eccoci:
Pronti, via! La magnum di
Giulio Ferrari 2001 era da attaccarcisi a collo e svuotarla così, a canna... Ma quanto è buono adesso il 2001!!! Decisamente superiore in questa fase al 2002, ha tutto di più, e migliora a ogni assaggio a distanza di mesi. Con le crescentine e i salumi locali, 'na meraviglia.
La magnum del trebbiano di
Valle Reale ci accompagna al tavolo con grande suadenza. Le note di camomilla e miele d'acacia, unite alla mineralità spiccata, me lo fanno provare in abbinamento col crostino di beccaccia servito all'inizio a temperatura ambiente, cosa che consente un abbinamento azzeccato. Il vino, solo apparentemente delicato, accompagna e delinea con sapienza il boccone. Bene.
Il Barolo, quello con la B maiuscola. Quello che ci si immagina quando ci si immagina il Barolo. Questo è oggi il
Bartolo 1999. Tutti in piedi! Il passare del tempo nel bicchiere, alla fine non lo aiuterà, ma per buona parte della cena è stata una assoluta meraviglia. Ci sapeva proprio fare, l'uomo.
Viene poi il
Barolo di Sebaste, 2006 se non ricordo male, cui ho prestato solo la giusta attenzione, perché accompagnava con armonia i gustosi e concentrati crostini di porcini e quindi è svanito in fretta dal calice. Ricordo un naso davvero molto molto bello.
Capitolo
Prunotto 1989. Mah. Di Nebbiolo, di Langa, di 25 anni, non ha nulla ma proprio nulla. Sin dal colore, violaceo intenso e vivo, cui non daresti a esser larghi più di otto/dieci anni. I profumi di prugna matura si uniscono a una sensazione alcolica notevole. In bocca è impetuoso, caldo, vivo, con buona componente acida in una struttura complessiva di medio alta concentrazione. Un bel vino del nord-est italiano, lievemente surmaturo, del 2006, direi.
Bricco rocche Brunate 1990 APPLAUSI!!! Mauro sa che debole io abbia per i vini di questa azienda fino a quell'annata. E questa magnum è assolutamente il miglior assaggio mai fatto di questo vino. Ha ancora tanta bella vita avanti a sé, e più passava il tempo, nel bicchiere o nella bottiglia aperta, e più grande diventava. Per me, vino della serata. E son convinto che il Conte, risentendo oggi quel che è rimasto, abbia avuto le sue belle soddisfazioni...
Su questi vini, gli agnolotti (appena troppo speziati ma dalla sfoglia notevolissima) e il meraviglioso capriolo, cucinato alla perfezione, hanno dato il meglio di sé.
Minuto di raccoglimento per il
Montepulciano 1992...
Il
1988 è un vino a se stante. Inaccostabile, inconfondibile, immarcescibile...(nel senso che sembra fermare il tempo, poter rimanere così ancora per non si può dire quanto). Non entro nel dettaglio della descrizione, Riccardo - gran bell'acquisto la sua new entry per la tavola Brisighellese - conosce a fondo i vini di Valentini e saprà collocarlo al meglio. Ma dico che come molto spesso accade, quel che esce da quella cantina emoziona e dà una definizione nobile e compiuta della parola artigiano.
Il
2001 al contrario è scalpitante e impressiona per la forza tenuta sotto controllo (tipo la vecchia pubblicità di Ronaldo e degli pneumatici...). Mi dicono di una leggera carbonica iniziale. Io "maltratto" per bene il liquido da un calica all'altro, e tutto si ricompne come per magia, la belva è addomesticata e si lascia accarezzare, di rustica sensualità, tanto di tutto ma mai sopra le righe. Col colombaccio, dal gusto forte e deciso, concentratissimo, è un trionfo dialettico ai massimi livelli...
Il
Ruino ha i profumi coccolosi del merlot, senza averne i limiti (quando non si è di fronte alle sue massime espressioni) in bocca. Pronto, svolto, fresco, piacevolissimo, elegante. Ricordo di un Gravner del tempo che fu.
La
Grand Année servita a fine pasto, a mo' di sorbetto per gli altri, come accostamento ardito ma pienamente riuscito con il secondo giro di crostini di beccaccia, stavolta belli caldi, per me (ho i miei gusti, in fatto di...dessert!
), è stata una splendida trovata. E devo dire che, coi pregiudizi che potevo avere sulla annata, questo primo assaggio mi ha veramente colpito più che favorevolmente. Ma questa è maison che ho nel cuore e nelle corde, in tutte le sue espressioni.
Molto valida la 2009 di
Ben Ryè, cui però ho dedicato, lo ammetto, meno attenzione di quanto non meritasse.
Si è bevuto (e magnato...) insomma davvero alla grande, con goduria piena, in clima decisamente più conviviale, che concentrato su quanto si aveva nei calici. Facce nuove, facce di ritorno, splendida tavolata e gratitudine infinita al padrone di casa!