CHAMPAGNE TERZA PUNTATA E BONUS TRACK: CHABLIS
Inviato: 02 nov 2022 11:33
CHAMPAGNE TERZA PUNTATA E BONUS TRACK: CHABLIS
A distanza di quasi dieci anni dalla prima puntata si torna in Champagne, di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta, i nomi interessanti ed emergenti sono sempre di più ed è un bene, ma contattare i produttori per le visite sta diventando difficile quasi quanto andare in Jura, e le risposte (quasi) automatiche a mail e telefonate (se) rispondono regalano dei: pas de visite, ropture de stock, visite mais pas de vente etc etc... però ci si diverte comunque un mondo soprattutto quando si è un bel gruppetto affiatato di sbevazzoni.
Solita partenza notturna per essere sul posto di buon ora, ovviamente il gruppo ha passato suppergiù più di un mesetto ad organizzare, si crede di aver pensato a tutto, e poi nel cuore della notte scopri quasi casualmente che il traforo del Bianco è chiuso per venti giorni... dopo aver imbottigliato una jeroboam di imprecazioni varie soprattutto in francese allarghiamo per il Frejus e ce la facciamo comunque... la Francia continentale è tendente al piatto, il vento spinge e ci si ritrova con sole-nuvolo-pioggia-sole-acquazzone-sole e così via manco fossimo a Londra. Prima tappa Chablis.
Louis Michel
Produce 140mila bottiglie, giusto per capire le dimensioni e ci accoglie in una piccola ma moderna saletta degustazione a due passi dal fiume che attraversa l'abitato e che si fa canale, un angolo molto suggestivo e romantico, se dovesse servirvi una scusa per convincere la moglie o amante a seguirvi in queste lande... Lo stile della maison devo dire che mi aggrada appieno, con vini pulitissimi, netti e dritti ma senza essere duri, più o meno tutti i vini in assaggio saranno convincenti. Tutti 2020 che ci dicono essere considerata un'ottima annata, spiccano nella batteria lo Chablis 2020, teso ma già molto equilibrato, un finto facile che appaga ed ovviamente esaurito, poi il Montmains dalla bella florealità e che rispettando la gerarchia acquisisce più allungo ed energia, per finire il montee de tonnerre, sintesi dei due precedenti per piacevolezza e tensione. Il Vaudesir G.C. sale giustamente ancora di un gradino ma non c'è grande stacco col premier da giustificare il prezzo del biglietto (quasi il doppio...).
Merenda au bord de l'eau (di cui sopra) con baguette, mortazza e charcuterie varia italiana, questa si che è bella vita...
Dopo un estremo tentativo da un notissimo della zona che quasi-quasi nei giorni precedenti stava per accordarci la visita (eccheccazz), ci spostiamo di giusto una ventina di metri:
Duplessis
qui l'azienda è più piccola, gestione famigliare, siamo sulle 50mila bottiglie, struttura in fase di ristrutturazione, e lo stile dei vini cambia, un poco meno eleganza e più materia e vini decisamente più indietro nella maturazione e che necessitano tempo, confermato dal fatto che le bevute in Italia con qualche anno sul groppone mi hanno convinto di più che gli assaggi sul posto. Anche qui ci confermano che la 2020 è un ottima annata, e conviene l'acquisto visto che nella 2021 il gelo in zona ha dimezzato le produzione, gelo che poi nel 2022 è stato un poco più clemente ma il successivo caldo intenso nella stagione sembra non abbia dato un anno da ricordare. Qui il riscaldamento climatico sta facendo un po' il gioco del bastone e carota, picchiando duro con le gelate ma dando molti meno grattacapi con le maturazioni e questo sembra piacere ai francesi visto che la 2018 è considerata da tanti "annata del secolo" con superproduzione e pienissima maturazione con gradazioni alcoliche importanti per la zona...
Ripassiamo un poco anche la geografia dei vigneti: la costa dove si trovano i Grand Cru è tale in quanto prende principalmente il sole più caldo del pomeriggio, dando vini più pieni e maturi ad equilibrare la tensione, mentre la costa dall'altro lato del fiume, quella dove si trovano gran parte dei premier cru al contrario prende maggiormente il sole più fresco del mattino dando vini più floreali e freschi, delicati o tesi a seconda dello stile del produttore.
Qui assaggiamo lo Chablis 2020, decisamente ancora chiuso e indietro al naso, mentre non è già male al sorso, poi il montee de tonnerre 2020 che convince appieno col naso agrumato, le leggere note verdi e buona tensione ed allungo. Infine Montmains 2018 che rispecchia quanto detto sopra, energico e rotondo, intenso nella frutta al naso, sembra però ancora giovane senza risultare bolso (assaggio interessante, ma l'immaginario del tipico Chablis è però sicuramente diverso...).
FOTO: in basso a sx il Grand Cru Les Clos. la vigna del cimitero ricorda quella ai piedi dell'Urziger Wurzgarten, coincidenze...
Bessin-Tremblay (ex-Bessin)
Ci spostiamo quindi in una delle numerose piccole frazioni di Chablis, la sede è praticamente una cascina di inizio novecento con la corte interna, parecchio bisognosa di manutenzione, tanto che sembra quasi che nulla sia cambiato da allora... ma sappiamo bene che spesso in ambito vino l'abito non fa il monaco, tant'è che becchiamo l'outsider della giornata (o underdog se preferite, che più va di moda): praticamente tutti i vini sono stati notevoli nella loro categoria.
Azienda che imbottiglia dagli anni 80, con l'annata 2020 si è aggiunto in etichetta il cognome della madre del produttore, circa 60mila bottiglie, solo acciaio e legno vecchio.
Si parte dallo Chablis 2020 (e tutti gli assaggi saranno della medesima annata), dal tratto un poco più rustico dei precedenti ma c'è buona tensione e grassezza, agrumato al naso. Lo stesso nella versione Vieilles Vignes gli va in scia nello stile ed espressione ma con maggior ricchezza al sorso e nei profumi, ottimo direi.
