Bollettino AVR - " Never Ending Tour "

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manichi
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda manichi » 02 giu 2011 18:25

Più che dai produttori "innovatori" la anomalia era data da una critica di settore ( a chamarla specializzata non gliela faccio ) che ha perseguito per anni una sorta di "battaglia ideologica" ( intesa come aperta scelta di campo ) a favore del nebbiolo delle macerazioni lampo , rotomacertato e in barrique ( che così si vende sui mercati internazionali ) e questo in anni di boom in cui le guide avevano grande impatto commerciale, per molti produttori è stata dura reggere alle pressioni verso il cambiamento .
Finii con i campi alle ortiche
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e un ridere rauco
ricordi tanti
e nemmeno un rimpianto.
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda JohnnyTheFly » 02 giu 2011 18:34

TRE BICCHIERI 2001

Barolo Bricco Fiasco 1996 - Azelia
Barolo Fossati 1996 - Boglietti
Barolo Cà Mia 1996 - Brovia
Barolo Cerequio 1996 - Michele Chiarlo
Barolo Percristina 1995 - Clerico
Barolo Vigna Gris 1996 - Conterno Fantino
Barolo Falletto 1996 - Bruno Giacosa
Barolo Bricco Luciani 1996 - Silvio Grasso
Barolo Vigna Conca 1996 - Mauro Molino
Barolo Enrico VI 1996 - Cordero di Montezemolo - Monfalletto
Barolo Vigneto Rocche 1996 - Andrea Oberto
Barolo Cannubi Boschis 1996 - E.Pira e figli
Barolo Vigna Cappella di Santo Stefano 1996 - Podere Rocche dei
Manzoni
Barolo Bussia 1996 - Prunotto
Barolo Bric del Fiasc 1996 - Scavino
Barolo Vigneto Rocche 1996 - Mauro Veglio
Barolo Bussia Vigna Munie 1996 - Parusso
Barolo Parafada 1996 Vigna Rionda - Massolino
Barolo La Serra 1996 - Gianni Voerzio
Barolo Brunate 1996 - Roberto Voerzio
Barolo Cerequio 1996 - Roberto Voerzio
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda Pigigres » 02 giu 2011 18:40

Grazie JtF.

Non capisco proprio quale sia il senso di voler negare a tutti i costi che certe cose sono accadute, minimizzando i danni e amplificando i meriti. :?:
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda de magistris » 02 giu 2011 18:42

manichi ha scritto:Più che dai produttori "innovatori" la anomalia era data da una critica di settore ( a chamarla specializzata non gliela faccio ) che ha perseguito per anni una sorta di "battaglia ideologica" a favore del nebbiolo delle macerazioni lampo , rotomacertato e in barrique ( che così si vende sui mercati internazionali ) e questo in anni di boom in cui le guide avevano grande impatto commerciale, per molti produttori è stata dura reggere alle pressioni verso il cambiamento .


quello che sottolineate tu e matteo mi sembra molto condivisibile, però riguarda un'altra questione.
su quello che è stato abbiamo discusso tante volte e ognuno trae le conclusioni che vuole: c'è chi pensa che quella strattonata turboinnovatrice sia stata comunque un bene per il nebbiolo e chi crede che in ogni caso sarebbe stato meglio non ci fosse, sia per una serie di vini che potevano essere tanto meglio, sia per le difficoltà "create" a coloro che per fortuna hanno saputo resistere.
Su questo punto non mi esprimo non perché non abbia la mia idea sintetica ma perché mi interessa molto di più ragionare su quello che sta succedendo oggi, perché nella fascia 88-92, tanto per capirci, c'è dentro il mondo intero da un punto di vista agronomico, tecnico, enologico, ecc.
Mi sembra perlomeno una battaglia di retroguardia continuare ad insistere su una polarizzazione moderno-tradizionale che davvero resiste solo nei pochi estremi delle due filosofie.
O no? :D
Paolo De Cristofaro

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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda JohnnyTheFly » 02 giu 2011 18:53

meursault ha scritto:Tutto questo mentre gli altri, gli "innovatori", facevano soldi a palate e tutta la critica era pronta ad incensare la nouvelle vague del Nebbiolo...........

Il punto è:

perché "la critica" ha fatto quella scelta?
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda de magistris » 02 giu 2011 18:56

Pigigres ha scritto:Grazie JtF.

