Diario economico

Dove discutere, confrontarsi o scherzare sempre in modo civile su argomenti attinenti al mondo del food&wine e non solo.

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bobbisolo
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Re: Diario economico

Messaggioda bobbisolo » 10 ott 2024 16:33

molto interessante
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zampaflex
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 14 ott 2024 22:27

L'Osservatorio delle Imprese della Sapienza di Roma ha pubblicato un lavoro di alcuni suoi membri e professori dell'università intitolato Disuguaglianze crescenti e persistenti: la dinamica dei redditi in Italia nel lungo periodo.
Nel lavoro si trova una analisi dell'andamento della distribuzione del valore aggiunto generato dalle aziende italiane.
In trent’anni i salari reali sono cresciuti dell’1% contro il 32% dei paesi Ocse, e questo si sapeva.
Meno noto era il fatto che il lavoro fosse rimasto povero nonostante il decollo di fatturato e profitti, aumentati di un terzo rispetto al periodo pre Covid , quindi negli ultimi quattro anni.
Analizzando i dati Mediobanca, Riccardo Gallo - che dirige l’Osservatorio - rileva che la quota di valore aggiunto che ha remunerato il lavoro è calata di ben 12 punti percentuali tra il 2020 e il 2023, mentre quella dell’utile netto è aumentata di 14 punti.
Dunque, se l’occupazione è stata salvata, i salari sono stati penalizzati a tutto vantaggio del capitale di rischio dei soci, i quali negli ultimi quattro anni hanno reinvestito nelle loro società solo il 20% degli utili e se ne sono invece distribuiti l’80% in dividendi, sottraendoli all’ammodernamento delle fabbriche.
Il tema è di viva attualità anche perché è legato al rinnovo dei contratti. Dei 5 milioni e 800 mila lavoratori dipendenti di aziende aderenti a Confindustria, il 13% ha un contratto che scadrà entro la fine di quest’anno, il 53% ne ha uno scaduto negli ultimi 12 mesi, il 10% ne ha uno scaduto da oltre due anni.
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zampaflex
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 14 ott 2024 22:32

E posto qui anche l'articolo di Alberto Brambilla su come spendono gli italiani, rispetto alle dichiarazioni dei redditi e a certi capitoli insensati di spesa pubblica...(Corriere Economia)

