Diario economico

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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 01 ago 2023 16:18

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Re: Diario economico

Messaggioda Tex Willer » 01 ago 2023 16:38

tenente Drogo ha scritto:sorpresa!

l'Italia è uno dei paesi con la minore disparità di distribuzione della ricchezza

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In testa Grecia ed Italia dove regna sovrano "Il Nero" 8)
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Re: Diario economico

Messaggioda maxer » 01 ago 2023 21:44

Tex Willer ha scritto:
tenente Drogo ha scritto:sorpresa!

l'Italia è uno dei paesi con la minore disparità di distribuzione della ricchezza

Immagine

In testa Grecia ed Italia dove regna sovrano "Il Nero" 8)

...
ma è solo un piccolo particolare

(guarda un po', dimenticato :roll:)
...

riassunto non scritto : l' Italia sta bene, c' è una giustizia redistributiva dei redditi che TUTTO IL MONDO CI INVIDIA !

ke kulo
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 02 ago 2023 10:07

non era un grafico sui redditi ma sulla ricchezza (wealth)
I comunisti mi trattavano da fascista, i fascisti da comunista.
Tutto questo ha aiutato il film.
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Re: Diario economico

Messaggioda maxer » 02 ago 2023 13:47

tenente Drogo ha scritto:non era un grafico sui redditi ma sulla ricchezza (wealth)

...
mi sto ancora frustando con un doloroso flagello per questa pacchiana e gravissima imprecisione
prostrato ai tuoi piedi, invoco una tua benevola redenzione
...
(pesante pesante pesante :?)
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 02 ago 2023 13:59

maxer ha scritto:
tenente Drogo ha scritto:non era un grafico sui redditi ma sulla ricchezza (wealth)

...
mi sto ancora frustando con un doloroso flagello per questa pacchiana e gravissima imprecisione
prostrato ai tuoi piedi, invoco una tua benevola redenzione
...
(pesante pesante pesante :?)


devo mettermi a dieta prima o poi
(hai messo il dito nella piaga)
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 02 ago 2023 17:32

Nel biennio 2023-2024 la spesa per le pensioni crescerà «significativamente», portandosi al 16,2% del Pil contro il 15,6% del 2022. La stima è della Ragioneria generale dello Stato, che nel rapporto sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario spiega che «le previsioni scontano, inter alia, gli effetti della elevata indicizzazione delle prestazioni imputabili al notevole incremento dell’inflazione» per gli anni 2022 e 2023. Un livello più alto era stato raggiunto già nel 2020 (16,9%) per la caduta del Pil dovuta al Covid e, in misura minore, per Quota 100 (destinata a coloro che tra il 2019 e il 2021 hanno maturato i requisiti per pensionarsi con almeno 38 anni di contributi e 62 anni di età). Ma a tutto questo si è aggiunta la riduzione dei requisiti di accesso al pensionamento anticipato indipendentemente dall’età anagrafica per il mancato adeguamento nel 2019 di tali requisiti all’incremento della speranza di vita. Ora, il prossimo picco del 17% sarà toccato nel 2042.
La rivalutazione totale rispetto all’aumento dei prezzi (5,6% l’inflazione acquisita per l’anno secondo i dati Istat di giugno), infatti, potrebbe arrivare a costare, secondo i tecnici al lavoro sul dossier, 14 miliardi di euro, anche se è probabile che anche per l’anno prossimo si studi una scaletta per la perequazione che salvaguardi le pensioni più basse ma limiti il recupero per quelle più alte. Di fronte alle risorse necessarie per fare fronte all’inflazione inevitabilmente si ridurranno i margini di manovra ed è dunque molto probabile che la riforma delle pensioni verrà rimandata ancora una volta, confermando le misure attuali: Ape sociale, Quota 103 e Opzione donna con qualche aggiustamento dato che secondo il Monitoraggio sui flussi di pensionamento il numero degli accessi nei primi sei mesi del 2023 si è molto ridotto rispetto al 2022.
Il governo vorrebbe estendere Quota 103 a tutto il 2024 (in pensione a 62 anni di età e 41 anni di contributi). Non è neppure esclusa l’ipotesi di una sua stabilizzazione. Ma nel report della Ragioneria si legge che l’introduzione in via permanente di Quota 103 produrrebbe una maggior incidenza della spesa in rapporto al Pil valutabile in 8,4 punti percentuali rispetto ai risultati della legislazione vigente. In soldoni: oltre 170 miliardi di euro in 50 anni.
Sempre che non si trovino in extremis risorse per l’opzione Quota 41 , cara alla Lega (in pensione con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età, ma con l’assegno calcolato con il metodo contributivo, che significa - rispetto alle altre pensioni - assegni più bassi anche del 20-30%). Secondo le stime della Ragioneria di Stato, però, estendere a tutti la possibilità di ricorrere a Quota 41 comporterebbe un costo di 5 miliardi di euro all’anno, con picchi che raggiungerebbero anche i 9 miliardi. Sono cifre troppo alte e che rischiano di compromettere la stabilità del sistema pensionistico italiano.
Alla luce di tutto questo, l’apertura che si dice esserci da parte di Meloni a Quota 41, avrebbe una condizione e cioè una penalizzazione per abbattere i costi. L’ipotesi più accreditata, ma che non piace per nulla ai sindacati, parla di un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno per coloro che vanno in pensione con 41 anni di contributi anziché attendere che vengano maturati i requisiti per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, uno in meno per le donne). Questo significherebbe una decurtazione dell’assegno di circa il 10-15%, di fatto chiedendo all’aspirante prepensionato di anticipare di tasca propria parte del costo.
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Re: Diario economico

