Langhe - ristoranti con vecchie bottiglie

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Ludi
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Re: Langhe - ristoranti con vecchie bottiglie

Messaggioda Ludi » 19 gen 2020 14:49

montrachet61 ha scritto:Il Marsupino a Briaglia.




bellissime esperienze....in entrambe le mie visite mi sono davvero divertito con la cantina.
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ioenontu
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Re: Langhe - ristoranti con vecchie bottiglie

Messaggioda ioenontu » 20 gen 2020 11:10

grazie a tutti per le indicazioni, molto apprezzate!
al mio ritorno cercherò di raccontarvi la mia esperienza
Konstantin_Levin88
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Re: Langhe - ristoranti con vecchie bottiglie

Messaggioda Konstantin_Levin88 » 01 lug 2020 16:26

ZEL WINE ha scritto:
pipinello ha scritto:
ZEL WINE ha scritto:Insomma, i monfortino si trovano a meno in alcuni tristellati, a parte uma due referenze mi sembrano piuttosto alti.


Diciamo che ho incrociato i dati: zona Langhe + bottiglie anni 80 e 90, immagino a prezzi umani.
Ai cacciatori hanno annate anni 80 e 90 di Gaja, Ceretto e Gresy, a prezzi fra i 170 e 550 euro. Bevute buonissime a prezzi giusti, non siderali.
Piazza duomo di vecchio non ha una mazza; la Ciau ha il mondo ma ci vuole il portafoglio foderato d'amianto.

Monfo 04 bevuto alle calandre a 600€ marconi bo 500€, ecc ecc potrei fare altri esempi in cui quella carta risulta esosossima (PER ME) questo intendevo. La carta del duomo e’ imbarazzante quasi quanto la cucina. Ho indicato Ciau per la profondità e la vastità, non ho detto che e’ economico.