Dopo l’assegno unico universale per i figli a carico (Auuf, la paghetta di stato) che come avevamo previsto in queste pagine,
quest’anno supererà i 20 miliardi di costo per le esauste casse pubbliche, per arrivare il prossimo anno a oltre 23 miliardi e dopo i vari sconti contributivi (a cosa servono le riforme delle pensioni se poi nessuno versa i contributi?) che in tre anni costeranno alle finanze pubbliche oltre 66 miliardi, dopo le nuove detrazioni per redditi rigorosamente sotto i 25 mila euro (altri 10 miliardi) e il Trattamento integrativo sui redditi di lavoro (Tir, 4 miliardi) per quelli sotto i 15 mila euro, ecco che arriva il bonus di Natale.
Ci domandiamo: ma ce n’era davvero bisogno, soprattutto se i 100 euro non saranno netti? Quando finirà questa politica malata del consenso a tutti i costi?
Si rende conto il governo che al minimo scossone geopolitico con 3 mila miliardi di debito sul groppo finiamo in buca? Ma poi gli italiani sono così poveri?
Iniziamo dal volume di denaro speso per il gioco d’azzardo: secondo i dati forniti dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli si è passato dai 111,18 miliardi di euro del 2021 ai 136 del 2022 per attestarsi nel 2023 alla spaventosa cifra di 150 miliardi. A questa somma occorre aggiungere almeno altri 25 miliardi di gioco illegale (20 miliardi per la procura antimafia) registrati nel 2022 e probabilmente in aumento anche nel 2023. Una spesa pro capite superiore a quella sanitaria pari a 2.542 euro circa, compresi i neonati, enormemente più alta dell’imposta media pagata dal 56% degli italiani con redditi entro i 20 mila euro lordi l’anno. In Italia abbiamo 85 mila esercizi commerciali in cui si gioca; una slot machine ogni 143 abitanti, la Spagna una ogni 245 abitanti e la Germania una ogni 261 (dati 2019). Le quote pro capite per il gioco regolare sono maggiori nelle regioni
con minori versamenti fiscali pro capite e questo dovrebbe far riflettere.
Come evidenziato dalla sottosegretaria al ministero dell’Economia e delle Finanze, Sandra Savino, rispondendo a un’interrogazione parlamentare in Commissione Bilancio, oltre alla enorme somma spesa occorre considerare «il tempo sociale di vita (il tempo biologico) assorbito dai vari canali dove si punta denaro: dalla sala slot all’abitazione privata che per l’insieme della popolazione giocatrice corrispondeva a circa 90 milioni di giornate lavorative quattro anni fa diventate oggi almeno 140 milioni. Incrementa il numero dei conti di gioco online, che in pochi anni passano da tre milioni e mezzo di persone registrate nelle anagrafi dei concessionari, a oltre 5 milioni nel 2202.
Gli italiani sono tra i maggiori possessori di prime e seconde case, detengono il parco auto più numeroso d’Europa (dopo il piccolo Lussemburgo); l’Italia è al primo posto in Europa oltre che per il possesso di abitazioni, autoveicoli e motoveicoli anche per la telefonia mobile e gli abbonamenti internet; secondo l’analisi di We Are Social il numero di connessioni da mobile è salito nel 2023 a 81,5 milioni (+1,2%), pari al 138,7% della popolazione. Il numero di smartphone è cresciuto dello 0,8% (il telefono più venduto) e oggi il 98,3% della popolazione tra i 15 e i 64 anni ne possiede almeno uno. Il 50,3% della popolazione tra 15 e 64 anni possiede un tablet, il 35,7% una console per il gaming, il 35,5% uno smart watch o dispositivo affine e il 23,8% dispositivi smart per la casa.
Gli italiani primeggiano anche per le tivù a pagamento soprattutto per sport e cinema. Siamo anche primi in Europa per consumo di acqua e tra i primi per consumo di carne. Siamo al secondo posto per possesso di animali da compagnia dopo l’Ungheria. Ci sono poi altre spese, tra le quali quelle per conoscere il futuro dai maghi e fattucchiere dove gli italiani primeggiano con oltre 9 miliardi (ultimi dati disponibili 2019), più di quello che si accantona per i fondi pensione, cioè per il futuro ma quello vero. Infine, ma ce ne sarebbero ancora, secondo i dati 2019 dell’Osservatorio Europeo l’Italia è al terzo posto per consumo di droghe dopo la Repubblica Ceca e la Francia; al secondo per la Cannabis (dopo la Francia) e al quarto per la cocaina. Non c’è uno spettacolo che non vada sold out in pochi giorni anche se costa molto come biglietti e trasferta.
Insomma, sulla base delle spese e della ricchezza, potremmo definire gli italiani «una società di poveri benestanti»; per dirla alla Luca Ricolfi, una società signorile di massa.
Anche perché nessuno indaga sui motivi di povertà e indigenza; certo indagini di questo tipo sono molto impopolari ma sarebbero necessarie come pure le differenze territoriali considerando che l’Istat situa il 30% della povertà al Sud. Infatti, il versamento pro capite dell’Iva al Sud è di circa 678 euro l’anno contro i 3.034 del Nord; è evidente che al Sud i circa 20 milioni di individui non vivono con consumi di quasi 4,5 volte inferiori a quelli del Nord. Quanto ai poveri, le ragioni della indigenza stanno spesso in condotte poco rispettose della propria persona e della società.
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità in Italia su 14 milioni di persone che hanno dichiarato di aver giocato almeno una volta nell’anno, i giocatori problematici (i ludopatici gravi) sono 1,5 milioni e, se hanno famiglia, coinvolgerebbero quasi 2,2 milioni di concittadini, tra cui molti bambini. Poi ci sono le tossicodipendenze, le alcoldipendenze, i problemi di alimentazione (bulimia e anoressia) e così via; e sono molti milioni.
Tutte persone che non vanno aiutate solo con l’Isee a vita, la Naspi, l’Auuf e il bonus Gesù Bambino ma con una seria presa in carico per restituirle alla società. Diminuirebbe la spesa assistenziale che nel 2023 ha toccato i 164 miliardi (quasi più delle pensioni al netto dell’Irpef) e aumenterebbero quelli che dichiarano più di 35 mila euro lordi che oggi sono solo il 15% della popolazione.
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Re: Diario economico

Messaggioda vinogodi » 15 ott 2024 08:45

....zampaflex...ti amo. Nel quotidiano dico queste cose da anni, pou' per riscontro personale che per statistiche...
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 15 ott 2024 09:53

vinogodi ha scritto:....zampaflex...ti amo. Nel quotidiano dico queste cose da anni, pou' per riscontro personale che per statistiche...


Io da decenni, ho la vocazione del grillo parlante... :roll:
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 21 ott 2024 17:32

Mario Seminerio sulla querelle Stellantis, sarcasmo (giustamente usato) a piene mani.

https://phastidio.net/2024/10/15/il-cattivo-tavares-e-la-pessima-politica/#google_vignette

L’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, ai margini del Salone di Parigi ha conversato con i giornalisti. Ai quali ha spiegato alcune cose, almeno dal suo angolo visuale strategico. In primo luogo, che non si può restare a metà del guado tra elettrico e termico, perché questo ucciderebbe i costruttori. Questo è un suo antico punto, non privo di fondamento, a cui Stellantis ha risposto tentando di accentuare la modularità e fungibilità parziale delle piattaforme.

Due mondi, un enorme costo
Tenere in parallelo investimenti sui due mondi rischia di affossare la redditività, in effetti. E quindi, che fare? Sinora, Tavares ha spinto sulla richiesta di soldi pubblici per compensare il quantum di costi in più a carico dei costruttori. Forse la richiesta gli è venuta perché, come sappiamo, viviamo nella guerra mondiale dei sussidi, ma questo tipo di richieste sta arrivando a scontrarsi con le evidenti ristrettezze dei bilanci pubblici, non solo in Ue.

