Messaggioda landmax » 11 ott 2020 21:22
Eccomi finalmente, ultimo fra gli ultimi (cit.!), a parlare della stupenda giornata chez Ivò.
Mi scuso davvero con il munifico padrone di casa per il ritardo con cui scrivo (purtroppo dovuto all’accumularsi di vari impegni lavorativi e non).
Del cibo, al solito, non posso che tessere le lodi. Questa volta, la mia personale menzione d’onore va ai crostini con porcini e formaggio e agli incommensurabili uccelletti al tegame.
Passiamo ai vini!
CHAMPAGNE B.d.B. GRAND CRU (BOUZY) CUVEE DE MELOMANE HERBERT BEAUFORT (DA MAGNUM): forse ci si poteva attendere qualcosa in più da un grand cru di Bouzy, corretto ma senza particolari entusiasmi (almeno da parte mia). Sicuramente indietro, a onor del vero, come sviluppo in bottiglia.
TARLANT ZERO: non ho visto da quale annata di riferimento fosse ricavato (in retroetichetta di solito lo indicano), ma anche lui mi è parso meno intrigante di altre bottiglie bevute. In particolare, una percettibile nota fungina non me lo ha fatto apprezzare come avrei sperato.
GIALLODITOCAI 2017 VIGNAI DA DULINE: anche lui, una mezza delusione. Vino che conosco bene per avere bevuto le due annate precedenti (2015 e 2016), sempre con grandissime soddisfazioni. L’annata, per ammissione dello stesso Mocchiutti, è stata particolarmente difficile da gestire, per via del caldo estremo e della siccità, e anche un vino tratto da très vieilles vignes come questo ne ha risentito. In particolare, ho avuto la impressione di una maturazione non ottimale, forse la scelta vendemmiale è stata di raccogliere un po’ prima per non arrivare a gradazioni alcoliche eccessive. Fatto sta che il vino, pur buono, non sembra avere l’allungo e la profondità delle migliori annate. Lasciandolo nel bicchiere migliora parecchio, specie al naso, dove sfodera una florealità ammaliante, ma in bocca rimane la sensazione di un qualcosa di incompiuto.
Passando ai rossi…
Prima batteria
CHAMBERTIN 2010 TORTOCHOT: si parte subito forte con questo Chambertin, davvero compiuto e in fase di beva ottimale. Non avrà la personalità dei grandissimi, ma è un bere davvero sontuoso.
MALBEC RESERVA 2003 PRODIGO: un vino a cui daresti 10 anni di meno, ancora giovanile nel suo proporsi con un frutto perfettamente integro. Gestione dell’alcol perfetta nonostante la gradazione importante. E qui mi fermo con i complimenti, nel senso che mi è parso un vino di stile internazionale (pur senza caricature), che non mi ha lasciato particolari ricordi. Comunque apprezzabile e certamente adatto a un pranzo di cacciagione.
MONTEVERTINE 2002: gioca i suoi 20 minuti tutti in finezza e ricamo. Poi rapidamente si spegne, ma quei 20 minuti sono bastati per farci godere!
Seconda batteria
FLACCIANELLO DELLA PIEVE 2014 FONTODI: molto buono grazie all’annata (e non nonostante), mi vien da dire. Vino in questo momento davvero godibile, vino dell’enologo ma cum judicio, più vivace che tronfio. Credo davvero che l’annata, in generale grama, in questo caso abbia consentito di ricavare, grazie a una selezione rigorosa delle uve, un vino non privo di eleganza (eleganza che in altre annate recenti non ho ritrovato). Promosso.
CHIANTI CLASSICO GRAN SELEZIONE SAN LORENZO 2010 CASTELLO DI AMA: questo, invece, una vera porcheria, ahimè. Spinto e turbo-modernista, è già decotto al naso, mentre in bocca è tutto un tannino ellagico concentrato a centro bocca. Spero in una bottiglia sfortunata, ma se il vino è proprio così… astenersene!
