Messaggioda de magistris » 25 ott 2013 11:16
Vendemmia dei bianchi praticamente finita, uve alla mano potrà essere una bella bella annata per il fiano e molto più complicata per greco e falanghina (e aglianico, specie nelle zone basse). Serviva bevuta per fare il punto della situazione. Stappato:
Champagne Tarlant Brut Nature: lo stile Tarlant si conferma molto nella mie corde, ha ampiezza aromatica e pesca bene sul coté “ossidativo” ma con tanto tanto giudizio e controllo. In bocca molto serio con carbonica cremosa e spina dorsale. Lo ricomprerei e riberrei.
Rias Baixas Albarino Abadia San Campio ’11 – Terras Gauda: tutto sommato trascurabile, ha un’impronta terpenica e un attacco dolcino, si beve ma resta un po’ diluitino senza grande carattere. Non lo ricomprerei.
Vosne Romanée 1er cru Les Malconsorts ’10 – Cathiard: su questo e il suo compagno di batteria era troppo più forte la curiosità di sentirli prima che andassero definitivamente in letargo rispetto alla razionale consapevolezza che era una fesseria aprirli così presto. Ciononostante il Malconsorts si è rivelato nella sua estrema estrema estrema gioventù vino magico per stratificazione, profondità, anima, mobilità. Ha un profilo “francescano”, che concede poco o niente al piacere per l’effetto combinato di acidità martellante e tannini da nebbiolo più che da pinot nero. Ma non è un vino algido o scostante tout court: il frutto turgidissimo si sviluppa su bellissime sensazioni minerali e balsamiche (grafite e alloro), trovando via via spunti con gli agrumi, il floreale, le spezie orientali. E’ Borgogna maschia, di struttura e contrasti, questo sì che sarebbe bello risentirlo almeno tra un 7-8 anni.
Vosne Romanée 1er cru Cros Parantoux ’10 – Rouget: le premesse sulla gioventù sono identiche se non ancora più stringenti, gli esiti quasi divaricanti. Senza girarci troppo attorno, questa bottiglia, questa stappatura si rivela deludente, non solo in rapporto al blasone del vino: c’è tanto legno che lo indirizza fin da subito su nesquik, bacca di caffè, tostature scure, ma soprattutto lo ingolfa al palato. E’ un peso massimo con struttura da Rodano, come spesso capita con altri Grand Cru di Vosne (La Tache di annata solare non è certo il pinottino rarefatto e trasparente..), che in questo momento non riesce proprio ad incanalarsi con dinamismo, finezza e complessità. Ogni tanto fa capolino quella combinazione particolarissima di gelso nero-pomodoro disidratato-saila menta-curry che sono forse il suo marcatore, ma non trova mai la dimensione femminile-floreale-agrumata, restando in definitiva un po’ troppo “cupo”. Immagino che tra dieci anni sarà tutta un’altra cosa e capisco perché tanti amici mi hanno tolto il saluto quando hanno saputo che volevo stapparlo, ma penso sia importante rendersi conto in prima persona di certe cose, anche sbagliando.
Carema Etichetta Nera ’06 – Ferrando: questo l’ho servito alla cieca ed è stato interessante ascoltare le “reazioni” dei compagni di tavolo. Il naso gli fa pensare ad una zona o un’annata calda e hanno ragione perché c’è una traccia quasi “da appassimento”, tra prugna e ciliegia sotto spirito, molto più in primo piano dei tocchi radicosi e minerali che ci si aspetterebbe. Dopo averlo assaggiato dicono tutti nebbiolo, ma si dividono tra Valtellina per il gioco frutto maturo-bocca snella e Langa, solo dopo un po’ si arriva all’Alto Piemonte e infine a Carema. In definitiva bottiglia molto contraddittoria, che non mi ha pienamente convinto (ma forse c’era anche una puntina di tappo sotto sotto)
Barolo Prapò ’04 – Germano Ettore: me lo ricordavo molto meglio, parte scurone con frutto nero turgido ma sempre nero, sviluppandosi poco su pepe nero, castagna infornata, liquirizia. Mancano sfumature e grazia, almeno su questa bottiglia, la bocca si esprime in larghezza e calore, difficile pensare ad un’annata “classica” come la 2004. Ne ho qualche altra bottiglia, a breve lo ristappo per capire meglio.
Pauillac ’89 – Chateau Lynch Bages: che sia una delle migliori riuscite di sempre per questo 5eme cru e uno dei migliori ’89 non lo scopro certo io. E’ la quarta volta che lo bevo e l’ho ritrovato identico all’ultima stappatura di tre anni fa. Anche questo è scuro ma di una scurezza totalmente diversa, stratificata e multidimensionale: arbusti, petrolio, liquirizia, afghano, terra rimestata, porcino, moka, divano di pelle impregnato di incenso e sigaro, e si può continuare per un altro quarto d’ora. In bocca è ancora giovanissimo, con un’acidità che spinge per quanto saporita ed integrata su una struttura da peso medio in perfetta forma e definizione. Nell’annata Haut Brion è su un altro pianeta, ma tra gli “umani” questo si gioca la partita con tutti gli altri premier di riva sinistra, a mio avviso (e non solo mio)
Champagne Piollot Rosé: grazie ancora ad Alexer3b per la dritta, rosé personale e gustoso, paltriniereggiante al naso, serio e buccioso in bocca nonostante la carbonica non finissima.
Paolo De Cristofaro
http://www.tipicamente.it/Ci si può divertire anche senza alcool. Ma perché correre il rischio? (Roy Hodgson)
Auspico una guida che non metta i vini DRC al vertice. Sarà la migliore. (Edoardo Francvino)