M. de Hades ha scritto:Del resto, almeno tra i produttori seri, anche negli anni passati non ho mai visto veri e propri turbomodernisti nell'accezione "bardamu-semplicistica", ma solo qualche sperimentatore che, appunto in quanto sperimentatore, osava su nuove strade per poi tararsi in base alle nuove esperienze, come sempre avviene quando si vuole progredire nella qualità.
Volendo chiarire il punto di un giro di commenti che mi parevano un po' surreali, stante la chiarezza della figura che tutti abbiamo ben presente, mi sono andato a rileggere il punto iniziale con particolare attenzione.
Se ci limitiamo ai "produttori seri", allora la definizione è autoportante: un produttore serio non fa vinazzi turbomodernisti, come non fa vinacci veterotradizionalisti. Quindi tutti i buoni produttori definiti come quelli che fanno vini buoni, non fanno vini cattivi. Sono in forma oggi, eh?
Rimarrebbe da capire cosa si intende per "turbomodernista", a questo punto. Non so che cosa tu intenda per accezione "bardamu-semplicistica", ti posso dire per averla verificata spesso in degustazione che quando si cominciò a parlare di turbomodernismo l'idea non era semplicistica, ovvero grossolanamente inclusiva, bensì semplice. Turbomodernista era un vino in cui le note tipiche della lavorazione moderna mettevano il turbo, ovvero passavano dall'essere parte del quadro tecnico del vino ad essere elementi dominanti del vino.
Bassissime rese/lievi surmaturazioni/fermentazioni brevissime/rotomacerazioni veloci/coda di fermentazione e malolattica in legno nuovo/100% barrique 100% nuove/batonnage intensi e ripetuti/impiego massiccio di tannini enologici, arabinolo, mannoproteine eccetera
A questo si univano i frequenti sospetti di ricorso a vitigni non autorizzati, che ovviamente non sono da ascrivere alla lavorazione moderna, per quanto si siano manifestati all'incirca nello stesso periodo con i vitigni internazionali. Prima si usavano per lo più tagli del meridione italiano.
Nelle batterie di Barolo e Barbaresco di quegli anni degustare era in questo senso enormemente più facile di oggi:
un quarto dei vini puzzavano di legno vecchio, tartrati, volatili, ossidazioni e brett,
un quarto e oltre puzzavano di vernice, lucido da scarpe, zabaione e trucioli,
un quarto scarso era vino slavato e impreciso senza particolari ambizioni,
un quarto era ben fatto, e ci si poteva divertire a concentrarsi sulla degustazione di fino su un ristretto numero di campioni.
Oggi se si fa un decimo in tutto con la somma delle prime tre categorie è tanto.
“La cultura è organizzazione, disciplina del proprio io interiore; è presa di possesso della propria personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere la propria funzione nella vita, i propri diritti e i propri doveri.”