Messaggioda Tex Willer » 02 ago 2023 18:41

tenente Drogo ha scritto:non era un grafico sui redditi ma sulla ricchezza (wealth)

Appunto
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 02 ago 2023 22:58

Tex Willer ha scritto:
tenente Drogo ha scritto:non era un grafico sui redditi ma sulla ricchezza (wealth)

Appunto


ma è più facile nascondere i redditi che la ricchezza, o no? un idraulico guadagna quasi tutto in nero, ma poi la casa e l'automobile emergono

comunque si stima che il nero valga il 10% del PIL, quindi non dovrebbe spostare tanto gli equilibri
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 03 ago 2023 11:19

da un post su Facebook di un certo Davide Marciano

---------------

"Lo chiamavano produttività

Da anni ci ammorbano con la provenienza dei prodotti che mangiamo e i pomodori olandesi mi hanno sempre fatto impazzire per ragioni economiche più che culinarie.

Ma che hanno di speciale questi pomodori?

Per prima cosa non arrivano dai 40 gradi di Pachino o dall'area Vesuviana ma dal Nord Europa dove è maltempo anche ad agosto.

Le aziende non sfruttano gli africani e calmierano i prezzi al ribasso col caporalato legalizzato eppure riescono ad esportare da noi con un prezzo al chilo costantemente più basso dei pomodori autoctoni.

Ma come fanno gli olandesi?

Investono in ricerca e sviluppo, hanno creato un sistema di serre hi-tech che hanno una produttività tale da renderli tra i principali produttori europei.

Quando il processo produttivo è avanzato non serve sfruttare i contadini o essere controllati dalla mafia perché la marginalità si alza e ti occorrono lavoratori high skilled appena usciti dall'Università.

Semplicemente non c'è bisogno di "barare" perché sei più avanti degli altri e ti serve prendere laureati del posto o immigrati, non disperati privi del permesso di soggiorno da stipare in baracche.

La storia del pomodoro, oltre a farci capire l’arretratezza del nostro sistema paese, ci dice anche perché le nostre aziende fanno fatica ad intercettare investimenti per crescere: senza processi standardizzati nessun pazzo vi investe i propri soldi.

In più ci dice che dobbiamo investire solo dove c’è efficienza e prevedibilità di risultati, non a casaccio sperando che Dio ce la mandi buona.

Chest'è…come amo dire!"
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Re: Diario economico

Messaggioda Tex Willer » 03 ago 2023 12:32

tenente Drogo ha scritto:
Tex Willer ha scritto:
tenente Drogo ha scritto:non era un grafico sui redditi ma sulla ricchezza (wealth)

Appunto


ma è più facile nascondere i redditi che la ricchezza, o no? un idraulico guadagna quasi tutto in nero, ma poi la casa e l'automobile emergono


Redditi e ricchezza oggi vanno allo stesso passo, se dichiari 30.000 euro di reddito e giri in Ferrari sei stupido e non lo fa quasi più nessuno. Questo perchè i sistemi per non far emergere il proprio patrimonio reale sono infiniti, dai più banali(idraulico che citi)a quelli più sofisticati che intestano beni a società o li fanno confluire in trust , o in Fondazioni e se hai un fiscalista solo discreto la strada te la indica in funzione delle tue esigenze.
Ma a parte le statistiche che se non contestualizzate lasciano il tempo che trovano,che la ricchezza sia sempre più concentrata in mano a pochi sempre più ricchi a scapito della moltitudine di chi non sa come sbarcare il lunario se non arrangiandosi ,è un fatto evidente ,basta guardarsi intorno. Le mense Caritas sono sempre più frequentate dalla ex classe media a cui oggi basta veramente un niente per ritrovarsi in povertà,a differenza di quanto accadeva in passato quando il tessuto sociale costituito dalle famiglie(e dai loro patrimoni)comunque reggeva .
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 03 ago 2023 13:00

Importantissima lettera di Ray Dalio sul ciclo del debito e su quello economico. Sorry, è tutta in inglese quindi fatevi aiutare da santo Gogol.
@ziotibbia, that's for you too, dude.

https://www.linkedin.com/pulse/whats-happening-economy-great-wealth-transfer-ray-dalio/?published=t
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 03 ago 2023 13:18

zampaflex ha scritto:Importantissima lettera di Ray Dalio sul ciclo del debito e su quello economico. Sorry, è tutta in inglese quindi fatevi aiutare da santo Gogol.
@ziotibbia, that's for you too, dude.

https://www.linkedin.com/pulse/whats-happening-economy-great-wealth-transfer-ray-dalio/?published=t



Deepl anche meglio di Google Translate
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Re: Diario economico