Si sale ancora di un gradino con La Foret, proveniente da una delle vigne più sassose e calcaree ci dice, con tanto agrume e bocca intensa ed elegante. Tanto carattere dal Fourchaume, di cedrata Tassoni e pietra focaia, iodato, bel volume al sorso. E si continua a salire col Fourchaume La Piece au Comte, da una piccola parcella che un conte, non avendo eredi, ha deciso di cedere ai suoi mezzadri, tra cui il nonno (o bisnonno?) dell'attuale vigneron, magari non definitissimo al naso, con un po' di finocchietto, ma dal sorso di gran volume e lunghezza. Infine il Valmur Grand Cru che fa la differenza al sorso, dove oltre al corpo del precedente c'è la tensione a dare energia. Col senno di poi mi sa che ne comprai troppo poche...
Louis Moureau
Ultima tappa di giornata in un'altra piccola frazione, da un nome storico, con altri volumi (500mila bottiglie e 100 ettari) ed importatori conosciuti, che di conseguenza ci faceva ben sperare per lo meno per le selezioni... e niente linea piuttosto anonima e con poca energia, soprattutto su petit-Chablis e Chablis (entrambi già 2021), che migliora sui 1er 2020 Ligneau, Vaillons e Vaudesir ma sicuramente non abbastanza per spiccare, soprattutto dopo gli assaggi di giornata. Punto vendita con banco assaggi sempre aperto, e se si mettono sul piatto i prezzi franco cantina la bilancia un poco si equilibra, ma posso immaginare che dopo il passaggio dell'importatore e l'approdo in carta vini ne risulti un q/p abbastanza vergognoso...
Dopo lo scalo di Chablis si riparte verso la destinazione finale: Epernay. Cena da Sacre Bistrò che mi sento di consigliare, ambiente informale, buon cibo, carta vini migliorabile ma qualcosa si trova. Tant'è che per non sbagliare replicheremo anche la sera seguente...
Chavost
La mattina seguente siamo di buon ora in uno dei primi paesini della Cote de Blancs: Chavot. Via mail hanno insistito perchè facessimo un tour completo di un paio d'ore e non riuscivamo bene a capirne il perchè, sul posto il tutto è stato un po' più chiaro, essendo il produttore una realtà piuttosto particolare ed anche i vini hanno un po' uno stile a se. Partiamo col dire che è una delle tantissime cave cooperative della Champagne, qui quasi ogni villaggio ne ha una, questa riceve uve da 80 ettari ed è gestita da una decina di famiglie del piccolo borgo. Una piccola coop quindi, che ad inizio degli anni duemila nuotava in cattive acque: in costante balia delle grandi maison (a cui tuttora vendono comunque buona parte del mosto, o meglio succo d'uva appena pressato), la costante e lenta fuga di soci che vedevano l'affare di produrre in proprio sempre più remunerativo, ed un marchio di coop difficile da far spiccare sul mercato... da qui la scelta di rivoluzionare tutta la produzione, sulla spinta del figlio della principale famiglia della coop, giovane enologo che dopo aver girato il mondo per farsi le ossa torna al paesello, nasce il marchio Chavost, selezione dei migliori vigneti, conversione in Bio, niente SO2, si cerca una perfetta e piena maturazione delle uve per poi non aggiungere più nulla, e sempre per puntare su frutto e fragranza non si spinge sui mesi di rifermentazione in bottiglia. Il fratello disegnerà le etichette. Parallelamente continua comunque la normale attività della coop per la maggioranza dei vigneti. Ne nascono vini dal carattere molto ben definito, forse particolari a tratti ma devo dire che alla fine mi sono piaciuti. Molto meno dover pagare (e cara) la degustazione nonostante gli acquisti fatti, ma questa è tutta un'altra storia... sarà la prima volta in assoluto per me in Europa, e purtroppo non sarà l'unica del tour, ma ormai anche questo è una tendenza, per cui bisognerà abituarcisi. Comunque, visto che l'importante poi è quello che ci si trova nel bicchiere (tutti base 2020 con sboccatura 2022):
buono il Blanc d'Assemblage con un naso ricco e biscottato, un po' d'orzo, dalla bolla un poco aggressiva (ed in generale è il punto debole di tutta la linea, i pochi mesi sui lieviti si sentono, ma confido che un annetto di bottiglia o più possano migliorare le cose, vedremo...), che da bottiglia appena stappata si fa più floreale e fresco. Buona l'interpretazione del meunier nel Blanc de Meunier, con giusto qualche sbuffo lattico e piacevole accenno di ossidazioni, cortino però al sorso. Miglior assaggio il Blanc de Chardonnay, solare nell'espressione, acquista equilibrio ed allungo rispetto al base. Il Rosé de saignée parte bene al naso con bei frutti di rovo e spezia per poi perdersi un po' nel sorso cortino.
FOTO da in alto a sx: l'eglise de saint Martin de Chavot e sullo sfondo i vigneti premier cru di Moussy e Pierry, le etichette disegnate di Champagne Chavost, la sede del Domaine Vincey e sullo sfondo vigneti Grand cru di Oger, merenda sinoira version francaise...
Pertois-Lebrun
Ci spostiamo a Cramant e torniamo ai piccoli vigneron, 60mila bottiglie da 10 ettari sparsi in 7 diversi village della Cote de Blancs, tutti Grand Cru. Qui i due figli ormai superata la quarantina d'anni da qualche tempo hanno ripreso in mano il lavoro del padre, ed anche qui qualcosa è cambiato, andando ad aggiungere una linea di parcellari in aggiunta a quella classica. Ovviamente poche bottiglie e quasi tutto esaurito... Giusto tre assaggi: piuttosto buono il base L'extravertie (l'estroversa) extra brut, da base 2018, dalla bella bollicina cremosa, floreale e fresco, e dalla giusta tensione. Le Fond du Bateau Chouilly N.14 (=2014) arriva da un lieu-dit contiguo a Le Mont Aigu e si piazza dritto-dritto tra i migliori assaggi del tour: agrumato e floreale, teso, minerale e sapido al sorso, bolla cremosa. Derriere Le Mont Aigu n.17 (=2017) ha invece toni più salmastri, sempre agrumato, giusto un pelo meno convincente al sorso rispetto al precedente, resta comunque un ottima bevuta.
