Messaggioda ferrari federico » 27 apr 2025 09:13
Colli di Parma Malvasia Spumante brut 2023
Oinoe
Paglierino scarico a riflessi verde chiaro è il colore. Perlage rado ma fine.
Buoni i profumi: crosta di pane, melone bianco, erba appena tagliata. In bocca predomina la freschezza: troppo abboccato per essere un brut (varietale docet…), troppo secco per essere una buona Malvasia di Parma. Piacevole ma nulla di che.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2023
Bucci
Un vero”classico” dei bianchi di qualità italiani: sempre affidabile, dí ammirevole continuità annata dopo annata, sempre gradevole, sempre di alto profilo, il Verdicchio “base” di Villa Bucci non “sbaglia” mai ma, per il mio gusto personale, manca di quel quid indefinibile che rende grande un vino.
Nota metallica e minerale al naso, da cercare nel bicchiere, in questa fase così giovanile non sento tanto il frutto; in bocca, invece, il frutto si sente eccome: mela verde e ribes, e torna la mineralità del dato olfattivo. Bello “fresco” di acidità, molto ben integrata con il frutto potente.
Paglierino il colore, con netti riflessi verdini.
A causa del profumo flebile e per adesso non ben a fuoco, raggiunge “solo” i 87/100…
Dogliani San Luigi 2021
Abbona
Delizioso: fruttato, fine nella sua relativa semplicità, facile, anzi facilissimo, da bere e da goderne. Perfetto da bere ora.
Colore viola scuro; bouquet intenso sul registro dei piccoli frutti neri (mirtillo e mora) e della ciliegia nera matura. In bocca torna il frutto accompagnato dalla nota ammandorlata tipica del Dolcetto. Più antociani che tannini ma questi ultimi, comunque, non mancano e - nel l’equilibrio complessivo del vino - sono armonici con la componente acida nel sottofondo. Medio corpo, lunga persistenza.
91/100 per me.
Toscana Igt Camartina 2015
Querciabella
Supertuscan da Cabernet Sauvignon in prevalenza più Sangiovese, vino emblema della stagione (anni ‘90 soprattutto) in cui la qualità era identificata nella concentrazione e nell’uso delle barriques. Molte delle etichette “barricate” di quegli anni erano esagerate, un po’ cafone o quantomeno inutili, a inseguire più una moda che il rapporto tra uva e territorio, ma il Camartina (una delle etichette da me, da sempre, preferite in quella tipologia “parkerizzata” dei Supertuscan) invece secondo me è sempre stato capace di incarnare l’anima toscana, portando il Cabernet ad una interpretazione molto più mediterranea rispetto ai classici bordolesi. Oggi la percentuale di Sangiovese si è, credo, abbassata ma l’essenza del vino è ancora come la ricordavo e, nella fattispecie, questo straordinario 2015 mi ricorda molto la storica annata 1994, in cui il Camartina era stato (forse, dipende ovviamente dai gusti) il miglior vino toscano dell’anno.
Corposo ma non pesante, tannico ma non allappante, dal tannino maturo e già morbido nonostante la fase estremamente giovanile di sviluppo, dalla perfetta armonia tra acidità e materia; denso e materico in bocca, eppure scorrevole, facile, appagante.
Al naso si sente ancora il tostato - vanigliato del legno nuovo (che non disturba e che non demonizzo assolutamente) a sorvegliare un rigoglioso frutto (mora, mirtillo, ciliegia nera, prugna rossa) e un sottobosco di sentori, ancora in divenire, sul registro del cuoio e delle spezie, dell’inchiostro e della liquirizia.
Colore rubino violaceo praticamente nero, estremamente giovanile.
Vino giocato più sulla carnosità e sulla potenza ma, anche, estremamente sfaccettato, fine e di chiare nobili ascendenze.
Se è così buono ora, come sarà tra una decina di anni, a perfetta e compiuta maturazione?
Per me 96/100.
P.S.: D’altronde, tutti quelli che nella fase odierna del mondo del vino demonizzano le barriques, e non accettano altro che vini naturali, bio e invecchiati assolutamente in legni grandi, erano gli stessi (magari non le stesse persone, ma le stesse tipologie di persone…) che negli anni ‘90 insultavano i “tradizionalisti” e non volevano altro che vino “barricato”…
La diatriba tra modernisti e tradizionalisti mi ha sempre annoiato, sia in passato quando vincevano i modernisti, sia adesso che sono sul trono i tradizionalisti: quando il vino è buono, quando traduce le caratteristiche del suo territorio, è valido a prescindere da come è prodotto.
Noto, comunque, con piacere che il Camartina è rimasto fedele a se stesso, nonostante il volgere delle mode, e resta attaccato (giustamente) al modello della maturazione in legno piccolo nuovo.