Poi, Stellantis ha un enorme problema: gli Stati Uniti. Un problema fatto di accumulo di scorte e forte calo della domanda, con un ammodernamento della linea di prodotti e politiche di prezzo che, dopo aver premiato l’azione Stellantis, che pareva aver trovato la pietra filosofale della redditività, è finito in faccia al costruttore e alla sua arroganza. Si trattava solo, in realtà, della massimizzazione della marginalità di breve termine, una di quelle cose che spesso si rivelano l’antitesi della generazione di valore. E infatti.

I numeri sono implacabili nel descrivere il disastro americano: tra il 2019 e il 2024, con un’inflazione cresciuta del 23 per cento, i listini Stellantis sono aumentati del 50 per cento. È stato bello finché è durato. Poi, l’indebolimento della domanda, la resistenza a rivedere i listini all’ingiù e i piazzali dei concessionari con l’alta marea di auto invendute. Altri numeri: secondo dati dei concessionari, servono 131 giorni di domanda per smaltire le scorte del Ram 1500 pickup, 41 giorni più del rivale prossimo, la Chevrolet Silverado. La Jeep Wagoneer ha scorte nei piazzali per 137 giorni di domanda, 22 giorni più della rivale Ford Expedition.

Servono, quindi, nei prossimi mesi, forti sconti per smaltire le scorte, e blocchi di produzione. Passata questa costosa emergenza, Stellantis dovrà capire se quattro marchi (Jeep, Ram, Dodge, Chrysler) sono troppi e come realizzare sinergie di design, marketing e piattaforme. Ma sarà solo il preview di un processo analogo, che avverrà in Europa.

Ora, occorre guardare in faccia la realtà: la sopravvivenza di Stellantis, nella sua configurazione attuale, si giocherà nei prossimi mesi e anni sul tentativo di raddrizzare la situazione americana. Lì c’è la sopravvivenza o il suo contrario. Forse, all’uscita dal tunnel, Stellantis sarà molto più piccola e con molti meno marchi. Un mercato come quello italiano, con rispetto parlando, è un’appendice dell’impero, di quelle che alla fine si scopre si possono rimuovere in laparoscopia.

E del resto, Tavares sa far di conto:
"Se i cinesi prendono il 10 per cento delle quote di mercato in Europa al termine della loro offensiva, questo vuol dire che peseranno per 1,5 milioni di auto. Questo rappresenta sette fabbriche di assemblaggio. I costruttori europei dovranno allora sia chiudere, sia trasferirle ai cinesi."
La sindrome Volkswagen, per essere sintetici.

A nulla quindi servono le sceneggiate di buona parte della classe politica italiana, che ha convocato Tavares per sbraitargli contro, né le solite frasi fatte su “la Fiat ha preso miliardi dall’Italia e ora guarda che ingrati”. So che per qualcuno sarà scioccante, ma qui non stiamo parlando di Fiat ma di un altro mondo. Quindi, i “dossier” sugli aiuti dati negli scorsi decenni a Torino lasciano il tempo che trovano. E non illudetevi: anche chi è azionista pubblico di Stellantis non se la passa bene. Forse potrà solo ritardare la mannaia, ma non è affatto certo.

Piuttosto, possiamo solo prendere atto che, in questi decenni, un sistema paese del tutto disfunzionale non ha fatto nulla per creare le condizioni per non aver tutte le uova in un solo paniere. A poco servono quindi, le rodomontate di ministri pro tempore, che nei giorni pari minacciano di fare entrare i cinesi (meglio se in una notte di luna piena, così che tutti possano vedere), ignorando che sarebbero sottrattivi e non additivi sulla forza lavoro, e in quelli dispari si compiacciono perché il messaggio all’incumbent è arrivato forte e chiaro, ora si daranno da fare e la produzione aumenterà. Il milione di veicoli del Signor Bonaventura, praticamente.

Certo, i parlamentari che hanno rovesciato livore e frustrazione su Tavares (anche giustificati) non sono gli stessi che per omissioni hanno creato le condizioni di cui sopra. E figuriamoci, visti gli orizzonti temporali della politica, non solo italiana. Alla fine, il cerino deve bruciare le dita a qualcuno, e quindi meglio sbraitare e pretendere convocazioni in parlamento, dove magari ci si può abbandonare a reminiscenze su quello che si faceva in un’altra vita (una specie di “momento Nicola Pietrangeli”) oppure cavarsela con un più ruspante “vergogna”, che si porta con tutto.

La vicenda Stellantis incrocia due dimensioni della politica: da un lato la forte miopia, che porta a vivere la frenetica quotidianità fatta di elezioni locali che prepareranno la strada alla Nuova Era, oltre che di comparsate televisive e interviste dal valore segnaletico del nulla e di tutte gli eventi epocali che accadranno nelle successive settimane. Che so, le nomine in Rai o nelle partecipate pubbliche. Dall’altro lato, la necessità imprescindibile di [pararsi il culo di fronte all’inevitabile] mostrare assertività e dettare le condizioni per pilotare il futuro, in nome del popolo sovrano.