Domaine Vincey
Si scende lungo la Cote ed approdiamo ad Oger. In realtà sembra che Oger insieme a Vertus siano stati soppressi e riuniti insieme ad altri nel comune di Blancs-Coteaux, va beh... un po' come se nelle Langhe eliminassero Castiglione Falletto e Serralunga per creare il comune di Marne Bianche. Contenti loro...
Rimaniamo tra i piccoli, circa 60mila bottiglie, ma la produzione e dimensione aziendale è un poco più grande, producono in biologico e vendono una parte delle basi a diverse aziende Bio (ce ne nominerà diverse), oltre che ospitare in azienda parte della produzione e attrezzature dell'adiacente Valentine Leflaive (io mi farei volentieri pagare l'affitto in casse di Montrachet...). Qui è ancora in uso il pressoir champenois, e qualche vigneto lo hanno anche nella Vallée de la Marne ed anche nell'Aube. Ovviamente quasi tutto esaurito e solo due assaggi. Molto buono Oger 2017, un poco scontroso appena stappato per poi equilibrarsi, frutta matura, di bella intensità ed energia, bollicina equilibrata, c'è polpa e freschezza. Meno convincente Interlude (da base 2016, esperimento con 2 anni sur lie in barrique) che dimostra l'affinamento con una bella baguette appena sfornata, però poco espressivo e meno incisivo al sorso, più rotondo.
Petit e Bajan
Siamo ad Avize ma le vigne sono dislocate anche nella montagne, a Verzy e Verzanay dove hanno ovviamente pinot noir, micro produttore da 20mila bottiglie, marchio nato solo nel 2009 riunendo i possedimenti di moglie e marito, hanno sede nel pieno centro del borgo e parte della nuovissima cantina, non potendo stare sotto terra è al primo piano... Si torna ad uno stile molto classico, con vini precisini e senza sbavature ma che sacrificano un po' il carattere, piacevoli ma parecchio sovraprezzati. Tanto per capirci a 25/30 euro li avrei comprati, ma a 40/50 franco cantina perdono nettamente nel confronto con praticamente tutti i vini del tour... peccato. Comunque Ambrosie Brut è già molto godibile ed equilibrato, Obsidienne brut (100%p.n.) concede poco al naso ma guadagna spessore al sorso, mentre Nymphea rosé è un classico rosato da produttore della Cote de Blancs dove il pinot nero serve solo a dare una leggera tonalità ed è tutto leggerezza e tensione.
Vignon Pere e Fils
Chiudiamo la giornata sulla Montagne, siamo a Verzenay, che ci viene descritta dal produttore come la zona più fredda e ventosa dell'intera Champagne, siamo ancora sulle 20mila bottiglie nonostante gli ettari siano 12. La sede è piccolissima, una piccola corte in mezzo al borgo, in un angolo è ancora in uso la postazione per la sboccatura à la volée e orgogliosamente ci dice che le barrique nascono dal legno del piccolo bosco di proprietà sulla Montagne. Il produttore è molto appassionato ci cibo e di abbinamenti, e sembra sapere il fatto suo, a tratti un filo troppo, ma devo dire che poi nel bicchiere praticamente tutti i vini gli daranno ragione. Per tutti i vini dosaggi molto bassi e tutti molto calibrati.
Piacevole senza strafare l'entrée de gamme Les Marquises extra brut (base 2017) speziato e fruttato con la classica mela, buon grip al sorso. Davvero non male il Rosé Les Vignes Goisses Brut Nature, color salmone, lampone al naso e bocca che non delude. Si sale di un bel gradino con il Blanc de Blancs Potences-Rochelles 2020, floreale e marino, intenso al sorso dove è cremoso ed agrumato. Il Blanc de Noirs Les Esperances regala un fruttato più maturo, elegante e fine al sorso, rigoroso, bella bevuta anche lui. Il Reserve du Marquis 2016, da un assemblaggio dei parcellari, è ancora giovane e da attendere, guadagna in equilibrio sacrificando forse un pelo di carattere. Grande sorpresa dal Coteaux Champenois Rouge 2020, da una singola barrique prodotta solo nella migliori annate, finalmente con una bocca di buon livello, equilibrata e dal tannino fine, naso sui fruttini rossi, un village della cote de nuits praticamente.
Qui comincio a capire perchè alla cieca io faccia sempre fatica a collocare con precisione la provenienza di uno Champagne... nel bicchiere il pinot noir della Montagne sud come Ambonnay o Bouzy sono spesso diametralmente opposti a quelli dei village della costa più a nord come Verzenay e dintorni...
Benoit Lahye
La mattina successiva siamo sempre in Montagne de Reims, ma in uno dei village Grand Cru con esposizione sud: Bouzy. Molto conosciuto in Italia, in realtà di bottiglie non ne fa molte, 40mila, e la gestione è ancora famigliare, ci accolgono marito e moglie in una saletta degustazione nel seminterrato di una graziosa casa di campagna. Le vigne sono principalmente a Bouzy e Ambonnay, qualche piccolo appezzamento si trova a Vertus e dintorni. Si parte già gran bene col Brut Nature, da base 2018 più ben il 40% di reserve perpetuelle, frutta matura, bolla cremosa e molto piacevole al sorso. Il Blanc de Noirs vive di contrasti tra il naso delicato, di confetto, e la bocca di spessore, fresco netto e pulito. Il Blanc de Blancs (dalla micro vecchia vigna di Vertus), floreale, ha però meno spinta ed energia al sorso e convince meno.
