COVID—19

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gianni femminella
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Re: COVID—19

Messaggioda gianni femminella » 05 apr 2020 13:29

Ho letto anche io The Economist. Capisco il punto di vista. Il che non significa che lo condivida ovviamente.
Quello di cui non tiene conto chi scrive è il fatto che aprendo tutto, e se il virus contagiasse molte più persone di quanto non stia facendo ora che c'è il blocco, cosa potrebbe allora accadere? Io dico che ci sarebbero così tanti malati che il panico si spargerebbe violentemente e che quasi nessuno, banalmente, sarebbe più disposto ad andare a lavorare. Il risultato sarebbe anche peggiore di quello che viviamo attualmente.
Forse ho troppa fantasia. O troppa poca.
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Tex Willer
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Re: COVID—19

Messaggioda Tex Willer » 05 apr 2020 16:08

Sono passati 80 anni dalla seconda guerra mondiale ed ecco che ritornano le stesse teorie estreme su cosa valga la pena sacrificare per ottenere una razza migliore, priva di deboli,vecchi, di chi non e'utile al raggiungimento del bene comune.
Attenzione perche' portando al limite questo ragionamento si arriva facilmente a scegliere se curare chi e'malato di una malattia cronica,perche'costa soltanto e non produce, chi ha avuto un ictus,un infarto,un anziano , un disabile,un immigrato e tutti perche'costano immediatamente e non producono in prospettiva
Il fine e' di continuare,al termine di questa "pulizia ", a fare esattamente quello che si faceva prima e che ci ha portato alla situazione di oggi.
Ma chi puo'soltanto aver pensato ad una cosa di questo genere.
Se qualcosa è gratis, il prodotto sei tu
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Re: COVID—19

Messaggioda beluga » 05 apr 2020 17:06

Ultima ora.
De Luca:
Chi si contagia andando in Chiesa sarà curato solo con le preghiere.
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Re: COVID—19

Messaggioda Timoteo » 05 apr 2020 17:27

un popolo de deficienti.
fortunatamente mentre la polizia diceva "dovete andare a casa" dai balconi più classicamente "dovete anna' a fanculo".
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/04/05/coronavirus-violano-la-quarantena-per-benedire-le-palme-a-centocelle-e-tensione-coi-residenti-che-urlano-dai-balconi-dovete-andare-a-casa/5760705/
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Re: COVID—19

Messaggioda tenente Drogo 2 » 05 apr 2020 19:50

Tex Willer ha scritto:Sono passati 80 anni dalla seconda guerra mondiale ed ecco che ritornano le stesse teorie estreme su cosa valga la pena sacrificare per ottenere una razza migliore, priva di deboli,vecchi, di chi non e'utile al raggiungimento del bene comune.
Attenzione perche' portando al limite questo ragionamento si arriva facilmente a scegliere se curare chi e'malato di una malattia cronica,perche'costa soltanto e non produce, chi ha avuto un ictus,un infarto,un anziano , un disabile,un immigrato e tutti perche'costano immediatamente e non producono in prospettiva
Il fine e' di continuare,al termine di questa "pulizia ", a fare esattamente quello che si faceva prima e che ci ha portato alla situazione di oggi.
Ma chi puo'soltanto aver pensato ad una cosa di questo genere.


guarda che tutti i giorni, e ben da prima del Coronavirus, i nostri chirurghi si trovano di fronte a dilemmi legati a chi operare prima tra un paziente e l'altro, perché il tempo e le sale operatorie sono risorse finite e spesso scarseggiano
e a volte la vita di una persona può dipendere dalla scelta del medico
I comunisti mi trattavano da fascista, i fascisti da comunista.
Tutto questo ha aiutato il film.
(Sam Fuller, a proposito di "The Steel Helmet")
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Re: COVID—19

Messaggioda zampaflex » 05 apr 2020 19:55

tenente Drogo 2 ha scritto:
Tex Willer ha scritto:Sono passati 80 anni dalla seconda guerra mondiale ed ecco che ritornano le stesse teorie estreme su cosa valga la pena sacrificare per ottenere una razza migliore, priva di deboli,vecchi, di chi non e'utile al raggiungimento del bene comune.
Attenzione perche' portando al limite questo ragionamento si arriva facilmente a scegliere se curare chi e'malato di una malattia cronica,perche'costa soltanto e non produce, chi ha avuto un ictus,un infarto,un anziano , un disabile,un immigrato e tutti perche'costano immediatamente e non producono in prospettiva
Il fine e' di continuare,al termine di questa "pulizia ", a fare esattamente quello che si faceva prima e che ci ha portato alla situazione di oggi.
Ma chi puo'soltanto aver pensato ad una cosa di questo genere.


guarda che tutti i giorni, e ben da prima del Coronavirus, i nostri chirurghi si trovano di fronte a dilemmi legati a chi operare prima tra un paziente e l'altro, perché il tempo e le sale operatorie sono risorse finite e spesso scarseggiano
e a volte la vita di una persona può dipendere dalla scelta del medico


Ma c'è differenza tra decisioni singole e di massa.
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Re: COVID—19

Messaggioda zampaflex » 05 apr 2020 20:07

Intanto i geni dell'INPS vengono smascherati

https://www.reddit.com/r/italy/comments/fuyvwd/sito_inps_niente_hacker_solo_una_scusa_per/

Faccio presente che l'attuale direttore IT è stato voluto da Tridico (grillino accettato dalla Lega nel precedente governo).
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Re: COVID—19

Messaggioda Tex Willer » 05 apr 2020 20:32

tenente Drogo 2 ha scritto:
Tex Willer ha scritto:Sono passati 80 anni dalla seconda guerra mondiale ed ecco che ritornano le stesse teorie estreme su cosa valga la pena sacrificare per ottenere una razza migliore, priva di deboli,vecchi, di chi non e'utile al raggiungimento del bene comune.
Attenzione perche' portando al limite questo ragionamento si arriva facilmente a scegliere se curare chi e'malato di una malattia cronica,perche'costa soltanto e non produce, chi ha avuto un ictus,un infarto,un anziano , un disabile,un immigrato e tutti perche'costano immediatamente e non producono in prospettiva
Il fine e' di continuare,al termine di questa "pulizia ", a fare esattamente quello che si faceva prima e che ci ha portato alla situazione di oggi.
Ma chi puo'soltanto aver pensato ad una cosa di questo genere.


guarda che tutti i giorni, e ben da prima del Coronavirus, i nostri chirurghi si trovano di fronte a dilemmi legati a chi operare prima tra un paziente e l'altro, perché il tempo e le sale operatorie sono risorse finite e spesso scarseggiano
e a volte la vita di una persona può dipendere dalla scelta del medico

Diverso gestire un emergenza o pianificare una strategia. E fondamentale e' la motivazione: non riesco a pensare ad una societa' che sceglie chi salvare per salvare se stessa. Si cambia la societa' piuttosto. In Italia oggi ci sono stati(accertati ma sono sicuramente di piu' )15.000 morti per il coronavirus: se non basta questo come messaggio per un cambiamento, forse ci meritiamo l' estinzione.
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Re: COVID—19