Non capisco proprio quale sia il senso di voler negare a tutti i costi che certe cose sono accadute, minimizzando i danni e amplificando i meriti. :?:


Io invece non capisco perché si vuole ritagliarsi solo la fetta di analisi storica che fa comodo alle proprie tesi...
Tanto per essere chiari, credo che la critica-mercato di quel periodo (vai a capire dove inizino i meriti-colpe di uno e dove quelli dell'altro) abbia fatto molti errori e con loro tanti produttori che hanno seguito un filone pavlovianamente, con poca consapevolezza se non delle possibilità di cassa. E però non ci dobbiamo mai dimenticare che i langainisti e affini hanno fatto la loro rivoluzione in un momento in cui di Barolo-Barbaresco non si vendeva una bottiglia che fosse una. Alla fine degli anni '80 si svendevano sotto le 10.000 lire, a volte anche meno proposte in stock con le Barbera, nettamente il vino trainante del periodo per molte aziende di Langa. Quei vini non si vendevano prima che arrivasse Langa in e hanno continuato a soffrire dopo Langa In perché non erano fatti come quelli e perché la critica spingeva soprattutto quelli. Perché di questo passaggio non ne vogliamo mai parlare? Perché facciamo finta che quella fase di profondissima crisi sarebbe passata comunque? Eppure tante aziende stavano chiudendo e tanto nebbiole, anche nelle zone più belle, cominciava ad essere spiantato in favore di altre varietà.
Ora, io non sono in grado (ma penso che questa presunzione non possa averla nessuno) di dire se il "ritorno" al nebbiolo classico ci sarebbe stato lo stesso, e magari anche più rapidamente, se non ci fosse stata la fase modernista. Di sicuro c'è un dato di fatto: NONOSTANTE gli errori produttivi e critici, il nebbiolo classico è ancora vivo ed è in perfetta salute, molto più di trent'anni fa.. Mi sbaglio?
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda Pigigres » 02 giu 2011 19:05

de magistris ha scritto:
Pigigres ha scritto:Grazie JtF.

Non capisco proprio quale sia il senso di voler negare a tutti i costi che certe cose sono accadute, minimizzando i danni e amplificando i meriti. :?:


Io invece non capisco perché si vuole ritagliarsi solo la fetta di analisi storica che fa comodo alle proprie tesi...
Tanto per essere chiari, credo che la critica-mercato di quel periodo (vai a capire dove inizino i meriti-colpe di uno e dove quelli dell'altro) abbia fatto molti errori e con loro tanti produttori che hanno seguito un filone pavlovianamente, con poca consapevolezza se non delle possibilità di cassa. E però non ci dobbiamo mai dimenticare che i langainisti e affini hanno fatto la loro rivoluzione in un momento in cui di Barolo-Barbaresco non si vendeva una bottiglia che fosse una. Alla fine degli anni '80 si svendevano sotto le 10.000 lire, a volte anche meno proposte in stock con le Barbera, nettamente il vino trainante del periodo per molte aziende di Langa. Quei vini non si vendevano prima che arrivasse Langa in e hanno continuato a soffrire dopo Langa In perché non erano fatti come quelli e perché la critica spingeva soprattutto quelli. Perché di questo passaggio non ne vogliamo mai parlare? Perché facciamo finta che quella fase di profondissima crisi sarebbe passata comunque? Eppure tante aziende stavano chiudendo e tanto nebbiole, anche nelle zone più belle, cominciava ad essere spiantato in favore di altre varietà.
Ora, io non sono in grado (ma penso che questa presunzione non possa averla nessuno) di dire se il "ritorno" al nebbiolo classico ci sarebbe stato lo stesso, e magari anche più rapidamente, se non ci fosse stata la fase modernista. Di sicuro c'è un dato di fatto: NONOSTANTE gli errori produttivi e critici, il nebbiolo classico è ancora vivo ed è in perfetta salute, molto più di trent'anni fa.. Mi sbaglio?


Penso che non ti sbagli, nonostante non possa sapere come era la situazione trent'anni fa.
Se si mette il discorso sul: "o lo facevo così oppure non lo vendevo", allora è un altro paio di maniche. A questo punto il discorsco cade sulla responsabilità delle guide e della critica enologica di allora, in generale. Discorso che non mi piglia per niente... :D

A me è sembrato, leggendo qualche intervento su questo 3d, che invece si intendessero quelle vinificazioni come delle sperimentazioni, più e più volte è stato detto. Quindi come dei tentativi di migliorare il vino, non di farlo in un certo modo per venderlo con più facilità. Se mi dici dunque che avevo compreso male, che non intendevi dire questo, e che non condividi questa posizione delirante espressa in maniera abbastanza chiara da solo un altro forumista, allora ci capiamo.
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda JohnnyTheFly » 02 giu 2011 19:13

Per capire meglio: il fatto che per un certo periodo "la critica" abbia snobbato il barolo tradizionale è stato voluto per l'interesse alla salvaguardia e la proliferazione del medesimo?
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda Pigigres » 02 giu 2011 19:13

A me Paolo interessava anche approfondire con te il discorso sulla vinificazione.

Premesso che:

- Io non sono enologo, quindi in quello che dico mi baso solo ed unicamente sul risultato che trovo nel bicchiere.

- Che i turbomodernisti oggi non ci sono più, tranne qualche rarissimo caso.

- Che vorrei limitare per semplicità il discorso alla capacità del legno.

Tu hai mai trovato un Nebbiolo che facesse largo uso di legni piccoli ai livelli di grandissimo vino della denominazione? Ai livelli di Monfortino, per capirci.
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda Pigigres » 02 giu 2011 19:15

JohnnyTheFly ha scritto:Per capire meglio: il fatto che per un certo periodo "la critica" abbia snobbato il barolo tradizionale è stato voluto per l'interesse alla salvaguardia e la proliferazione del medesimo?