Grande vino e tra i migliori del tour il Violaine, da PN e CH in parti uguali, lo stile è sempre elegante e delicato al naso, teso e lungo al sorso con un bel ritorno di leggere ossidazioni. Interessante Le Jardin de la Grosse Pierre, antico vigneto con complantation dei 7 vitigni storici presenti in Champagne, molto floreale, sorso un poco più rustico dei compagni di gamma. Piacevole il Rosé de Maceration, colore tra il corallo e la buccia di cipolla, ribes al naso, sorso un pelo cortino. Si chiude col Bouzy Rouge 2018, che perde il confronto con quello della sera precedente ma visto anche il prezzo è ottima alternativa ad un buon Bourgogne regionale.
FOTO: Ambonnay pinot noir, vigne a Bouzy e l'imponente cattedrale di Reims.
J. Vesselle
Ci spostiamo poche centinaia di metri e l'ambiente cambia, ampia e moderna sala degustazione con ben due addette e assaggi a pagamento. Anche qui nome storico piuttosto conosciuto, numeri più alti con circa 150mila bottiglie, quasi la metà dello storico Oeil de Perdrix incredibilmente esaurito...
Interessante il confronto diretto tra Brut Reserve a 11g/l di zuccheri e la stessa identica cuvée declinata in Extra Brut a 2g/l, il primo facile, perfino rotondo, si rinvigorisce ed invece convince il secondo, per entrambi un naso fruttato e piacevole. Il brut prestige da base 2015 ha bolla più equilibrata e acquisisce note biscottate. Ottimo rapporto q/p il Rosé de Saignée Brut, dal colore deciso e carico, intensamente fruttato, c'è perfino un cenno di tannino al sorso dove è succoso e piacevole. pecca nella bolla grossolana, da 10 ettari in Aube.
Juillet-Lallement
Si ricambia versante ed approdiamo a Verzy dove questo piccolo produttore di soli 4 ettari ha vigne oltre che a Sillery. lo stile qui è tutto delicatezze, leggerezze ed equilibri. Fin troppo light il Blanc de Blancs, si migliora con l'equilibrato Brut Selection che contiene il 40% di vin de reserve. Il miglior assaggio della batteria arriverà dal Blanc de Noirs, da vigne di Sillery che secondo il vigneron dona vini molto femminili e così è nel bicchiere. Non male anche il Brut Rosé, da assemblage, colore scarico, agrumato di mandarino, bolla cremosa ed equilibrato al sorso.
Roger Manceaux
Penultima tappa a Rilly la Montagne, produttore di medie dimensioni direi, sulle 100mila bottiglie ed un ampia gamma per accontentare un po' tutti... forse troppo, e si finisce per avere prodotti piacevoli ma senza troppo carattere. Sceglieremo 4 etichette da assaggiare, partenza col brut nature fresco e facile, si va meglio col Blanc de Noirs dal naso di frutti rossi, bolla cremosa e sorso elegante. Il grand Reserve brut guadagna in lunghezza e pienezza ma il dosaggio lo arrotonda un poco, mentre il miglior assaggio arriverà dall'Heritage 2011, col passaggio in legno che si fa sentire un poco ma è una goduria per gli amanti delle ossidazioni, dal naso biscottato e di orzo, fondo di caffè, burro, e bocca tesa e lunga.
Non paghi di quanto assaggiato fin ora ci imbuchiamo perfino ad una piccola foire aux vins... Tra i produttori contattati c'era anche Gamet, che però ci comunica che purtroppo quel weekend non poteva fare visite perché sarebbe stata impegnata, avendo organizzato nel cortile della propria azienda una piccola manifestazione con giovani produttori di vino e birra, con foodtruck e musica, ma che quindi saremmo potuti passare di lì... potevamo declinare l'invito?
Di Gamet segnalo l'ottimo Rive Gauche, energico ed espressivo, più del rive droite che sulla carta dovrebbe avere dalla sua l'esposizione sud, misteri del vino. Tra i produttori presenti invece Le Sable Vert proponeva un Saumur blanc da secchiata acido-sapida a due lire ed un ottimo Poyeux, pepato e liquirizioso, di bella ricchezza al sorso. Interessanti anche i 3 Beaujolais di Jean Max provenienti da suoli granitici (Saint Germain, Saint Verand e un altro che non ricordo) fuori dagli schemi, profumati ma tesi, scheletrici e con un pelo di tannino. Confuse però le altre sue etichette.
tra i vari assaggi delle serate da segnalare oltre che al VO (anche se Selosse mi intriga meno che in passato, cambiato io? cambiato lui? o sarà l'effetto la volpe e l'uva visto i prezzi? chissà... comunque uno dei produttori del tour, in merito, ha esordito con un "c'est du Jura, c'est pas du Champagne"), ottimo il muscadet Gaia 2019 di Bretadeau, col melone bianco e la sua buccia al naso, al sorso tensione, sapidità e grassezza, gran bocca. Poi il Corbieres La Begou 2019 di Maxime Magnon, interessante per equilibrio al sorso, anche se poi canna col confusissimo rosso Rozeta. Il 1er cru di Marc Morey 2016 svolge il compitino, ha tutto quello che ci si aspetta e non sbaglia nulla, ma gli manca la grinta. Interessante Roc D'Anglade blanc 2017, con la pesca bianca, la spezia, leggero tannino a movimentare il sorso. Cahuape Symphonie de Novembre 2016 mi ha stupito, pensavo di trovarlo più leggero ed invece è completo e giustamente concentrato ma non troppo al sorso, miele di castagno, glicine e liquore alla pera williams al naso.
Gli ultimi citati bevuti al restaurant Le Foch a Reims, che convince nei piatti anche rapportati al prezzo, molto meno (ma almeno ci siamo fatti quattro risate) nel servizio.