Riprendo questo vecchio argomento per raccontare di una pessima esperienza avuta di recente alla Ciau del Tornavento.
Due note sulla cucina: ottime materie prime, poche idee, zero innovazione, in qualche piatto tendenza alla pesantezza (dalla fassona impanata nei grissini imbevuta d'olio ai ravioli di gallina con fois gras e marsala eccessivamente unti... il dolce sbagliato... ma non è questo il punto).
La tesi, in sintesi: il Servizio in generale, e in particolare tutto ciò che riguarda il vino in quel ristorante è una palese manifestazione di scarsa professionalità, incompetenza, superficialità, sfoggio senza contenuto e, probabilmente, propensione a fregare il cliente.
Carta dei vini da scaricare su smartphone tramite QR code (se non hai l'app di lettura, la devi scaricare... se no ti attacchi...). Apparentemente molto lunga, in realtà molto disomogenea e lacunosa anche solo restando in Langa: profonda sui barolo o barbaresco di pochi produttori, con netto sbilanciamento sui modernisti (una pagina e mezza di Conterno-Fantino, per dire), pochissimi i Langhe nebbiolo (o nebbiolo d'Alba) in carta. Nomi à la page nei ruggenti anni novanta, in linea con lo stile del locale. Scarsissima ricerca, pochissimo gusto contemporaneo. Ne prendo atto.
Siamo in due, mia moglie non beve. Chiedo se hanno un servizio al calice (non menzionato nella carta dei vini). Il sommelier mi dice di sì... ok, gli dico: per quali vini si può avere? "Tutti!" Mi dice. Io chiedo se ho capito bene. "Beh, certo, se mi chiede un Monfortino dell'85 non posso...", "no, certo... ma per vini di prezzo medio presenti in carta posso chiedere un calice?" "Certo, abbiamo un discreto giro al bicchiere, lei mi dice e io apro. Allora, vogliamo iniziare con un bel barolo o con un barbaresco?". Gli faccio notare che essendo i primi due piatti del nostro menu a base di gamberi e vitello tonnato, forse avrei atteso l'arrivo del primo per accostare simili vini. Lui, scocciato, non fa altre proposte e mi dice di avvertirlo quando avrei voluto bere qualcosa.
Arriva il primo. Gli chiedo un barbaresco. Per non sbagliare, gli indico tre nomi di produttori: Colla, Castello di Neive e Sottimano, indicando di questi qualche annata matura: tutto presente in carta, ovviamente. "Ho capito i suoi gusti. Se mi permette, la vorrei stupire con qualcosa che magari non conosce". Piciu io a dire di sì, furbo lui a rifilarmi il 2016 di un produttore minore di Treiso (F.lli Grasso) che aveva già aperto da far andare e che si è rivelato vino assolutamente trascurabile. E già mi giravano...
Arriva il secondo: chiedo un altro calice "allora, andiamo di barolo?" "E un po' di bamba?" Volevo chiedergli...Manco fossimo in corso Como a Milano... Ci riprovo: tre nomi, presi dalla carta, perché già avevo il sentore che , forse, dalla carta alla cantina qualcosa cambiava... Riprovo col Bussia di Colla, il Brunate di Marcarini e il Sarmassa di Scarzello ( praticamente gli unici tradizionalisti ad eccezione di Rinaldi, i due Mascarello, Conterno e Giacosa). Chiedo nuovamente un'annata un po' matura, senza specificare per non mettere in ulteriore difficoltà. Chiedo, soprattutto, di avvertirmi qualora quelle bottiglie non fossero disponibili. "Assolutamente ". Arriva poco dopo con un'etichetta di colore sgargiante, un po' coperta dalla mano, ma che mi fa venire in mente "brunate". "Brunate del 2009, va bene?" Benissimo, grazie. Lo versa e se ne va. Lo guardo e penso: accidenti, non bevo Marcarini da un po' ma come si è fatto scuro nel colore! Lo assaggio e ho una folgorazione: mi ha fottuto. Era un brunate del 2009 con etichetta sgargiante, sì, ma arancione, non dorata come avrebbe dovuto essere. Etichetta arancione: è il brunate di Mario Marengo. Lo richiamo, gli faccio capire che non sono scemo, lui si arrampica sui vetri "eh, accidenti, li confondo sempre", mi dice, lui. Il sommelier della Ciau del Tornavento. Una Stella Michelin in Langa.
Sommelier che non ha saputo dire mezza parola sui vini che ci ha servito, che non ha saputo proporre un abbinamento minimamente sensato, e che mi ha preso in giro sperando che non me ne accorgessi.
Vino per la cronaca pesante, dal fruttone surmaturo, come ricordavo fosse il 2009 di Marengo.
Mi giravano abbastanza, ma per fortuna nella vita le cose importanti sono altre e non avevo voglia di fare piazzate.
Ultima chicca: il giro in cantina per ammirare questa specie di grotta di Aladino. Bottiglie tutte in bella vista, selezione patinata, più da investitore che da ristoratore appassionato. Ah, nessuna traccia dei vini che avevo chiesto, ribadisco: tutti presenti in carta.
È la quarta volta per me alla Ciau. L'ultima volta era stato cinque anni fa ed era tutta un'altra cosa: oggi la deriva commerciale è imbarazzante. La percezione è quella di un'arroganza pacchiana, totalmente anacronistico anche rispetto a ciò che cerca oggi il turista enogastronomico che viene in Langa. Molto distante da quei requisiti minimi di finezza, serietà, professionalità che dovrebbe avere uno stellato nel 2020.
Mi auguro che gli venga tolta la Stella, per il bene dell'immagine della ristorazione langarola.
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Re: Langhe - ristoranti con vecchie bottiglie

Messaggioda vinogodi » 01 lug 2020 16:51

...mi ci fiondo... 8)
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Re: Langhe - ristoranti con vecchie bottiglie

Messaggioda Kalosartipos » 01 lug 2020 16:56

Konstantin_Levin88 ha scritto:Mi auguro che gli venga tolta la Stella, per il bene dell'immagine della ristorazione langarola.

E pure due frustate al sommelier.. :mrgreen:
"La vita è breve e bisogna che uno se la beva tutta".
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Re: Langhe - ristoranti con vecchie bottiglie

Messaggioda giodiui » 01 lug 2020 17:01

Konstantin_Levin88 ha scritto:
ZEL WINE ha scritto:
pipinello ha scritto:
ZEL WINE ha scritto:Insomma, i monfortino si trovano a meno in alcuni tristellati, a parte uma due referenze mi sembrano piuttosto alti.


Diciamo che ho incrociato i dati: zona Langhe + bottiglie anni 80 e 90, immagino a prezzi umani.
Ai cacciatori hanno annate anni 80 e 90 di Gaja, Ceretto e Gresy, a prezzi fra i 170 e 550 euro. Bevute buonissime a prezzi giusti, non siderali.
Piazza duomo di vecchio non ha una mazza; la Ciau ha il mondo ma ci vuole il portafoglio foderato d'amianto.