Messaggioda zampaflex » 05 apr 2020 21:10

Contro le malelingue e il razzismo che abbiamo visto nei nostri confronti

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/datavirus-litalia-e-gli-altri-attendismo-democratico-25639
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Re: COVID—19

Messaggioda zampaflex » 06 apr 2020 10:41

Coronavirus, malati, a casa e curati al telefono. Quando cade la prima linea dei medici di base
di Emilio Parodi e Silvia Aloisi
MILAN0, 6 aprile (Reuters)

"Vuol sapere perché sono morte tutte queste persone nella Bergamasca? L'unico motivo è la carenza di assistenza primaria, la gente è morta perché i medici non sono andati a visitare i pazienti per settimane. Punto".
Riccardo Munda, 38 anni, è medico di base a Selvino, in Val Seriana, e dal 13 marzo sostituisce anche un collega che prima si è ammalato e poi è andato in pensione, a Nembro.
Precisa che non intende affatto gettare la croce addosso ai colleghi, anche perché dopo che centinaia di medici di famiglia si sono ammalati e decine morti, è stata la stessa Regione Lombardia ad aver dato disposizione che, in assenza di mascherine disponibili, non uscissero per le visite domiciliari.
Ma la sua testimonianza offre un punto di vista che fa apparire l'enfasi sulla rincorsa ai posti di terapia intensiva quasi un'illusione ottica.
"Tutta questa corsa a costruire ospedali da campo, a realizzare sempre nuovi posti di terapia intensiva - precisa il dottor Munda - La gente semplicemente non deve arrivare al punto di aver bisogno di terapia intensiva, va visitata e seguita tempestivamente dai medici di assistenza primaria. Sono queste le strutture sul territorio che vanno rafforzate. Con misure di protezione adeguate per questi sanitari, per metterli in condizione di fare il loro lavoro".

VISITARE, VISITARE, VISITARE
Nelle prime tre settimane di marzo, continua il medico, "molti pazienti sono stati lasciati al loro destino. Lasciati a casa con una terapia impostata".
"Ma se questa terapia non viene verificata da un medico che va a visitare, che la modifica se è il caso o programma una terapia di supporto... Se tutto questo non avviene, i pazienti muoiono".
"Sa invece quanti morti di polmonite ho avuto fra tutti i miei mutuati di Selvino dall'inizio di questa epidemia? Zero.
Neanche uno, e ho 700 assistiti in un paese di meno di 3.000 anime investito da questa infezione".
"E sa perché? Non perché sono più bravo, io sono solo un medico di paese - sottolinea - Semplicemente perché sono andato a visitarli. Esco a visitare tutti i giorni. Inizio la terapia ai primi sintomi, la modifico se serve, li seguo giorno dopo giorno. Tutto qua".
Una terapia antibiotica. "Ovviamente l'antibiotico non ha effetto sul virus. Quella che adotto è la linea guida per la polmonite, che è uno degli effetti provocati dal Covid 19 - precisa il medico - Curare tempestivamente la polmonite vuol dire semplicemente dare al corpo il tempo per combattere il virus".
Le mascherine se le era procurate, a spese sue, subito dopo il caso Codogno. "Le disinfetto da me, ho comprato apposta una Vaporella, faccio quel che posso. Camici monouso li scrocco a destra e a manca".

I DECESSI CHE MANCANO AL CONTO UFFICIALE
Per dare una misura dell'incidenza dei decessi a casa, basta considerare lo studio condotto dall'Eco di Bergamo con l'istituto InTwig, che ha stimato che solo nel mese di marzo nella provincia di Bergamo sono morte 5.400 persone, oltre sei volte il numero dei decessi nello stesso mese dell'anno scorso.
Di queste, secondo lo studio, 4.500 sono da attribuire al coronavirus, più del doppio del bilancio ufficiale che viene dagli ospedalizzati.
Pietro Zucchelli, titolare dell'azienda di onoranze funebri Zucchelli, di Ardesio, che copre tutta l'alta Val Seriana, dice a Reuters che nelle ultime due settimane "ben oltre il 50% della nostra mole di lavoro è nelle abitazioni".
"Il lavoro per noi si è esattamente quintuplicato - specifica - Nelle settimane scorse dovevo occuparmi di 6-7 decessi al giorno, qui nei nostri paesini intendo, non sto parlando di Bergamo. E tutte le schede che sto vedendo dicono 'pomonite bilaterale' oppure 'insufficienza respiratoria'".

SILVIA, 11 GIORNI PER OTTENERE UNA VISITA
A Silvia Bertuletti, di Parre, Val Seriana, ci sono voluti 11 giorni di telefonate sempre più angosciate perché qualcuno venisse a visitare suo padre Alessandro, 78 anni, ma era troppo tardi.
"Mio papà ha cominciato ad avere la febbre sabato 7 marzo - racconta al telefono - Mercoledì 11 ho chiamato il sostituto del nostro medico di base, che si è ammalato ed è in ospedale, e mi ha detto di dargli la tachipirina. Due giorni dopo l'ho richiamato e gli ho detto che papà aveva sempre la febbre, anche con la tachipirina, e lui mi ha detto di portare pazienza, che c'era una forma virale in giro, che l'antibiotico non avrebbe fatto niente e che lui non poteva fare visite se non per problemi respiratori gravi".
Silvia però aveva un antibiotico a casa, lo dà al padre, e sabato e domenica la febbre passa, per tornare però lunedì.
"Martedì ho chiamato di nuovo il medico e gli ho chiesto se non era possibile avere uno straccio di visita di 10 minuti, e ancora mi ha risposto di no, che non usciva se non per problemi respiratori gravi, mi ha ripetuto di portare pazienza e alla fine mi ha detto che avevo fatto bene a dargli l'antibiotico e me ne ha prescritto un'altra scatola al telefono".
"La sera stessa ho chiamato la guardia medica dalle sette, e alla fine quando a mezzanotte mi ha risposto anche lui mi ha detto niente visite".
"Il mercoledì ha cominciato a stare ancora peggio e allora alla sera ho chiamato il 112, dopo tre telefonate mi fanno parlare con un infermiere che mi dice che la guardia medica deve uscire e che se invece arriva l'ambulanza portano mio padre in ospedale e non lo posso più vedere".
"Quindi ho richiamato la guardia medica e l'ho convinto a venire. Mio padre stava male, respirava a fatica 'Devo proprio andare a cercarlo il respiro', mi diceva. E' arrivato alle 23, ha detto che a mio padre bisognava fare un elettrocardiogramma e ha chiamato il 112 per far venire un'ambulanza".
"Se n'era andato da un quarto d'ora che mio papà ha cominciato a stare malissimo, allora l'ho richiamato. Lui è arrivato subito, ma mi ha detto che non c'era più niente da fare. Ha constatato il decesso all'una e dieci. L'ambulanza per l'elettrocardiogramma è arrivata all'una e venti".
"Mio papà è stato lasciato morire in casa, da solo - dice Silvia con la voce rotta - Come un sacco di altra gente del mio paese. Siamo un piccolo paese di 2.700 anime e solo a marzo abbiamo avuto 24 morti. Sento i numeri che danno in tv, ma dove lo collocano mio padre? E tutte le altre persone qui?".
"E perché non hanno chiuso la Bergamasca? Perché non l'hanno fatta zona rossa? Non ci fanno fermare qui, perché tiriamo il carretto, ci fanno lavorare".
"Siamo dei poveri martiri, anzi dei deficienti - conclude amara - Con i sacrifici che ha fatto mio papà... aveva 78 anni e stava benissimo. E comunque una fine del genere non se la merita nessuno, neanche chi ha 101 anni. Nessuno se la merita".