PER CHI VOLESSE LEGGERSI LE PRECEDENTI PUNTATE:
https://bit.ly/3zpq9Qg (Volume 1 del 2013)
https://bit.ly/3NefPAu (Volume 2 del 2015)
A distanza di quasi dieci anni dalla prima puntata si torna in Champagne, di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta, i nomi interessanti ed emergenti sono sempre di più ed è un bene, ma contattare i produttori per le visite sta diventando difficile quasi quanto andare in Jura, e le risposte (quasi) automatiche a mail e telefonate (se) rispondono regalano dei: pas de visite, ropture de stock, visite mais pas de vente etc etc... però ci si diverte comunque un mondo soprattutto quando si è un bel gruppetto affiatato di sbevazzoni.
Solita partenza notturna per essere sul posto di buon ora, ovviamente il gruppo ha passato suppergiù più di un mesetto ad organizzare, si crede di aver pensato a tutto, e poi nel cuore della notte scopri quasi casualmente che il traforo del Bianco è chiuso per venti giorni... dopo aver imbottigliato una jeroboam di imprecazioni varie soprattutto in francese allarghiamo per il Frejus e ce la facciamo comunque... la Francia continentale è tendente al piatto, il vento spinge e ci si ritrova con sole-nuvolo-pioggia-sole-acquazzone-sole e così via manco fossimo a Londra. Prima tappa Chablis.
Louis Michel
Produce 140mila bottiglie, giusto per capire le dimensioni e ci accoglie in una piccola ma moderna saletta degustazione a due passi dal fiume che attraversa l'abitato e che si fa canale, un angolo molto suggestivo e romantico, se dovesse servirvi una scusa per convincere la moglie o amante a seguirvi in queste lande... Lo stile della maison devo dire che mi aggrada appieno, con vini pulitissimi, netti e dritti ma senza essere duri, più o meno tutti i vini in assaggio saranno convincenti. Tutti 2020 che ci dicono essere considerata un'ottima annata, spiccano nella batteria lo Chablis 2020, teso ma già molto equilibrato, un finto facile che appaga ed ovviamente esaurito, poi il Montmains dalla bella florealità e che rispettando la gerarchia acquisisce più allungo ed energia, per finire il montee de tonnerre, sintesi dei due precedenti per piacevolezza e tensione. Il Vaudesir G.C. sale giustamente ancora di un gradino ma non c'è grande stacco col premier da giustificare il prezzo del biglietto (quasi il doppio...).
Merenda au bord de l'eau (di cui sopra) con baguette, mortazza e charcuterie varia italiana, questa si che è bella vita...
Dopo un estremo tentativo da un notissimo della zona che quasi-quasi nei giorni precedenti stava per accordarci la visita (eccheccazz), ci spostiamo di giusto una ventina di metri:
Duplessis
qui l'azienda è più piccola, gestione famigliare, siamo sulle 50mila bottiglie, struttura in fase di ristrutturazione, e lo stile dei vini cambia, un poco meno eleganza e più materia e vini decisamente più indietro nella maturazione e che necessitano tempo, confermato dal fatto che le bevute in Italia con qualche anno sul groppone mi hanno convinto di più che gli assaggi sul posto. Anche qui ci confermano che la 2020 è un ottima annata, e conviene l'acquisto visto che nella 2021 il gelo in zona ha dimezzato le produzione, gelo che poi nel 2022 è stato un poco più clemente ma il successivo caldo intenso nella stagione sembra non abbia dato un anno da ricordare. Qui il riscaldamento climatico sta facendo un po' il gioco del bastone e carota, picchiando duro con le gelate ma dando molti meno grattacapi con le maturazioni e questo sembra piacere ai francesi visto che la 2018 è considerata da tanti "annata del secolo" con superproduzione e pienissima maturazione con gradazioni alcoliche importanti per la zona...
Ripassiamo un poco anche la geografia dei vigneti: la costa dove si trovano i Grand Cru è tale in quanto prende principalmente il sole più caldo del pomeriggio, dando vini più pieni e maturi ad equilibrare la tensione, mentre la costa dall'altro lato del fiume, quella dove si trovano gran parte dei premier cru al contrario prende maggiormente il sole più fresco del mattino dando vini più floreali e freschi, delicati o tesi a seconda dello stile del produttore.
Qui assaggiamo lo Chablis 2020, decisamente ancora chiuso e indietro al naso, mentre non è già male al sorso, poi il montee de tonnerre 2020 che convince appieno col naso agrumato, le leggere note verdi e buona tensione ed allungo. Infine Montmains 2018 che rispecchia quanto detto sopra, energico e rotondo, intenso nella frutta al naso, sembra però ancora giovane senza risultare bolso (assaggio interessante, ma l'immaginario del tipico Chablis è però sicuramente diverso...).

FOTO: in basso a sx il Grand Cru Les Clos. la vigna del cimitero ricorda quella ai piedi dell'Urziger Wurzgarten, coincidenze...
Bessin-Tremblay (ex-Bessin)
Ci spostiamo quindi in una delle numerose piccole frazioni di Chablis, la sede è praticamente una cascina di inizio novecento con la corte interna, parecchio bisognosa di manutenzione, tanto che sembra quasi che nulla sia cambiato da allora... ma sappiamo bene che spesso in ambito vino l'abito non fa il monaco, tant'è che becchiamo l'outsider della giornata (o underdog se preferite, che più va di moda): praticamente tutti i vini sono stati notevoli nella loro categoria.
Azienda che imbottiglia dagli anni 80, con l'annata 2020 si è aggiunto in etichetta il cognome della madre del produttore, circa 60mila bottiglie, solo acciaio e legno vecchio.
Si parte dallo Chablis 2020 (e tutti gli assaggi saranno della medesima annata), dal tratto un poco più rustico dei precedenti ma c'è buona tensione e grassezza, agrumato al naso. Lo stesso nella versione Vieilles Vignes gli va in scia nello stile ed espressione ma con maggior ricchezza al sorso e nei profumi, ottimo direi.