Monfo 04 bevuto alle calandre a 600€ marconi bo 500€, ecc ecc potrei fare altri esempi in cui quella carta risulta esosossima (PER ME) questo intendevo. La carta del duomo e’ imbarazzante quasi quanto la cucina. Ho indicato Ciau per la profondità e la vastità, non ho detto che e’ economico.


Riprendo questo vecchio argomento per raccontare di una pessima esperienza avuta di recente alla Ciau del Tornavento.
Due note sulla cucina: ottime materie prime, poche idee, zero innovazione, in qualche piatto tendenza alla pesantezza (dalla fassona impanata nei grissini imbevuta d'olio ai ravioli di gallina con fois gras e marsala eccessivamente unti... il dolce sbagliato... ma non è questo il punto).
La tesi, in sintesi: il Servizio in generale, e in particolare tutto ciò che riguarda il vino in quel ristorante è una palese manifestazione di scarsa professionalità, incompetenza, superficialità, sfoggio senza contenuto e, probabilmente, propensione a fregare il cliente.
Carta dei vini da scaricare su smartphone tramite QR code (se non hai l'app di lettura, la devi scaricare... se no ti attacchi...). Apparentemente molto lunga, in realtà molto disomogenea e lacunosa anche solo restando in Langa: profonda sui barolo o barbaresco di pochi produttori, con netto sbilanciamento sui modernisti (una pagina e mezza di Conterno-Fantino, per dire), pochissimi i Langhe nebbiolo (o nebbiolo d'Alba) in carta. Nomi à la page nei ruggenti anni novanta, in linea con lo stile del locale. Scarsissima ricerca, pochissimo gusto contemporaneo. Ne prendo atto.
Siamo in due, mia moglie non beve. Chiedo se hanno un servizio al calice (non menzionato nella carta dei vini). Il sommelier mi dice di sì... ok, gli dico: per quali vini si può avere? "Tutti!" Mi dice. Io chiedo se ho capito bene. "Beh, certo, se mi chiede un Monfortino dell'85 non posso...", "no, certo... ma per vini di prezzo medio presenti in carta posso chiedere un calice?" "Certo, abbiamo un discreto giro al bicchiere, lei mi dice e io apro. Allora, vogliamo iniziare con un bel barolo o con un barbaresco?". Gli faccio notare che essendo i primi due piatti del nostro menu a base di gamberi e vitello tonnato, forse avrei atteso l'arrivo del primo per accostare simili vini. Lui, scocciato, non fa altre proposte e mi dice di avvertirlo quando avrei voluto bere qualcosa.
Arriva il primo. Gli chiedo un barbaresco. Per non sbagliare, gli indico tre nomi di produttori: Colla, Castello di Neive e Sottimano, indicando di questi qualche annata matura: tutto presente in carta, ovviamente. "Ho capito i suoi gusti. Se mi permette, la vorrei stupire con qualcosa che magari non conosce". Piciu io a dire di sì, furbo lui a rifilarmi il 2016 di un produttore minore di Treiso (F.lli Grasso) che aveva già aperto da far andare e che si è rivelato vino assolutamente trascurabile. E già mi giravano...
Arriva il secondo: chiedo un altro calice "allora, andiamo di barolo?" "E un po' di bamba?" Volevo chiedergli...Manco fossimo in corso Como a Milano... Ci riprovo: tre nomi, presi dalla carta, perché già avevo il sentore che , forse, dalla carta alla cantina qualcosa cambiava... Riprovo col Bussia di Colla, il Brunate di Marcarini e il Sarmassa di Scarzello ( praticamente gli unici tradizionalisti ad eccezione di Rinaldi, i due Mascarello, Conterno e Giacosa). Chiedo nuovamente un'annata un po' matura, senza specificare per non mettere in ulteriore difficoltà. Chiedo, soprattutto, di avvertirmi qualora quelle bottiglie non fossero disponibili. "Assolutamente ". Arriva poco dopo con un'etichetta di colore sgargiante, un po' coperta dalla mano, ma che mi fa venire in mente "brunate". "Brunate del 2009, va bene?" Benissimo, grazie. Lo versa e se ne va. Lo guardo e penso: accidenti, non bevo Marcarini da un po' ma come si è fatto scuro nel colore! Lo assaggio e ho una folgorazione: mi ha fottuto. Era un brunate del 2009 con etichetta sgargiante, sì, ma arancione, non dorata come avrebbe dovuto essere. Etichetta arancione: è il brunate di Mario Marengo. Lo richiamo, gli faccio capire che non sono scemo, lui si arrampica sui vetri "eh, accidenti, li confondo sempre", mi dice, lui. Il sommelier della Ciau del Tornavento. Una Stella Michelin in Langa.
Sommelier che non ha saputo dire mezza parola sui vini che ci ha servito, che non ha saputo proporre un abbinamento minimamente sensato, e che mi ha preso in giro sperando che non me ne accorgessi.
Vino per la cronaca pesante, dal fruttone surmaturo, come ricordavo fosse il 2009 di Marengo.
Mi giravano abbastanza, ma per fortuna nella vita le cose importanti sono altre e non avevo voglia di fare piazzate.
Ultima chicca: il giro in cantina per ammirare questa specie di grotta di Aladino. Bottiglie tutte in bella vista, selezione patinata, più da investitore che da ristoratore appassionato. Ah, nessuna traccia dei vini che avevo chiesto, ribadisco: tutti presenti in carta.
È la quarta volta per me alla Ciau. L'ultima volta era stato cinque anni fa ed era tutta un'altra cosa: oggi la deriva commerciale è imbarazzante. La percezione è quella di un'arroganza pacchiana, totalmente anacronistico anche rispetto a ciò che cerca oggi il turista enogastronomico che viene in Langa. Molto distante da quei requisiti minimi di finezza, serietà, professionalità che dovrebbe avere uno stellato nel 2020.
Mi auguro che gli venga tolta la Stella, per il bene dell'immagine della ristorazione langarola.


