zampaflex ha scritto:l'oste ha scritto:zampaflex ha scritto:Vi segnalo in edicola il numero di maggio di Rumore con una top 400 dei dischi da ascoltare degli ultimi 33 anni, dal 1992 ad oggi.
Sempre utile a scovare qualcosa che si è perso.
Dal 1992 ad oggi per la musica che amo, vuol dire, più o meno fermarsi a poco più degli anni '10. Gli ultimi quindici anni hanno dato pochi semi, poca ciccia da far frollare per decenni.
Se fosse una lista dal '62 al '92, forse non basterebbe nominarne 4000 di dischi.
La creatività oggi è indirizzata su traiettorie diverse da quelle a cui siamo abituati: il rock è in fase di stanca sommerso da un lato dal pop e dal rap e dall'altro in preda ad una incapacità di trovare nuove formule. Il recupero del folk o dell'ambient degli ultimi quindici anni, a mio parere, non è una base per una rinascita ma un sintomo della malattia.
La destrutturazione della trasmissione poi, con i giovani che ascoltano solo ciò che gli algoritmi passano, fornisce la mazzata finale.
A me manca potere ascoltare cose nuove, potenti e fresche nell'indie rock, ho voglia di essere stupito e non trovo corrispondenza.
Però nella fascia hi-end del rap americano (è stata coniata dalla critica l'etichetta "conscious rap" per esempio) ci sono ottimi dischi, di grande creatività: almeno un po' di svago è assicurato.
Discorso molto interessante.
La musica "rock" ha vissuto vari periodi di stanca dopo i quali si è sempre rigenerata grazie a nuove idee e proposte sia creative che di "rottura" (punk, grunge, contaminazioni con altri generi e produzioni indie).
Negli ultimi lustri il mondo musicale è cambiato immensamente, produzioni di massa, generi indefinibili, algoritmi, radio compiacenti, creatività delegata ai suoni elettronici e ai tormentoni, alle basi ritmiche tutte uguali, alla ridondanza di orchestrazioni piene di tastiere moderne, agli autotune dichiarati e "da sala di registrazione". Oggi il "tempio" è in mano ai peggiori mercanti possibili.
La tecnologia digitale esasperata non ha funzionalità nè apparentamenti con il rock, che è un genere primitivo, fatto di sudore, ricerca, sofferenza spirituale e composizione musicale.
Tutte cose troppo profonde e lente per i ritmi imposti dalla rete, dai social e dai cosidetti influencers.
Anch'io, come te, da anni desidero immensamente di essere nuovamente stupito e seguo le produzioni minori sperando in qualche folgorazione ma negli ultimi quindici anni, a parte qualche ruggito di vecchi o maturi leoni, forse solo gli Arctic Monkeys hanno saputo soddisfare questa mia voglia, sebbene spesso nei loro dischi il "rock" abbia una presenza marginale o comunque non predominante.
Per fortuna, come capita per chi ha vecchie bottiglie di vino in cantina, il passato può tornare sotto forma di riscoperte e approfondimenti di artisti che si erano seguiti di meno.
La biblioteca del rock è ancora abbastanza infinita.