Messaggioda bobbisolo » 03 ago 2023 14:02

Tex Willer ha scritto:
tenente Drogo ha scritto:sorpresa!

l'Italia è uno dei paesi con la minore disparità di distribuzione della ricchezza

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In testa Grecia ed Italia dove regna sovrano "Il Nero" 8)


santo Pareto, insegna a loro il principio dell'80/20 :lol: :lol: :lol:
ah no, ci pensa winedick
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 03 ago 2023 17:07

E questa è la lettera di Mauldin dedicata ad un aggiornamento della collocazione temporale della teoria della quarta svolta (generazionale) di Neil Howe. E' piuttosto interessante, senza scadere nell'esoterismo.
Anche se lo studio è incentrato (ahinoi, come sempre) sugli Stati Uniti, troverete moltissime affinità nello spirito del tempo che è passato da generazione a generazione anche da noi.

https://www.mauldineconomics.com/frontlinethoughts/turning-time

In The Fourth Turning, Howe and Strauss identified four types of generation: Hero, Artist, Prophet, and Nomad. They call these “archetypes,” and each consists of people born in a roughly twenty-year period. As each archetype reaches the end of its 80-year lifespan, it is replaced with a new generation of the same archetype. (Note: with longer lifespans, the 80-year generational cycle may become longer.)

Each archetype/generation proceeds through the normal stages of life: childhood, young adulthood, mature adulthood, and elderly years. Each tends to dominate society during its middle age years (40–60), then begins dying off as the next generation takes the helm. The change of control from one generation to the next is called a “Turning.”

The archetypes aren’t neatly divided by the calendar; they are better seen as a continuum. People born toward the end of a generation share some aspects of the following one. Individual differences can also outweigh generational identity for any particular person. The archetypes simply describe broad tendencies which, at the societal level, add up to noticeable differences.

Hero generations are usually raised by protective parents. They come of age during a time of great crisis. Howe calls them “heroes” because they resolve that crisis, an accomplishment that then defines the rest of their lives.

Following the crisis, the Heroes become institutionally powerful in midlife and stay focused on solving great challenges. In old age, they tend to have a spiritual awakening as they watch younger generations work through cultural upheaval.

The “G.I. Generation” that fought World War II is the most recent example of a Hero archetype. They built the US into an economic powerhouse in the postwar years and then confronted youthful rebellion in the 1960s. Further back, the generation of Thomas Jefferson and James Madison, heroes of the American Revolution, experienced the religious “Great Awakening” in their twilight years.

Artists are the children of heroes, born before and during the crisis but not old enough to be an active part of the solution. Highly protected during childhood, Artists are risk-averse young adults in the post-crisis years. They see conformity as the best path to success. They develop and refine the innovations forged in the crisis. Artists experience the same cultural awakening as Heroes but from the perspective of mid-adulthood.

Today’s oldest retirees are mostly artists, part of the “Silent Generation” that may remember World War II but were too young to participate. They married early and moved into gleaming new 1950s suburbs. The Silent Generation went through its own midlife crisis in the 1970s and 1980s before entering a historically affluent, active, gated-community retirement.

Prophets experience childhood in a period of post-crisis affluence. Baby Boomers like me are a Prophet generation. Not having known a real crisis, Prophets often see (or perhaps create) cultural upheaval during their young adult years (I remember the ’60s!). In midlife, they become moralistic, values-obsessed leaders and parents. As they enter old age, prophet generations lay the groundwork for the next crisis. (Oh, did we Boomers ever do that, and in spades!)

Nomads are the fourth and final archetype. They are children during the “Awakening” periods of cultural chaos. Unlike the overly indulged and protected Prophets, Nomads go through childhood with minimal supervision and guidance. They learn early in life not to trust society’s basic institutions. They come of age as individualistic pragmatists.

The most recent Nomads are Generation X, born in the 1960s and 1970s. Their earliest memories are of faraway war, urban protests, no-fault divorce, and broken homes. Now in mid-life, Generation X is trying to give its own children a better experience. They find success elusive because they distrust large institutions and have few strong connections to public life. They prefer to stay out of the spotlight and trust only themselves.
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 04 ago 2023 10:51

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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 04 ago 2023 11:34

Flat tax
Il progetto caro alla Lega è stato adottato solo in Estonia, che poi lo ha ritirato.
Perché riduce il gettito fiscale, a meno di non imporre una tassa del 25 o 30%, e aumenta la disuguaglianza.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 04 ago 2023 12:24

Estraggo dal Foglio di oggi sul tema taxi, questione dove siamo rimasti al Medioevo incrostato del corporativismo storico e di mafiosità latente.

