zampaflex ha scritto:Gian Antonio Stella sulla Xylella, i cui effetti chiunque sia stato nel Salento non ha potuto non notare. I danni della stupidità umana...
Ci mette anni, la Xylella, a fare secco un ulivo. E ci vogliono anni, spiega Cristos Xiloyannis, già docente di olivocoltura negli atenei di Pisa e Basilicata, a combattere il virus «con le buone pratiche: ripristino della fertilità dei suoli, potatura annuale, concimazioni corrette...».
Fu lì che sfondò la pandemia: «Per decenni avevamo puntato tutto sulla chimica, la meccanizzazione, l’abbassamento dei costi di produzione. Quando arrivò il “patogeno” le autodifese degli ulivi erano a zero».
Peggio, il sistema si fece prendere alla sprovvista. Accumulando ritardi così abissali che per arginare i contagi si imposero
scelte traumatiche come l’abbattimento e lo sradicamento per anni, fino alla fine del marzo scorso, delle piante «incurabili» nel raggio di 50 metri. Una scelta che per i più catastrofisti ha portato alla morte di quasi un terzo dei circa 70 milioni di ulivi pugliesi. Per i più prudenti almeno dieci milioni.
Anni perduti? Tanti. A partire dalla scelta dell’allora ministra dell’agricoltura Nunzia De Girolamo (PdL, governo Letta di larghe intese), a fine ottobre del 2013, quando scoppiò la bomba, d’affidare tutto a una task force di patologi ed entomologi, accusa lo studioso italo-greco, «senza coinvolgere altre competenze indispensabili». È così?
Certo gli sforzi sulla ricerca scientifica partirono in gravissimo ritardo. E sarebbe delittuoso farsi nuovamente cogliere di sorpresa. Tanto più che ora, a dispetto di chi si spinse a denunciare «complotti» per favorire «il business della ricerca», gli investimenti sulla ricerca, dello Stato, della Regione, dell’Europa, si sono estesi davvero: al momento, spiega lo scienziato
del Cnr Donato Boscia, «sono in corso 15 progetti di ricerca con un budget complessivo di 55 milioni di euro. Investimento
senza precedenti per un patogeno».
Primo obiettivo: lo sviluppo di «cultivar » (Treccani: «nome con cui si indicano le varietà agrarie di piante coltivate») resistenti/tolleranti alla Xylella.
Ecco, dirà qualche complottista: non aveva forse avvertito l’agricoltore ribelle Ivano Giuffreda, su youtube, che «la questione Xylella è stata usata come pretesto per bloccare ogni tipo di coltivazione nel Salento, per imporci di piantare determinate piante» e «ovviamente con le dovute royalty e i dovuti brevetti che i signori stanno mettendo a punto»?
«Macché royalty!», ribatte Gianluca Nardone, direttore del dipartimento agricoltura regionale, «si tratta di varietà di ulivi resistenti alla Xylella come la “favolosa” o la “lecciana” definite dal C.r.e.a. ministeriale. L’agricoltore tira su l’ulivo secco, ara e sistema il terreno, pianta il nuovo resistente alla Xylella e la regione rimborsa 7 mila euro a ettaro».
c'è anche il bel libro di Daniele Rielli
è una vicenda in cui i 5S e la magistratura pugliese hanno dato il peggio di loro