Il quale popolo, però, compra sempre meno auto: per motivi demografici ma anche per mutamenti dello stile di vita che interessano chi vive in aree urbane più o meno servite da mezzi collettivi o individuali alternativi. Questo pesa quanto e più dell’elettrificazione.

La mazzata finale arriva con la politica di prezzi dei costruttori, per proteggere i margini spostandosi verso l’alto di gamma o comunque pensando che i sussidi Covid fossero la nuova droga da iniettarsi per rendere la domanda scarsamente elastica al prezzo. Se a tutto ciò aggiungiamo il fatto di avere un solo uovo nel paniere, il cerchio si chiude. Anche se qualcuno potrebbe opinare che più costruttori avrebbero amplificato il danno, se altamente correlati nel destino della Grande Transizione e della demografia maligna.

L’incrocio di queste due dimensioni produce, indovinate? Il nulla. O meglio, l’attesa di un meteorite telefonato come pochi. La demografia, il sistema paese, l’evoluzione tecnologica sono cose del tutto fuori dalla portata della politica. Della politica di questo tempo e di questo luogo. Che non è solo quella italiana.

Dopo di che, Tavares potrà anche dire che ha dato fiducia al management locale americano, sbagliando. Potrà anche abbigliarsi con la più trasparente delle foglie di fico, dicendo che la strada non è solo quella di tagli e chiusure ma anche, ad esempio, “quella della ricerca e sviluppo” (risate da sitcom in sottofondo). Ma temo che la traiettoria sia segnata. Ma non tutto il male viene per nuocere: volete mettere il numero di puntate di talk politici televisivi passate a esecrare e proporre soluzioni miracolose, dai cinesi alla patrimoniale, per tenere in vita l’auto italiana?
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 21 ott 2024 22:02

