vinogodi ha scritto:tenente Drogo ha scritto::(
per chi è amico di Armando su facebook, c'è un bellissimo ricordo, come solo lui sa scrivere
...penso di essere "amico" di lunga data di Armando, ma non sono sul Facebook . Puoi copiaincollare?
ecco qua
non credo che Armando si dispiaccia
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C’è questa cartolina della piazza di Volnay, con annullo postale del 1909: la ottenne il fototipista Coqueugniot, di Autun, che si dev’essere installato davanti alla chiesa del villaggio con il suo ingombrante catafalco fotografico.
Nell’impressione, una luce liquida cola sulle foglie di una quercia di fronte al portale; un ufficiale baffuto dell’Armée de Terre coi calzoni alla zuava sosta in posa plastica sul sagrato della chiesa di Saint Cyr e sembra attendere di poter espirare; venti passi avanti a lui, una donna con lo chignon tiene in braccio un pargolo agghindato di pizzi. In fondo, un uomo arriva in bicicletta, e un prete osserva la scena stando mezzo dentro alla porta laterale dell’edificio sacro. Una gallina libera scorrazza all’ombra delle basse case dello slargo, tutte con l’uscio aperto; in cima al campanile non c'è una croce, ma un gallo segnavento, che il capriccio dell’attimo ha rivolto precisamente in direzione della gallina. La foto, sgranata e priva di velleità artistiche, trasmette un senso di rurale semplicità, e il ritmo regolare e malinconico di esistenze sacrificate. Quella in cui si muove Marius Voillot a inizio Novecento, ecco, è una civiltà contadina, in cui la cosiddetta "arte della vinificazione" – come si dice oggi – è piuttosto un’attività di nobile, ma empirico, aleatorio artigianato.
Nel 1931 nasce suo figlio Joseph Voillot, che sarà l’uomo decisivo per le sorti del Domaine, perché del tocco di casualità di cui s’è detto cercherà per quanto possibile di fare a meno. Il ragazzo inizia a vinificare in cantina subito dopo la fine della guerra, e parte con la vendemmia del 1945, annata di gelate a maggio e di grandine a giugno, ma molto buona alla resa dei conti. Il padre Marius era stato per cinque anni prigioniero dei tedeschi, e la madre, impossibilitata a mandare avanti le vigne, le aveva concesse in affitto; c’era una società di mutuo soccorso che aiutava chi si trovasse in situazioni simili, e vi si fece ricorso.
“Nel 1945 ricavai vino per riempire 8 pièces – meno di 2.500 bottiglie - da 7 ettari di vigneto” mi racconta. “La mia famiglia aveva sempre usato solo il legno per le fermentazioni; io preferii l’acciaio inossidabile, cercando di dar luogo a una vinificazione più pulita e di risolvere il problema del controllo delle temperature, al cui innalzamento, nelle annate calde, non era facile per noi porre rimedio: i valori di acidità volatile salivano alle stelle, ed ancora oggi, assaggiando i vini di allora, questa caratteristica è evidente. Poi, nel 1954, mi comprai un trattore; in precedenza, qualsiasi operazione di vigna era stata fatta a forza di braccia, o con gli animali. In quegli anni iniziammo a imbottigliare e vendere con l’etichetta del Domaine. La parcella allo Champans era già da qualche anno disponibile: l'avevamo presa, inizialmente in “métoyage”, nel 1933, con un buon contratto, perché in quel punto lì ogni due anni c’era una gelata; e si andò avanti a questo ritmo almeno fino al 1960. Poi le gelate si diradarono, e io so perché: perché costruirono l'autostrada, che dista qualche chilometro, è vero, ma la cui sede stradale è in alcuni punti da sei a dieci metri sopra il livello del terreno, e ha cominciato a fermare l'umidità che arrivava dalla Saona, altri chilometri più a Est, e da noi il clima è cambiato. Abbiamo una vigna che si chiama Brouillards, le Nebbie, ma io le nebbie al Brouillards non me le ricordo da quando ero un ragazzo”.
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Ora, scusi se mi permetto, ma lei nello sguardo era ancora un ragazzo tre anni fa, e potrei provarglielo. Io comunque per non sbagliare mi levo il cappello, La saluto, e La ringrazio tanto. Ha visto poi? La foto che non volevano pubblicare alla fine l'hanno pubblicata. E non è vero che era una foto brutta come diceva quella tizia antipatica, perché si vedevano i calzini e una medicazione a un dito; per me era bellissima, anche su una rivista patinata, anzi, sa che Le dico? - forse è la foto più bella mai pubblicata lì.
Joseph Voillot, 1931-2014.
