...il problema di base nasce a causa di un quadro legislativo impropriamente compartimentato rispetto ad un " reparto privilegiato" . Le storture legislative portano a delinquere , quando la chiarezza non è palese. Oggi , quanto scritto su questo fatto, è solamente una "furbata" , un'innocente dito nella marmellata con conseguente sgridata della madre un po' severa. E , vedrete, rimarrà così , anche se un subitaneo contraccolpo economico per queste aziende ci sarà, pronte comunque a ricrearsi verginità alla prossima dichiarazione d'intenti ben supportata da comunicazione amica. Se il quadro legislativo , così rigoroso per l'etichettatura di alimenti e bevande, fosse allargato in maniera sacrosanta al mondo del vino, tutto ciò sarebbe una ben più grave "frode in commercio" .
Antidoto? Talmente palese e ovvio da sembrare scontato: obbligo di dichiarazione in etichetta (o retroetichtta) di tutto ciò che non sia prodotto dell'uva e della sua fermentazione . E non basta certo un puerile "contiene solfiti" per mettersi a posto con la coscienza (anche se con la legge attuale , sì) , perché segnalare i solfiti è per la legge che obbliga a dichiarare gli allergeni (da lista pubblicata dal Ministero con obbligo di segnalazione) ; se non lo si fa si passano guai grossi e non è certo una decisione volontaria da parte dei vinattieri, che come lobbyes so per certo che avevano mosso tutte le carte immaginabili per evitare questa jattura...

.... ma perché non gli altri coadiuvanti? Anche per creare cultura tecnica che oggi è sotto zero, mentre un bell'elenco di prodotti enologici permetterebbe di andare ad informarsi sulla natura e del perché si utilizzano , aumentando a dismisura l'autodeterminazione del consumatore ...