L'ATS: NESSUNO E' RIMASTO SENZA ASSISTENZA MEDICA
L'ATS di Bergamo in una risposta scritta a Reuters precisa di aver "istituito immediatamente continuità assistenziali diurne in nove sedi della provincia, nessuno è rimasto senza assistenza medica".
"E' una scelta precisa - continua la nota - di chiedere ai medici di gestire il più possibile via telefono i pazienti, di gestire gli ambulatori solo su appuntamento e di visitare le persone febbrili solo alla fine, per non far aumentare i contagi e non sprecare dispositivi assistenziali".
L'azienda sanitaria pubblica ricorda che al 31 marzo risultavano ammalati "142 professionisti, 103 sostituiti dai colleghi e 39 dalla continuità assistenziale diurna".
Le mascherine all'inizio non erano sufficienti "e anche per questo Regione Lombardia ha dato indicazioni che i medici di medicina generale non uscissero sul territorio".
Ora però i "dpi", dispositivi di protezione individuale, ci sono, dice l'ATS. E, continua, dal 19 marzo ci sono anche le Usca (unità speciali di continuità assistenziale) che solo negli ultimi cinque giorni di marzo "hanno effettuato 218 interventi con una media di 40 visite al giorno".

LARA: VEDER MORIRE TUO PADRE E NESSUNO TI AIUTA
Fuori tempo massimo per Giovanni Mapelli, 74 anni, anche lui di Parre.
"Quando vedi che tuo padre ti muore sotto gli occhi e nessuno ti aiuta... - sospira Lara, la figlia - Venivo su a casa tutte le sere dicendo 'mio papà sta morendo e nessuno mi aiuta, nessuno lo visita'. E' questo il cruccio che mi porterò alla tomba. Gli occhi spaventati di mio padre e nessuno che lo viene a visitare. E' questo il dramma".
Anche la mamma, Beniamina Capelli, 71 anni, si era ammalata, anche lei polmonite bilaterale interstiziale, ma ha fatto in tempo a essere visitata e presa in carico da un medico di un paese vicino, che Lara e il marito Roberto Seghezzi erano riusciti a trovare attraverso degli amici, che ha impostato una terapia e la sta salvando, ma che è potuto arrivare solo la mattina di lunedì 23 marzo. E Giovanni aveva chiuso gli occhi domenica sera.
"Mio papà ha cominciato ad avere febbre e mal di ossa il 16 marzo, ma voleva aspettare il nostro medico di base, che è ammalato - comincia il suo racconto Lara - Mia madre invece aveva tosse e la convinco a venire con me dal sostituto, a Ponte Nossa. Avevamo tutte e due la mascherina e i guanti, il sostituto aveva la doppia mascherina, ma non l'ha visitata e le ha dato tre giorni di antibiotico".
"Il 18 marzo mio padre aveva 39 di febbre già al mattino presto. Chiamo il 112 alle 9, mi richiamano a mezzogiorno e mezzo, una dottoressa parla con entrambi i miei genitori e poi mi dice che non c'è bisogno che vengano a vederli, che è un'influenza, e di farli vedere dal medico di base. Lui però non esce per questi sintomi, e la guardia medica diurna non mi risponde al telefono".
"Sabato 21 marzo mio marito si attacca al telefono per prendere la linea con la guardia medica. Dopo quattro ore la guardia medica risponde e dice che non può venire, allora richiamo il 112, mi mandano tre volontari, gentili, gli misurano la saturazione che risulta a 98 (la saturazione normale è sopra 95, ndr) , ma mio papà respirava a fatica e non era più lucido.
'Deve mangiare Giovanni, si tiri su che è solo influenza', gli dicono".
"Due ore dopo troviamo Nicoletta, un'infermiera di Itineris, per idratarlo. Arriva subito e immediatamente dice che non è possibile che abbia la saturazione a 98. Gliela riprova ed era a 58. Mi procura l'ossigeno da una signora deceduta, e domenica i valori un pochino migliorano. Nel frattempo attraverso giri che non le dico troviamo questo medico che può venire a visitare i miei genitori, ma solo lunedì mattina".
"Domenica pomeriggio mio papà comincia a respirare veramente male, chiamo Nicoletta, l'unica a cui potevo aggrapparmi di domenica e lei mi dice di chiamare subito il 112".
"Quando arriva l'ambulanza, la sera, mi dicono che i polmoni sono compromessi, non scambiano più ossigeno, lui è incosciente, e concludono che per il papà non c'è più niente da fare".
"Ma cavolo, gli dico, ha lavorato una vita. Possibile che non ci sia un posto per lui in ospedale?"
"Un posto c'è, mi rispondono, il punto è che non c'è più niente da fare".
"Allora gli ho chiesto di non lasciarmelo morire così, disperato, che non meritava una fine così".
"Quindi, col permesso della centrale operativa, hanno deciso di accompagnarlo. Con la morfina. In mezzora se n'è andato. Sul referto del 112 c'è scritto 'insufficienza respiratoria da verosimile Covid 19'. Nessuno ha fatto un tampone in casa mia, né a mio papà, né a mia mamma, né a mio marito né a me".
"La nostra sfortuna - aggiunge il marito - è stata trovare troppo tardi questo medico che continua a visitare e che ora sta curando mia suocera".

I MEDICI DI BASE: ANCHE NOI LASCIATI SOLI
Dall'altra parte del telefono c'è spesso però qualcuno che ha vissuto questa emergenza con non meno angoscia e frustrazione.
"E' stato un disastro, nessun aiuto a gestire questa emergenza enorme - ha detto al telefono a Reuters un medico venuto da un'altra provincia a sostituire due colleghi ammalati in due diversi paesi della Val Seriana - Le prime tre settimane di marzo sono state come un Vietnam".
"Mi ero portato una mascherina che avevo dalla mia ATS di provenienza, l'ho usata per tre settimane - ricorda, chiedendo di non essere identificato - La mattina ero in un ambulatorio a sostituire un medico, il pomeriggio in un altro ambulatorio a sostituirne un altro. Ricevevo dalle 300 alle 500 telefonate al giorno, dovevo gestire 3.000 mutuati. E la sera facevo visite domiciliari per i casi respiratori più gravi a prescrivere ossigeno, e per constatare i decessi, anche fino alle 22".
"Purtroppo abbiamo dovuto selezionare - precisa con la voce rotta dall'emozione - Per tosse e febbre non sono andato nelle case. Non era possibile. Sa in Valle quanta gente c'era con tosse e febbre? Tutti. Tutta la valle".
"E' triste, lo so. Vedere tutte quelle persone che vanno verso quel percorso e non riuscire a fermarle. Come crede che mi sentissi?".