Per i taxi, invece, la soluzione del governo sembra essere molto diversa.
Nessun decreto legge è alle porte, ma si è aperto un tavolo di concertazione dei ministri delle Imprese Urso e dei Trasporti Salvini con i tassisti per pensare di “regalare” ulteriori licenze a chi già ne ha una. Eppure in questo caso ci sarebbe tutta l’urgenza di intervenire, dato che le cause dei disservizi sono tutte italiane e dipendono dalla politica. C’è da ricordare che le licenze sono state date gratuitamente ai tassisti dai comuni e solo in un secondo tempo questi le hanno rivendute. L’incremento del numero delle licenze è sicuramente un primo punto necessario, perché è evidente che il numero attuale è scarso. A Roma, Napoli o Milano sono circa un terzo di Barcellona o Parigi (in rapporto agli abitanti) e se il confronto viene fatto con Londra o Singapore, dove il numero delle licenze è più limitato, in queste due città vi sono molti operatori privati che offrono servizi di mobilità innovativi e alternativi.
Il numero delle licenze dovrebbe essere immediatamente aumentato da parte degli enti locali, mentre il governo dovrebbe risolvere il problema alla radice e vedere quanto succede negli altri paesi. Ad esempio aprendo a nuovi operatori tecnologici.
Viene incontro la recente sentenza della Corte di giustizia dell’Ue che ha stabilito, nel caso di Barcellona ,come il numero dei cosiddetti Ncc non possa essere limitato. A Milano ci sono circa 200 Ncc a fronte di meno di 5 mila taxi e a Roma mille Ncc con circa 8 mila taxi. Aprire il mercato significa fare entrare nuovi operatori che possano soddisfare la domanda di mobilità dei
cittadini, evitando la situazione attuale di lunghe code e chiamate inevase.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 04 ago 2023 12:35

Scatenato, giustamente, Brambilla

Nel dibattito sul costo del lavoro, una quota anche consistente della politica e delle parti sociali, sindacati in testa e pure Confindustria, sono passati dal loro ruolo di contrattazione a quello di pressione sui governi per “mettere più soldi in busta paga” invocando più che i rinnovi contrattuali, la riduzione del cuneo fiscale. Il primo risultato lo hanno ottenuto con il bonus
Renzi da 80 euro al mese, che dal 2021 è diventato Tir (Trattamento integrativo dei redditi) e che vale 100 euro al mese per redditi fino a 28 mila euro annui; poca roba per quelli fino a 40 mila.
E’ stato poi il turno della “paghetta di stato”, l’Auuf, l’assegno unico universale per i figli fino a 21 anni, introdotto il primo marzo 2022 e che vale altri 189,2 euro al mese oltre a una serie di maggiorazioni per ogni figlio e per redditi Isee inferiori o
uguali a 16.215 euro; praticamente la stragrande maggioranza dei lavoratori.
Un aumento dei redditi dei lavoratori tutto rigorosamente a carico del bilancio dello stato, per un costo di oltre 22 miliardi
ogni anno, e soprattutto di quel 13 per cento dei cittadini che dichiara redditi da 35 mila euro lordi all’anno in su e che si sobbarca oltre il 60 per cento dell’Irpef, la quasi totalità di Ires e Irap oltre a una bella percentuale di imposte indirette.
Non contenti, per il terzo anno consecutivo prosegue il saccheggio delle finanze pubbliche e, visto che di Irpef il 56 per cento dei lavoratori ne paga solo il 7,38 per cento, forti della proposta Letta sono partiti all’assalto dei contributi sociali per ridurre il mitico quanto ingannevole cuneo fiscale e ottenendo uno sconto di 6/7 punti percentuali su 9,18 per cento per un costo 2023 di altri 10 miliardi circa; e in totale fanno oltre 32, una cifra enorme e tale da affossare i conti pubblici e soprattutto quelli dell’Inps, considerando l’enormità della spesa assistenziale che ogni anno costa allo stato 165 miliardi. E poi ci si chiede
perché i Neet preferiscono non lavorare? O la tesi di Landini che per mille euro al mese è meglio stare a casa?
I nostri genitori facevano anche due lavori, due giornate per sfamare onorevolmente la loro famiglia e la parola “dovere”, che ormai è uscita dal vocabolario di media, politica, sindacati e chiesa, per i nostri nonni/e, papà e mamme, era questione di onore e rispettabilità.
Se si può fare a meno di lavorare per mille euro al mese significa che da qualche altra parte i soldi arrivano: stato e famiglia. Forse è per questo che siamo ultimi in tutte le classifiche del lavoro. Ma cos’è il pluricitato e salvifico “cuneo fiscale e contributivo”? E’ la differenza tra lo stipendio netto in busta paga e il costo sostenuto dall’azienda che comprende imposte e contributi pagati da lavoratori e imprese e anche i cosiddetti “istituti contrattuali” che gravano sul costo del lavoro.
Ad esempio, un lavoratore con un reddito fino a 26 mila euro, fatto 100 quello che prende in busta, paga il 9,19 per cento in contributi pensionistici e sul restante 90,8 per cento in media versa circa 425 euro annui di Irpef cioè 32 euro al mese, grazie a deduzioni e detrazioni; restano 88 euro. Il 100 in busta paga del lavoratore, al datore di lavoro costa circa 135 per via dei
contributi previdenziali versati all’Inps (23,8), per le prestazioni temporanee all’Inps (malattia, maternità, disoccupazione ecc.) e all’Inail per l’assicurazione contro gli infortuni. La differenza tra netto e costo per l’azienda è pari a 1,53 volte. Vista l’inesistenza del cuneo fiscale, quello contributivo è riducibile?
No, perché meno contributi pagati significa che la futura pensione si ridurrà oppure che le grandi conquiste sociali che garantiscono un salario se uno si ammala, diviene inabile, infortunato, invalido, disoccupato o se si è in maternità o paternità, si riducono. Poi ci sono i cosiddetti “istituti contrattuali” che portano la differenza tra netto in busta e costo del lavoro a 2,2 volte; si può ridurre? Prendiamo ad esempio il contratto commercio e servizi; su ogni ora lavorata sono caricati i costi di cui peraltro beneficiano i lavoratori proprio in busta paga: la 13esima e 14esima mensilità, il premio di risultato previsto nei contratti territoriali o aziendali (circa mezza mensilità), il Tfr (in pratica una mensilità); e poi ci sono le ferie e le festività (più di un mese ogni anno), gli oneri per malattie e assenze spesso anticipati o a carico delle aziende, i costi per l’adesione
al fondo di assistenza sanitaria integrativa e quelli per il fondo pensione, la banca delle ore e così via.
In totale il nostro 1,53 volte passa a oltre 2,2 volte. E’ persino evidente che su questo fronte è impossibile ridurre il costo del lavoro, perché tutto va a beneficio del lavoratore, in modo diretto (i soldi della 13esima e 14esima mensilità, il Tfr, il premio di risultato) o indiretto (fondo pensione, assistenza sanitaria, contributi all’Inps, assicurazioni sociali e così via). Riduciamo le ferie, eliminiamo la 14esima? Ovvio che no! E allora ecco l’inganno: mettiamo a carico dello stato, quindi di tutti i contribuenti onesti in particolare il famoso 13 per cento, 6/7 punti di contribuzione a carico dei lavoratori senza però ridurre la pensione. E così i costi si moltiplicano perché ogni anno questi contributi non versati dovranno essere rivalutati a carico dello stato, magari anche per 30 anni per dare poi la pensione piena. Ma non doveva essere la contrattazione a proteggere
in termini reali i redditi dei lavoratori?
Si ricordano le parti sociali che a seguito del Protocollo d’intesa siglato il 31 luglio 1992 il meccanismo della “contingenza”
che adeguava i salari all’inflazione è stato soppresso, sostituito nel compito di tutelare i redditi dei lavoratori e il loro potere di acquisto dalla contrattazione collettiva attraverso i rinnovi contrattuali? Si ricordano che tale sistema si è inceppato e il nostro paese è l’unico che nei 30 anni precedenti al 2022 aveva perso il 2,9 per cento di potere d’acquisto; nell’est Europa i salari sono raddoppiati; +63 per cento in Svezia, +39 in Danimarca, +33 in Germania, +32 in Finlandia, +31 in Francia, +25 in Belgio e Austria e perfino +14 in Portogallo e +6 in Spagna! Certo è molto comodo per politica e sindacati mettere a carico del bilancio pubblico tutti questi costi e poi presentarsi come numi tutelari dei lavoratori. I cittadini italiani dovrebbero riflettere
che nulla è gratis e che la loro libertà futura dipenderà dalla condizione economica e con un debito pubblico che aumenta sempre più, questa libertà non è garantita per figli e nipoti.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 05 ago 2023 11:47

