Interessante serata didattica incentrata sul barbaresco 2004, accompagnata come sempre dalla calda accoglienza di Andrea Bini della Porta Accanto. I vini sono stati bevuti alla cieca (io ero l'unico a conoscere tutte le bottiglie) ed è probabilmente per questo che i (pre)giudizi della vigilia sono andati in parte disattesi. Mi ero prefigurato un podio composto da Cortese, Roagna, Castello di Neive, ma l'esito è stato sorprendentemente sovvertito.
Vincitore della serata è stato il
Brich Ronchi di Albino Rocca. Una convincente declinazione di barbaresco, aderente al territorio, mentolato, con rintocchi agrumati a fare capolino, in bocca è succoso, di acidità viva, frutto estratto di spessore, equilibrato e di facile beva, insomma un bel barbaresco con tannino nobile al giusto stato d'integrazione.
Delusione
Roagna: Paje aperto oltre 2 ore prima e abbondantemente scolmato in un bicchiere, tuttavia non si è liberato dalle puzzette rurali che a volte tracciano il profilo olfattivo dei suoi vini. Solo in sottofondo sentori di radice e rabarbaro, terra e resina, ma parecchio sottotraccia. Forse una scaraffatura totale questa volta avrebbe pulito il vino. Bocca un po’ scomposta, amaricante, con un tannino verde in preminenza, tannino non da legno, ma probabilmente derivante dalle lunghe macerazioni sulle fecce (la butto lì, chissà se per il Pajè la diraspatura avvenga in toto…). La sensazione è di un vino bio, prodotto rigorosamente con tecniche tradizionali che renderanno il prodotto longevo nei lustri ma che nei primi anni di vita ne inficiano, a mio parere, la godibilità. O forse sono incappato in un "giorno Radice"?
Ho dovuto abbandonare qualche pregiudizio sul
Vanotu di Pelissero, un barbaresco moderno con juicio; forse il naso migliore della serata con elementi floreali in primo piano (rosa, viola), in bocca il tannino ha grip ma non sovrasta il frutto, armonico nel complesso. Dopo Rocca, il migliore.
Spiace dover constare la performance declinante della
riserva S. Stefano del Castello di Neive che, bevuto al vinitaly mi aveva positivamente impressionato. Purtroppo sono già alla seconda bottiglia bevuta senza alcun sussulto, anzi. Il colore lascia assai ben presagire, un bel rubino vivace e sgranato, sensazioni al naso tartufate e balsamiche, tuttavia il sorso delude: lo trovo carente di spalla acida, un po’ magrolino come profondità ed estrazione di frutto, poco fresco e persino con qualche cenno d'amaretto nel finale, vino un po’ seduto.
Il
Bricco libero di Varaldo, ha diviso i giudizi. Non un emblema territoriale, un po’ piacione con sensazioni olfattive dolci (spezie soprattutto, ma anche fragola, mora) tutto sommato non troppo smaccante e comunque ben definite. Dolcezza che riprende anche al sorso con un pennellata di vaniglia da legno piccolo che fa da cornice ai frutti rossi, il tutto comunque senza eccessi e con un discreto equilibrio gustativo. A me non dispiaciuto.
Su
Cortese sospendo il giudizio essendo la bottiglia un po’ problematica ed affetta a mio giudizio da un moderato TCA. Tuttavia l'impatto in bocca è di carattere e si intende che ha le carte in regola per emergere.
A latere, offerto dal ristoratore (chapeau per la generosità) un
Percristina 2003 di Clerico……che dire…. un peso massimo iperpalestrato, poco più di un sorso mi ha "formattato" il palato. Frutto molto dolce e maturo (ma ci può anche stare vista l'annata) ed un tannino che definire invasivo è riduttivo… not my cup of tea….