Diario economico

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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 04 gen 2025 19:01

Tassisti pagliacci. Non solo evadono, si scelgono pure i clienti.

https://www.ilmessaggero.it/economia/furbetti_taxi_app_cosa_cambia_ora-8572448.html
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 05 gen 2025 11:18

“Feudale e discriminatoria”. L’accusa di Lancet alla sanità italiana.

Disparità tra Regioni ricche e povere, iniquità delle cure, fallimento della medicina digitale. Di tutto l’Italia ha bisogno in questo frangente tranne che dell’autonomia differenziata. Una bandiera tricolore si staglia sulla copertina di The Lancet, con uno sfondo di nuvole, ad accompagnare l’editoriale che la rivista internazionale di medicina, nella sua sezione europea, dedica al nostro Paese.

Il j’accuse “Il sistema dei dati sanitari italiani non funziona” è rivolto contro una sanità spezzatino, con le Regioni che non riescono nemmeno a comunicarsi dati e informazioni utili a curare i pazienti, figuriamoci a muovere in avanti la ricerca. L’Italia si ritrova immersa in una sorta di feudalesimo in cui «ospedali e strutture sanitarie si affidano a sistemi di raccolta dei dati incompatibili fra loro e vetusti, che rendono impossibile il trasferimento di referti e immagini diagnostiche anche all’interno di una stessa città».

Ogni anno la necessità di ripetere gli stessi esami due volte — perché un paziente viene curato in strutture o Regioni diverse, incapaci di leggere l’una i referti dell’altra — costa all’Italia 3,3 miliardi, spiega Pooja Jha, direttrice di Lancet Regional Health—Europe. Né la frammentazione della sanità italiana permette di fare ricerca su grandi numeri di pazienti. Il numero di studi scientifici autorizzati oggi, ricorda la rivista medica, è il 15% rispetto al 2009.

Su questo panorama già parcellizzato incombe la riforma dell’autonomia differenziata, che «minaccia di peggiorare la situazione, acuendo le disparità tra le Regioni». Non è un caso che le 7 Regioni oggi sottoposte a un piano di rientro delle spese sanitarie siano tutte al Centro-Sud (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia e Sicilia) e che il rispetto dei livelli sanitari di assistenza sia garantito solo in Regioni del Centro-Nord (unica eccezione la Puglia).

L’alba del problema della raccolta dei dati era emersa con il Covid, con alcune strutture sanitarie che scrivevano le informazioni sui contagi a mano, su moduli di carta. «Ancora oggi il fascicolo sanitario in Italia è gestito dalle Regioni in modo autonomo e disomogeneo» lamenta Raffaele Bugiardini, professore di cardiologia dell’università di Bologna e segretario della commissione di Lancet. sulle disparità di trattamento delle malattie cardiovascolari. Questo impedisce a uno studio scientifico di estendere i suoi orizzonti al di là di poche migliaia di pazienti. Né permette a un paziente che decida di curarsi in un’altra Regione o che finisca in pronto soccorso di utilizzare diagnosi ed esami effettuati in passato. «È sicuramente un’anomalia» secondo Bugiardini. «I paesi del Nord Europa hanno una banca dati centrale consultabile da ciascun medico autorizzato».

Oggi vediamo i frutti di questo spezzettamento nel mancato decollo del fascicolo sanitario elettronico, lo strumento che secondo Lancet potrebbe finalmente unificare la storia di un cittadino per quanto riguarda malattie, esami e terapie. Ma che «resta largamente inapplicato» per «l’estesa autonomia che permette alle Regioni di agire indipendentemente, con frammentazioni e inefficienze». Spiega Bugiardini che «gestire la sanità vuol dire gestire molti soldi. È chiaro che le Regioni non vogliano cedere questo potere».