Io ci sono stato due anni fa, il commento mio e di mia moglie è stato: ristorante da calciatori e veline.
Indimenticabile solo il plateau enorme di tartufo il cui profumo inondava la sala. Ma per il resto il contrario dell'autenticità di Langa.
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bobbisolo
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Re: Langhe - ristoranti con vecchie bottiglie

Messaggioda bobbisolo » 01 lug 2020 17:41

Konstantin_Levin88 ha scritto:Arriva il secondo: chiedo un altro calice "allora, andiamo di barolo?" "E un po' di bamba?" Volevo chiedergli...Manco fossimo in corso Como a Milano...


mi dispiace per l'esperienza... però mi hai fatto piegare in 4 dalle risate :lol: :lol:
maxer
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Re: Langhe - ristoranti con vecchie bottiglie

Messaggioda maxer » 01 lug 2020 19:30

..... così, ad occhio, percepisco che il tuo amore per la Toscana sia, se possibile, ancora di molto aumentato .....
carpe diem 8)
pstrada75
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Re: Langhe - ristoranti con vecchie bottiglie

Messaggioda pstrada75 » 01 lug 2020 21:22

Konstantin_Levin88 ha scritto:
ZEL WINE ha scritto:
pipinello ha scritto:
ZEL WINE ha scritto:Insomma, i monfortino si trovano a meno in alcuni tristellati, a parte uma due referenze mi sembrano piuttosto alti.


Diciamo che ho incrociato i dati: zona Langhe + bottiglie anni 80 e 90, immagino a prezzi umani.
Ai cacciatori hanno annate anni 80 e 90 di Gaja, Ceretto e Gresy, a prezzi fra i 170 e 550 euro. Bevute buonissime a prezzi giusti, non siderali.
Piazza duomo di vecchio non ha una mazza; la Ciau ha il mondo ma ci vuole il portafoglio foderato d'amianto.

Monfo 04 bevuto alle calandre a 600€ marconi bo 500€, ecc ecc potrei fare altri esempi in cui quella carta risulta esosossima (PER ME) questo intendevo. La carta del duomo e’ imbarazzante quasi quanto la cucina. Ho indicato Ciau per la profondità e la vastità, non ho detto che e’ economico.