BARBARESCO PAJÉ VECCHIE VITI 2012 ROAGNA: vino della giornata, per me, insieme al Porto. Magnifico già dal colore, di un rubino-granato traslucido, sembra colto all’apice della sua parabola evolutiva (alla faccia di chi - me compreso - vorrebbe sempre aspettare vent’anni prima di bere un grande nebbiolo!). Fa della finezza e del ricamo la sua cifra stilistica. Al naso è appena caldo (ci sta, l’annata), ma quintessenziale della qualità dei migliori nebbiolo, davvero ampio e cangiante. In bocca il tannino è di pura seta e come molti grandi vini ha la capacità di (quasi) nascondersi a centro bocca, per poi irradiarsi in un finale profondo e di rara piacevolezza. Super-chapeau.
BAROLO VIGNA ARBORINA 1999 ELIO ALTARE: anche questa un’altra porcheria, purtroppo. Ancora abbastanza giovane al naso, dove peraltro suona accordi piuttosto banali, è tuttavia in bocca a rivelarsi insopportabile, almeno al mio palato: una inutile concentrazione di tannini a centro bocca, per un finale corto e amaro.
Terza batteria
SASSICAIA 1995: un notevole conseguimento. Non sono in generale un fan del Sassicaia, ma devo dire che questa bottiglia mi ha davvero riconciliato con il nostro campione nazionale. Ha tutto: un frutto vivo, ancora croccante, con buon corredo di terziari (speziatura di cannella e chiodi di garofano in evidenza) ed in bocca è davvero armonico, elegante, profondo. Gli manca forse un filo di emozionalità, ma ad avercene.
SOLAIA 1990: un altro grande vino. A differenza del Sassicaia, questa bottiglia sembra aver raggiunto la piena maturità, ma è ancora integro e assolutamente da godere in questa fase. Elegante, profondo, grande bevuta.
CHATEAU PALMER 1990: preso da solo, è oggettivamente un grande vino, ma a mio parere questa volta è risultato meno intrigante dei due vini precedenti. In particolare, l’ho trovato un po’ monocorde al naso, dove le pirazine la facevano da padrone, pur non mancando le classiche note di spezie e goudron. In bocca è elegante e setoso, ma un gradino sotto ai due vini precedenti, a mio avviso, in termini di piacevolezza complessiva.
CHATEAU MOUTON ROTHSCHILD 1980: per i miei gusti questa bottiglia, pur ancora molto buona, aveva oltrepassato l’ottimo. Meno Mouton al naso di altre annate, l’ho trovato un po’ seduto. Per carità, il vino c’è eccome, ma non mi ha sedotto.
Finale
PORTO VINTAGE 1945 REAL COMPANHIA VELHA: non avevo mai bevuto un Porto di questa cantina, che scopro essere la più antica in attività dell’intera denominazione (dal 1756). Un vino di fulminante bellezza: già dal colore, di un oro brillantissimo, senza alcun cedimento che faccia pensare ad un vino ricavato da uve a bacca rossa (come dovrebbe essere da disciplinare, io credo). In realtà, i profumi sono la quintessenza di un grande Porto vintage d’antan, ciò che mi fa ipotizzare che il colore sia semplicemente “precipitato” nel corso degli anni. Se già gli effluvi ammaliavano, è però la bocca ad essere davvero entusiasmante: glicerica, calda, di impressionante dinamica, ti inchioda al sedile come una Delta 4x4 16 valvole! Finale caldo e irradiante, pressoché interminabile. Vino di Emozione.
VINO SANTO 1920 FAMIGLIA DILETTI: e come può non essere un’Emozione sorseggiare una albana - orgoglio della mia terra - di 100 anni? Di fronte a certi nettari, non si può che cercare di mettersi in ascolto, in religioso silenzio. Profumi al solito di assoluta unicità, pressoché impossibili da trasferire a chi non ha avuto la ventura di provarli. La bocca è forse meno dolce e vivida di altri campioni assaggiati, ma pur sempre di puro piacere.
Non potrò mai essere abbastanza riconoscente ad Ivo per tutto questo. GRAZIE.