L'impressione generale è che da quelle parti non abbiano ancora ben chiaro come si promuova il vino.
D'altra parte la commercializzazione dell'aglianico del vulture è piuttosto recente.
A fronte di un'accoglienza generalmente calorosa(in linea con quanto mi aspettassi) ho notato una certa ritrosìa, se non braccino corto, negli assaggi.
Alcuni ci hanno offerto vino ossidato da bottiglie aperte evidentemente da giorni e giorni.
Altri non si sono degnati di offrire neanche un assaggio.
Ovviamente ci sono state alcune piacevoli eccezioni: su tutti mi piace ricordare le cantine Carbone e Macarico.
L'impressione generale che ho avuto è che l'Aglianico del Vulture sia una delle realtà pià interessanti del panorama ampelografico italiano.
Probabilmente una linea d'espressione ben definita ancora non è stata trovata ma dal mio punto di vista questo è un bene.
Impressioni così positive nel Sud Italia probabilmente le ho avute solo dal Nerello Mascalese.
Un aspetto che mi piacerebbe approfondire meglio è l'utilizzo delle barriques. Quasi tutti ne fanno un utilizzo abbondante anche se poi all'assaggio non risulta quasi mai evidente. Con altri vitigni l'uso di barriques in genere mi indispone. Con l'aglianico no. Due le ipotesi:
o l'aglianico del vulture è talmente ruvido eal punto da rendere indispensabile l'utilizzo della barrique oppure in Lucania sono dei maghi nel loro impiego.
PS: sono riuscito ad individuare quale dei due D'Angelo è quello giusto. Fin troppo facile...anzi vi consiglio caldamente di abbandonare l'altro