Sulle agevolazioni fiscali non ci batte nessuno: in gergo tecnico le voci che permettono di pagare meno tasse si chiamano «spese fiscali». Il loro numero è di 625. Il più elevato tra i Paesi Ocse. Ben 207 riguardano l’Irpef sulle persone fisiche, 110 l’Ires per le imprese, 76 l’Iva, 64 le imposte di registro, bollo e catasto, 63 i crediti di imposta, 35 le accise su energia elettrica, carburanti, alcolici, tabacchi, 34 l’imposta sostitutiva, 14 le donazioni e successioni, e infine 22 che riguardano
qualunque cosa. Il minor gettito per lo Stato nel 2024 è di 105 miliardi (su 648 di entrate tributarie previste nel recente Piano strutturale di bilancio). Con l’aiuto degli economisti Leonzio Rizzo e Riccardo Secomandi dell’Università di Ferrara entriamo nel dettaglio.
Le esenzioni
Le esenzioni escludono in partenza alcuni redditi dall’imponibile su cui dobbiamo pagare le imposte. Per esempio i lavoratori altamente qualificati, e da almeno 3 anni residenti all’estero, che si impegnano a trasferirsi in Italia per 5 anni, possono abbattere del 50% la loro busta paga (con il limite di 600 mila euro). Solo questa misura vale 1,3 miliardi all’anno. Poi ci sono le esenzioni per l’assegno unico (5,5 miliardi); le pensioni reversibili e le minime (3,5 miliardi); l’assegno familiare (700 milioni). Vanno ad aggiungersi altre 93 voci di piccola taglia che fanno arrivare il minor gettito per lo Stato a 17,6 miliardi.
Le deduzioni
Invece le deduzioni abbassano il reddito imponibile su cui applicare l’aliquota per l’imposta da pagare. L’elenco è piuttosto lungo: si deduce la rendita catastale dell’abitazione principale (3,6 miliardi di euro); i contributi versati alle forme di previdenza complementari (2,6 miliardi); le spese mediche in caso di disabilità, i contributi per colf, babysitter e badanti (510 milioni); i contributi ai fondi sanitari integrativi fino a un massimo di euro 3.615,20 (720 milioni); gli assegni di mantenimento dell’ex coniuge (260 milioni). E sono previste altre 11 piccole deduzioni Irpef per 110 milioni di euro.
Lo Stato sta pagando poi ancora il conto delle deduzioni delle imprese che, fino al 31 dicembre 2019, potevano abbattere la base imponibile Ires togliendo il costo per l’acquisto dei macchinari e di altri beni. La spesa da portare in deduzione poteva essere aumentata dal 40 al 150% rispetto a quella sostenuta. Per esempio a fronte di una spesa di 1.000 per un dispositivo di interconnessione elettronica, si portava in deduzione 2.500, ma siccome queste deduzioni erano spalmabili su più anni, ancora oggi gravano sulle casse statali per 1,6 miliardi. Per le imprese ci sono poi altre 11 deduzioni che valgono circa 400 milioni. In totale il minor incasso per lo Stato è di 9,8 miliardi.
Le detrazioni
Una volta definito l’imponibile, si calcola l’imposta lorda, dalla quale vanno sottratte le detrazioni. Le più comuni sono quelle per i cosiddetti «oneri personali», che permettono di togliere dall’Irpef il 19% delle spese sanitarie (4 miliardi), degli interessi passivi sul mutuo (910 milioni), dei costi per l’istruzione (610 milioni), dei premi assicurativi per morte o invalidità permanente (270 milioni), delle spese funebri (160 milioni); poi da 150 a 300 euro di affitto per determinate soglie di reddito (350 milioni); e le indennità di fine rapporto di importo minimo (210 milioni). Si aggiungono altre 27 detrazioni per 490 milioni di euro. Il grosso riguarda i bonus edilizi che da soli valgono 41,1 miliardi di mancate entrate. Si va dalle ristrutturazioni alla riqualificazione energetica, dal rifacimento delle facciate fino al Superbonus del 110%. Sulle ultime due voci ci sono stati dei cambiamenti: il bonus facciata è stato eliminato, e il Superbonus è stato ridotto al 70%, ma anche in questo caso il loro effetto sulle casse dello Stato è destinato a continuare per qualche anno. Buona parte di queste detrazioni sono state cedute come crediti di imposta a imprese e banche: vuol dire che le aziende e gli istituti bancari possono vantare un credito nei confronti dello Stato, da utilizzare negli anni in compensazione con le imposte da versare: «Devo 100, ho un credito di 20, pago solo 80». Oggi anche la cessione del credito non è più possibile in seguito al decreto legge 39 del 29 marzo 2024.
Ma esistono altri crediti d’imposta per le imprese, come quelli fino al 40% degli investimenti sostenuti per l’acquisto di nuovi
macchinari e che fino al 2019 rientravano nelle deduzioni (3,3 miliardi); le spese in ricerca e sviluppo (1,2 miliardi) e il «tax credit» per le imprese cinematografiche che riconosce ai produttori tra il 15% e il 40% del costo dell’opera (460 milioni). Si aggiungono 34 piccoli crediti di imposta per 740 milioni, e altre 15 piccole detrazioni per imprese dal valore di 300 milioni. Tutte le detrazioni pesano complessivamente sui conti dello Stato 54,1 miliardi.
I vantaggi fiscali
Arriviamo, infine, alle imposte sostitutive, ai regimi speciali e alle riduzioni di aliquota che, per semplificare, significa una tassazione più bassa rispetto all’ordinaria. Qui troviamo la Flat tax per gli autonomi (con l’estensione ai ricavi da 65 a 85 mila euro il minor gettito è di 3,1 miliardi); la Flat tax incrementale (810 milioni); la cedolare secca sugli affitti (2,9 miliardi); le imposte sui finanziamenti di lungo e medio termine (2,5 miliardi); e quelle per i premi di produttività (590 milioni). Il regime speciale sull’Iva per i produttori agricoli (410 milioni). Le accise ridotte sui carburanti per l’autotrasporto di passeggeri (1,1 miliardi) e per gli agricoltori (1,1 miliardi). Sull’imposta di registro per la prima casa l’aliquota è ridotta al 2% (2,4 miliardi); l’imposta catastale e ipotecaria è fissa a 50 euro (1,4 miliardi). Altri 5 miliardi di perdita di gettito sono spalmati su 40 misure diverse di regimi forfettari, speciali o sostitutivi. E 2,2 miliardi sono suddivisi in 28 piccole riduzioni di aliquote. Perdita complessiva per lo Stato: 23,5 miliardi.
L’«effetto termiti»
Nel corso degli anni i governi hanno infilato di tutto dentro alle agevolazioni fiscali. Spesso per favorire questo o quel gruppo di interesse a puro scopo elettorale. Le voci sono passate dalle 513 del 2018 alle 625 del 2024 con un mancato gettito per le casse dello Stato cresciuto da 54 a 105 miliardi. La Commissione per le spese fiscali del ministero dell’Economia e delle Finanze scrive: «Le spese fiscali creano un’elevata dipendenza da cui è complicato liberarsi. Serve un’azione seria e programmata per restituire trasparenza, semplicità ed efficacia al sistema fiscale».
Le misure fin qui adottate per contenerle sono paragonabili a chi beve il caffè amaro perché è a dieta, ma poi mangia il bombolone con la crema. Con la Legge di bilancio 2020 del governo Conte II oltre i 240 mila euro di reddito non è più possibile detrarre nulla, ad esclusione delle spese sanitarie e dei mutui, mentre tra i 120 e 240 mila euro più cresce il reddito meno si detrae. Con la Legge di bilancio 2024 del governo Meloni viene fissata una franchigia di 260 euro per le detrazioni oltre i 50 mila euro di reddito.
In entrambi i casi l’esito per le casse pubbliche è stato marginale: recuperati 31 milioni con il primo intervento e 220 con il secondo. Scrive ancora la Commissione del Mef: le agevolazioni fiscali sono «vere e proprie termiti che possono lentamente indebolire il funzionamento di qualsiasi sistema tributario, lasciando come opzione solo quella di aggiungere ai regimi promossi dal governo precedente, altri regimi di favore». Se il governo Meloni intende distinguersi è venuto il momento di dimostrarlo.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 22 ott 2024 21:51

Governo dirigista (e perciò inefficace ed incapace).