Si sale ancora di un gradino con La Foret, proveniente da una delle vigne più sassose e calcaree ci dice, con tanto agrume e bocca intensa ed elegante. Tanto carattere dal Fourchaume, di cedrata Tassoni e pietra focaia, iodato, bel volume al sorso. E si continua a salire col Fourchaume La Piece au Comte, da una piccola parcella che un conte, non avendo eredi, ha deciso di cedere ai suoi mezzadri, tra cui il nonno (o bisnonno?) dell'attuale vigneron, magari non definitissimo al naso, con un po' di finocchietto, ma dal sorso di gran volume e lunghezza. Infine il Valmur Grand Cru che fa la differenza al sorso, dove oltre al corpo del precedente c'è la tensione a dare energia. Col senno di poi mi sa che ne comprai troppo poche...
Louis Moureau
Ultima tappa di giornata in un'altra piccola frazione, da un nome storico, con altri volumi (500mila bottiglie e 100 ettari) ed importatori conosciuti, che di conseguenza ci faceva ben sperare per lo meno per le selezioni... e niente linea piuttosto anonima e con poca energia, soprattutto su petit-Chablis e Chablis (entrambi già 2021), che migliora sui 1er 2020 Ligneau, Vaillons e Vaudesir ma sicuramente non abbastanza per spiccare, soprattutto dopo gli assaggi di giornata. Punto vendita con banco assaggi sempre aperto, e se si mettono sul piatto i prezzi franco cantina la bilancia un poco si equilibra, ma posso immaginare che dopo il passaggio dell'importatore e l'approdo in carta vini ne risulti un q/p abbastanza vergognoso...
Dopo lo scalo di Chablis si riparte verso la destinazione finale: Epernay. Cena da Sacre Bistrò che mi sento di consigliare, ambiente informale, buon cibo, carta vini migliorabile ma qualcosa si trova. Tant'è che per non sbagliare replicheremo anche la sera seguente...
Chavost
La mattina seguente siamo di buon ora in uno dei primi paesini della Cote de Blancs: Chavot. Via mail hanno insistito perchè facessimo un tour completo di un paio d'ore e non riuscivamo bene a capirne il perchè, sul posto il tutto è stato un po' più chiaro, essendo il produttore una realtà piuttosto particolare ed anche i vini hanno un po' uno stile a se. Partiamo col dire che è una delle tantissime cave cooperative della Champagne, qui quasi ogni villaggio ne ha una, questa riceve uve da 80 ettari ed è gestita da una decina di famiglie del piccolo borgo. Una piccola coop quindi, che ad inizio degli anni duemila nuotava in cattive acque: in costante balia delle grandi maison (a cui tuttora vendono comunque buona parte del mosto, o meglio succo d'uva appena pressato), la costante e lenta fuga di soci che vedevano l'affare di produrre in proprio sempre più remunerativo, ed un marchio di coop difficile da far spiccare sul mercato... da qui la scelta di rivoluzionare tutta la produzione, sulla spinta del figlio della principale famiglia della coop, giovane enologo che dopo aver girato il mondo per farsi le ossa torna al paesello, nasce il marchio Chavost, selezione dei migliori vigneti, conversione in Bio, niente SO2, si cerca una perfetta e piena maturazione delle uve per poi non aggiungere più nulla, e sempre per puntare su frutto e fragranza non si spinge sui mesi di rifermentazione in bottiglia. Il fratello disegnerà le etichette. Parallelamente continua comunque la normale attività della coop per la maggioranza dei vigneti. Ne nascono vini dal carattere molto ben definito, forse particolari a tratti ma devo dire che alla fine mi sono piaciuti. Molto meno dover pagare (e cara) la degustazione nonostante gli acquisti fatti, ma questa è tutta un'altra storia... sarà la prima volta in assoluto per me in Europa, e purtroppo non sarà l'unica del tour, ma ormai anche questo è una tendenza, per cui bisognerà abituarcisi. Comunque, visto che l'importante poi è quello che ci si trova nel bicchiere (tutti base 2020 con sboccatura 2022):
buono il Blanc d'Assemblage con un naso ricco e biscottato, un po' d'orzo, dalla bolla un poco aggressiva (ed in generale è il punto debole di tutta la linea, i pochi mesi sui lieviti si sentono, ma confido che un annetto di bottiglia o più possano migliorare le cose, vedremo...), che da bottiglia appena stappata si fa più floreale e fresco. Buona l'interpretazione del meunier nel Blanc de Meunier, con giusto qualche sbuffo lattico e piacevole accenno di ossidazioni, cortino però al sorso. Miglior assaggio il Blanc de Chardonnay, solare nell'espressione, acquista equilibrio ed allungo rispetto al base. Il Rosé de saignée parte bene al naso con bei frutti di rovo e spezia per poi perdersi un po' nel sorso cortino.

FOTO da in alto a sx: l'eglise de saint Martin de Chavot e sullo sfondo i vigneti premier cru di Moussy e Pierry, le etichette disegnate di Champagne Chavost, la sede del Domaine Vincey e sullo sfondo vigneti Grand cru di Oger, merenda sinoira version francaise...
Pertois-Lebrun
Ci spostiamo a Cramant e torniamo ai piccoli vigneron, 60mila bottiglie da 10 ettari sparsi in 7 diversi village della Cote de Blancs, tutti Grand Cru. Qui i due figli ormai superata la quarantina d'anni da qualche tempo hanno ripreso in mano il lavoro del padre, ed anche qui qualcosa è cambiato, andando ad aggiungere una linea di parcellari in aggiunta a quella classica. Ovviamente poche bottiglie e quasi tutto esaurito... Giusto tre assaggi: piuttosto buono il base L'extravertie (l'estroversa) extra brut, da base 2018, dalla bella bollicina cremosa, floreale e fresco, e dalla giusta tensione. Le Fond du Bateau Chouilly N.14 (=2014) arriva da un lieu-dit contiguo a Le Mont Aigu e si piazza dritto-dritto tra i migliori assaggi del tour: agrumato e floreale, teso, minerale e sapido al sorso, bolla cremosa. Derriere Le Mont Aigu n.17 (=2017) ha invece toni più salmastri, sempre agrumato, giusto un pelo meno convincente al sorso rispetto al precedente, resta comunque un ottima bevuta.