Da quello che ho capito io, in merito agli interventi di de magistris, no. Lui dice che il modernismo nel bicchiere è stato conseguenza del modernismo nella testa di enologi, stampa e moda. Il che potrebbe benissimo essere, per quanto riguarda molti produttori. Anche se ne ho in mente più d'un produttore a cui questa impostazione del vino gli piace sul serio ancora oggi.

Quel modo di intendere il vino, distorto, ha fatto si che si vendessero più bottiglie e che la denominazione non subisse troppi danni economici. In realtà non abbiamo la controprova di cosa sarebbe successo, cosi come non abbiamo la controprova che i classici non sarebbero stati capaci lo stesso di migliorare gli aspetti tecnici, senza la venuta dei modernisti.
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda Wineduck » 02 giu 2011 19:29

meursault ha scritto:Si fa presto, e qui non mi rivolgo a te ma a wineduck, ad incensare questi innovatori perchè hanno dato una scossa al sistema Langa......ma questo sostanzialmente perchè comunque la ricetta tradizionale ne è uscita vincente, e non è passata la linea dei Baroli fatti col rotomaceratore (2 gg) più barrique.
Oggi è molto più facile parlare con serenità di queste cose ma ricordiamoci che se il Barolo esiste ancora è soprattutto merito di quei produttori che hanno tenuto duro quando pur in minoranza culturale venivano guardati come marziani perchè continuavano ad utilizzare botti grandi, a macerare per 30 giorni e in generale a trattare in Nebbiolo secondo la tradizione.
Tutto questo mentre gli altri, gli "innovatori", facevano soldi a palate e tutta la critica era pronta ad incensare la nouvelle vague del Nebbiolo...........
Ecco, se oggi abbiamo ancora il Barolo è soprattutto merito di quei produttori che hanno tenuto duro e hanno salvaguardato il Nebbiolo prima, contro tutti, per poi prendere in parte spunto anche da quei produttori che qualcosa di buono avevano portato.......
Quindi io non mi sento di parlare troppo positivamente di questi signori, non mi sento di identificarli come salvatori della patria, perchè se avessero avuto mano libera e tutti gli altri produttori li avessero seguiti, oggi la Langa sarebbe un posto decisamente deisamente peggiore.


Vedi Matteo, quello che cerco di far capire difendendo l'azione dei modernisti è che al termine di un qualunque processo di innovazione, non vi è mai vincitore ed un vinto. Io questa contrapposizione forzata fra due schieramenti, due squadre (ma anche due fazioni, due contrade, due Comuni medievali, due tifoserie, due "Famigghie", ecc.) proprio non la vedo ed anzi credo che sia uno degli atteggiamenti mentali che contrastano maggiormente la modernizzazione (in senso civile e culturale, non solo industriale e di mercato) di questo "decadente paese". Non si può continaure a pensare sempre in ottica di "vincenti e perdenti" (della vignoletta) quando invece a rimetterci è solo la comunità nel suo complesso.
Io adesso vedo cantine in gran maggioranza hanno abbandonato le ideologie, che ascoltano con attenzione i rappresentanti di prodotti e macchinari, che vanno alle fiere enologiche, che visitano altre cantine, che assaggiano i prodotti dei loro vicini ma anceh di altri territori, ecc. Io tutto questo "arroccamento ideologico sulla tradizione", sinceramente non lo trovo (quasi) più. E penso che sia una gran fortuna.
Quelli che tu consideri ancora "tradizionalisti" hanno capito tante cose sulla gestione della cantina e dei processi di vinificazione che sono scaturite proprio da quel fecondo periodo di "rivoluzione". Da nessuna rivoluzione è mai uscita vincente l'ala massimalista (se non per periodi brevissimi): non c'era alcun pericolo che accadesse neppure in Langa. Guarda invece al processo nel suo complesso ed ai benefici che sono ricaduti a pioggia su tutti quanti. Il progresso è un processo continuo, quasi lineare e senza soluzione di continuità: è certamente frutto della tensione di opinioni e visioni diverse, a volte contrastanti, ma che per generare valore positivo non si devono mai trasformare in guerre, muro-contro-muro, dialogo fra sordi.
In questo credo che la maggioranza dei vignaioli langaroli abbia dimostrato intelligenza e lungimiranza: mentre la critica si "scannava" creando "campanili" e fazioni di tipo medievale (lo testimonia quel paio di "dinosauri" che ancora frequentano questo luogo virtuale senza che nessuno ne senta veramente il bisogno) utili solo a far vendere loro qualche guida e rivista in più, loro - da bravi "bùgia-nén" - osservavano, ascoltavano, giravano ed imparavano. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Andiamo a chiedere ad uno degli attuali cantinieri di Maria Teresa Mascarello dove ha lavorato per anni prima di approdare nella cantina del Gran Sacerdote della tradizione... :D Adesso tutti riconoscono che la cifra stilistica dei loro vini è cresciuta: forse perchè si sono abbandonati gli eccessi "ideologici" che il vecchio Bartolo manteneva per quel misto di testardaggine virtuosa e ottusità viziosa? Lo stesso possiamo dire di alcuni "ex-turbomodernisti" che hanno capito che i legni, come le macerazioni e le epoche delle vendemmie, vanno scelte vigna per vigna, annata per annata, settimana per settimana di vendemmia?
In definitiva potremmo concordare sul fatto che è una sciocchezza dire che "sarebbe meglio che gli innovatori non fossero mai esistiti", perchè nel commettere gli errori che certamente hanno commesso, hanno avuto l'innegabile merito di aver anche introdotto la cultura del miglioramento, insinuando il sacro dubbio sull'assoluta inalterabilità delle tecniche tradizionali che oggi permette alla maggioranza dei langaroli di produrre vini migliori, indipendentemente dalla filosofia di affinamento in cui credono.
Il dubbio è infatti il segno distintivo dell'intelligenza... 8)
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda de magistris » 02 giu 2011 19:30