Roberto Scarano è chirurgo e medico di base a Milano. Anche nel capoluogo regionale la situazione territoriale non appariva molto diversa, sino a qualche giorno fa. "Abbiamo lavorato senza protezione e nessuno ci ha fatto un tampone", ha detto a Reuters.
Anche lui ha dovuto lavorare soprattutto al telefono. "Devi chiedere le solite cose, sapere come stanno e vedere se tengono - dice - Le disposizioni che noi abbiamo dalla Asl: al paziente con una polmonite che non hai diagnosticato -- e al telefono le diagnosi non si fanno -- dai tachipirina e prodotti sintomatici per la tosse".
"Il problema è il ritardo gravissimo di provvedimenti adeguati per la medicina del territorio - conclude - Gli ospedali sono tutti impestati perché negli ospedali arrivano sempre e solo pazienti che hanno una patologia che si è aggravata nel 90% di casi dopo 12-13 giorni di disturbi, senza essere stati considerati da nessuno".

LE INFERMIERE: POTENZIARE ASSISTENZA A CASA
Maura Zucchelli, è una delle socie di Itineris, a Ponte Nossa, 19 operatori sanitari per assistenza domiciliare in Val Seriana e a Bergamo.
"Abbiamo in carico come attività ordinaria anziani con pluripatologie e anche pazienti oncologici e per cure palliative - spiega - Ma nell'ultimo mese è quintuplicato il numero di pazienti da seguire".
"Quel che è successo con questo genere di pazienti sospetti di Covid 19 è che chiamando il 112 veniva fatta una scrematura, ti chiedono quanti anni ha, fanno tutta una serie di valutazioni e ti dicono: non veniamo a prenderlo, va gestito a domicilio".
"Oppure sono le famiglie che ti chiedono di non chiamare l'ambulanza, perché si sono già visti portare via un loro caro, senza più poterlo vedere, e allora la seconda volta che succede, ti chiedono di lasciarlo a casa, che lo vogliono accompagnare standogli accanto".
"Sono così tanti casi così, così tanti - dice - Io non voglio abituarmi a vedere così tante persone morire. Non voglio, perché più passa il tempo e più corri il rischio di abituarti.
"Anche prima vedevamo i pazienti morire, perché è un percorso, li seguiamo per anni, e c'è un accompagnamento. Invece ora vai a casa del paziente, lo prendi in carico e nell'arco di 48-72 ore muore".
Sara Grigis è un'infermiera di Selvino, della cooperativa Generazioni FA che copre tutta la media Val Seriana.
"Nelle settimane passate è stato tutto più duro - ricorda - C'era una penuria pazzesca di bombole d'ossigeno. Dovevamo persino andare a casa di chi era deceduto e sapevamo che aveva ancora bombole, le prendevamo, le disinfettavamo e le portavamo a chi ne aveva bisogno".
"Questa cosa dei letti di rianimazione va vista in un altro modo - spiega - Se per esempio noi lasciamo una persona per 15 giorni con la febbre alta, poi non satura... io in quei giorni avevo paura a entrare nelle case perché trovavo gente con ipossia cerebrale che chissà da quanti giorni saturava 80-81, e ti guardava con gli occhi sbarrati.... Prima di arrivare a questi livelli forse, se fossero stati visti prima, non ci sarebbe stato bisogno della terapia intensiva".
"Bisogna potenziare tantissimo l'assistenza domiciliare".
"Non mi sento di giudicare nessuno però - conclude - Molti medici non son potuti uscire perché o erano malati o erano in quarantena... e poi se non gli davano i presidi di protezione personale mica potevano obbligarli a uscire lo stesso".

IL SINDACO DI NEMBRO E I "VISITATI"
Chi ha avuto la fortuna di essere visitato però, si è reso conto della differenza. Come dice anche il sindaco di Nembro, Claudio Cancelli, uno dei comuni più colpiti.
Il primo cittadino, dopo aver ricordato che il Comune ha attivato una serie di servizi di emergenza, come una rete per la spesa a domicilio, un accordo con gli artigiani per garantire interventi d'urgenza, un notaio che risponde sui più vari adempimenti burocratici, un servizio con tre avvocati volontari, vuol sottolineare l'importanza delle visite a domicilio.
"Questo dottore, da Selvino, sta collaborando tantissimo anche con noi a Nembro ed esce a visitare anche pazienti non suoi. Va detto".
Mara Tiraboschi, da Trezzo sull'Adda racconta: "Mia madre Elda sta a Selvino, il 9 marzo ha cominciato a respirare male.
E' venuto il suo medico di base, il dottor Munda, le ha fatto avere l'ossigeno, le ha prescritto una terapia antibiotica per flebo, idratazione, è venuto a visitarla diverse volte, e ora, nonostante i suoi 77 anni, diversi acciacchi e una neoplasia polmonare, ora dopo 11 giorni sta meglio, si è completamente ripresa".
"Mia madre ha cominciato ad avere 39 di febbre il 5 marzo, e mi è venuto un colpo perché è sempre stata bene ma, sa, ha 87 anni - dice al telefono Donatella Grigis, 57 anni, da Selvino - Ho chiamato la guardia medica che mi ha detto di darle la tachipirina, ma la febbre non scendeva, allora l'ha vista il dottor Munda; per lui era polmonite e le ha dato l'antibiotico per flebo ed è venuto a rivederla un po' di volte. Ora sta bene, mangia, la faccio bere tanto".
In sottofondo si sente la voce di Maria, la madre, che in dialetto bergamasco dice alla figlia di chiedere quando può uscire di casa, che è stufa...
Massimo Bertocchi, muratore 57enne di Selvino, aveva cominciato ad avere febbre alta tre settimane fa. "Sempre a 39 anche con la tachipirina. Avevo la saturazione a 79, il medico di famiglia è venuto a visitarmi la sera, mi ha diagnosticato una polmonite bilaterale, mi ha dato una cura con delle punture, non mi ricordo il nome, però in 10 giorni mi ha tirato fuori bene, ora ho la saturazione a 97-98".
"Qui a Selvino ha picchiato duro - chiude - 25 morti in due settimane a marzo. Qui da noi 25 morti ci sono in 7-8 anni".
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Re: COVID—19

Messaggioda zampaflex » 06 apr 2020 11:43

Dal Corriere. Le responsabilità della Regione Lombardia, sia strategiche che tattiche, emergono lampanti.

