evidenziato note di terra bagnata con un mentolato fresco e balsamico. Frutto croccante di prugna e ciliegie e bellissima acidità.
1995: vincitore tra i grandi. Il più scarico di colore, il tannino più rotondo e definito, il naso più "toscano" anzi chiantigiano di tutta la batteria. Conferma il momento di grazia dei vini a base sangiovese di questa annata, ma ci mette del suo con una bevibilità assoluta ed una mineralità esaltante: un vino che non può non piacere e che farebbe stare bene anche un bevitore inesperto e disattento. Ecco lo definirei uno di quei vini in grado di convertire alla passione del vino anche l'astemio più riottoso...
Un ringraziamento particolare a Giacomo Fantini, perfetto chef dell'Osteria al Torrione (fra Poggibonsi e Castellina in Chianti), che ha saputo creare piatti assolutamente in linea con le qualità dei vini del grande Paolo De Marchi. Una menzione speciale anche alla sua bravissima sommelier Raffaella che ci ha fornito un servizio da applausi scroscianti.
Con Paolo ci siamo ripromessi di rivederci presto per almeno due appuntamenti enologici: uno, organizzato da Lucalu, con protagonista il suo bellissimo syrah ed un altro dedicato al Lessona, nuovo appassionante amore di un vignaiolo di rara sensibilità.
A presto!