Pigigres ha scritto:
de magistris ha scritto:
Pigigres ha scritto:Grazie JtF.

Non capisco proprio quale sia il senso di voler negare a tutti i costi che certe cose sono accadute, minimizzando i danni e amplificando i meriti. :?:


Io invece non capisco perché si vuole ritagliarsi solo la fetta di analisi storica che fa comodo alle proprie tesi...
Tanto per essere chiari, credo che la critica-mercato di quel periodo (vai a capire dove inizino i meriti-colpe di uno e dove quelli dell'altro) abbia fatto molti errori e con loro tanti produttori che hanno seguito un filone pavlovianamente, con poca consapevolezza se non delle possibilità di cassa. E però non ci dobbiamo mai dimenticare che i langainisti e affini hanno fatto la loro rivoluzione in un momento in cui di Barolo-Barbaresco non si vendeva una bottiglia che fosse una. Alla fine degli anni '80 si svendevano sotto le 10.000 lire, a volte anche meno proposte in stock con le Barbera, nettamente il vino trainante del periodo per molte aziende di Langa. Quei vini non si vendevano prima che arrivasse Langa in e hanno continuato a soffrire dopo Langa In perché non erano fatti come quelli e perché la critica spingeva soprattutto quelli. Perché di questo passaggio non ne vogliamo mai parlare? Perché facciamo finta che quella fase di profondissima crisi sarebbe passata comunque? Eppure tante aziende stavano chiudendo e tanto nebbiole, anche nelle zone più belle, cominciava ad essere spiantato in favore di altre varietà.
Ora, io non sono in grado (ma penso che questa presunzione non possa averla nessuno) di dire se il "ritorno" al nebbiolo classico ci sarebbe stato lo stesso, e magari anche più rapidamente, se non ci fosse stata la fase modernista. Di sicuro c'è un dato di fatto: NONOSTANTE gli errori produttivi e critici, il nebbiolo classico è ancora vivo ed è in perfetta salute, molto più di trent'anni fa.. Mi sbaglio?


Penso che non ti sbagli, nonostante non possa sapere come era la situazione trent'anni fa.
Se si mette il discorso sul: "o lo facevo così oppure non lo vendevo", allora è un altro paio di maniche. A questo punto il discorsco cade sulla responsabilità delle guide e della critica enologica di allora, in generale. Discorso che non mi piglia per niente... :D

A me è sembrato, leggendo qualche intervento su questo 3d, che invece si intendessero quelle vinificazioni come delle sperimentazioni, più e più volte è stato detto. Quindi come dei tentativi di migliorare il vino, non di farlo in un certo modo per venderlo con più facilità. Se mi dici dunque che avevo compreso male, che non intendevi dire questo, e che non condividi questa posizione delirante espressa in maniera abbastanza chiara da solo un altro forumista, allora ci capiamo.


In nessun modo sono rinvenibili miei interventi dove si diano giudizi di valore sul ruolo della fase "modernista".
Continuo invece ad insistere, ma colgo poca disponibilità altrui a mettersi in discussione su questo punto, su quello che a me sembra un processo davvero interessante del presente: la difficoltà, se non l'impossibilità di ricondurre una quota rilevante dell'eccellenza langarola (magari non gli over 95 ma gli 88-92 usati prima come esempio sì) ad un preciso schema bipolare.
Sul discorso guide-critica enologica: a parte il fatto che anche allora non esisteva un'unica critica indistinta e ribadita la mia idea che molti errori sono stati fatti, mi sembra che anche su questo punto sia una perlomeno una banalizzazione-semplificazione di comodo inferire che il nebbiolo fosse in crisi negli anni '80 perché chi scriveva non capiva e stava aspettando Langa In. Mi sembra che a volte, mi ci metto anch'io ovviamente, noi appassionati facciamo iniziare e finire il mondo a quei 20-30 produttori (fai tu il numero) che ci piacciono e beviamo con continuità, dimenticando il fatto che un distretto è qualcosa di molto più complesso. Assaggiando oggi certi strepitosi ed emozionanti Marcarini, Mascarelli, Prunotto, Pira, Ceretto, ecc. degli anni '70 e '80 è facile concludere che già allora ci fosse poco da dover migliorare o cambiare. Però, non so a te, in questi anni mi sono capitate altrettante bottiglie di altri produttori di quel periodo (anche molto ben reputati oggi) molto stanche, rustiche, fragili. al netto delle cattive conservazioni. Forse che forse il grosso dei nebbioli dell'epoca non fosse così meravigliosamente classico come appaiono i loro omologhi contemporanei? Forse che forse quei vini facevano fatica non solo per la critica ma anche perché erano un bel po' lontani dal loro pieno potenziale? Forse che forse su dati macro il livello qualitativo in Langa è in ultima analisi assai migliore oggi di 30 anni fa?
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda Wineduck » 02 giu 2011 19:37

