Ma che bello tutto questo apprezzamento per i "miei" posti di montagna...!
Claudio, era proprio a questo che mi riferivo, parlando di "limiti intrinseci" di quel negozio...vero anche che io ormai so come prenderli, e riesco pure a farli ammorbidire e ragionare, a volte...
Ma la baita dello zio è quindi all'altezza più o meno di Fontanabona, dall'altra parte del fiume? O su verso Ponte Maria? Bellissimi posti, selvatici e popolati di leggende misteriose.
Grazie a tutti, ho dunque seguito gli incoraggiamenti e ho aperto ieri sera la 2012. Abbinamento magari non ideale, ma di soddisfazione: ormai siamo quasi all'autarchia alimentare qua da me, per cui tra patate recuperate tempo fa nella bassa, ortiche raccolte dalle figlie qui intorno, per l'impasto della sfoglia, uova del contadino dietro casa, guanciale di mora di Zivieri conservato per i momenti bui, ne sono usciti dei tortelli di patate notevoli, conditi con burro e timo fresco dell'orto.
Il vino,
Pisoni - Reboro 2012: aperto e versato per poco più di metà bottiglia in calici ampi e poi ritappato con Preservino per sentirlo in seguito, servito non ai 18-20 gradi suggeriti in etichetta (temevo l'alcol) ma a più sfiziosi 16,5 gradi, mi ha dato un bel colore granato intenso, pur con una sua luminosità, e senza cedimento alcuno nemmeno all'unghia. Il naso si è via via aperto e fatto interessante, con le varie note di frutta scura matura, soprattutto ribes, mirtillo e melograno, appena prugna leggermente asciugata e una nota di grafite di fondo. Sentori vegetali verdi o erbacei tipici del territorio quasi assenti, ma comunque appena percettibili e non mi dispiacevano. Note dell'affinamento minime e in sottofondo, nel senso di una sensazione di morbidezza all'olfatto, non proprio vaniglia o simili, ma solo una nota confortevole e avvolgente, che non riesco a descrivere meglio, più una sensazione appunto. In bocca è pieno, di buon corpo, coerente con la parte olfattiva. L'appassimento si percepisce ma non in maniera prevaricante; l'impressione sul vitigno è quella di un merlot reso più dinamico dalle caratteristiche di frutto (croccante, direbbe qualcuno), freschezza e maggiore acidità del teroldego. La persistenza è buona, la leggerissima nota amaricante in chiusura non disturba, la trovo comunque in equilibrio con un vino con una sua morbidezza comunque presente in modo diffuso. Bevuto molto volentieri.
Come detto, l'unico rischio è di una percezione in eccesso dell'alcol (15° in tutte e tre le annate a mia disposizione), soprattutto immagino a temperature superiori. Ieri la mia sensazione è stata comunque che rimanessimo entro limiti accettabili, ma proprio al limite. Tannini quasi del tutto svolti (non credo sia comunque un vitigno particolarmente dotato in tal senso, ma non so bene) e comunque gentili. Insomma, diciamo che mi ha dato buona soddisfazione.
Forse può dunque essere una soluzione valida per riattualizzare un vitigno che non è del tutto da buttare, anzi, ma che preso di per sé altrimenti non va molto più in là di quanto testimoniato da Maxer...
Il problema è che la lavorazione di questo tipo comporta dei costi che si riflettono sul prezzo, quindi a livello commerciale non so poi come possa funzionare. A me ha dato comunque più soddisfazione di alcuni amarone, magari delle zone "nuove", in cui mi era capitato di imbattermi nel recente passato, e lo dico pur da fanatico di tale vino, anche per l'imprinting dovuto al mio svezzamento enoico nella giovinezza mantovana, per vicinanza geografica ai "cuginastri" veronesi.
Mentre per quanto riguarda il Trentino, l'unico ulteriore esempio del genere da me affrontato in passato, un Teroldego con leggero appassimento (ma sulla pianta, credo, non su graticci), il Gran Masetto di Endrizzi, seppur ben fatto lo ricordo ad esempio più pesante e monolitico alla beva.
Bene, grazie a tutti (compreso Maxer, massì, anche se stavolta l'ho beccato meno preparato del solito...

)
E soprattutto l'augurio a tutti, me compreso, di poter tornare di nuovo o andare (chi non c'è mai stato) presto in Val Rendena e a camminare (o arrampicare, gli atletici come littlewood) quelle splendide montagne!
P.S.: lloyd142, non so se ti è mai capitato di andarci, e non so nemmeno se ora sia ancora consentito, con il permesso ovviamente, ma se oltre alla pesca nel fiume ti piace anche quella in lago, le trote del laghetto di Cornisello, da dove poi scende parte della Sarca di Nambrone, sono le più buone mai assaggiate. Da gustarsi rigorosamente in abbinamento felicissimo, seppur alla parvenza audace, con un grande Sorbara...