Per la sanità digitale, ricorda la rivista, l’Italia ha speso 1,8 miliardi nel 2022: il 7% in più dell’anno precedente. «Ma resta un mistero se questi fondi siano stati spesi e come siano stati usati». Sta di fatto, fa sapere la Fondazione Gimbe, che monitora e diffonde i dati sul sistema sanitario italiano, che «al 31 agosto 2024, il 41% dei cittadini ha espresso il consenso alla consultazione dei propri documenti sanitari da parte dei medici». In 284 mila hanno invece chiesto di non veder compilato il proprio fascicolo, raggruppandosi in un movimento che, sulla scia dei No Vax, ha paura della “dittatura sanitaria”. Più che una dittatura, in realtà, la sanità italiana sembra una barca in cui ognuno rema in una direzione diversa.
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Re: Diario economico

Messaggioda Tex Willer » 05 gen 2025 13:25

zampaflex ha scritto:Tassisti pagliacci. Non solo evadono, si scelgono pure i clienti.

https://www.ilmessaggero.it/economia/furbetti_taxi_app_cosa_cambia_ora-8572448.html

Non si capisce cosa serva per avviare una riforma radicale del servizio pubblico; a Roma anche soltanto arrivare alla stazione Termini nel momento sbagliato vuol dire attendere taxi che non ci sono per ore.
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 05 gen 2025 22:45

ma perché dare un miliardo e mezzo di euro a un privato straniero per un'infrastruttura così sensibile?

sovranisti e golden power solo quando gli fa comodo

https://www.repubblica.it/economia/2025 ... 423921855/
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Tutto questo ha aiutato il film.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 06 gen 2025 20:30

Potrebbe avere ragione, come potrebbe avere torto. Ma quanto dice va esaminato accuratamente, e discusso.
Piuttosto tecnico, in inglese.

https://themarket.ch/interview/russell-napier-we-are-headed-towards-a-system-of-national-capitalism-ld.12718

«We Are Headed Towards a System of National Capitalism»
Market strategist and historian Russell Napier outlines a future in which governments mandate where investors should deploy their capital. The global monetary system that has existed since 1994 is being radically restructured.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 13 gen 2025 00:06

L'indifferenza delle parti sociali di fronte ai ceffoni Istat sulla produttività.

La produttività del lavoro è scesa del 2,5 per cento, quella del capitale dello 0,9 per cento e la produttività totale di tutti i fattori è calata anch’essa del 2,5 per cento. E anche dalla produttività del capitale arrivano notizie sconsolanti
Siamo un paese che ha paura di fare i conti con l’andamento della sua produttività. Quindi ha paura di guardarsi allo specchio. L’Istat giovedì scorso ha pubblicato un report che è un sonoro ceffone alle forze sociali e ovviamente alla politica. Stiamo parlando di dati 2023, gli ultimi disponibili, e il quadro è nero: la produttività del lavoro è scesa del 2,5 per cento, quella del capitale dello 0,9 per cento e la produttività totale di tutti i fattori è calata anch’essa del 2,5 per cento. Siamo di fronte a un drastico peggioramento perché se è vero che la produttività non è stata la materia in cui siamo storicamente andati meglio, almeno negli anni tra il 2014 e il 2023 si era registrato un incremento medio di quella del lavoro dello 0,5%. Le ore lavorate, invece, nel 2023 sono aumentate più del valore aggiunto.
Anche dalla produttività del capitale arrivano notizie sconsolanti sullo stato degli investimenti in tecnologie dell’informazione e della comunicazione, lo 0,9 per cento in un anno indica un andamento a gambero dell’innovazione. Vale per questo caso lo stesso ragionamento di prima: non è che negli anni scorsi fossimo dei primi della classe ma almeno nel periodo 1995-2023 la produttività del capitale era cresciuta dello 0,4 per cento medio annuo grazie a un valore aggiunto superiore a quello che viene chiamato l’input di capitale. Infine la produttività totale dei fattori che, come sottolinea l’Istat, riflette l’efficienza complessiva in cui lavoro e capitale sono utilizzati nel processo di produzione. Un 2,5 per cento in meno in un solo anno la dice lunga sullo stato di salute del sistema produttivo che non riesce a generare nemmeno il valore aggiunto degli anni precedenti. E che quindi corre il pericolo di allargare il gap di produttività nei confronti dei Paesi concorrenti. Di fronte a dati di questo tipo ci si poteva immaginare, se non un mea culpa collettivo, almeno un’informazione corretta e trasparente. Invece guai a parlarne. E stavolta la responsabilità non è solo delle forze di governo, di quelle dell’opposizione, della Confindustria e dei sindacati (figuriamoci!) ma, appunto, anche del sistema dell’informazione. Che ha fatto suo il vecchio motto “occhio non vede, cuore non duole”. Ma il rischio di avviarci lungo quella via bassa della competitività, che segnerebbe una sconfitta storico del modello produttivo italiano, c’è tutto. Anche perché siamo davanti allo sviluppo di un nuovo ciclo di innovazione, legato all’intelligenza artificiale, e arrivarci con un patrimonio tecnologico carente non è sicuramente un buon viatico.
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 13 gen 2025 08:47

parole sante
chi è?
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 13 gen 2025 09:49

tenente Drogo ha scritto:parole sante
chi è?