C'era una volta Industria 4.0, una misura per la modernizzazione dei sistemi produttivi che era talmente ben pensata che ha fatto scuola nel mondo. Voluta, guarda caso, da Renzi e Calenda (PdC e Ministro Industria).
Arrivano i nuovi, il fantastico due Gonde-Salvini, e la cancellano (non rifinanziandola).
Viene poi ripresa con modifiche dal secondo Gonde e da Draghi, cambiando nome ("Transizione 4.0") e usando una quota dei fondi del PNRR.
Arrivano i nuovi nuovi, quelli neri neri, e nasce "Industria 5.0", dove c'è anche la richiesta di ottenere un risultato di miglioramento sul piano ambientale (minore consumo di energia o minore inquinamento, soprattutto).
Obiettivo condivisibile, peccato che per ottenere il beneficio servano soltanto SEDICI passaggi burocratici.
Risultato, degli oltre sei miliardi di crediti di imposta stanziati, ad oggi ne sono stati utilizzati soltanto settanta milioni...
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Re: Diario economico

Messaggioda mennella » 23 ott 2024 09:59

zampaflex ha scritto:Obiettivo condivisibile, peccato che per ottenere il beneficio servano soltanto SEDICI passaggi burocratici.
Risultato, degli oltre sei miliardi di crediti di imposta stanziati, ad oggi ne sono stati utilizzati soltanto settanta milioni...

non c'e' la faccina che piange, non resta che ridere :lol:
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 23 ott 2024 19:14

Immagine
I comunisti mi trattavano da fascista, i fascisti da comunista.
Tutto questo ha aiutato il film.
(Sam Fuller, a proposito di "The Steel Helmet")

http://fortezza-bastiani.blogspot.com
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Re: Diario economico

Messaggioda bobbisolo » 24 ott 2024 07:58

tenente Drogo ha scritto:Immagine


tuttavia i brics rappresentano quasi la metà del pil mondiale

il "predominio" degli stati uniti è evidentemente calato

credo che si debba trovare una via per coesistere, certamente econonomicamente parlando, con questi paesi, anche se non si è d'accordo su tutto
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 24 ott 2024 09:05

bobbisolo ha scritto:
tenente Drogo ha scritto:Immagine


tuttavia i brics rappresentano quasi la metà del pil mondiale

il "predominio" degli stati uniti è evidentemente calato

credo che si debba trovare una via per coesistere, certamente econonomicamente parlando, con questi paesi, anche se non si è d'accordo su tutto


Gli Stati Uniti sono l'importatore più grande del pianeta; senza i loro acquisti, il terzo mondo arrancherebbe. Lo capiscano, si diano una regolata, depongano le ambizioni da mosca cocchiera e adottino obiettivi più condivisibili. Anche sui diritti umani.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 24 ott 2024 09:23

Detesto visceralmente la propaganda politica basata sul nulla o peggio, sulla menzogna ("mai messo così tanti soldi sulla sanitaaaaah!" - e per forza, e l'inflazione? E se la calcolassimo a euro costanti invece che correnti?).
Nino Cartabellotta, presidente del GIMBE, sulle spese sanitarie:

Spesa sanitaria pubblica in Italia: facciamo chiarezza
- In valore assoluto è sempre aumentata, tranne nel 2013
- In % del PIL si osserva dal 2012 un lento, ma inesorabile, declino. Eccetto il "picco" del 2020 conseguente al crollo del PIL
Ovvero, tutti i Governi negli ultimi 15 anni hanno definanziato il Servizio Sanitario Nazionale, accumulando nel 2023 un gap con la media dei paesi EU di € 52,4 miliardi

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Messaggioda bobbisolo » 24 ott 2024 09:39

zampaflex ha scritto:
Gli Stati Uniti sono l'importatore più grande del pianeta; senza i loro acquisti, il terzo mondo arrancherebbe. Lo capiscano, si diano una regolata, depongano le ambizioni da mosca cocchiera e adottino obiettivi più condivisibili. Anche sui diritti umani.


quindi la morale qual'è? non ho capito
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 24 ott 2024 10:18

Quando la città di Bologna ha istituito un limite di velocità di 30 km/h su buona parte del centro, in Italia non si è parlato d’altro, con una nutrita fetta di pubblico che ha contestato ferocemente il provvedimento. Ma si tratta di un capriccio politico da greenwashing o i 30 km/h funzionano davvero?

La National Technical University di Atene, la NTUA, ha pubblicato uno studio chiamato Review of City-Wide 30km/h Speed Limit Benefits in Europe firmato da George Yannis ed Eva Michelaraki, la prima ricerca che tenta di calcolare eventuali benefici delle Città 30, con limite di velocità a 30 km/h. I risultati, ottenuti analizzando 40 differenti città europee tra cui Londra, Parigi, Helsinki, Bruxelles ma anche Bologna e Modena (le uniche due città italiane), hanno sostanzialmente evidenziato una significativa riduzione di incidenti e feriti. Nello specifico: -37% sul fronte degli incidenti stradali mortali, -18% di emissioni di CO2 (anche se ci sono studi controversi che affermano il contrario), -7% di consumi di carburante (in media) e un inquinamento acustico inferiore di 2,5 dB. Insomma, le Città 30 avrebbero un grande impatto sulla società in cambio di una piccola modifica delle abitudini.
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 24 ott 2024 10:41

bobbisolo ha scritto:
tenente Drogo ha scritto:Immagine


tuttavia i brics rappresentano quasi la metà del pil mondiale

il "predominio" degli stati uniti è evidentemente calato

credo che si debba trovare una via per coesistere, certamente econonomicamente parlando, con questi paesi, anche se non si è d'accordo su tutto


economicamente parlando sono anni che coesistiamo economicamente con la Cina
I comunisti mi trattavano da fascista, i fascisti da comunista.
Tutto questo ha aiutato il film.
(Sam Fuller, a proposito di "The Steel Helmet")