Francesco Zambonelli ha visto il paziente uno, ma anche il numero 2, e il tre. «Eravamo tutti insieme, nello stesso reparto di medicina, al terzo piano. E con i rispettivi familiari facevamo due chiacchiere nell’atrio d’ingresso». Sua madre, la signora Angiolina, viene ricoverata il 12 febbraio nell’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo. Ha avuto uno scompenso cardiaco, ma non è in cattive condizioni. Una decina di giorni sotto osservazione, qualche flebo, e poi sarebbe tornata a
casa, come sempre. Invece dopo una settimana arriva una febbre a 39, e poi la polmonite, le crisi respiratorie, la sensazione di avere un peso che schiaccia sul petto. Muore alle due della notte tra venerdì 21 e sabato 22 febbraio.
Il figlio, 55 anni, disegnatore grafico, la veglia fino all’ultimo. E si accorge che quella notte non è come tutte le altre. Tutte le infermiere infatti portano sul volto delle mascherine, cosa inusuale. Ma non le solite, «di colore azzurro che si usano dal dentista». Sono quelle professionali, le FFP2 senza valvola. È appena cominciato tutto, con la scoperta dei focolai di
Codogno e di Vo’ Euganeo. Al Pesenti Fenaroli, intanto, sono stati appena scoperti i primi due pazienti positivi al Covid-19. Franco Orlandi, ex camionista di Nembro, e Samuele Acerbis, rappresentante di commercio di Nembro, sono entrambi ricoverati da almeno una settimana nello stesso reparto della signora Angiolina, ma solo nelle ultime ore sono stati sottoposti
al tampone. È domenica. Nel pomeriggio il Pronto soccorso viene chiuso. Ma dopo alcune ore tutto riapre, senza alcuna sanificazione, neppure al Pronto soccorso. Senza la creazione di alcun triage differenziato, di alcun percorso alternativo tra i pazienti. E senza alcuna spiegazione.
«Dall’ospedale di Alzano qualcuno avrebbe dovuto almeno avvisare dell’esistenza di un pericolo micidiale. Invece hanno lasciato che la gente andasse avanti e indietro ancora per un’altra settimana, dal Pronto soccorso agli ambulatori. Era pieno di anziani che andavano a fare l’esame del sangue. Hanno fatto una ecatombe ». Zambonelli usa parole tanto semplici quanto essenziali. Suo padre Gianfranco è deceduto di coronavirus il 13 marzo. Sua zia Luciana, 72 anni, che in quei giorni si alternava con lui in ospedale, lo ha seguito due giorni dopo. Orlandi e Acerbis sono entrambi morti. Come la donna che aveva il letto di fronte, come quasi tutti gli altri.
Nessuno vuole intestarsi la colpa della mancata chiusura dell’ospedale di Alzano Lombardo, da cui si è propagato il virus che ha fatto strage in quel paese, e in tutta la Val Seriana. A oggi, Alzano Lombardo conta 177 contagi, Nembro 207. In tutta la provincia di Bergamo sono 2.378. Non esiste un vero e proprio protocollo che preveda un evento così estremo. Ma sono
due le istituzioni che hanno l’autorità per decidere la serrata. La prima è l’Ats locale, alla quale spetta un parere non vincolante, la seconda, superiore per autorità, è la Regione, della quale ogni istituto di cura rappresenta un presidio
territoriale e come tale viene classificato.
A quella vicenda è legata un’altra decisione mancata, forse ancora più importante, almeno come peso politico. Perché non è mai stata istituita una zona rossa nella provincia di Bergamo?
Le uniche risposte finora sono state molto generiche. Il distretto industriale di Alzano-Nembro è uno dei primi cinque d’Italia
per Comuni sotto i trecentomila abitanti. Secondo i dati di Confindustria Bergamo, una eventuale zona rossa avrebbe riguardato 376 aziende, con una forza lavoro che varia dai 120 agli ottocento dipendenti, per complessivi 850 milioni di euro annuali di fatturato. Ma l’ultima parola spetta sempre alla politica. Al governo regionale, a quello nazionale. Avevano entrambi la possibilità di intervenire. Ma per sei giorni, dal 3 al nove marzo, nessuno si è assunto l’onere di farlo.
La corrispondenza privata governo-Regione, e una nota interna a Palazzo Chigi, consentono di ricostruire quanto è avvenuto. E aiutano a capire come mai per istituire la zona rossa intorno a Codogno ci siano volute meno di 24 ore, con l’ordinanza firmata dal presidente della Lombardia Attilio Fontana e dal ministro dalla Sanità Roberto Speranza che blindava in
entrata e in uscita dieci paesi del lodigiano, mentre per la provincia di Bergamo non sia bastata una settimana, a fronte di dati molto più allarmanti. A questo ritardo non è estraneo lo spirito di quel breve lasso di tempo. Ancora lo scorso 2 marzo l’assessore al Welfare lombardo, Giulio Gallera, esprimeva forti dubbi sull’utilità di una zona rossa. Ma sono molti i casi di esponenti politici che hanno adottato un doppio registro. Lo stesso Fontana mette la sua firma su richieste molto prudenti, mentre in pubblico usa spesso toni più interventisti.
Meglio stare alle carte, quindi. I primi cinque report quotidiani che a partire dalla mattina del 21 febbraio la Regione Lombardia invia alla Protezione civile non fanno alcun cenno alla situazione della provincia di Bergamo. Per quasi una settimana, in calce al documento verranno indicati i focolai identificati fino a quel momento. Ne sono sempre citati quattro,
tutti nel lodigiano. Eppure già il 27 febbraio appare evidente che in provincia di Bergamo qualcosa sta andando come peggio non potrebbe. Settantadue nuovi casi di positività, diciannove dei quali, e tre decessi, fanno di Nembro il quarto Comune più colpito di Lombardia, alla pari con Casalpusterlengo, che insieme agli altri tre è nella zona rossa.
La progressione sembra inarrestabile. Le denunce pubbliche e le richieste di aiuto dagli ospedali bergamaschi si moltiplicano. Il 29 febbraio Nembro conta 25 nuovi casi, Alzano altri dodici, l’intera provincia sfonda quota cento. Quel giorno, la Confindustria di Bergamo pubblica il video «Bergamo is running», rilanciato dal sindaco Giorgio Gori. Ma è l’intera classe dirigente del Nord, con poche eccezioni, a essere in modalità «riapriamo tutto, o quasi». La Regione Lombardia invoca misure più restrittive, ma non giunge mai a chiedere in modo ufficiale l’istituzione di una zona rossa.
Sembra che ci si arrivi di comune accordo il 3 marzo, 423 contagiati nella provincia, 58 a Nembro e 26 ad Alzano, con una scelta affidata comunque al parere degli scienziati.
Dal verbale di quel giorno del Comitato tecnico scientifico (Cts) che segue per il governo l’emergenza Covid-19: «Nel tardo pomeriggio sono giunti all’Istituto superiore di Sanità i dati relativi ai due Comuni sopramenzionati, poi esaminati dal Cts. Al proposito sono stati sentiti al telefono l’assessore Giulio Gallera e il direttore generale Luigi Cajazzo di Regione Lombardia che confermano i dati (…) Ciascuno dei due paesi ha fatto registrare attualmente oltre 20 casi, con molta probabilità ascrivibili a un’unica catena di trasmissione. Ne risulta, pertanto, che l’R0 è sicuramente superiore a 1, il che costituisce un indicatore di alto rischio di ulteriore diffusione del contagio. In merito il Comitato propone di adottare le opportune
misure restrittive già adottate nei Comuni della “Zona Rossa” al fine di limitare la diffusione dell’infezione nelle aree contigue. Questo criterio oggettivo potrà, in futuro, essere applicato in contesti analoghi». L’Unità di crisi della Lombardia invia una mail a Silvio Brusaferro, direttore dell’Istituto superiore di Sanità, con una mappa dettagliata della diffusione
del virus in tutta la provincia di Bergamo.
Quella sera, appaiono in Val Seriana alcune camionette dell’esercito. Sembra il preludio alla chiusura totale.
Invece non succede niente. Il 4 marzo, quando le vittime in Italia superano quota cento, il premier Giuseppe Conte firma un nuovo decreto che prevede in tutto il Paese lo stop fino al 15 marzo per università, scuole, teatri, cinema.
«Con specifico riferimento alla proposta avanzata dal Comitato tecnico-scientifico relativa ai due Comuni della Provincia di Bergamo », comunque già «assoggettati» a misure più restrittive di quelle applicate sul territorio nazionale con il decreto varato il primo marzo, il presidente del Consiglio chiede ai suoi esperti «di approfondire» le ragioni della loro richiesta di una zona rossa per Alzano e Nembro.
Cosa è accaduto di nuovo? Che in Lombardia sta andando tutto male: «Il quadro epidemiologico dei giorni 3 e 4 marzo restituiva una situazione ormai critica in diverse aree della regione». A Bergamo 33 casi, a Lodi 38, a Cremona già 76, a Crema 27, nel comune di Zogno altri 23, a Soresina e Maleo diciannove. Eppure a Palazzo Chigi «appariva necessario acquisire ulteriori elementi per decidere se estendere la “zona rossa” a questi due soli comuni oppure, in presenza di un contagio ormai diffuso in buona parte della Lombardia, estendere il regime all’intera Regione Lombardia e alle altre
aree interessate».
L’ultima riunione per il decreto Brusaferro risponde nella serata del 5 marzo, con una nota scritta. E insiste. «Pur riscontrandosi un trend simile ad altri Comuni della Regione, i dati in possesso rendono opportuna l’adozione di un provvedimento che inserisca Alzano Lombardo e Nembro nella zona rossa». Venerdì 6 marzo Conte va di persona alla Protezione civile, dove incontra i membri del Comitato scientifico per la decisione definitiva.
Non se ne fa nulla. Passa infatti la linea di «superare la distinzione tra “zona rossa”, “zona arancione” e resto del territorio nazionale in favore di una soluzione ben più rigorosa ». Si arriva così al 7 marzo, con l’annuncio alle due di notte della chiusura dell’Italia intera, e il decreto firmato la sera dell’8 marzo ed entrato in vigore il giorno seguente, quando Alzano conta 55 contagiati, Nembro 107, la provincia di Bergamo 1245, per tacere dei morti. La Lombardia è zona rossa, come il resto del Paese. Da quella prima richiesta sono passati ormai sei giorni.
Un’altra nota interna di palazzo Chigi sembra fare riferimento proprio a possibili dispute sul mancato provvedimento. «Quanto alle competenze e ai poteri della Regione Lombardia, si fa presente che le Regioni non sono mai state esautorate del potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti». E di seguito si citano i provvedimenti con misure ancora più restrittive varati di recente dalla giunta di Fontana.
Un modo per dire che se la Lombardia pensava davvero che la zona rossa di Alzano e Nembro andasse creata prima, avrebbe potuto farlo in piena autonomia, così come l’hanno fatto Lazio, Basilicata, Emilia-Romagna, con ordinanze limitate al territorio di specifici comuni. A Zambonelli e alla sua famiglia non è mai stato fatto alcun tampone. La Regione e la Ats locale non hanno ancora risposto alle domande rivolte dal Corriere di Bergamo sulla mancata chiusura dell’ospedale di Alzano
Lombardo.
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Re: COVID—19