Di Vico sul Foglio
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 13 gen 2025 10:07

i due problemi più gravi dell'Italia sono la bassa produttività e la demografia (popolazione che invecchia sempre di più)

poi vai al bar e senti dire che il problema più grave sono gli immigrati
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 13 gen 2025 18:56

tenente Drogo ha scritto:i due problemi più gravi dell'Italia sono la bassa produttività e la demografia (popolazione che invecchia sempre di più)

poi vai al bar e senti dire che il problema più grave sono gli immigrati


Non potrei essere più d'accordo di così. Quando dico che ci vuole per questo paese una Tecnocrazia Oligarchica, scherzo solo fino ad un certo punto.
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 13 gen 2025 19:40

zampaflex ha scritto:
tenente Drogo ha scritto:i due problemi più gravi dell'Italia sono la bassa produttività e la demografia (popolazione che invecchia sempre di più)

poi vai al bar e senti dire che il problema più grave sono gli immigrati


Non potrei essere più d'accordo di così. Quando dico che ci vuole per questo paese una Tecnocrazia Oligarchica, scherzo solo fino ad un certo punto.


per un attimo abbiamo avuto Draghi che si avvicinava a questo ideale
ma non poteva durare a lungo
siamo pur sempre italiani e affascinati dai cazzari
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 15 gen 2025 21:55

Riprendo un articolo dell'Huffington Post sul mercato del lavoro, da meditare.

Difficoltà per le aziende nel trovare le persone e le competenze di cui hanno bisogno, con effetti negativi sulla produttività; condizione di insoddisfazione per le persone, che vorrebbero lavorare, ma che faticano a trovare un impiego, e ancor di più a trovarlo soddisfacente: è il mismatch lavorativo.

In un precedente post, ho provato a evidenziare alcune storture che incidono sul fenomeno parlando di formazione, soprattutto di un problema di politiche attive e partecipazione a quei percorsi di formazione che dovrebbero accompagnare lungo tutto l’arco della vita, quella formazione continua, appunto, che dovrebbe far fronte a obsolescenze e necessità di stare al passo con le continue trasformazioni imposte ai sistemi produttivi e, di conseguenza, ai profili e alle competenze richieste ai lavoratori.

Ma quando parliamo di mismatch, parliamo anche e soprattutto di giovani, ed è sì un problema di formazione e istruzione, ma c’è anche altro.

Ed è altro che ha a che fare, da una parte con i numeri: il mercato del lavoro italiano si sta svuotando. Per anni, e in alcuni territori si tratta di una tesi ancora sostenibile, ci siamo occupati del mercato del lavoro principalmente analizzando le difficoltà della domanda di lavoro, oggi ci troviamo di fronte ad una crisi mai osservata prima dell’offerta di lavoro. Secondo una recente ricerca di Adapt, negli ultimi dieci anni, la popolazione in età lavorativa si è ridotta di quasi un milione di persone tra i 15 e i 34 anni di età. Altri due milioni e mezzo sono scomparsi dalla fascia 35-49 anni. Mentre sono cresciuti di quasi due milioni gli over 50 ancora attivi. E le persone in età da lavoro (comprese tra i 15 e i 64 anni) diminuiranno inevitabilmente nei prossimi anni. Quello che ci troveremo ad affrontare è un problema che finora non abbiamo mai rilevato, un problema inedito, che richiederà risposte inedite, multidimensionali.

Ed è altro che ha a che fare anche con una narrazione sulla mancata corrispondenza tra le competenze possedute dalle persone e quelle richieste dal mondo del lavoro che lascia nella penombra dati e riflessioni senza considerare i quali difficilmente si potrà comprendere la portata di un fenomeno come quello del mismatch, così variegato, che trova specificità e diversità in base ai settori che si considerano, alle specializzazioni dei profili che si analizzano, alla qualificazione delle competenze che si indagano.