Seconda parte del discorso generazionale di Howe

https://www.mauldineconomics.com/frontlinethoughts/turning-time-part-2
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 05 ago 2023 17:00

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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 06 ago 2023 18:11

Qualche cifra su quell'immane sconcezza che è l'evasione, specie da lavoro autonomo, in Italia.

Dichiarazioni 2021. C'erano in Italia 17,9 mln di dipendenti, di cui 3,0 a termine, e 4,9 mln di autonomi.
Quindi il 21,6% dei lavoratori sono autonomi.
Dei 913 miliardi dichiarati al Fisco, l'84 per cento arriva dal lavoro dipendente (490) e dalle pensioni (276), da chi cioè le tasse non le può evadere, mentre appena il 16 per cento restante dagli autonomi.
Il 20 per cento degli italiani dichiara un reddito non superiore ai 6.700 euro. Un italiano su due non supera invece i 17.800 euro.
All’Agenzia delle entrate e alla Guardia di Finanza hanno calcolato il “tax gap”, ovvero la differenza tra l’ammontare totale dell’imposta che si verserebbe in un sistema di perfetto adempimento degli obblighi fiscali e quello realmente incassato. In pratica: quanto manca alle dichiarazioni dei redditi degli italiani.
Un numero che spiega come, se tutti pagassero il dovuto, le imposte sarebbero meno della metà.
Nel 2020, ultimo anno per cui le Entrate dispongono di dati concreti, «il tax gap ammonta a 67,5 miliardi», a cui vanno aggiunti poco meno di 11 miliardi di contributi non pagati e altri 10 di imposte locali per un totale di 90 miliardi, meglio di 89,8. Ma chi è che non paga? Secondo le stime dell’Agenzia, «alle persone fisiche titolari di partita Iva» si riferisce il tax gap dell’Irpef per circa 28,3 miliardi, «in diminuzione di 4 rispetto al 2015».
Nove miliardi sono da iscrivere invece all’Ires delle aziende, mentre 3,8 all’Irpef per i lavoratori dipendenti irregolari.