Riprendo questo vecchio argomento per raccontare di una pessima esperienza avuta di recente alla Ciau del Tornavento.
Due note sulla cucina: ottime materie prime, poche idee, zero innovazione, in qualche piatto tendenza alla pesantezza (dalla fassona impanata nei grissini imbevuta d'olio ai ravioli di gallina con fois gras e marsala eccessivamente unti... il dolce sbagliato... ma non è questo il punto).
La tesi, in sintesi: il Servizio in generale, e in particolare tutto ciò che riguarda il vino in quel ristorante è una palese manifestazione di scarsa professionalità, incompetenza, superficialità, sfoggio senza contenuto e, probabilmente, propensione a fregare il cliente.
Carta dei vini da scaricare su smartphone tramite QR code (se non hai l'app di lettura, la devi scaricare... se no ti attacchi...). Apparentemente molto lunga, in realtà molto disomogenea e lacunosa anche solo restando in Langa: profonda sui barolo o barbaresco di pochi produttori, con netto sbilanciamento sui modernisti (una pagina e mezza di Conterno-Fantino, per dire), pochissimi i Langhe nebbiolo (o nebbiolo d'Alba) in carta. Nomi à la page nei ruggenti anni novanta, in linea con lo stile del locale. Scarsissima ricerca, pochissimo gusto contemporaneo. Ne prendo atto.
Siamo in due, mia moglie non beve. Chiedo se hanno un servizio al calice (non menzionato nella carta dei vini). Il sommelier mi dice di sì... ok, gli dico: per quali vini si può avere? "Tutti!" Mi dice. Io chiedo se ho capito bene. "Beh, certo, se mi chiede un Monfortino dell'85 non posso...", "no, certo... ma per vini di prezzo medio presenti in carta posso chiedere un calice?" "Certo, abbiamo un discreto giro al bicchiere, lei mi dice e io apro. Allora, vogliamo iniziare con un bel barolo o con un barbaresco?". Gli faccio notare che essendo i primi due piatti del nostro menu a base di gamberi e vitello tonnato, forse avrei atteso l'arrivo del primo per accostare simili vini. Lui, scocciato, non fa altre proposte e mi dice di avvertirlo quando avrei voluto bere qualcosa.
Arriva il primo. Gli chiedo un barbaresco. Per non sbagliare, gli indico tre nomi di produttori: Colla, Castello di Neive e Sottimano, indicando di questi qualche annata matura: tutto presente in carta, ovviamente. "Ho capito i suoi gusti. Se mi permette, la vorrei stupire con qualcosa che magari non conosce". Piciu io a dire di sì, furbo lui a rifilarmi il 2016 di un produttore minore di Treiso (F.lli Grasso) che aveva già aperto da far andare e che si è rivelato vino assolutamente trascurabile. E già mi giravano...
Arriva il secondo: chiedo un altro calice "allora, andiamo di barolo?" "E un po' di bamba?" Volevo chiedergli...Manco fossimo in corso Como a Milano... Ci riprovo: tre nomi, presi dalla carta, perché già avevo il sentore che , forse, dalla carta alla cantina qualcosa cambiava... Riprovo col Bussia di Colla, il Brunate di Marcarini e il Sarmassa di Scarzello ( praticamente gli unici tradizionalisti ad eccezione di Rinaldi, i due Mascarello, Conterno e Giacosa). Chiedo nuovamente un'annata un po' matura, senza specificare per non mettere in ulteriore difficoltà. Chiedo, soprattutto, di avvertirmi qualora quelle bottiglie non fossero disponibili. "Assolutamente ". Arriva poco dopo con un'etichetta di colore sgargiante, un po' coperta dalla mano, ma che mi fa venire in mente "brunate". "Brunate del 2009, va bene?" Benissimo, grazie. Lo versa e se ne va. Lo guardo e penso: accidenti, non bevo Marcarini da un po' ma come si è fatto scuro nel colore! Lo assaggio e ho una folgorazione: mi ha fottuto. Era un brunate del 2009 con etichetta sgargiante, sì, ma arancione, non dorata come avrebbe dovuto essere. Etichetta arancione: è il brunate di Mario Marengo. Lo richiamo, gli faccio capire che non sono scemo, lui si arrampica sui vetri "eh, accidenti, li confondo sempre", mi dice, lui. Il sommelier della Ciau del Tornavento. Una Stella Michelin in Langa.
Sommelier che non ha saputo dire mezza parola sui vini che ci ha servito, che non ha saputo proporre un abbinamento minimamente sensato, e che mi ha preso in giro sperando che non me ne accorgessi.
Vino per la cronaca pesante, dal fruttone surmaturo, come ricordavo fosse il 2009 di Marengo.
Mi giravano abbastanza, ma per fortuna nella vita le cose importanti sono altre e non avevo voglia di fare piazzate.
Ultima chicca: il giro in cantina per ammirare questa specie di grotta di Aladino. Bottiglie tutte in bella vista, selezione patinata, più da investitore che da ristoratore appassionato. Ah, nessuna traccia dei vini che avevo chiesto, ribadisco: tutti presenti in carta.
È la quarta volta per me alla Ciau. L'ultima volta era stato cinque anni fa ed era tutta un'altra cosa: oggi la deriva commerciale è imbarazzante. La percezione è quella di un'arroganza pacchiana, totalmente anacronistico anche rispetto a ciò che cerca oggi il turista enogastronomico che viene in Langa. Molto distante da quei requisiti minimi di finezza, serietà, professionalità che dovrebbe avere uno stellato nel 2020.
Mi auguro che gli venga tolta la Stella, per il bene dell'immagine della ristorazione langarola.