Secondo l’ultimo Rapporto ISTAT, nel 2023, tra gli occupati laureati, circa 2 milioni di persone (il 34% del totale) risultano sovraistruite rispetto all’occupazione che svolgono, con un’incidenza maggiore per quelli con meno di 50 anni. Tra i più giovani (25-34 anni), sono più frequentemente sovraistruiti gli stranieri (52,0% contro il 36,9% degli italiani) e le donne (39,8 % rispetto al 34,5% degli uomini). Tra il 2019 e il 2023, la quota dei sovraistruiti è cresciuta di 1,1 punti percentuali.

Si tratta del mismatch verticale, sottoistruzione o sovraistruzione. E se le cause possono essere rintracciate in una lenta risposta del sistema di istruzione e formazione alle esigenze del mercato del lavoro, ma anche in una scarsa capacità di assorbire risorse umane qualificate da parte di aziende o istituzioni, concentrarsi anche su questo secondo aspetto potrebbe evitarci di indirizzare discussioni, politiche e risorse verso traguardi non risolutivi del problema.

Una incapacità quella di assorbire qualifiche adeguate al livello di competenze da parte del nostro sistema produttivo così elevata nonostante un ritardo storico che accompagna il nostro sistema Paese: quello relativo al numero di laureati. Alla fine del 2023, secondo una rilevazione Eurostat, solo il 30,6% dei giovani di età compresa tra 25 e 34 anni è in possesso di un titolo accademico. Siamo terzultimi in Europa per tasso di laureati, solo Ungheria (29,4%) e Romania (22,5%) registrano tassi più bassi.

A ciò aggiungiamo un ulteriore elemento di riflessione: il dato sulla fuga dei cervelli. Secondo il rapporto ISTAT 2023, nel decennio 2011-2021 l’Italia ha perso 377 mila giovani formati in Italia. Un rapporto di Fondazione Nord Est in collaborazione con il network Tiuk (Talented Italians in the UK), che riunisce professionisti italiani nel Regno Unito, ha misurato che il dato effettivo sia tre volte tanto, vicino agli 1,2 milioni.

E sì, ha ragione il direttore Mattia Feltri quando sostiene che in un’Europa che si considera tale, non si dovrebbe nemmeno parlare più di fuga di cervelli. E, mi permetto di aggiungere, decidere di lavorare a Parigi o a Berlino e non in Italia non dovrebbe essere un dato rilevante, degno di nota ai fini di analisi sulla qualità del lavoro, per un’Unione Europea che si considera davvero Unione.

Ma, in questo campo, purtroppo, il dato resta di rilievo nel momento in cui per ogni giovane che arriva in Italia dai paesi avanzati, otto italiani vanno all’estero: lo studio dalla Fondazione Nord Est ci dice anche che, in tredici anni, dal 2011 al 2023, circa 550mila giovani italiani tra i 18 e 34 anni sono emigrati, per un valore stimato di 134 miliardi. Rispetto al resto d’Europa, in altre parole, l’Italia è all’ultimo posto per capacità di attrazione di giovani, accogliendo solo il 6% di europei, contro il 43% della Svizzera e il 32% della Spagna.

Quando parliamo di mismatch in Italia, quindi, parliamo senza dubbio della necessità di formare quanti più giovani alle professioni del futuro, che saranno inevitabilmente tecniche, tecnologiche, innovative, digitali. Ma in un Paese con un tessuto produttivo composto, al 98%, di piccole e medie imprese, anche piccolissime, che faticano a investire in ricerca, sviluppo, innovazione e digitalizzazione, che non hanno i presupposti per poter procedere autonomamente in quella direzione, risolvere il problema della mancata corrispondenza tra i posti vacanti delle imprese e i profili dei lavoratori spingendo sulle lauree Stem e verso profili altamente specializzati e tecnici intere generazioni potrebbe non essere l’unica soluzione.

E se è vero, come è vero, che il lavoro fa l’economia, in un Paese come quello che ci ritroviamo, sfruttare la forza delle piccole imprese, anche familiari, puntare sul loro potenziale di resistenza e sopravvivenza, di sviluppo e eccellenza, significa investire in reti, in filiere, in finanziamenti mirati e adeguatamente monitorati e valutati. Significa ragionare in prospettiva. E oggi nessuna strategia di crescita può prescindere da una capacità di programmazione di interventi, misure e servizi che siano realmente coordinati e integrati, dal lavoro allo sviluppo, dalla formazione all’innovazione.
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Re: Diario economico

Messaggioda l'oste » 15 gen 2025 22:24

Grande summit sulla transizione energetica con la presenza dei più importanti leader mondiali.
Ad Abu Dhabi.
Sono io che ci capisco poco o farlo in quella sede è un po' come invitare Hannibal Lecter a fare il relatore ad un congresso vegano?
Non importa chi sarà l'ultimo a spegnere la luce. E' già buio.