Domaine Vincey
Si scende lungo la Cote ed approdiamo ad Oger. In realtà sembra che Oger insieme a Vertus siano stati soppressi e riuniti insieme ad altri nel comune di Blancs-Coteaux, va beh... un po' come se nelle Langhe eliminassero Castiglione Falletto e Serralunga per creare il comune di Marne Bianche. Contenti loro...
Rimaniamo tra i piccoli, circa 60mila bottiglie, ma la produzione e dimensione aziendale è un poco più grande, producono in biologico e vendono una parte delle basi a diverse aziende Bio (ce ne nominerà diverse), oltre che ospitare in azienda parte della produzione e attrezzature dell'adiacente Valentine Leflaive (io mi farei volentieri pagare l'affitto in casse di Montrachet...). Qui è ancora in uso il pressoir champenois, e qualche vigneto lo hanno anche nella Vallée de la Marne ed anche nell'Aube. Ovviamente quasi tutto esaurito e solo due assaggi. Molto buono Oger 2017, un poco scontroso appena stappato per poi equilibrarsi, frutta matura, di bella intensità ed energia, bollicina equilibrata, c'è polpa e freschezza. Meno convincente Interlude (da base 2016, esperimento con 2 anni sur lie in barrique) che dimostra l'affinamento con una bella baguette appena sfornata, però poco espressivo e meno incisivo al sorso, più rotondo.
Petit e Bajan
Siamo ad Avize ma le vigne sono dislocate anche nella montagne, a Verzy e Verzanay dove hanno ovviamente pinot noir, micro produttore da 20mila bottiglie, marchio nato solo nel 2009 riunendo i possedimenti di moglie e marito, hanno sede nel pieno centro del borgo e parte della nuovissima cantina, non potendo stare sotto terra è al primo piano... Si torna ad uno stile molto classico, con vini precisini e senza sbavature ma che sacrificano un po' il carattere, piacevoli ma parecchio sovraprezzati. Tanto per capirci a 25/30 euro li avrei comprati, ma a 40/50 franco cantina perdono nettamente nel confronto con praticamente tutti i vini del tour... peccato. Comunque Ambrosie Brut è già molto godibile ed equilibrato, Obsidienne brut (100%p.n.) concede poco al naso ma guadagna spessore al sorso, mentre Nymphea rosé è un classico rosato da produttore della Cote de Blancs dove il pinot nero serve solo a dare una leggera tonalità ed è tutto leggerezza e tensione.
Vignon Pere e Fils
Chiudiamo la giornata sulla Montagne, siamo a Verzenay, che ci viene descritta dal produttore come la zona più fredda e ventosa dell'intera Champagne, siamo ancora sulle 20mila bottiglie nonostante gli ettari siano 12. La sede è piccolissima, una piccola corte in mezzo al borgo, in un angolo è ancora in uso la postazione per la sboccatura à la volée e orgogliosamente ci dice che le barrique nascono dal legno del piccolo bosco di proprietà sulla Montagne. Il produttore è molto appassionato ci cibo e di abbinamenti, e sembra sapere il fatto suo, a tratti un filo troppo, ma devo dire che poi nel bicchiere praticamente tutti i vini gli daranno ragione. Per tutti i vini dosaggi molto bassi e tutti molto calibrati.
Piacevole senza strafare l'entrée de gamme Les Marquises extra brut (base 2017) speziato e fruttato con la classica mela, buon grip al sorso. Davvero non male il Rosé Les Vignes Goisses Brut Nature, color salmone, lampone al naso e bocca che non delude. Si sale di un bel gradino con il Blanc de Blancs Potences-Rochelles 2020, floreale e marino, intenso al sorso dove è cremoso ed agrumato. Il Blanc de Noirs Les Esperances regala un fruttato più maturo, elegante e fine al sorso, rigoroso, bella bevuta anche lui. Il Reserve du Marquis 2016, da un assemblaggio dei parcellari, è ancora giovane e da attendere, guadagna in equilibrio sacrificando forse un pelo di carattere. Grande sorpresa dal Coteaux Champenois Rouge 2020, da una singola barrique prodotta solo nella migliori annate, finalmente con una bocca di buon livello, equilibrata e dal tannino fine, naso sui fruttini rossi, un village della cote de nuits praticamente.
Qui comincio a capire perchè alla cieca io faccia sempre fatica a collocare con precisione la provenienza di uno Champagne... nel bicchiere il pinot noir della Montagne sud come Ambonnay o Bouzy sono spesso diametralmente opposti a quelli dei village della costa più a nord come Verzenay e dintorni...
Benoit Lahye
La mattina successiva siamo sempre in Montagne de Reims, ma in uno dei village Grand Cru con esposizione sud: Bouzy. Molto conosciuto in Italia, in realtà di bottiglie non ne fa molte, 40mila, e la gestione è ancora famigliare, ci accolgono marito e moglie in una saletta degustazione nel seminterrato di una graziosa casa di campagna. Le vigne sono principalmente a Bouzy e Ambonnay, qualche piccolo appezzamento si trova a Vertus e dintorni. Si parte già gran bene col Brut Nature, da base 2018 più ben il 40% di reserve perpetuelle, frutta matura, bolla cremosa e molto piacevole al sorso. Il Blanc de Noirs vive di contrasti tra il naso delicato, di confetto, e la bocca di spessore, fresco netto e pulito. Il Blanc de Blancs (dalla micro vecchia vigna di Vertus), floreale, ha però meno spinta ed energia al sorso e convince meno.