Mamma mia come mi ci trovo in quanto hai scritto. Ci ero stato la prima volta nel 2005 ed era stata un’esperienza ottima ed assolutamente appagante. Tornato un paio di anni fa e tutte le sensazioni che hai descritto tu le ho provate pure io...ci ho messo su una croce enorme. Peccato perché una volta era un indirizzo veramente valido....
Konstantin_Levin88
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Re: Langhe - ristoranti con vecchie bottiglie

Messaggioda Konstantin_Levin88 » 01 lug 2020 22:20

maxer ha scritto:..... così, ad occhio, percepisco che il tuo amore per la Toscana sia, se possibile, ancora di molto aumentato .....

No, anzi.
Giusto per risponderti: alla Langa ci sono affezionato (e poi un po' la disprezzo, nel modo in cui si ama e si odia casa propria).
Ma ci sono difetti di noi piemontesi che son disposto ad accettare: quello di essere dei "bugia nen" come vuole la tradizione, quelli del "sì è sempre fatto così". Quelli incapaci di sognare, di andare al di là del seminato. Dei concretoni, praticoni, privi di animo poetico e di fantasia e a disagio nelle questioni sentimentali.
Questo lo posso accettare. E posso accettare che in Toscana abbiano saputo in qualche caso guardare più in là, e che forse, almeno in una fascia media e medio-alta, i loro sangiovese siano più goduriosi dei nostri nebbiolo.
Quello che NON posso accettare, e mi fa incazzare alquanto, è che quello che era un baluardo della cucina "alta" di Langa, una delle mete cardine di chi voleva assaggiare i nostri piatti, si sia trasformato in una specie di ibrido tra la gintoneria di Lacerenza e una tavola calda acchiappaturisti di fianco al Colosseo.
Ma in fondo, pecunia non olet e la Ciau macina coperti su coperti tutto l'anno... per cui, han ragione loro. In fondo anche Briatore è di Cuneo e forse, dietro a quella falsa modestia, a quell'aria sorniona, sempre pronta a commiserarsi, a quella bonaria mediocrità di noi cuneesi, si nasconde un animo rapace, sbarcato, grandioso e con pochi scrupoli, che vede il soldo e null'altro.
Senza divagare: sei la Ciau, sei Maurilio Garola, sei a Treiso, ti vanti di avere la cantina delle meraviglie e scegli quel sommelier, quel tipo di servizio, quel tipo di offerta dei vini? Allora fai fare una figuraccia a tutti, non solo al tuo locale.
Sono un piemontese atipico, lo so. Ma il sangiovese m'ha stregato.
montrachet61
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Re: Langhe - ristoranti con vecchie bottiglie

Messaggioda montrachet61 » 01 lug 2020 23:15

Ristorante inutile....ci sono stato tre volte (su invito altrui) e non ci andro’ una quarta.
Fossero almeno in grado di fare UN piatto semplice della tradizione langarola e farlo bene...neanche quello.
Timoteo
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Iscritto il: 04 ott 2009 15:57

Re: Langhe - ristoranti con vecchie bottiglie

Messaggioda Timoteo » 01 lug 2020 23:54

Konstantin_Levin88 ha scritto:
ZEL WINE ha scritto:
pipinello ha scritto:
ZEL WINE ha scritto:Insomma, i monfortino si trovano a meno in alcuni tristellati, a parte uma due referenze mi sembrano piuttosto alti.


Diciamo che ho incrociato i dati: zona Langhe + bottiglie anni 80 e 90, immagino a prezzi umani.
Ai cacciatori hanno annate anni 80 e 90 di Gaja, Ceretto e Gresy, a prezzi fra i 170 e 550 euro. Bevute buonissime a prezzi giusti, non siderali.
Piazza duomo di vecchio non ha una mazza; la Ciau ha il mondo ma ci vuole il portafoglio foderato d'amianto.