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Re: Diario economico

Messaggioda mennella » 16 gen 2025 09:50

Mi sembra coerente con il fatto che le Conferenza sul clima e la riduzione dell'uso di risorse fossili si siano svolte

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Re: Diario economico

Messaggioda Patàta » 17 gen 2025 11:39

zampaflex ha scritto:Quando la città di Bologna ha istituito un limite di velocità di 30 km/h su buona parte del centro, in Italia non si è parlato d’altro, con una nutrita fetta di pubblico che ha contestato ferocemente il provvedimento. Ma si tratta di un capriccio politico da greenwashing o i 30 km/h funzionano davvero?

La National Technical University di Atene, la NTUA, ha pubblicato uno studio chiamato Review of City-Wide 30km/h Speed Limit Benefits in Europe firmato da George Yannis ed Eva Michelaraki, la prima ricerca che tenta di calcolare eventuali benefici delle Città 30, con limite di velocità a 30 km/h. I risultati, ottenuti analizzando 40 differenti città europee tra cui Londra, Parigi, Helsinki, Bruxelles ma anche Bologna e Modena (le uniche due città italiane), hanno sostanzialmente evidenziato una significativa riduzione di incidenti e feriti. Nello specifico: -37% sul fronte degli incidenti stradali mortali, -18% di emissioni di CO2 (anche se ci sono studi controversi che affermano il contrario), -7% di consumi di carburante (in media) e un inquinamento acustico inferiore di 2,5 dB. Insomma, le Città 30 avrebbero un grande impatto sulla società in cambio di una piccola modifica delle abitudini.


Nessun pedone ucciso nel 2024
https://www.ilpost.it/2025/01/16/calo-i ... -citta-30/

In sintesi, nel primo anno di Città 30:
-49% persone decedute
-16% investiti
-13% incidenti totali
-31% incidenti gravi
-11% persone ferite
-29% inquinamento
-5% traffico
+10% biciclette,
+69% bike sharing
+31% di viaggi urbani con il servizio ferroviario metropolitano

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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 17 gen 2025 12:30

Patàta ha scritto:
zampaflex ha scritto:Quando la città di Bologna ha istituito un limite di velocità di 30 km/h su buona parte del centro, in Italia non si è parlato d’altro, con una nutrita fetta di pubblico che ha contestato ferocemente il provvedimento. Ma si tratta di un capriccio politico da greenwashing o i 30 km/h funzionano davvero?

La National Technical University di Atene, la NTUA, ha pubblicato uno studio chiamato Review of City-Wide 30km/h Speed Limit Benefits in Europe firmato da George Yannis ed Eva Michelaraki, la prima ricerca che tenta di calcolare eventuali benefici delle Città 30, con limite di velocità a 30 km/h. I risultati, ottenuti analizzando 40 differenti città europee tra cui Londra, Parigi, Helsinki, Bruxelles ma anche Bologna e Modena (le uniche due città italiane), hanno sostanzialmente evidenziato una significativa riduzione di incidenti e feriti. Nello specifico: -37% sul fronte degli incidenti stradali mortali, -18% di emissioni di CO2 (anche se ci sono studi controversi che affermano il contrario), -7% di consumi di carburante (in media) e un inquinamento acustico inferiore di 2,5 dB. Insomma, le Città 30 avrebbero un grande impatto sulla società in cambio di una piccola modifica delle abitudini.


