Intanto la notte allungava la sua ombra sulla casa/grotta talebana.
Mànichi si era perduto in un loop di fase rem e respirava appena sopra al comodo divano in pelle (che scoprirò solo successivamente esser...umana).
Jossik si era ripreso. Emanava un forte profumo di salvia. Imputo la cosa al bollente testosterone pronto a scatenarsi nella sua lunga notte.
Con voce lontana ci dice che quella sera era "super guest star del resident deejay" del Pasha, noto divertimentificio danzereccio sulle colline riminesi. Il giorno successivo, voci incontrollate sussurravano che era stato visto metter su tristi dischi di tango argentino per azzimate quanto finto arrapate cinquantenni in una squallida balera (ex casa del popolo) forlivese. Sia quel che sia, da li a poco ci avrebbe salutato, inghiottito dal sabato sera romagnolo. Il Comandante, fiaccato dalla scialba prestazione del Cascina Francia ma ancor più da un tasso alcolemico che avrebbe fatto morir d'invidia un camionista polacco infreddolito, saluta e si ritira nella sua doppia con bagno. Il Conte, padrone di casa sopra le forze, ci aveva già lasciato per estrapolare il suo malessere nelle stanze più intime della sua magione. Rimaniamo solo io, il Marchese e un freschissimo JtF che approfitta per ingollare l'ultima infornata di olive all'ascolana e far un ripassino del pregresso bevuto. Anche lui rimane piuttosto ben impressionato dal Collestefano 2002. Intanto io fetto formaggi a latte crudo. Con un colpo, a metà tra il genio e la mano, JtF tira fuori dal cilindro le sue birrette. Si va di Orval. Una a testa tra tocchi caseari, cazzate, musica, chiacchere di vino. Non potevo cedere: sarebbe stata la mia condanna. Aiutato dal companatico vaccino/ovino mi stappo anche una seconda bottiglia da 33 cl. Il Marchese, non avvezzo o forse allergico al caglio quindi senza contrappunto nello stomaco, si ferma. JtF vorrebbe proseguire ma siamo tutti per lo stop.
Mi avvio nella mia accogliente singola con passo incerto. Chiudo bene la porta a doppia mandata e aspetto di dormire con un occhio aperto. L'onda lunga e schiumosa della Orval mi travolge, trascinandomi in un sonno profondo. Riapro gli occhi nella penombra. Sono ancora vivo. Bene. La casa è silente, si può approfittare ancora della pausa ristoratrice. Solo la gola reclama un po' d'acqua ma ne farò a meno. Qualche movimento e qualche voce attutita mi fa pensare che oramai sono le 8,00 di mattina, l'ora di alzarsi. L'impietoso telefonino mi comunica che la mezzanotte è passata da oltre 11 ore. Azz. Erano più di tre anni che non mi alzavo a quell'ora. Mi faccio forza e scendo. Jossik sta facendo una pausa caffé: negli occhi e nell'anima la lunga notte passata a domar pantere in là con gli anni. Lui se ne torna a letto. Gli altri (Mànichi, il Marchese, il Conte e il Comandante), oramai baldanzosi, si sfidano a Texas Hold'em, uno strano gioco che ricorda da lontano il poker ma, contrariamente all'originale, chi non bleffa vince sempre.
Sapevo già cos'era la posta in palio: io.
Il vincitore mi avrebbe strozzato con le sue stesse mani.
Faccio finta di niente e mi ritiro in un accogliente bagno con il conforto di un vecchio numero di Bibenda. Aramis si produce in una verticale di 365 annate di Trebbiano di Valentini. Gli manca solo la 366ma, un'unica bottiglia che dorme nelle segrete cantine di Ciro9999: il compagno Ciro, mijardario e comunista, crede ancora che sia un'imbevibile Retzina greco. Poco prima brandelli di pagine rimandano a una degustazione di Chardonnay fatta da due pulzelle tatuate Ais: tra commenti vergati sopra con mano incerta e irriferibili in un contesto civile, profonde lacerazioni della pesante carta, disegni osceni scopro che lo Chardonnay di Planeta primeggiava con uno scintillante 92 di valutazione. Ho capito il perché di tanta rabbia sfogata sulle pagine iperpatinate della glamourosissima rivista con tastevin incorporato.
Ridiscendo. Il ragù sta già borbottando, la pasta fatta a mano non vede l'ora di far un tuffo nell'acqua bollente. A qualcuno è chiesto di fettar i salami. Vado io. Non si sa mai che fosse un segnale di morte, una chiamata alle armi bianche. Procede tutto per il meglio. Il finto poker è finito (pare abbia vinto il Marchese, bruttissimo segno!) e gli stomaci reclamano. Giro di salumi artigianali e via i tappi dalle bottiglie.
Contento di dovermi ammazzare con le sue manine il Marchese si distrae e fa stappare uno
Champagne Fallet Prevostat al Comandante che ne approfitta per imprimere il primo sigillo di giornata. Dietro però ci rifacciamo alla grande: il
Riesling Kabinett Scharzhofberger 2004 di Egon Müller (93/100) è il migliore dei Kabinett mai assaggiati in vita mia: un inspiegabile equilibrio tra sale/roccia/agrumi e una dolcezza sensuale, presente eppur mai in grado di sovrastare gli altri elementi. Sarà l'unico vino a finire, pur in modiche quantità, per tre volte nel mio bicchiere.