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Re: Diario economico

Messaggioda bobbisolo » 24 ott 2024 10:50

vero, anche se dall'inzio del conflitto ucraino le relazioni tra ue e cina sono diventate sempre più conflittuali... e tuttavia mi riferivo ai brics in generale

"Per altri, la preoccupazione nei confronti dei Brics non è geopolitica, quanto piuttosto economica, dato il potenziale di un blocco che ora è due volte e mezzo la dimensione d'affari dell'Ue"
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 24 ott 2024 11:18

bobbisolo ha scritto:
zampaflex ha scritto:
Gli Stati Uniti sono l'importatore più grande del pianeta; senza i loro acquisti, il terzo mondo arrancherebbe. Lo capiscano, si diano una regolata, depongano le ambizioni da mosca cocchiera e adottino obiettivi più condivisibili. Anche sui diritti umani.


quindi la morale qual'è? non ho capito


Che questi paesi vorrebbero farsi Nuovo Ordine Mondiale, sostituendo gli USA e i loro alleati, ma essendo tutti esportatori per necessità, con mercati interni deboli o repressi, si scornerebbero enormemente non sapendo a chi vendere i propri prodotti: il loro benessere dipende in primis dagli acquisti di noi deprecati occidentali.
Per cui la smettano di bofonchiare e minacciare e si acconcino a convivere con il loro public enemy number 1.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 25 ott 2024 15:42

Oltre 347 miliardi erogati dall’Inps nel 2023 per 22,9 milioni di prestazioni pensionistiche, con una crescita dei costi del 7,7% rispetto all’anno precedente, soprattutto per effetto del recupero dell’inflazione. A beneficiarne sono 16,23 milioni di pensionati, in aumento dello 0,6% sul 2022 esattamente come le pensioni liquidate, con un reddito medio di 21.382 euro annui. Di questi trattamenti, uno su cinque, per la precisione il 19,8%, è di natura “assistenziale” e il 29,5% dei titolari di pensione (4.786.521) riceve assegni sotto i mille euro mensili.
Il 77,5% delle pensioni liquidate dall’Inps è di tipo previdenziale (“Ivs”, ovvero invalidità, vecchiaia, superstiti), mentre le “assistenziali” (invalidità civili, assegni e pensioni sociali, pensioni di guerra) riguarda-
no una platea di 3,8 milioni di beneficiari e assorbono 27,87 miliardi. Il rimanente 2,7% è rappresentato dalle prestazioni di tipo indennitario.
Il gruppo più numeroso di pensionati è quello dei titolari di pensioni di vecchiaia: 11,4 milioni, di cui il 28% ha anche prestazioni di altro tipo. I beneficiari di invalidità previdenziale sono poco meno di un milione (922.044), il 47% dei quali cumula pensioni di tipo diverso, mentre quelli di pensioni ai superstiti sono 4,2 milioni. Quanto ai titolari di trattamenti pensionistici assistenziali, il 49% è titolare anche di prestazioni di tipo diverso diverse da quelle assistenziali: si tratta principalmente di beneficiari di indennità di accompagnamento che percepiscono anche pensioni di tipo previdenziale. Infine, ci sono 618mila titolari di rendite di tipo indennitario, di cui la grande maggioranza (il 72%) cumula il trattamento con altri tipi di prestazione previdenziale/assistenziale.
A pesare maggiormente sulla spesa sostenuta dall’Inps sono, come sempre, le pensioni di vecchiaia e di anzianità, alle quali sono destinati in totale poco più di 254 miliardi. Dall’analisi della distribuzione territoriale degli assegni e dei beneficiari l’Istituto osserva che nelle regioni settentrionali si ha un maggior numero sia di pensioni sia di pensionati: rispettivamente, il 47,4% e il 47,8% del totale.
I pensionati con trattamenti inferiori a mille euro al mese sono oltre 4,7 milioni e nel monitoraggio dell’Osservatorio si fa anche notare che quelli con un assegno sotto i 500 euro sono 1.699.780. Le donne con pensioni non superiore ai mille euro mensili sono oltre tre milioni (il 36,3% del totale) e tra queste quasi un milione può contare su prestazioni per meno di 500 euro al mese.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 31 ott 2024 23:33

C'entra? Secondo me, si.
Dall'Atlantic, rivista americana di liberi pensieri da oltre 150 anni, un articolo sui giovani e i libri.
L'incipit racconta già tutto di questa epoca:

"Nicholas Dames insegna Letteratura umanistica, il corso obbligatorio sui grandi libri richiesto per la laurea dalla Columbia University, dal 1988. Lui ama il suo lavoro, ma esso è cambiato.
Negli ultimi dieci anni, gli studenti sono stati sopraffatti dalla lettura.
Gli universitari non hanno mai davvero letto tutto quello che è stato loro assegnato, ovviamente, ma questa volta la situazione è differente: i suoi studenti ora sembrano perfino sconcertati dal pensiero di dovere finire più libri in un semestre.
I suoi colleghi hanno notato lo stesso problema.
Molti studenti non arrivano più al college, anche a quelli altamente selettivi, college d'élite, preparati ad un atto così semplice e allo stesso tempo così basilare per la loro attività come leggere dei libri.
Frequentare Lit Hum spesso richiede agli studenti di leggere un libro, a volte molto lungo e denso, in appena una settimana o due. Ma una studentessa nel 22 ha detto a Dames che, alla sua scuola superiore pubblica, a lei non era mai stato richiesto di leggere un intero libro. Estratti, poesie, articoli di giornale. Mai libri interi."
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Re: Diario economico

Messaggioda l'oste » 01 nov 2024 00:43

zampaflex ha scritto:C'entra? Secondo me, si.
Dall'Atlantic, rivista americana di liberi pensieri da oltre 150 anni, un articolo sui giovani e i libri.
L'incipit racconta già tutto di questa epoca:

"Nicholas Dames insegna Letteratura umanistica, il corso obbligatorio sui grandi libri richiesto per la laurea dalla Columbia University, dal 1988. Lui ama il suo lavoro, ma esso è cambiato.
Negli ultimi dieci anni, gli studenti sono stati sopraffatti dalla lettura.
Gli universitari non hanno mai davvero letto tutto quello che è stato loro assegnato, ovviamente, ma questa volta la situazione è differente: i suoi studenti ora sembrano perfino sconcertati dal pensiero di dovere finire più libri in un semestre.
I suoi colleghi hanno notato lo stesso problema.
Molti studenti non arrivano più al college, anche a quelli altamente selettivi, college d'élite, preparati ad un atto così semplice e allo stesso tempo così basilare per la loro attività come leggere dei libri.
Frequentare Lit Hum spesso richiede agli studenti di leggere un libro, a volte molto lungo e denso, in appena una settimana o due. Ma una studentessa nel 22 ha detto a Dames che, alla sua scuola superiore pubblica, a lei non era mai stato richiesto di leggere un intero libro. Estratti, poesie, articoli di giornale. Mai libri interi."

Interessante quanto angosciante verità.
Leggere libri è una "fatica" per qualunque cervello, anche per chi ama farlo.
Serve concentrazione, interesse, stimoli, tempo, memoria "larga", capacità di fare collegamenti mentali. In modo maggiore per testi specifici e saggi rispetto ai romanzi.
La rete con i social a scroll rapido è una delle maggiori colpevoli, ha sconvolto il concetto di leggere, tutto è iper sintetico ed il Vero grande autore, per esempio, viene citato per aforismi o frasi e dialoghi estratti dal contesto di un libro, con un'immagine ad cazzum sullo sfondo e una musica a piacere. Piccole infinite dosi di consumismo di massa del sapere.
Un concentratissimo di "cultura" veloce fatta di titoli, non di approfondimenti.
Senza farlo volutamente (forse si, ma entriamo nel complottismo) il velocismo da consumo breve dei social (con in più il meccanismo perverso e inattendibile dei like) sta facendo accadere ciò che si raccontava in Fahreneit 451 : far dimenticare il valore intero di un libro, di chi lo ha pensato, costruito e scritto.
E tutto senza nemmeno usare il fuoco.
Il libro, per molti giovani (ma non solo) finalmente viene tacciato di pesantezza, troppe pagine, troppo sforzo.
Non è facile e non è smart, è roba antica, da vecchi.

Potrei andare avanti per un paio di pagine ma dato appunto il tema che hai proposto mi fermo e so che forse avrei fatto meglio a scrivere dei meme "sveltina" in modo che anche qui sul forum nessuno si possa spaventare o infastidire vedendo troppe parole scritte.
Senza contare che la crescita sempre maggiore delle app e dell'IA nei prossimi anni porterà probabilmente a sconvolgimenti preoccupanti di molti futuri QI umani.
Con grande soddisfazione del potere.
Non importa chi sarà l'ultimo a spegnere la luce. E' già buio.


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Re: Diario economico

Messaggioda gianni femminella » 01 nov 2024 09:25

"E tutto senza nemmeno usare il fuoco"
Citazione per chi legge senza scorciatoie.
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 01 nov 2024 18:41

I comunisti mi trattavano da fascista, i fascisti da comunista.
Tutto questo ha aiutato il film.
(Sam Fuller, a proposito di "The Steel Helmet")

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Re: Diario economico

Messaggioda l'oste » 01 nov 2024 19:44

tenente Drogo ha scritto:soldi buttati dalla finestra
https://www.repubblica.it/italia/2024/1 ... 423592038/

Visto il costo ingente direi dal balcone.
Quello di Palazzo Venezia :mrgreen:
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