maxer ha scritto:Conclusione: I
Italiani ! ! ! Abbiamo un' ottima legge pensionistica !
Peccato che i concittadini non la pensino proprio così. Soprattutto i giovani che, sempre secondo l'ottima legge in vigore, andranno in pensione a 70 anni con contributi versati minimi per stipendi bassissimi, precariato,
lavoro nero, scarsa continuità nei versamenti previdenziali.
Da considerare poi che le età future di pensionamento (67 anni per uomini e donne) non sono poi così tanto future: verranno raggiunte fra pochissimi anni !
Per l'età media poi, consideriamo che in essa viene ancora compresa una grande quota di pensionati che sfruttano le ultime possibilità ancora presenti di pensione anticipata (ma ovviamente decurtata)
Anche qui: obiettività per favore.
Le fonti a cui attingo, come vedi, le posto sempre.
Nel campo delle pensioni, così come in ogni altra categoria di spesa pubblica, dobbiamo porci innanzitutto una domanda:
è sostenibile?
Già oggi la spesa pensionistica italiana è tra le più alte al mondo in rapporto al PIL (15%) nonostante i contributi versati siano altissimi. Le riforme citate sono servite ad impedire che aumentasse ulteriormente. Analisti finanziari di tutto il mondo si interrogano periodicamente, da anni, sulla sostenibilità di tali spese e sulla erogabilità di tali conseguenti promesse di pagamento future. Negli USA ci sono amministrazioni locali e aziende, ad ogni livello, che hanno debiti pensionistici impliciti per pensioni future che NON potranno MAI soddisfare.
Sull'onda del bisogno e del fabbisogno, noi italiani una volta tanto abbiamo fatto il nostro compitino per tempo e impostato un sistema che sembra penalizzante, ma che è SOSTENIBILE. L'importo della pensione che avranno i giovani di oggi sarà più basso del nostro, ma ci sono altri strumenti messi in campo, con anche robusti sconti fiscali, per permettere loro di ottenere un reddito da pensionati decente.
Però bisogna sgombrare il campo da un equivoco di fondo, che riporta alla peggiore dottrina marxista: la pensione non è un diritto a sé stante. Non è una variabile indipendente. E' il risultato della combinazione di molti fattori, principalmente della competitività del sistema industriale di un paese, dello scenario competitivo mondiale, delle aspettative di vita sempre crescenti, molto molto più che delle politiche industriali e previdenziali messe in campo dai governi. Ad essere cattedratici, direi che dipende soprattutto dall'aumento della produttività individuale nel settore industriale (in Italia, stagnante da almeno vent'anni).
Come assicurare quindi una pensione dignitosa a chi adesso ha percorsi di lavoro accidentati come quelli a cui fai riferimento? La riflessione è in corso, se ne sente spesso e anche recentemente ho letto qualche altra proposta. Ma che si sappia chiaramente fin da ora: concedere una pensione per la quale non si sono versati contributi a sufficienza significa dovere prendere soldi dalla fiscalità generale.
Sei pronto a pagare più tasse, in questo caso?