Nessun pedone ucciso nel 2024
https://www.ilpost.it/2025/01/16/calo-i ... -citta-30/

In sintesi, nel primo anno di Città 30:
-49% persone decedute
-16% investiti
-13% incidenti totali
-31% incidenti gravi
-11% persone ferite
-29% inquinamento
-5% traffico
+10% biciclette,
+69% bike sharing
+31% di viaggi urbani con il servizio ferroviario metropolitano

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Ma sai che discussioni infinite con gli elettori tendenzialmente di destra?
A Milano la velocità media è 17 kmh. Diciassette. Ora, io sono il primo a non rispettare i limiti (pur guidando con estrema attenzione a tutto ciò che c'è in strada e attorno), però se il traffico è fermo, contestare la riduzione in aree definite è ridicolo.
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Re: Diario economico

Messaggioda MaROc » 09 feb 2025 22:32

zampaflex ha scritto: Oggi, preso atto che nei primi anni di applicazione provvisoria del Ceta l’export italiano – come ha ricordato Luciano Capone sul Foglio – è aumentato del 36 per cento verso il Canada, Meloni si è rimangiata tutto, ha addirittura schierato il suo governo sulla linea del “sì” alla ratifica del Ceta e chissà che non faccia lo stesso quando l’Italia sarà chiamata, anche per proteggere il suo made in Italy, che si protegge evidentemente dando la possibilità ai nostri gioielli di poter essere competitivi a livello globale, a ratificare l’accordo di associazione dell’Unione europea con i paesi dell’America meridionale, il Mercosur, che potrebbe ridurre i costi per i dazi doganali, vino compreso, di una cifra vicina al 90 per cento.


Se l’Italia deciderà di seguire lo stesso approccio con l’accordo di associazione UE-MERCOSUR, si apriranno nuove opportunità per diversi settori, tra cui i beni di lusso e la gioielleria. Ridurre i costi associati alle tariffe potrebbe rendere i prodotti italiani più accessibili nei mercati emergenti e rafforzare il settore dei metalli preziosi, compresi i diamanti di laboratorio che sta guadagnando sempre più spazio nel moderno mercato della gioielleria.
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Re: Diario economico

Messaggioda mennella » 12 feb 2025 12:23

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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 12 feb 2025 15:05

mennella ha scritto:sempre peggio, dovremmo fare presto

https://www.ilsole24ore.com/art/produzi ... o-AG4BDHqC


Secondo gli ineffabili sostenitori del Magnifico Governo, tutto ciò non succede. Anzi stiamo meglio di sempre.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 12 feb 2025 15:14

Un ragionamento sensato sulla politica dei dazi (annunciati roboantemente).

https://phastidio.net/2025/02/11/lillusione-di-occhio-per-occhio-dazio-per-dazio/#google_vignette
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 12 feb 2025 15:37

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Re: Diario economico

Messaggioda fly666 » 13 feb 2025 23:33

ormai per pagare pensioni e sanità occorre invadere la Svizzera, chiediamo consulenza a Trump ? :mrgreen:
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 15 feb 2025 20:05

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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 17 feb 2025 23:35

Le imprese lamentano con sempre più forza la scarsa offerta di lavoro qualificato.
C’entra la demografia, certo, c’entra però anche la formazione. In Germania circa un milione di ragazze e ragazzi, dopo la scuola, non si iscrive all’università: frequenta le Fachhochschulen, istituti con forte orientamento pratico.
Copiando quel modello, in Italia nel 2010 abbiamo creato gli Its (Istituti tecnici superiori) per formare quadri intermedi specializzati. Dove funzionano, gli Its fanno la differenza: ad esempio al Guglielmo Marconi di Dalmine (Bg) è attribuito gran parte del merito per la sopravvivenza delle aziende tessili della Val Seriana.
Finora però gli Its così sono rari: nel 2022-23, a fronte di circa 250.000 studenti che frequentano università telematiche, gli iscritti a corsi Its erano 16.000 in tutto. Le telematiche sono diventate un grande business: un fondo americano ha recentemente acquistato un gruppo di università italiane di questo tipo per 1,5 miliardi di euro.Ma, diversamente dagli Its, non c’è evidenza che producano i diplomati che servono alle imprese.
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vinogodi
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Re: Diario economico

Messaggioda vinogodi » 18 feb 2025 17:05

zampaflex ha scritto: In Germania circa un milione di ragazze e ragazzi, dopo la scuola, non si iscrive all’università: frequenta le Fachhochschulen, istituti con forte orientamento pratico.
...in Italia , di 390.000 laureati all'anno , non ce n'è uno che sappia cosa potrà fare , non sapendo un cazzo né di quello che hanno studiato , né quello che il mondo del lavoro richiede . Metà del mio tempo lo buttavo per fare formazione ai tecnici neoassunti ( Produzione, Qualità e R&D) , a volte con lauree e master ... 8)
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