Messaggioda pipinello » 06 apr 2020 20:35

Mi sto chiedendo da giorni quando si comincerà a fare tamponi, almeno post morte, agli anziani nelle case di riposo e ad aggiungerli nel computo dei morti per covid.
Questo far finta di nulla da parte di regioni e protezione civile sta superando ogni limite di malafede e cattivo gusto.
Anche se temo che ci sia una precisa volontà dietro questa scelta: l'impossibilità di sapere con certezza che il proprio caro è morto a causa del virus impedirà a migliaia di famiglie di far causa per negligenza ai responsabili delle strutture.
E poi abbiamo anche la faccia tosta di accusare altri paesi di barare sui numeri.
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Re: COVID—19

Messaggioda gianni femminella » 06 apr 2020 22:40

pipinello ha scritto:Mi sto chiedendo da giorni quando si comincerà a fare tamponi, almeno post morte, agli anziani nelle case di riposo e ad aggiungerli nel computo dei morti per covid.
Questo far finta di nulla da parte di regioni e protezione civile sta superando ogni limite di malafede e cattivo gusto.
Anche se temo che ci sia una precisa volontà dietro questa scelta: l'impossibilità di sapere con certezza che il proprio caro è morto a causa del virus impedirà a migliaia di famiglie di far causa per negligenza ai responsabili delle strutture.
E poi abbiamo anche la faccia tosta di accusare altri paesi di barare sui numeri.


Noi? È probabile, ma... Vado a braccio, in Italia 13000 tamponi (circa) ogni milione di abitanti, Francia e Germania 3500 (circa) per milione. Non è la discriminante, ma vuol dire tanto.
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Re: COVID—19

Messaggioda pipinello » 06 apr 2020 23:01

gianni femminella ha scritto:
pipinello ha scritto:Mi sto chiedendo da giorni quando si comincerà a fare tamponi, almeno post morte, agli anziani nelle case di riposo e ad aggiungerli nel computo dei morti per covid.
Questo far finta di nulla da parte di regioni e protezione civile sta superando ogni limite di malafede e cattivo gusto.
Anche se temo che ci sia una precisa volontà dietro questa scelta: l'impossibilità di sapere con certezza che il proprio caro è morto a causa del virus impedirà a migliaia di famiglie di far causa per negligenza ai responsabili delle strutture.
E poi abbiamo anche la faccia tosta di accusare altri paesi di barare sui numeri.


Noi? È probabile, ma... Vado a braccio, in Italia 13000 tamponi (circa) ogni milione di abitanti, Francia e Germania 3500 (circa) per milione. Non è la discriminante, ma vuol dire tanto.


Non so quali dati tu abbia, ma a me risultano 2 cose:
- che il Koch Institute abbia dichiarato che la Germania fa una media di 160 mila tamponi a settimana (ci si può anche non credere, per carità, ma non risulta che i loro ospedali siano sotto pressione, anzi stanno ospitando malati da tutta Europa, Italia compresa)
- la Francia ha esplicitamente ammesso ieri 2 mila morti per covid nelle rsa, cosa che l'Italia ancora non ha fatto.
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Re: COVID—19

Messaggioda gianni femminella » 06 apr 2020 23:08

...
Ultima modifica di gianni femminella il 06 apr 2020 23:12, modificato 1 volta in totale.
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Re: COVID—19

Messaggioda gianni femminella » 06 apr 2020 23:12

gianni femminella ha scritto:Perdona, la Germania ha effettuato tamponi in numero poco inferiore all'italia. La Francia invece, come dicevo, secondo queste tabelle 3500 contro 13000 per milione.

https://www.worldometers.info/coronavirus/#countries

È un link che aveva postato Luciano
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Re: COVID—19