Il vero punto è però recuperare gli 89 miliardi di tasse che mancano. Come fare? «Le questioni che si aprono per rispondere a questa domanda», risponde un ufficiale della Finanza che da anni si dedica proprio alla caccia agli evasori.
Una caccia prolifica visto che con il suo gruppo è stato in grado di recuperare miliardi di euro tra i colossi della moda, i professionisti dei bonus e grandi aziende internazionali che avevano fittiziamente portato la loro contabilità all’estero. «Le questioni sono due: da un lato ci sono gli strumenti di intelligence finanziaria che noi utilizziamo, e che sono tutti di altissimo livello, anche grazie alla professionalità che abbiamo costruito in questi anni. Dall’altro, invece, c’è la capacità di intervenire e di punire. E su questo mi fermo, perché credo che siano altri a doverne discutere», risponde l’ufficiale.

Nell'ultima audizione al Senato, il 17 luglio in commissione Finanze, l’Agenzia delle entrate ha presentato alcuni dati sull'evasione.
Secondo i tecnici del fisco, nella pancia del Paese ci sono «alla data del 31 dicembre del 2022 circa 1.153 miliardi di euro», dicasi mille miliardi di euro, più di quanto guadagnano tutti gli italiani in un anno, «composto da oltre 170 milioni di cartelle di pagamento che contengono circa 290 milioni di singoli crediti affidati, dagli enti creditori all’Agenzia delle entrate-Riscossione, per le attività di recupero nei confronti di quasi 23 milioni di soggetti debitori». Sono crediti «vetusti, non
riscossi e, di fatto, in buona parte non riscuotibili» e soprattutto sono crediti che sono in pancia non a piccoli cittadini ma a grandissimi evasori fiscali che, insieme con chi ogni giorno non paga le tasse, nei fatti costringono tutti gli italiani per bene a sopportare tasse troppo alte. Sono 300mila, o per essere più precisi, 296mila e 400, e hanno un debito superiore a 500mila euro. «Tali debitori — hanno spiegato dalle Entrate — hanno un carico contabile residuo corrispondente al 69 per cento del totale del magazzino, pari a 795,57 miliardi».
Chi sono? Istituti di credito, grandi aziende, magari società cartiere come accade per esempio nel mondo dei carburanti che hanno immesso tonnellate di benzina di contrabbando evadendo l’Iva. «Come si diceva — spiegano dalle Entrate — per la maggior parte si tratta di crediti vecchi e ormai difficilmente recuperabili».

Intanto il governo ha messo le mani avanti.
Basta leggere un passaggio del documento di revisione del Pnrr. Pagina 36, riforma dell’amministrazione fiscale. «La riforma — si legge — prevede una serie di misure per incoraggiare l’adempimento degli obblighi fiscali e migliorare l’efficacia degli audit e dei controlli mirati». Con un target ben definito: dimostrare che la propensione all’evasione delle imposte è inferiore, rispetto al valore registrato nel 2019, del 5% nel 2023 e del 15% l’anno successivo. Bisogna far scendere il tax gap dal 18,5% al 15,8 per cento. Ma l’esecutivo scrive che l’obiettivo va rivisto perché le imprese hanno poca liquidità «a causa delle condizioni macroeconomiche» e fanno fatica a pagare le tasse con regolarità. Bandiera bianca. E 10-15 miliardi di tasse non recuperate.

Giorgia Meloni lo chiama “Fisco amico”.
Ma dietro l’etichetta benevola del patto preventivo tra il cittadino e le Entrate si nasconde il gran favore agli evasori. L’identikit dei beneficiari è chiaro, agganciato a storiche ragioni di consenso che oggi hanno la possibilità di dispiegare appieno la loro logica, proprio perché legittimate da un ampio riconoscimento elettorale. La traccia della destra sociale spinge a favorire le piccole partite Iva e gli autonomi, insomma il commerciante che preferisce il contante al Pos, oppresso, nella visione della destra, dal «pizzo di Stato» (copyright Meloni). Ma la mano viene tesa anche ai grandi evasori che nascondono i capitali all’estero e ai Paperoni che in Italia ci restano, occultando ugualmente i loro immensi patrimoni. Il trattamento di favore non è affidato a misure spot, come i condoni una tantum di berlusconiana memoria. Diventa, invece, strutturale. È la delega fiscale, la cornice della riforma delle tasse, a restituire il senso del tentativo. Scorciatoie e premi si annidano tra i 23 articoli del provvedimento. A iniziare dal concordato preventivo biennale, riservato proprio alle partite Iva e alle Pmi: contribuente e Fisco seduti intorno a un tavolo per siglare un accordo su una base imponibile (le tasse da pagare) che viene congelata per due anni [oltre che essere un sistema stupido, che ovviamente verrà scelto solo da chi ci guadagnerà, è una IMMONDA PORCATA per l'equità fiscale]. Se nel frattempo, cioè in questi due anni, il reddito dovesse crescere, il contribuente otterrebbe un vantaggio enorme: pagare meno tasse. Un invito a nozze per i piccoli evasori, attratti dalla possibilità di strappare al Fisco un accordo conveniente. Risalendo la piramide dei redditi fino alla cima, la delega allarga le maglie anche attraverso un ampliamento del perimetro dell’adempimento collaborativo, che oggi è riservato solo a 92 tra grandi imprese, banche, assicurazioni e società di Stato. La logica è sempre quella dell’intesa preventiva: la valutazione comune implica che il contribuente metta in luce le situazioni delicate, che possono generare rischi fiscali. E anche i controlli vengono fatti preventivamente. In cambio, il contribuente ottiene il dimezzamento delle sanzioni, in caso di comportamenti non corretti. Questo almeno fino a qualche giorno fa perché la delega, durante il passaggio parlamentare, ha alzato il tiro: le sanzioni, penali e amministrative, saranno cancellate. E potranno approfittarne anche i super ricchi, dato che l’adempimento collaborativo è stato esteso ai Paperoni che trasferiranno i loro grandi capitali in Italia e a quelli che risiedono all’estero ma che, per interposta persona o tramite trust, possiedono nel nostro Paese un patrimonio pari o superiore a 1 milione di euro.
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Re: Diario economico