Monfo 04 bevuto alle calandre a 600€ marconi bo 500€, ecc ecc potrei fare altri esempi in cui quella carta risulta esosossima (PER ME) questo intendevo. La carta del duomo e’ imbarazzante quasi quanto la cucina. Ho indicato Ciau per la profondità e la vastità, non ho detto che e’ economico.


Riprendo questo vecchio argomento per raccontare di una pessima esperienza avuta di recente alla Ciau del Tornavento.
Due note sulla cucina: ottime materie prime, poche idee, zero innovazione, in qualche piatto tendenza alla pesantezza (dalla fassona impanata nei grissini imbevuta d'olio ai ravioli di gallina con fois gras e marsala eccessivamente unti... il dolce sbagliato... ma non è questo il punto).
La tesi, in sintesi: il Servizio in generale, e in particolare tutto ciò che riguarda il vino in quel ristorante è una palese manifestazione di scarsa professionalità, incompetenza, superficialità, sfoggio senza contenuto e, probabilmente, propensione a fregare il cliente.
Carta dei vini da scaricare su smartphone tramite QR code (se non hai l'app di lettura, la devi scaricare... se no ti attacchi...). Apparentemente molto lunga, in realtà molto disomogenea e lacunosa anche solo restando in Langa: profonda sui barolo o barbaresco di pochi produttori, con netto sbilanciamento sui modernisti (una pagina e mezza di Conterno-Fantino, per dire), pochissimi i Langhe nebbiolo (o nebbiolo d'Alba) in carta. Nomi à la page nei ruggenti anni novanta, in linea con lo stile del locale. Scarsissima ricerca, pochissimo gusto contemporaneo. Ne prendo atto.
Siamo in due, mia moglie non beve. Chiedo se hanno un servizio al calice (non menzionato nella carta dei vini). Il sommelier mi dice di sì... ok, gli dico: per quali vini si può avere? "Tutti!" Mi dice. Io chiedo se ho capito bene. "Beh, certo, se mi chiede un Monfortino dell'85 non posso...", "no, certo... ma per vini di prezzo medio presenti in carta posso chiedere un calice?" "Certo, abbiamo un discreto giro al bicchiere, lei mi dice e io apro. Allora, vogliamo iniziare con un bel barolo o con un barbaresco?". Gli faccio notare che essendo i primi due piatti del nostro menu a base di gamberi e vitello tonnato, forse avrei atteso l'arrivo del primo per accostare simili vini. Lui, scocciato, non fa altre proposte e mi dice di avvertirlo quando avrei voluto bere qualcosa.
Arriva il primo. Gli chiedo un barbaresco. Per non sbagliare, gli indico tre nomi di produttori: Colla, Castello di Neive e Sottimano, indicando di questi qualche annata matura: tutto presente in carta, ovviamente. "Ho capito i suoi gusti. Se mi permette, la vorrei stupire con qualcosa che magari non conosce". Piciu io a dire di sì, furbo lui a rifilarmi il 2016 di un produttore minore di Treiso (F.lli Grasso) che aveva già aperto da far andare e che si è rivelato vino assolutamente trascurabile. E già mi giravano...
Arriva il secondo: chiedo un altro calice "allora, andiamo di barolo?" "E un po' di bamba?" Volevo chiedergli...Manco fossimo in corso Como a Milano... Ci riprovo: tre nomi, presi dalla carta, perché già avevo il sentore che , forse, dalla carta alla cantina qualcosa cambiava... Riprovo col Bussia di Colla, il Brunate di Marcarini e il Sarmassa di Scarzello ( praticamente gli unici tradizionalisti ad eccezione di Rinaldi, i due Mascarello, Conterno e Giacosa). Chiedo nuovamente un'annata un po' matura, senza specificare per non mettere in ulteriore difficoltà. Chiedo, soprattutto, di avvertirmi qualora quelle bottiglie non fossero disponibili. "Assolutamente ". Arriva poco dopo con un'etichetta di colore sgargiante, un po' coperta dalla mano, ma che mi fa venire in mente "brunate". "Brunate del 2009, va bene?" Benissimo, grazie. Lo versa e se ne va. Lo guardo e penso: accidenti, non bevo Marcarini da un po' ma come si è fatto scuro nel colore! Lo assaggio e ho una folgorazione: mi ha fottuto. Era un brunate del 2009 con etichetta sgargiante, sì, ma arancione, non dorata come avrebbe dovuto essere. Etichetta arancione: è il brunate di Mario Marengo. Lo richiamo, gli faccio capire che non sono scemo, lui si arrampica sui vetri "eh, accidenti, li confondo sempre", mi dice, lui. Il sommelier della Ciau del Tornavento. Una Stella Michelin in Langa.
Sommelier che non ha saputo dire mezza parola sui vini che ci ha servito, che non ha saputo proporre un abbinamento minimamente sensato, e che mi ha preso in giro sperando che non me ne accorgessi.
Vino per la cronaca pesante, dal fruttone surmaturo, come ricordavo fosse il 2009 di Marengo.
Mi giravano abbastanza, ma per fortuna nella vita le cose importanti sono altre e non avevo voglia di fare piazzate.
Ultima chicca: il giro in cantina per ammirare questa specie di grotta di Aladino. Bottiglie tutte in bella vista, selezione patinata, più da investitore che da ristoratore appassionato. Ah, nessuna traccia dei vini che avevo chiesto, ribadisco: tutti presenti in carta.
È la quarta volta per me alla Ciau. L'ultima volta era stato cinque anni fa ed era tutta un'altra cosa: oggi la deriva commerciale è imbarazzante. La percezione è quella di un'arroganza pacchiana, totalmente anacronistico anche rispetto a ciò che cerca oggi il turista enogastronomico che viene in Langa. Molto distante da quei requisiti minimi di finezza, serietà, professionalità che dovrebbe avere uno stellato nel 2020.
Mi auguro che gli venga tolta la Stella, per il bene dell'immagine della ristorazione langarola.


