paolo7505 ha scritto:Verissimo anche questo, loro, seri professionisti, probabilmente al fischio di fine partita staccano e timbrano il cartellino come facciamo noi quando finiamo di lavorare, io quando giocavo non ce l'ho mai fatta, ma ripeto il calcio non è il rugby..........
Io la penso diversamente.
Una persona equilibrata, che concepisce in maniera lucida il significato reale del calcio (il che non significa semplificarne il rilievo sociale, ma collocarlo correttamente), semplicemente non prova ostilità emotiva verso l'avversario.
La velocità con cui sa distaccarsi dal quadro competitivo anche rude che caratterizza il tempo di gioco, per riappropriarsi della sua normale quadratura emotiva verso le persone e verso il mondo è segno della sua buona costituzione mentale.
I tifosi che non fanno altro che pensare a quegli infami dei loro nemici di tifo per tutta la settimana dimostrano di vivere il calcio in maniera compensatoria, a dire il meno.
I problemi del calcio, è molto che lo dico, nascono tutti nella testa dei tifosi. L'eccesso di denaro che circola nell'ambiente, le pressioni politiche e l'inevitabile corruzione di tutto il sistema a cui abbiamo tutti assistito ne sono l'inevitabile conseguenza.
Il fatto che i tifosi pretendano che i giocatori siano emotivamente coinvolti quanto loro nella contrapposizione simbolica verso l'avversario, anche quando il gioco è finito, la dice lunga su quale sia il vero bisogno soddisfatto dallo spettacolo odierno del calcio. Nulla di diverso dallo spargimento di sangue del vecchio Colosseo.
L'in*****tura dopo il fischio finale può rimanere solo se qualcuno durante la partita ha violato lo spirito sportivo. Il che è il discorso opposto: si censura nella vita reale chi dà troppo valore al fatto sportivo, prostituendone la natura fino a violare intenzionalmente la correttezza del gioco. Invece qui si censura chi dimostra di dare al calcio la sua reale dimensione: quella di un gioco, in cui la finzione è l'ostilità, e la verità lo spirito di lealtà e di amicizia.
“La cultura è organizzazione, disciplina del proprio io interiore; è presa di possesso della propria personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere la propria funzione nella vita, i propri diritti e i propri doveri.”