Messaggioda maxer » 07 ago 2023 00:07

zampaflex ha scritto:Qualche cifra su quell'immane sconcezza che è l'evasione, specie da lavoro autonomo, in Italia.

Dichiarazioni 2021. C'erano in Italia 17,9 mln di dipendenti, di cui 3,0 a termine, e 4,9 mln di autonomi.
Quindi il 21,6% dei lavoratori sono autonomi.
Dei 913 miliardi dichiarati al Fisco, l'84 per cento arriva dal lavoro dipendente (490) e dalle pensioni (276), da chi cioè le tasse non le può evadere, mentre appena il 16 per cento restante dagli autonomi.
Il 20 per cento degli italiani dichiara un reddito non superiore ai 6.700 euro. Un italiano su due non supera invece i 17.800 euro.
All’Agenzia delle entrate e alla Guardia di Finanza hanno calcolato il “tax gap”, ovvero la differenza tra l’ammontare totale dell’imposta che si verserebbe in un sistema di perfetto adempimento degli obblighi fiscali e quello realmente incassato. In pratica: quanto manca alle dichiarazioni dei redditi degli italiani.
Un numero che spiega come, se tutti pagassero il dovuto, le imposte sarebbero meno della metà.
Nel 2020, ultimo anno per cui le Entrate dispongono di dati concreti, «il tax gap ammonta a 67,5 miliardi», a cui vanno aggiunti poco meno di 11 miliardi di contributi non pagati e altri 10 di imposte locali per un totale di 90 miliardi, meglio di 89,8. Ma chi è che non paga? Secondo le stime dell’Agenzia, «alle persone fisiche titolari di partita Iva» si riferisce il tax gap dell’Irpef per circa 28,3 miliardi, «in diminuzione di 4 rispetto al 2015».
Nove miliardi sono da iscrivere invece all’Ires delle aziende, mentre 3,8 all’Irpef per i lavoratori dipendenti irregolari.

Il vero punto è però recuperare gli 89 miliardi di tasse che mancano. Come fare? «Le questioni che si aprono per rispondere a questa domanda», risponde un ufficiale della Finanza che da anni si dedica proprio alla caccia agli evasori.
Una caccia prolifica visto che con il suo gruppo è stato in grado di recuperare miliardi di euro tra i colossi della moda, i professionisti dei bonus e grandi aziende internazionali che avevano fittiziamente portato la loro contabilità all’estero. «Le questioni sono due: da un lato ci sono gli strumenti di intelligence finanziaria che noi utilizziamo, e che sono tutti di altissimo livello, anche grazie alla professionalità che abbiamo costruito in questi anni. Dall’altro, invece, c’è la capacità di intervenire e di punire. E su questo mi fermo, perché credo che siano altri a doverne discutere», risponde l’ufficiale.

Nell'ultima audizione al Senato, il 17 luglio in commissione Finanze, l’Agenzia delle entrate ha presentato alcuni dati sull'evasione.
Secondo i tecnici del fisco, nella pancia del Paese ci sono «alla data del 31 dicembre del 2022 circa 1.153 miliardi di euro», dicasi mille miliardi di euro, più di quanto guadagnano tutti gli italiani in un anno, «composto da oltre 170 milioni di cartelle di pagamento che contengono circa 290 milioni di singoli crediti affidati, dagli enti creditori all’Agenzia delle entrate-Riscossione, per le attività di recupero nei confronti di quasi 23 milioni di soggetti debitori». Sono crediti «vetusti, non
riscossi e, di fatto, in buona parte non riscuotibili» e soprattutto sono crediti che sono in pancia non a piccoli cittadini ma a grandissimi evasori fiscali che, insieme con chi ogni giorno non paga le tasse, nei fatti costringono tutti gli italiani per bene a sopportare tasse troppo alte. Sono 300mila, o per essere più precisi, 296mila e 400, e hanno un debito superiore a 500mila euro. «Tali debitori — hanno spiegato dalle Entrate — hanno un carico contabile residuo corrispondente al 69 per cento del totale del magazzino, pari a 795,57 miliardi».
Chi sono? Istituti di credito, grandi aziende, magari società cartiere come accade per esempio nel mondo dei carburanti che hanno immesso tonnellate di benzina di contrabbando evadendo l’Iva. «Come si diceva — spiegano dalle Entrate — per la maggior parte si tratta di crediti vecchi e ormai difficilmente recuperabili».