Se mi posso permettere questo sarebbe il modo di fruire del forum, secondo me.
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Così magari non predi sòle.
Sperando non appaia il tronfio borioso che dice che "all'antica pesa invece si mangia bene." (è solo un vecchio esempio)
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gianni femminella
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Re: Langhe - ristoranti con vecchie bottiglie

Messaggioda gianni femminella » 02 lug 2020 06:41

Konstantin_Levin88 ha scritto:
maxer ha scritto:..... così, ad occhio, percepisco che il tuo amore per la Toscana sia, se possibile, ancora di molto aumentato .....

posso accettare che in Toscana abbiano saputo in qualche caso guardare più in là, e che forse, almeno in una fascia media e medio-alta, i loro sangiovese siano più goduriosi dei nostri nebbiolo.


Prendi e porta a casa Max :D
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Re: Langhe - ristoranti con vecchie bottiglie

Messaggioda maxer » 02 lug 2020 17:27

gianni femminella ha scritto:
Konstantin_Levin88 ha scritto:
maxer ha scritto:..... così, ad occhio, percepisco che il tuo amore per la Toscana sia, se possibile, ancora di molto aumentato .....

posso accettare che in Toscana abbiano saputo in qualche caso guardare più in là, e che forse, almeno in una fascia media e medio-alta, i loro sangiovese siano più goduriosi dei nostri nebbiolo.


Prendi e porta a casa Max :D

..... mmmbbbéééhhh ? ? ?

Così parlò Zarathustra ? ? ? ..... 8)

Comunque, assoluta vicinanza all' amico cuneese 'Zarathustra' ( :wink: ) per quanto riguarda lo spiacevole singolo episodio vissuto e così ben descritto, sintomo di una mentalità predatoria e di incompetenza che sta investendo anche la Langa

Del resto, devo dire che a me è capitato già anni fa a Panzano di acquistare (e di pagare ... !) con troppa ingenua fiducia in una delle macellerie ormai più famose al mondo, delle bistecche con la scritta "di razza chianina" in bella evidenza nell' espositore e spacciate anche a voce come tali, che successivamente ho scoperto, rileggendo con calma al ritorno a casa l' etichetta, essere state importate dalla Francia :evil:

E nemmeno dalla Champagne o dalla Borgogna (ché almeno teoricamente avrei goduto un pochetto) ..... :mrgreen:

"Tutto il mondo è paese" (disse Orietta Berti nel '75)
Sull' argomento, trito e ritrito, fascia media e medio-alta, per non parlare dell' alta, non c' è discussione : Nebbiolo (e Pelaverga, per ora, ante 2019) forever !
:D :wink: :D
carpe diem 8)

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