Grande vino e tra i migliori del tour il Violaine, da PN e CH in parti uguali, lo stile è sempre elegante e delicato al naso, teso e lungo al sorso con un bel ritorno di leggere ossidazioni. Interessante Le Jardin de la Grosse Pierre, antico vigneto con complantation dei 7 vitigni storici presenti in Champagne, molto floreale, sorso un poco più rustico dei compagni di gamma. Piacevole il Rosé de Maceration, colore tra il corallo e la buccia di cipolla, ribes al naso, sorso un pelo cortino. Si chiude col Bouzy Rouge 2018, che perde il confronto con quello della sera precedente ma visto anche il prezzo è ottima alternativa ad un buon Bourgogne regionale.

FOTO: Ambonnay pinot noir, vigne a Bouzy e l'imponente cattedrale di Reims.
J. Vesselle
Ci spostiamo poche centinaia di metri e l'ambiente cambia, ampia e moderna sala degustazione con ben due addette e assaggi a pagamento. Anche qui nome storico piuttosto conosciuto, numeri più alti con circa 150mila bottiglie, quasi la metà dello storico Oeil de Perdrix incredibilmente esaurito...
Interessante il confronto diretto tra Brut Reserve a 11g/l di zuccheri e la stessa identica cuvée declinata in Extra Brut a 2g/l, il primo facile, perfino rotondo, si rinvigorisce ed invece convince il secondo, per entrambi un naso fruttato e piacevole. Il brut prestige da base 2015 ha bolla più equilibrata e acquisisce note biscottate. Ottimo rapporto q/p il Rosé de Saignée Brut, dal colore deciso e carico, intensamente fruttato, c'è perfino un cenno di tannino al sorso dove è succoso e piacevole. pecca nella bolla grossolana, da 10 ettari in Aube.
Juillet-Lallement
Si ricambia versante ed approdiamo a Verzy dove questo piccolo produttore di soli 4 ettari ha vigne oltre che a Sillery. lo stile qui è tutto delicatezze, leggerezze ed equilibri. Fin troppo light il Blanc de Blancs, si migliora con l'equilibrato Brut Selection che contiene il 40% di vin de reserve. Il miglior assaggio della batteria arriverà dal Blanc de Noirs, da vigne di Sillery che secondo il vigneron dona vini molto femminili e così è nel bicchiere. Non male anche il Brut Rosé, da assemblage, colore scarico, agrumato di mandarino, bolla cremosa ed equilibrato al sorso.
Roger Manceaux
Penultima tappa a Rilly la Montagne, produttore di medie dimensioni direi, sulle 100mila bottiglie ed un ampia gamma per accontentare un po' tutti... forse troppo, e si finisce per avere prodotti piacevoli ma senza troppo carattere. Sceglieremo 4 etichette da assaggiare, partenza col brut nature fresco e facile, si va meglio col Blanc de Noirs dal naso di frutti rossi, bolla cremosa e sorso elegante. Il grand Reserve brut guadagna in lunghezza e pienezza ma il dosaggio lo arrotonda un poco, mentre il miglior assaggio arriverà dall'Heritage 2011, col passaggio in legno che si fa sentire un poco ma è una goduria per gli amanti delle ossidazioni, dal naso biscottato e di orzo, fondo di caffè, burro, e bocca tesa e lunga.
Non paghi di quanto assaggiato fin ora ci imbuchiamo perfino ad una piccola foire aux vins... Tra i produttori contattati c'era anche Gamet, che però ci comunica che purtroppo quel weekend non poteva fare visite perché sarebbe stata impegnata, avendo organizzato nel cortile della propria azienda una piccola manifestazione con giovani produttori di vino e birra, con foodtruck e musica, ma che quindi saremmo potuti passare di lì... potevamo declinare l'invito?
Di Gamet segnalo l'ottimo Rive Gauche, energico ed espressivo, più del rive droite che sulla carta dovrebbe avere dalla sua l'esposizione sud, misteri del vino. Tra i produttori presenti invece Le Sable Vert proponeva un Saumur blanc da secchiata acido-sapida a due lire ed un ottimo Poyeux, pepato e liquirizioso, di bella ricchezza al sorso. Interessanti anche i 3 Beaujolais di Jean Max provenienti da suoli granitici (Saint Germain, Saint Verand e un altro che non ricordo) fuori dagli schemi, profumati ma tesi, scheletrici e con un pelo di tannino. Confuse però le altre sue etichette.

tra i vari assaggi delle serate da segnalare oltre che al VO (anche se Selosse mi intriga meno che in passato, cambiato io? cambiato lui? o sarà l'effetto la volpe e l'uva visto i prezzi? chissà... comunque uno dei produttori del tour, in merito, ha esordito con un "c'est du Jura, c'est pas du Champagne"), ottimo il muscadet Gaia 2019 di Bretadeau, col melone bianco e la sua buccia al naso, al sorso tensione, sapidità e grassezza, gran bocca. Poi il Corbieres La Begou 2019 di Maxime Magnon, interessante per equilibrio al sorso, anche se poi canna col confusissimo rosso Rozeta. Il 1er cru di Marc Morey 2016 svolge il compitino, ha tutto quello che ci si aspetta e non sbaglia nulla, ma gli manca la grinta. Interessante Roc D'Anglade blanc 2017, con la pesca bianca, la spezia, leggero tannino a movimentare il sorso. Cahuape Symphonie de Novembre 2016 mi ha stupito, pensavo di trovarlo più leggero ed invece è completo e giustamente concentrato ma non troppo al sorso, miele di castagno, glicine e liquore alla pera williams al naso.
Gli ultimi citati bevuti al restaurant Le Foch a Reims, che convince nei piatti anche rapportati al prezzo, molto meno (ma almeno ci siamo fatti quattro risate) nel servizio.
PER CHI VOLESSE LEGGERSI LE PRECEDENTI PUNTATE:
https://bit.ly/3zpq9Qg (Volume 1 del 2013)
https://bit.ly/3NefPAu (Volume 2 del 2015)