Pigigres ha scritto:Tu hai mai trovato un Nebbiolo che facesse largo uso di legni piccoli ai livelli di grandissimo vino della denominazione? Ai livelli di Monfortino, per capirci.



Traduco per i neofiti (con una metafora):
Tu hai mai trovato una donna non "di colore" ai livelli delle grandissime "fighe del pianeta"? Ai livelli di Claudia Schiffer, per capirci.


Immagine

:lol:
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda de magistris » 02 giu 2011 19:37

JohnnyTheFly ha scritto:Per capire meglio: il fatto che per un certo periodo "la critica" abbia snobbato il barolo tradizionale è stato voluto per l'interesse alla salvaguardia e la proliferazione del medesimo?


secondo me non c'è stata nessuna riflessione "programmatica" all'epoca, né in un senso né in un altro, ma credo che si sia innescato un circolo vizioso (o virtuoso, secondo i punti di vista) del tutto non pensato, di pancia, di flusso, non diverso da quello che già era accaduto con i supertuscan o a bordeaux. Sono convinto che a molti guru dell'epoca quei nebbiolo "nuovi" piacessero davvero, sinceramente, e che davvero li ritenessero in grado di aprire nuove strade senza snaturare vitigno e territorio.
Le ricostruzioni ex post ci suggeriscono forse risultati diversi, ma anche qui mi rispondo pensando a quando il mio santo graal personale era il lamaione di frescobaldi... :D
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda Wineduck » 02 giu 2011 19:47

JohnnyTheFly ha scritto:
meursault ha scritto:Tutto questo mentre gli altri, gli "innovatori", facevano soldi a palate e tutta la critica era pronta ad incensare la nouvelle vague del Nebbiolo...........

Il punto è:

perché "la critica" ha fatto quella scelta?


A parte il fatto che i soldi li hanno incassati quelli capaci a vendere e non quelli capaci a produrre (è così in ogni settore di mercato, sfido chiunque a dimostrare il contrario con dati e fatti circostanziati), la mia personale opinione è che la critica (anzi una parte della critica) abbia trovato qui vini più puliti, più leggibili, meno puzzettosi, meno instabili di quelli dei cosidetti tradizionalisti...
Potrebbe essere un'ipotesi?

Non dovrebbe essere difficile concordare sul fatto che fra i Barolo da botte grande e da macerazioni lunghe, si trovavano (e talvolta ancora oggi) delle colonie di Brettanomyces che in confronto la comunità cinese di Prato è l'equivalente di un eremita nel deserto dei Gobi... :lol:
Dai cerchiamo di essere onesti... :wink:
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda de magistris » 02 giu 2011 19:55

Pigigres ha scritto:A me Paolo interessava anche approfondire con te il discorso sulla vinificazione.

Premesso che:

- Io non sono enologo, quindi in quello che dico mi baso solo ed unicamente sul risultato che trovo nel bicchiere.

- Che i turbomodernisti oggi non ci sono più, tranne qualche rarissimo caso.

- Che vorrei limitare per semplicità il discorso alla capacità del legno.

Tu hai mai trovato un Nebbiolo che facesse largo uso di legni piccoli ai livelli di grandissimo vino della denominazione? Ai livelli di Monfortino, per capirci.


Provo a risponderti:
- nemmeno io sono un enologo, ma visitando le aziende e spulciando borchure e schede tecniche si ricavano informazioni molto dettagliate su come nascono tanti Barolo e Barbaresco;
- lo penso anch'io.
- limitare il discorso alla capacità del legno, secondo me, è una semplificazione che mortifica molte delle tante variabili che rendono il vino tanto divertente ed emozionante (e danno senso a discussioni come queste)