Messaggioda pipinello » 06 apr 2020 23:17

gianni femminella ha scritto:
gianni femminella ha scritto:Perdona, la Germania ha effettuato tamponi in numero poco inferiore all'italia. La Francia invece, come dicevo, secondo queste tabelle 3500 contro 13000 per milione.

https://www.worldometers.info/coronavirus/#countries

È un link che aveva postato Luciano



In realtà la Germania ne ha fatti, tabella alla mano (total tests), 200 mila in più e considerando che la curva è spostata in avanti di almeno 2 settimane non è poca cosa.
Sulla Francia il discorso non era sui tamponi ma sul fatto che hanno pubblicamente ammesso che i morti negli ospizi sono dovuti a coronavirus.
In Italia, ad oggi, nessuno ha avuto la decenza di farlo. E parliamo di migliaia di morti, di migliaia di lutti in altrettante famiglie italiane.
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Re: COVID—19

Messaggioda maxer » 07 apr 2020 00:43

pipinello ha scritto:
pipinello ha scritto:
maxer ha scritto:
TUTTI i virologi, epidemiologi, biologi, nanopatologi, ricercatori hanno indicato che il virus colpisce maggiormente i portatori di importanti patologie pregresse (cancro, polmone, cuore innanzitutto, NON necessariamente in fasi terminali), con le statistiche che dimostrano chiaramente che l' età media dei deceduti è praticamente quella dell' aspettativa di vita media in Italia

*Prova ad avere avuto un parente in una casa di riposo, come sta succedendo a me (a proposito, ci sei mai stato in visita ? Guarda che lì non ci sono aitanti vecchietti che prendono la pastiglietta o il colluttorio, ma soprattutto malati cronici che gli ospedali rifiutano perché costano troppo e i posti letto sono stati tagliati : ma lo sai che ad oggi, essendo ambienti chiusi, ce ne sono a migliaia e migliaia di sintomatici o presunti tali (a cui non fanno nemmeno i tamponi, che forse hanno il covid, ma chi lo sa, forse sì forse no), che non vengono ormai nemmeno curati perché considerati incurabili o perché non ci sono le strutture interne, ma soprattutto perché sono rifiutati dagli ospedali, altrimenti andrebbero a intasare i reparti di terapia intensiva o anche gli altri reparti per altre usuali patologie ormai tutti ridotti al collasso ? E muoiono a grappoli

A domande sul loro stato, risposte evasive e nessuna possibilità di avere altre informazioni
E poi ti arriva la brutta notizia

E tutti questi poveri vecchi, come verranno conteggiati, secondo te ?

Guarda ti avevo scritto una risposta lunga e articolata, poi ho capito che probabilmente sei solo un beone annoiato dalla forzata permanenza a casa e ho deciso di cancellare tutto.
Stappati un'altra bottiglia. Fai solo occhio all'ipertensione :wink:

Mi sto chiedendo da giorni quando si comincerà a fare tamponi, almeno post morte, agli anziani nelle case di riposo e ad aggiungerli nel computo dei morti per covid.
Questo far finta di nulla da parte di regioni e protezione civile sta superando ogni limite di malafede e cattivo gusto.
Anche se temo che ci sia una precisa volontà dietro questa scelta: l'impossibilità di sapere con certezza che il proprio caro è morto a causa del virus impedirà a migliaia di famiglie di far causa per negligenza ai responsabili delle strutture.
E poi abbiamo anche la faccia tosta di accusare altri paesi di barare sui numeri

..... caro ortopedico, .............................................
................................................................................
.............................................................. :mrgreen:

senza commenti .....


*scritto 15 giorni fa
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Re: COVID—19

Messaggioda maxer » 07 apr 2020 08:18

I morti al Pio Albergo Trivulzio (e non solo)
Occultamento di dignità

di Gad Lerner
(da Repubblica+ del 07 aprile 2020)

Non era mai successo nella lunga storia del Pio Albergo Trivulzio che la cappella dei funerali venisse adibita a deposito di bare perché la camera mortuaria non riesce più a contenere le salme avvolte nel sudario. È l’epidemia, certo. Ma è anche l’esito di quella “gestione sconsiderata dell’emergenza” affiorata solo grazie al coraggio dei medici e degli infermieri che continuano a prestare generosamente la loro opera di cura nonostante le direttive assurde e il clima intimidatorio imposti loro dai vertici. Ora toccherà alla Procura di Milano e agli ispettori del ministero della Salute verificare cosa è davvero accaduto nella più grande struttura geriatrica d’Italia.
Ma appare già evidente l’ingiustificabile tentativo di occultare una realtà drammatica. Come se non bastassero l’esonero del professor Bergamaschini, “colpevole” di aver autorizzato l’impiego delle mascherine il 3 marzo – già in piena emergenza nazionale – e i bollettini che per tutto il mese hanno negato il contagio, leggiamo stupefatti la mail di ieri mattina del direttore generale, Giuseppe Calicchio (laureato in Filosofia), con cui viene commissariata da persona di sua fiducia la camera mortuaria: «Necessito di avere dettaglio puntuale delle salme in cassa e da porre in cassa indicando per ciascuna la data di decesso». Solo ora? «Accertarsi della affidabilità umana e professionale di quanti operano in tale “sacro” contesto». Viene da dubitare della sua, di affidabilità. Intanto, solo nei primi sei giorni di aprile, si contano altri 28 morti. E ci si chiede se anche questo commissariamento non miri a nascondere qualcosa.
Il Pio Albergo Trivulzio, nonostante gli scandali che lo hanno coinvolto nel passato, resta un simbolo della filantropia ambrosiana ed era sempre stato considerato una struttura di eccellenza. Ma è un fatto che solo dal novembre scorso dieci medici hanno scelto le dimissioni in seguito a una gestione definita “dittatoriale” e “incompetente”. Un malessere che ha preceduto la parossistica raccomandazione di presentare il Pat come struttura immune dal coronavirus, a costo di mettere a repentaglio l’incolumità di milletrecento pazienti e del personale. Succedeva, a marzo, quando ormai diversi reparti erano stati isolati, che chiunque potesse andare al bar per la pausa caffè. Salvo poi precludere l’accesso al pronto soccorso dei pazienti bisognosi di cure e minimizzare i decessi attribuendoli a bronchiti e polmoniti stagionali. Tanto che, in tutto il mese di marzo, solo per nove decessi si è riconosciuto il Covid-19 come concausa. Mentre la comparazione con il numero dei morti del 2019 deve tenere conto del diminuito numero degli ospiti, visto che da almeno un mese gli accessi sono di fatto bloccati.
Piovono denunce analoghe dalle Residenze sanitarie assistite di mezza Italia. Anche a Mediglia (64 morti), per restare nell’area milanese, la prima direttiva era stata: «Niente mascherine, spaventerebbero gli ospiti». Ma poi si è aggiunta, l’8 marzo, la delibera di Regione Lombardia che autorizzava a ricoverare nelle Case di riposo i pazienti Covid dimessi per liberare posti letto negli ospedali. Invano contestata l’indomani da Luca Degani, presidente dell’Uneba, la federazione che raggruppa 400 Rsa lombarde. Anche alla Baggina, come i milanesi chiamano affettuosamente il Pat, sono stati trasportati almeno dodici pazienti non testati dall’ospedale di Sesto San Giovanni, e molto probabilmente ciò ha favorito il contagio. Sempre più ospiti venivano mandati in isolamento senza spiegazioni, diffondendo la paura fra il personale e i familiari, senza che venissero effettuati i tamponi.
È grave a dirsi, ma sorge il dubbio che le Case di riposo siano state trattate alla stregua di discariche umane. In Lombardia e nel resto d’Italia. L’emergenza in corso non può essere usata come alibi per occultare simili eventuali comportamenti. È un bene che Salvini abbia ritirato l’emendamento al decreto “Cura Italia” in cui proponeva l’immunità per i dirigenti sanitari. Lo ha fatto, parole sue, «per evitare fraintendimenti».
Il Pio Albergo Trivulzio è una grande struttura pubblica, uno dei primi quattro poli geriatrici europei. Da oggi è anche il luogo simbolo da cui s’impone di dissipare il clima avvelenato di omertà, per rispetto delle famiglie che gli hanno affidato i loro cari anziani, ma anche di tutta la città di Milano che lo annovera fra le sue istituzioni più antiche.
La diffida con cui presidenza e direzione del Pat hanno pensato di intimidire Repubblica, dopo che ha riferito le denunce del professor Bergamaschini e del sindacalista La Grassa, non potrà certo frenare la richiesta di trasparenza oggi ribadita anche dal sindaco di Milano. Le inchieste, giornalistiche, giudiziarie e ministeriali, devono proseguire senza guardare in faccia nessuno. I medici, gli infermieri e i familiari che temono per la sorte dei loro congiunti, devono poter rilasciare le loro testimonianze senza il ricatto di venir sottoposti a provvedimenti disciplinari, come purtroppo è già accaduto.
Sarebbe indegno fornire coperture di natura politica, figlie della lottizzazione, ai responsabili di comportamenti scorretti e minacciosi. Come è noto, la responsabilità operativa del Pat è di pertinenza della Regione, che vi ha collocato “il filosofo” considerato di area leghista; mentre il presidente, Maurizio Carrara, indicato dal Comune di Milano per svolgere funzioni di rappresentanza non operativa, è considerato di area di centrosinistra. Poco importa. Dovranno essere giudicati sulla base dei loro comportamenti. Repubblica è un giornale, non un tribunale che emette sentenze. Ma certo che, se non verrà smentito dai fatti, il comportamento di Calicchio e Carrara sembra incompatibile con la permanenza ai vertici della struttura pubblica.
Lo dobbiamo anche a quelle bare allineate nella cappella della camera mortuaria. E al personale che continua a sfidare con professionalità e generosità il coronavirus per alleviare la sofferenza degli ospiti della Baggina.
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Re: COVID—19