Il ragù è pronto. Cosa si beve con le tagliatelle fatte in casa dalle sante manine del Conte? Sangiovese, savà.
Fuori due bombe mortali in qualsiasi degustazione: un
Chianti Cl.Ris.Poggio delle Rose 1996 Castell'in Villa (89/100) della Principessa (altro che marchesucci e contucci dei miei stivali) Coralìa Pignatelli della Leonessa, carnoso e tonico come un ottimo Brunello e un ancor più ammaliante
Brunello di Montalcino Case Basse 1983 (93-/100): naso da fiore appassito pronto a ripercorrere il tempo all'indietro, recuperando freschezza a ogni giro di bicchiere, dipana una matassa di tannini or setosi, un tempo sicuramente incazzatissimi, saldi, irremovibili nel trasmettere al palato qualità e carattere profondamente ilcinese. (riconosciuto subito come Brunello agée). Non paghi, i talebanissimi, con urla disumane e strani riti introducono all'ultima batteria in programma. Un giro di modernissimi Priorat? Neanche per idea. Pinot Neri amerikani? Ma che scherziamo? Nebbiolo. Punto.
Mànichi assume una posizione strana, già ampiamente conosciuta da tutti. Più che le parole potrà un immagine:

I bicchieri sono pronti, luccicanti.
Barolo Brunate-Le Coste 1999 di Beppe Citrico Rinaldi (90+/100): ammaliante come una rosa, sapido e lunghissimo, si lascia bere a garganella nonostante la complessità aromatica. Tende a incupirsi nel bicchiere fermo (un pizzico di evoluzione oltre il dovuto?) ma basta un'onda indotta dalla roteazione del calice per far tornare vivida la sensazione di rosa dell'olfatto.
Barbaresco Ris.Montestefano 1996 dei Produttori : vino picardiano, picardato e picardizzato. Ci metto comunque il palato: materia davvero magnifica, tensione notevole e tannini vivi come coccodrilli affamati in un fossato del castello. Sarebbe stato un bel bere.
Barolo Ris.Monfortino 1998 (88/100): naso cipriato, intenso, leggere note alcoliche. Niente anguria, niente arancia, niente fiori. Come faremo ora?
E giù improperi contro l'annata sfigata, il destino cinico e baro, lo strano allineamento dei pianeti che era in corso in quel 22 Marzo...
Un buon vino, per carità, ampio e caloroso, sin troppo saldo nel tannino (qui Mànichi piazza la zampata riconoscendo alla cieca un tannino di Serralunga senza nessuna indecisione) e negli inamovibili quanto protratti ritorni aromatici, scanditi dalla maturità del frutto.
Una decina di salmi coranici introduce attrezzi di tortura: uno sembra un cavatappi ma ha delle lame, un altro oggetto in legno ha la forma di una ghigliottina in miniatura (in un primo momento mi era sembrata concepita per decapitare teste di....letteralmente. Invece era un originale portabottiglia). L'estasi collettiva sfocia nell'apertura di un
Barbaresco 1971 dei Produttori (sv): la discussione interna all'AVR sul "è ancora valido, basta aspettare", "no, non lo è" fa scendere la tensione.
Il peggio è alle spalle. Per loro. Ma non per me.
Niente meglio del sangue umano può lavare l'impurità della giornata e d'altro canto l'antica
Id Al-Adha (o Festa del Sacrificio) prevede che un esser vivente sia scannato in onore al profeta.
Provo a placarli con un inutile
Verdicchio Passito 2006 di Sartarelli (71/100) con un naso incerto, bocca migliore ma per via di una buona diffusa larghezza contornata da alcol sostenuto e copiosi zuccheri non fermentati di un vino dolce che vuol, appunto, esser dolce. Peggio!
Il Comandante saluta e se ne va. Come tutte le menti brillanti, non si sporca le mani né tanto meno si fa trovare sul luogo del delitto. Nell'ora della mia morte le telecamere dell'ingresso Bagnacavallo dell'A14 dovevano già aver impresso il suo passaggio, fornendogli un alibi inappuntabile per qualsiasi PM giustizialista.
Il Conte, padrone di casa, sconfitto dalla malattia e dall'Hold'em si ritira, di nuovo, nelle sue ampie stanze.
Mànichi rompe un bicchiere: pregiato cristallo è lì per trapassarmi la giugulare. No! Tutti si affrettano a ripulire il pavimento dalle mille schegge. Mi vien offerto un caffé. Raffinatissimi assassini. Metodo Sindona: rapido, efficace, indolore. Cerco di dibattermi opponendo il fatto che voglio zuccherarlo da me. Concesso. Giro il cucchiaino lentamente. Qualcuno accende la TV: le partite del campionato di calcio sono iniziate da poco eppur l'Inter vince già 2-0. Urla di giubilo, abbracci, pacche sulle spalle. Neanche l'avessero fatte al Manchester quelle due pere. Invece era la Reggina. Tanto mi basta: approfitto del momento di confusione, inforco l'ordinato vialetto senza più salvia, scavalco come il miglior Nino Castelnuovo strafatto di Olio Cuore il basso cancello, metto in moto e via, verso la libertà.
La libertà di gridare:
viva la barrique, viva il Gewürztraminer altoatesino, viva la Franciacorta.
La tradizione è la custodia del fuoco, non l'adorazione della cenere. [Gustav Mahler]