Alcune impressioni personali sul tempranillo.
Tinta de pais, tinta fina, tinta de toro, cencibel, ull de lebre, tinto jacivera, aragonez, arganda, negra de mes, e altri ancora, sono i nomi con i quali viene chiamato il tempranillo a seconda delle zone o del tipo di clone/derivato.
Nonostante la grande ricchezza aromatica della garnacha e di alcuni suoi mirabolanti interpreti iberici (Alvaro Palacio con Eremita e Finca Dofi è il numero uno), il Tempranillo si può considerare il vitigno elettivo di Spagna, soprattutto perché meno ossidativo della grenache e con una acidità superiore che, insieme ad una ottima tannicità e alle vigne spesso vecchie, gli permette quasi infiniti viaggi nel tempo.
Poi, oltre ad entrare in alte/issime percentuali nei vini a denominazione Rioja e Ribera del Duero (ma anche negli ormai affermati Navarra, nei Cigales in gran crescita, Somontano, la Mancha), negli ultimi anni, sostenuti da stampa e consumatori, molti produttori si sono decisi a vinificarlo in purezza e ad esporre orgogliosamente sul retroetichetta la scritta tempranillo 100%, con un processo storico cronologico che per molti aspetti mi ricorda le vicende del Chianti e di altra Toscana. Anche in Spagna infatti, dopo il grande infervoramento per merlot e cabernet, molti produttori si sono resi conto che il tempranillo, con i dovuti accorgimenti in vigna, ma soprattutto in cantina, è un patrimonio ampelografico enorme da ogni punto di vista.
Dal punto di vista olfattivo e gustativo e seguendo il giochino “somiglia a”, molti libri ed esperti spagnoli tendono a paragonare i Ribera ai bordeaux e i Rioja alla borgogna, ma non sono molto d’accordo con questa generalizzazione. Anche perché a parte la maggior percentuale di merlot/cabernet consentita in Ribera e i differenti disciplinari, il vitigno base utilizzato più del 60% è pur sempre il tempranillo. Empiricamente e personalmente nei vini a base tempranillo, spesso mi è capitato di sentire profumi assimilabili ad alcuni nebbiolo/barolo, come il salmastro, la menta, il frutto sotto spirito, oltre ad avere la stessa alta longevità. Nel vitigno spagnolo non è accentuata e ricorrente la componente floreale di rosa o la mineralità “estrema” di alcuni piemontesi, mentre spesso si sentono pout pourri di fiori secchi e liquirizia. Altre volte mi è capitato di sentire i fruttini della Cote de Nuits, ma senza quel caratteristico corredo esotico di gesso e incenso. Come acidità e palato il tempranillo mi ricorda sangiovese in alcuni casi, mentre nei vini giovani qualcosa della barbera, anche nel frutto fresco "ciliegioso". Quindi in sostanza, trovo abbastanza inutile e troppo vasto cercare sfaccettature alloctone ad un grande vitigno totalmente autoctono e tipico come il tempranillo.
In questi ultimi giorni, ho bevuto un discreto numero di bottiglie, alcune solo assaggiate altre delle quali mi sono innamorato. Raccontarle tutte sarebbe lunghetto e temo noioso, ricordo solo quelle che mi sono piaciute di più.
Faustino I Gran Reserva 1982Ogni volta che bevo uno spagnolo di questo millesimo è una goduria, statisticamente per me grande annata. Questo è il vino di punta di un produttore molto antico, che ha vissuto fasi alterne di gloria e buio, ma che in questa bottiglia ha messo veramente tanta classe. Ricorda i profumi dei vecchi barolo, ha una speziatura leggera che richiama la frutta secca, poi ancora un bel frutto, spiritato ma elegante e dopo un paio d’ore esce anche uno sbuffo di mare, iodio e salmastro. In bocca è rotondo, pronto ma senza cedimenti, potrebbe durare ancira, solo leggermente corto nel finale, ma quello che resta in bocca è un piacevole eco di frutta, uva nera. Piaciuto proprio.
Bodega Dehesa de los Canonigos Reserva 2001Mai bevuto nulla di questo produttore prima di questa bellissima bottiglia, per la cronaca il 2001 ha avuto altipuntiparker. Il colore è meno carico di molti tempranillo. Ha un impatto olfattivo irruente, come a volersi far apprezzare, si pavoneggia. Al palato è elegante, ricco ma non strabordante e il bello è che non si siede mai, finchè non finisce la bottiglia e siamo costretti ad ordinarne un’altra, ma purtroppo il 2001 è finito e ci aprono la reserva 1998: un po’ meno intensa al naso ma la linea è la stessa, lo stile è questo, impatto olfattivo e grande bevibilità. Bella scoperta per me anche se l’azienda credo sia abbastanza nota. Piaciuto un bel po’.
Vega Sicilia Unico 1999Esplosivo da far paura, anzi, non ricordo nelle recenti annate tanta esuberanza giovanile. Chissà come saprà durare nel tempo e come potrà evolvere. Oggi è un misto di sensualità giacosiana e ricchezza bordolese. Il naso è fruttato con rara e sfacciata eleganza, balsamico al tabacco e molto pieno, voluminoso, qui glisso sulle metafore
machiste che mi sovvengono come paragone. Musicalmente sarebbe una big band di rhythm and blues con Marvin Gaye alla voce. Non è estremamente progressivo nelle ore, come capita con i millesimi più invecchiati, ma comunque abbastanza complesso. In bocca è molto piacevole, concentrato, soffice, pieno di materia, bevibilità molto alta. Finale di prepotente ritorno al palato e fino al naso, impressiona davvero, solo il dubbio che sia troppo pronto… Piaciuto molto.