Intanto il governo ha messo le mani avanti.
Basta leggere un passaggio del documento di revisione del Pnrr. Pagina 36, riforma dell’amministrazione fiscale. «La riforma — si legge — prevede una serie di misure per incoraggiare l’adempimento degli obblighi fiscali e migliorare l’efficacia degli audit e dei controlli mirati». Con un target ben definito: dimostrare che la propensione all’evasione delle imposte è inferiore, rispetto al valore registrato nel 2019, del 5% nel 2023 e del 15% l’anno successivo. Bisogna far scendere il tax gap dal 18,5% al 15,8 per cento. Ma l’esecutivo scrive che l’obiettivo va rivisto perché le imprese hanno poca liquidità «a causa delle condizioni macroeconomiche» e fanno fatica a pagare le tasse con regolarità. Bandiera bianca. E 10-15 miliardi di tasse non recuperate.

Giorgia Meloni lo chiama “Fisco amico”.
Ma dietro l’etichetta benevola del patto preventivo tra il cittadino e le Entrate si nasconde il gran favore agli evasori. L’identikit dei beneficiari è chiaro, agganciato a storiche ragioni di consenso che oggi hanno la possibilità di dispiegare appieno la loro logica, proprio perché legittimate da un ampio riconoscimento elettorale. La traccia della destra sociale spinge a favorire le piccole partite Iva e gli autonomi, insomma il commerciante che preferisce il contante al Pos, oppresso, nella visione della destra, dal «pizzo di Stato» (copyright Meloni). Ma la mano viene tesa anche ai grandi evasori che nascondono i capitali all’estero e ai Paperoni che in Italia ci restano, occultando ugualmente i loro immensi patrimoni. Il trattamento di favore non è affidato a misure spot, come i condoni una tantum di berlusconiana memoria. Diventa, invece, strutturale. È la delega fiscale, la cornice della riforma delle tasse, a restituire il senso del tentativo. Scorciatoie e premi si annidano tra i 23 articoli del provvedimento. A iniziare dal concordato preventivo biennale, riservato proprio alle partite Iva e alle Pmi: contribuente e Fisco seduti intorno a un tavolo per siglare un accordo su una base imponibile (le tasse da pagare) che viene congelata per due anni [oltre che essere un sistema stupido, che ovviamente verrà scelto solo da chi ci guadagnerà, è una IMMONDA PORCATA per l'equità fiscale]. Se nel frattempo, cioè in questi due anni, il reddito dovesse crescere, il contribuente otterrebbe un vantaggio enorme: pagare meno tasse. Un invito a nozze per i piccoli evasori, attratti dalla possibilità di strappare al Fisco un accordo conveniente. Risalendo la piramide dei redditi fino alla cima, la delega allarga le maglie anche attraverso un ampliamento del perimetro dell’adempimento collaborativo, che oggi è riservato solo a 92 tra grandi imprese, banche, assicurazioni e società di Stato. La logica è sempre quella dell’intesa preventiva: la valutazione comune implica che il contribuente metta in luce le situazioni delicate, che possono generare rischi fiscali. E anche i controlli vengono fatti preventivamente. In cambio, il contribuente ottiene il dimezzamento delle sanzioni, in caso di comportamenti non corretti. Questo almeno fino a qualche giorno fa perché la delega, durante il passaggio parlamentare, ha alzato il tiro: le sanzioni, penali e amministrative, saranno cancellate. E potranno approfittarne anche i super ricchi, dato che l’adempimento collaborativo è stato esteso ai Paperoni che trasferiranno i loro grandi capitali in Italia e a quelli che risiedono all’estero ma che, per interposta persona o tramite trust, possiedono nel nostro Paese un patrimonio pari o superiore a 1 milione di euro.

...
chiara ed ottima analisi !

riassunto : evviva il 'Fisco amico' della cosiddetta e antica 'Destra sociale' !

(e sono arrivati a pioggia pure i condoni, le cancellazioni, i perdoni)

se penso che qualche milione di elettori pensionati e lavoratori dipendenti ha votato per il Meloni, mi cascano i cogl.... ops, le braccia

italiani, il solito popolo bue

e pure masochista

(da non dimenticare le prossime 'storiche' proposte di riforma fiscale :shock:)
...

e bravo l' Enrico Letta (ma com' è che sei scomparso ?), il grande stratega, tu sì che avevi lo sguardo rivolto al futuro, tu sì che avevi capito tutto, ma proprio tutto :mrgreen:
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 09 ago 2023 10:36

continuano le mirabolanti imprese del governo degli incapaci

https://www.lastampa.it/editoriali/lett ... -12988322/
I comunisti mi trattavano da fascista, i fascisti da comunista.
Tutto questo ha aiutato il film.
(Sam Fuller, a proposito di "The Steel Helmet")

http://fortezza-bastiani.blogspot.com
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 09 ago 2023 12:51

https://evergreengavekal.com/the-surprises-of-2023/

Analisi economica di notevole livello. Inglese. Assolutamente interessante.
Non progredi est regredi

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