Messaggioda gianni femminella » 07 apr 2020 09:31

pipinello ha scritto:
gianni femminella ha scritto:
gianni femminella ha scritto:Perdona, la Germania ha effettuato tamponi in numero poco inferiore all'italia. La Francia invece, come dicevo, secondo queste tabelle 3500 contro 13000 per milione.

https://www.worldometers.info/coronavirus/#countries

È un link che aveva postato Luciano



In realtà la Germania ne ha fatti, tabella alla mano (total tests), 200 mila in più e considerando che la curva è spostata in avanti di almeno 2 settimane non è poca cosa.
Sulla Francia il discorso non era sui tamponi ma sul fatto che hanno pubblicamente ammesso che i morti negli ospizi sono dovuti a coronavirus.
In Italia, ad oggi, nessuno ha avuto la decenza di farlo. E parliamo di migliaia di morti, di migliaia di lutti in altrettante famiglie italiane.


Non voglio contestare le morti nascoste. Mi ero concentrato su altro aspetto.

Il dato corretto credo sia, non il numero totale di tamponi, ma quello in percentuale su milione di popolazione: 11967 Italia, 10962 Germania, Francia 3436, Spagna 7593, USA 5841, Svizzera 18776 etc. L'Italia è tra le nazioni che hanno la maggiore percentuale. Questo solo per dire che forse i casi negli altri paesi sono molto maggiori rispetto al dichiarato.
Ve bene, qui si entra in un ginepraio, visto che ogni giorno esce una nuova proiezione sugli asintomatici. Al riguardo se ne leggono di tutti i colori. Tre milioni, sei milioni, undici milioni...
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Re: COVID—19

Messaggioda zampaflex » 07 apr 2020 12:08

Questa settimana tutto il mondo guarderà all’America.
Negli ultimi 15 giorni gli Stati Uniti sono diventati, rapidamente, il fronte più esposto al coronavirus. Ancora il 14 marzo i positivi erano 3.613: un numero relativamente basso a fronte di 329 milioni di abitanti. Ma da quel momento la curva del
contagio è decollata. Il 19 marzo gli infettati erano 13.779; il 27 marzo 104.126; il 1 aprile, 210.003. A metà giornata di ieri, 6 aprile, avevano superato quota 340 mila, con quasi 10 mila morti.
Jerome Adams, Surgeon General degli Stati Uniti, il portavoce federale in tema di salute pubblica, avverte: questa
settimana sarà «come Pearl Harbor o l’11 settembre». È il momento più drammatico nella storia recente del Paese, il momento decisivo per la leadership di Donald Trump.
Ventilatori e ritardi.
Il Covid-19 ha compiuto una spietata operazione verità. Il sistema sanitario, sostanzialmente privato, è andato subito in corto circuito. All’inizio i tamponi erano introvabili e le poche migliaia di kit spedite nei diversi Stati dal Cdc, l’autorità federale di Atlanta, si sono rivelate difettose. La super potenza mondiale si è scoperta vulnerabile. A fronte del primato tecnologico, economico e militare, sono venuti fuori ritardi cronici. L’insufficienza dei posti letto, per esempio: 2,8 per ogni mille abitanti contro il 4,3 della Cina e il 3,2 dell’Italia. All’inizio della crisi i ventilatori per la respirazione erano 160 mila e
le mascherine per la protezione di medici e infermieri solo 30 milioni. L’amministrazione Trump sta cercando di recuperare,
affannosamente.
Da qui a un paio di settimane potrebbero servire fino a 3,2 miliardi di mascherine e un numero imprecisato di respiratori:
nel caso più catastrofico anche 900 mila. Sarà questa la prova più angosciosa.
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Re: COVID—19

Messaggioda pumpkin » 07 apr 2020 13:02

Tanto per dire come vanno le cose in Lombardia.
La Regione sta strombazzando a destra e manca la fornitura gratuita di mascherine a tutte le farmacie.
Nel comune dove abito, di 35.000 abitanti, sono arrivate ieri 8.000 mascherine chirurgiche (praticamente usa e getta), ed è tutto quello che arriverà dalla Regione. Giustamente il comune ha deciso di distribuirle ad alcune categorie più bisognose, ma per la stragrande maggioranza della popolazione non ci sarà nulla.
Ok, meglio che niente, ma un po' meno di prosopopea dai politici non guasterebbe ...
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Re: COVID—19

Messaggioda gianni femminella » 07 apr 2020 20:04

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