l'oste ha scritto:Per me l'unico aspetto da elevare al rango di fattore principale del metodo è la bottiglia. Quella di quel momento e se c'è la conoscenza, il raffronto nella memoria delle precedenti uguali (e di diverse annate) bevute, nonchè l'esperienza con i pari zona/tipologia/annata di quella bottiglia.
Se poi, come affermi, la variabilità di giudizio nel tempo riguardi proprio il degustatore, e non il vino, che sia in forte misura una questione di esperienza, dato che l'esperienza è incontrovertibilmente soggetta al tempo e alle bevute, quindi relativa, sostieni anche tu in parte il relativismo empirico come lo intendo io, non certo come metodo assoluto, dato che l'assoluto oggettivo nel vino non dovrebbe esistere e il tempo è galantuomo (cit.Dedalus).
Ora, lo so mi aspettano dodici cartelle di risposta, ma ormai l'ho detto... Sorriso disarmante.
Comunque credo che nello specifico del VR '96 di Massolino, siano stati in molti a subirne un'infatuazione all'uscita, oltre che per il liquido in sè forse anche per altri motivi emotivi, non ultima la "nostalgia" per la fu Collina Rionda. Infatuazione che, per il momento (smentibile dal tempo) non trova riscontro empirico nell'evoluzione del vino.
Cercherò di essere invece breve, visto che di novità non credo se ne leggeranno troppe.
Se l'unico aspetto è la singola bottiglia, rimane pesante il quesito di Picard. Si può continuare a discutere di vino, così? Io dubito. Si può solo andare avanti a raccontarsi bevute, come fossero vini diversi. Serve? Sì, serve pure, ma forse sarebbe meglio spostarsi sul forum di
http://www.letteraturadintrattenimento.it. Lo stesso dissi a proposito della Guida ai Vini d'Italia del Gambero, che in un certo momento sembrava voler dare maggior importanza al contesto territoriale, a scapito della degustazione dei vini: Facciamo una guida turistica o una guida dei vini?
Quanto alla relatività dell'esperienza, certo che cambia nel tempo, come cambia nel tempo anche il vino, e come cambia da bottiglia a bottiglia, cioé in misura relativa: relatività alla seconda. Insomma, sono tutti fattori che vanno soppesati alla giusta potenza, e non farne dei totem o tabù a seconda dei casi. Bisogna capire se si va alla disperata ricerca di qualche fattore distorsivo che possa ammettere qualsiasi giudizio come legittimo, oppure se si vuole capire qualcosa dei diversi vini, pur visti dai diversi punti di vista. Per quanto mi riguarda io credo che la grossa differenza la faccia il passaggio dall'inesperienza dei primi passi alla solidità della conoscenza sistematica del vino e del territorio. La differenza di valutazione da 1 a 7 anni di esperienza me la aspetto enormemente più grande che fra 7 e 37.
Certo che ci sono state delle esagerazioni sul Vigna Rionda della nuova gestione. Ma come non tutti sono stati toccati dall'eccesso di critica nel momento di chiusura, non tutti sono stati toccati dall'eccesso di entusiasmo dei primi tempi. e guarda caso sono più o meno gli stessi degustatori.
Come alcuni si sono fermati all'interpretazione "di moda" di un vino come lo Chardonnay di Planeta, a cui nessuno beninteso chiede di reggere 10 anni, mentre altri hanno saputo vedere (e dire) che in quel bicchiere di vino c'era anche altro. Il tempo è galantuomo perché alla lunga si capisce quali opinioni fossero meglio calibrate. Non che alla distanza tutto si confonde con tutto, le rette parallele si toccano e gli opposti coincidono.
Sono stato lungo. E pure saputo.
Karma?
“La cultura è organizzazione, disciplina del proprio io interiore; è presa di possesso della propria personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere la propria funzione nella vita, i propri diritti e i propri doveri.”