Sull'ultimo punto, decisamente interessante, credo che non ci possiamo capire se non definiamo un quadro di riferimento più ampio. Se è solo il Monfortino la chiave per dirimere la questione, dovrei concludere che in Italia tutti i bianchi devono essere fatti in legno e con varietà internazionali, dato che il più grande bianco italiano mai bevuto in vita è stato il Fiorano Semillon '71.. :D
Innanzitutto, quindi, quanti sono e quali sono i riferimenti indiscussi e unanimamente condivisi di Barolo e Barbaresco? Quelli che, per capirci, sono stabilmente e per molti oltre i 95? Se sono pochi, come credo, il campione diventa talmente ristretto da obbligarci a ragionare su un bel po' di altre cose prima di arrivare alla dimensione del legno: posizione della vigna e sua gestione, innanzitutto, manico, eccetera eccetera. Se allarghiamo il campione, invece, tipo ai top 20, sono certo che in mezzo ci troviamo anche nebbioli affinati in barriques usate o affinati in barriques + botte grande o affinati in tonneaux per un 15%+legno da nuovo da 20, ecc., e cioè lo schema non schemabile che oggi domina la scena.
E non ho nemmeno iniziato con le macerazioni, i contenitori dove si fanno, le temperature, le estrazioni, i periodi e i materiali dove si fanno le malolattiche, altri fattori decisivi nello stile finale sicuramente non di meno rispetto all'età e alla dimensione del legno.. :D
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda alexer3b » 02 giu 2011 20:03

de magistris ha scritto:E non ho nemmeno iniziato ...

Per fortuna.

Alex
Oggi, in latino...l'ha pijata ar culo. (Romano ad honorem 08-10-2008)

... a Nossiter (come ai suoi compaesani) bisognerebbe spiegare che quando avrà capito l’importanza di usare il bidet sarà sempre troppo tardi… :lol: (anonimo 07-02-2012)
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda manichi » 02 giu 2011 20:52

de magistris ha scritto:
Innanzitutto, quindi, quanti sono e quali sono i riferimenti indiscussi e unanimamente condivisi di Barolo e Barbaresco? Quelli che, per capirci, sono stabilmente e per molti oltre i 95? Se sono pochi, come credo, il campione diventa talmente ristretto da obbligarci a ragionare su un bel po' di altre cose prima di arrivare alla dimensione del legno: posizione della vigna e sua gestione, innanzitutto, manico, eccetera eccetera. Se allarghiamo il campione, invece, tipo ai top 20, sono certo che in mezzo ci troviamo anche nebbioli affinati in barriques usate o affinati in barriques + botte grande o affinati in tonneaux per un 15%+legno da nuovo da 20, ecc., e cioè lo schema non schemabile che oggi domina la scena.
E non ho nemmeno iniziato con le macerazioni, i contenitori dove si fanno, le temperature, le estrazioni, i periodi e i materiali dove si fanno le malolattiche, altri fattori decisivi nello stile finale sicuramente non di meno rispetto all'età e alla dimensione del legno.. :D

Certamente le variabili sono tante e le sfumature ancora di più , però alcune tendenze generali è possibile coglierle come l'affermazione di macerazioni medio-lunghe , l'uso di legni non tostati o con bassi livelli di tostatura , il fatto che l'affinamento 100% barriques nuove si a ormai parecchio limitato etc.
Detto questo per me la cosa principale è che un grande vino sia espressione del territorio e non deve essere pesantemente condizionato dello strumento utilizzato , quando ciò avviene ci troviamo di fronte ad un difetto come per il vino brettato o poco pulito .
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finii con un flauto spezzato
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Re: Bollettino AVR - " Turbo o Aspirato? " da pag.125

Messaggioda meursault » 02 giu 2011 21:40

Devo dire che in maggior parte concordo sia con De zozzonis che col papero.
Ad oggi possiamo dire che comunque in Langa c'è una maggiore consapevolezza tecnica e quelle che 15 anni fa erano due fazioni quasi contrapposte di pensiero oggi si sono molto avvicinate......diciamo che non esistono più mi va benissimo.
Però deve ribadire due concetti che vorrei fossero chiari.
1) Se è vero che le distanze si sono ridotte è però anche vero che mentre i vinificatori più tradizionali hanno affinato in parte la loro tecnica, facendo vini più puliti e riuscendo a domare il Nebbiolo meglio, i modernisti invece non hanno dato semplicemente una smussatina alle loro tecniche, hanno innestato una retromarcia piuttosto repentina e sono tornati verso affinamenti più tradizionali. Mi sembra una differenza significativa ed esplicativa del fatto che da una parte precisa ci fosse una tecnica migliore per le caratteristiche del Nebbiolo.
2) Partendo dal ragionamento nel punto sopra ribadisco che se come dice giustamente oggi De Magistris non ha senso restare divisi in fazioni, però io non ci sto a mettere tutti gli attori di quegli anni sullo stesso virtuoso piano. Se da un certo punto di vista è vero che la scossa dei modernisti ha messo in moto un processo probabilmente virtuoso, dall'altra parte la ricetta modernista di quegli anni andava palesemente in una direzione distruttiva per il Nebbiolo.
Non mi interessa dire chi ha vinto o chi ha perso perchè non si vince niente, ma in quegli anni i produttori modernisti avevano intrapreso una strada che avrebbe portato il Nebbiolo alla rovina.....o quasi.
Alessandro dice che l'ala massimalista non sempre trionfa, ed in questo caso è stato così, ma io non ne sono proprio sicuro e soprattutto non mi sento di assegnare coccarde a profusione a chi in quegli anni di fatto proponeva una tecnica produttiva avvilente per il Nebbiolo.......
...non può superare un certo delta, altrimenti, scusassero, uno dei due non ci ha capito un cazzo di quel vino(vinogodi)
La valutazione è oggettiva a meno di un delta (limitato, diciamo circa 5 punti) dovuto alla inevitabile componente soggettiva(fufluns)
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda Pigigres » 03 giu 2011 14:58

de magistris ha scritto:In nessun modo sono rinvenibili miei interventi dove si diano giudizi di valore sul ruolo della fase "modernista".

