fly666 ha scritto:speriamo che arrivino altri fondi extra per la ricostruzione in Romagna perchè i soldi che abbiamo sono vincolati e dobbiamo spenderli velocemente altrimenti non arrivano gli altri ..
Se questo governo cialtronesco non avesse azzerato la struttura operativa che gestiva il PNRR sotto Draghi per metterci solo persone fedeli, non si sarebbero persi sei mesi e non correremmo il rischio di dovere perdere tanti bei miliardi che ci stava regalando l'Europa.
Vedasi la solita inchiesta settimanale di Milena Gabanelli sul TG de La7 stasera, o sul Corriere:
Per gestire i 192 miliardi del Pnrr ci vuole un fisico bestiale!
Il piano industriale sottoscritto con la Commissione Ue non permette rallentamenti: le scadenze di rendicontazione sono ogni sei mesi, e solo se hai fatto quello che hai promesso la Commissione paga.
La struttura Draghi nasce con tre livelli di controllo: quella tecnica di Palazzo Chigi, che si interfaccia con quelle del Mef e dei
Ministeri. Il punto di contatto con Bruxelles lo tengono Chigi e il Mef. A fine ottobre 2022 cambia il governo, e come è naturale
cambiando i ministri c’è un periodo di stallo.
Il 10 novembre 2022, Giorgia Meloni conferisce a Raffaele Fitto l’incarico di ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr. La decisione è di accentrare tutto nella nuova «Struttura di missione » in capo a Fitto.
Il Piano è da correggere perché nel corso dell’anno sono aumentati i prezzi dell’energia, è esplosa l’inflazione e ci sono gli inevitabili aggiustamenti in corso d’opera. La Struttura però è una scatola vuota e per diventare operativa ci vuole un decreto,
che viene emanato solo il 26 aprile. Intanto cosa succede in questi sei mesi?
La Segreteria tecnica e l’Ufficio centrale della Ragioneria dello Stato, che danno la tabella di marcia, coordinano e controllano l’avanzamento lavori dei Ministeri, delle Regioni e si interfacciano con la Commissione, procedono. Le strutture tecniche però entrano in un limbo: le persone non sanno se saranno riconfermate, anche perché sul piano della comunicazione il nuovo governo mette le mani avanti. Il ministro Fitto a dicembre davanti alla Commissione Politiche dell’Unione Europea dichiara:«L’obiettivo di spesa per quest’anno non sarà assolutamente raggiunto». Giorgia Meloni il 4 dicembre: «È un dato incontrovertibile che dei 55 obiettivi da centrare entro fine anno a noi ne sono stati lasciati trenta».
Informazione scorretta: poche misure richiedevano effettivamente un’accelerazione, che c’è stata. E infatti a fine dicembre il Mef manda puntualmente la rendicontazione a Bruxelles per il pagamento della terza rata, che vale 19 miliardi di euro.
19 miliardi ancora bloccati
Nel piano di riqualificazione urbana i Comuni di Firenze e Venezia infilano gli stadi. I Ministeri competenti sono Mef e Ministero dell’Interno che avrebbero dovuto aprire i documenti e dire: «Alt, questo non c’entra nulla con la rigenerazione urbana». Non lo hanno fatto, e ovviamente la Commissione quei fondi li depenna.
C’è da trattare sul decreto concorrenza: per migliorare le finanze pubbliche, le concessioni dei porti non devono durare 60 anni, ma va rispettato un limite proporzionato all’investimento.
C’è da discutere sul teleriscaldamento: i progetti rinnovabili collegati alla rete gas potrebbero essere non ammissibili, pur essendo il bando già prediscusso e pienamente valido.