Perfetto, allora ci capiamo e possiamo discutere del resto.
de magistris ha scritto:Continuo invece ad insistere, ma colgo poca disponibilità altrui a mettersi in discussione su questo punto, su quello che a me sembra un processo davvero interessante del presente: la difficoltà, se non l'impossibilità di ricondurre una quota rilevante dell'eccellenza langarola (magari non gli over 95 ma gli 88-92 usati prima come esempio sì) ad un preciso schema bipolare.

Nessun problema a dire la mia. Sono d'accordo che non esista più oggi un preciso schema bipolare. Perlomeno non come c'era qualche anno fa. Io però ritengo fondamentale il fatto che ad oggi i figli di quella cultura moderna, pur aggiustando il tiro, non siano ancora riusciti a produrre un vino, che io sappia, ai massimi livelli della denominazione. Oggi i Barolo/Barbaresco di vertice sono tutti figli invece dell'altro modo di intendere l'espressione del Nebbiolo di Langa. Questo a me fa riflettere, e non credo di essere nel torto se affermo che la i più grandi Barolo che abbia mai bevuto non siano stati quelli che dal modernismo si sono avvicinati al tradizionalismo, bensì il contrario: quelli che dal tradizionalismo si sono avvicinati al modernismo. Questa non è una differenza da poco.
de magistris ha scritto:Sul discorso guide-critica enologica: a parte il fatto che anche allora non esisteva un'unica critica indistinta e ribadita la mia idea che molti errori sono stati fatti, mi sembra che anche su questo punto sia una perlomeno una banalizzazione-semplificazione di comodo inferire che il nebbiolo fosse in crisi negli anni '80 perché chi scriveva non capiva e stava aspettando Langa In. Mi sembra che a volte, mi ci metto anch'io ovviamente, noi appassionati facciamo iniziare e finire il mondo a quei 20-30 produttori (fai tu il numero) che ci piacciono e beviamo con continuità, dimenticando il fatto che un distretto è qualcosa di molto più complesso. Assaggiando oggi certi strepitosi ed emozionanti Marcarini, Mascarelli, Prunotto, Pira, Ceretto, ecc. degli anni '70 e '80 è facile concludere che già allora ci fosse poco da dover migliorare o cambiare. Però, non so a te, in questi anni mi sono capitate altrettante bottiglie di altri produttori di quel periodo (anche molto ben reputati oggi) molto stanche, rustiche, fragili. al netto delle cattive conservazioni. Forse che forse il grosso dei nebbioli dell'epoca non fosse così meravigliosamente classico come appaiono i loro omologhi contemporanei? Forse che forse quei vini facevano fatica non solo per la critica ma anche perché erano un bel po' lontani dal loro pieno potenziale? Forse che forse su dati macro il livello qualitativo in Langa è in ultima analisi assai migliore oggi di 30 anni fa?

Su questo posso solo commentare quanto riferitomi da altri, e confermato anche da te, dal momento che allora non c'ero. A quanto ne so, in quegli anni, la denominazione era in forte crisi. Si vendeva tanta Barbera e Dolcetto, mentre il Barolo, solitamente caratterizzato da acidità limite e tannini devastanti, anche se considerato il più grande vino italiano, non se lo filava nessuno. Questo è quello che mi è stato riferito da persone che hanno vissuto quegli anni.
Partendo da queste premesse, sono d'accordo con te; e si capiscono tante cose. Anzitutto che il Barolo di oggi NON rispecchia più quello descritto sopra. Oggi si fanno dei vini che sono buonissimi quando escono e sono ancora più buoni dopo qualche anno. Ieri sera Pajorè 2007 Rizzi era qualcosa di fenomenale, nessuna durezza e beva disarmante, ad esempio. In attesa di sapere come evolveranno fra alcuni decenni, a me sembra che oggi in Langa si siano finalmente superate le limitazioni della tradizione per ottenere dei vini veramente classici, per definizione.

Su questo siamo tutti d'accordo, ho solo dei dubbi che bisogni ringraziare Langa In per questa rinascita. Alla fine della fiera, a me sembra che i tradizionalisti abbiano semplicemente mantenuto la stessa idea di vino, facendo delle piccole e opportune correzioni. Il movimento modernista invece si è posto come antitesi a questa idea di vino. Questa antitesi non sembrerebbe essere stata del tutto ingiustificata, visto quello che abbiamo detto sopra (vini acidissimi e tannicissimi, duri...); cioè nasceva da un esigenza, quella di fare del vino più buono e godibile da giovane. Peccato che la ricetta era completamente errata, perché i loro vini facevano schifo sia da giovani che da vecchi. La ricetta giusta, infatti, è stata quella di avvicinare il tradizionale al moderno (e non il contrario) come ci testimoniano i vini di Mascarello, Conterno, Roagna di oggi.
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Re: Bollettino AVR - " Turbo o Aspirato? " da pag.125

Messaggioda birrachiara » 03 giu 2011 15:41

Per Paolo alias De magistris, ma anche per wineduck ed altri ---è da fustigazione confessare che mi piace Icardi ? :D :D :D
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Re: Bollettino AVR - " Turbo o Aspirato? " da pag.125

Messaggioda Kalosartipos » 03 giu 2011 15:42

birrachiara ha scritto:Per Paolo alias De magistris, ma anche per wineduck ed altri ---è da fustigazione confessare che mi piace Icardi ? :D :D :D

Ho visto impiccare per molto meno :lol:
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Re: Bollettino AVR - " Turbo o Aspirato? " da pag.125

Messaggioda Pigigres » 03 giu 2011 15:45

birrachiara ha scritto:Per Paolo alias De magistris, ma anche per wineduck ed altri ---è da fustigazione confessare che mi piace Icardi ? :D :D :D

In effetti Pafoj 1997 ha dei poteri taumaturgici mica da ridere... :mrgreen: :lol:
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Re: Bollettino AVR - " Terzo Tempo " da pag.124

Messaggioda davidef » 03 giu 2011 18:53

de magistris ha scritto:
Pigigres ha scritto:A me Paolo interessava anche approfondire con te il discorso sulla vinificazione.

Premesso che:

- Io non sono enologo, quindi in quello che dico mi baso solo ed unicamente sul risultato che trovo nel bicchiere.

- Che i turbomodernisti oggi non ci sono più, tranne qualche rarissimo caso.

- Che vorrei limitare per semplicità il discorso alla capacità del legno.

Tu hai mai trovato un Nebbiolo che facesse largo uso di legni piccoli ai livelli di grandissimo vino della denominazione? Ai livelli di Monfortino, per capirci.


Provo a risponderti:
- nemmeno io sono un enologo, ma visitando le aziende e spulciando borchure e schede tecniche si ricavano informazioni molto dettagliate su come nascono tanti Barolo e Barbaresco;
- lo penso anch'io.
- limitare il discorso alla capacità del legno, secondo me, è una semplificazione che mortifica molte delle tante variabili che rendono il vino tanto divertente ed emozionante (e danno senso a discussioni come queste)

Sull'ultimo punto, decisamente interessante, credo che non ci possiamo capire se non definiamo un quadro di riferimento più ampio. Se è solo il Monfortino la chiave per dirimere la questione, dovrei concludere che in Italia tutti i bianchi devono essere fatti in legno e con varietà internazionali, dato che il più grande bianco italiano mai bevuto in vita è stato il Fiorano Semillon '71.. :D
Innanzitutto, quindi, quanti sono e quali sono i riferimenti indiscussi e unanimamente condivisi di Barolo e Barbaresco? Quelli che, per capirci, sono stabilmente e per molti oltre i 95? Se sono pochi, come credo, il campione diventa talmente ristretto da obbligarci a ragionare su un bel po' di altre cose prima di arrivare alla dimensione del legno: posizione della vigna e sua gestione, innanzitutto, manico, eccetera eccetera. Se allarghiamo il campione, invece, tipo ai top 20, sono certo che in mezzo ci troviamo anche nebbioli affinati in barriques usate o affinati in barriques + botte grande o affinati in tonneaux per un 15%+legno da nuovo da 20, ecc., e cioè lo schema non schemabile che oggi domina la scena.
E non ho nemmeno iniziato con le macerazioni, i contenitori dove si fanno, le temperature, le estrazioni, i periodi e i materiali dove si fanno le malolattiche, altri fattori decisivi nello stile finale sicuramente non di meno rispetto all'età e alla dimensione del legno.. :D



superquotone...anche perchè Monfortino fa gara a se come vino assoluto e non come Barolo, la denominazione è tarata su cose ben più terrene e fascia di punti che De Magistris citava in altro intervento direi che è centratissima.

è come cercare di impostare un parallelo tra Amarone zona Classica e Zona Est oppure tra i vari sistemi di affinamento lì prendendo come pietra di riferimento la Riserva di Quintarelli :lol:
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Re: Bollettino AVR - " Turbo o Aspirato? " da pag.125

Messaggioda de magistris » 03 giu 2011 20:49

birrachiara ha scritto:Per Paolo alias De magistris, ma anche per wineduck ed altri ---è da fustigazione confessare che mi piace Icardi ? :D :D :D


Paolone, pensa che a me ultimamente ripiace Rocche dei Manzoni... secondo me la ruota con i cavalli ce la fanno insieme... :lol: :oops:
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