gianni femminella ha scritto:Domandona.
Luciano ( o chiunque altro abbia voglia di cimentarsi ) , cosa potrebbe accadere dopo che Italia, Spagna, Germania, Francia e compagnia bella avranno speso cifre enormi per sostenere la popolazione e le aziende?
Lasciamo stare il risvolto sanitario, sennò diventa troppo complicato. A me piacerebbe sapere se questo produrrà, ad esempio, inflazione, o se di riflesso darà dinamica all'economia, oppure se produrrà disoccupazione. Ho usato parole generiche, ma penso che tu possa capire facilmente cosa intendo dire. Non pretendo dieci pagine di risposte. Solo uno schema semplificato di quello che ritieni più o meno probabile.
Negli anni a venire ovviamente ti rinfacceremo tutto quello che dirai

Prima di leggere il report di McKinsey ti rispondo.
Nell'immediato il rallentamento o il fermo di molti servizi e di alcune fabbriche causerà un calo, secco e di varia profondità a secondo degli stati, del PIL, che è una misura dinamica e non statica. Questo fenomeno verrà rinforzato dal calo degli scambi globali a mano a mano che il contagio si diffonderà in maniera seria negli stati occidentali e in funzione diretta della risposta più o meno tardiva e appropriata degli stessi alle esigenze di contenimento.
A mitigare gli effetti sociali del calo interverrà la spesa pubblica, che già in Italia, Germania e USA si sta mettendo in moto; Francia seguirà, Spagna boh, mi pare siamo in mezzo al mare. Chi ha una storia importante di ammortizzatori sociali ne farà abbondante uso, gli altri faranno darwinianamente, come sempre.
L'inflazione non si muoverà assolutamente, anzi, calerà e si rischierà una deflazione in alcuni paesi, dato che il calo del PIL si rispecchia nel calo della domanda e le basi economiche insegnano che è l'eccesso di domanda a provocare un aumento dei prezzi.
I debiti pubblici aumenteranno non di poco ma soprattutto si confronteranno con denominatori (il PIL) in calo, prima che le economie ripartano abbastanza velocemente per potere definire la successiva ripresa a forma di V.
La fortuna di questa circostanza sarà che non assisteremo a crisi finanziarie, che hanno generato cali lunghi e riprese deboli, a mio parere.
Se le banche centrali e i governi sapranno affrontare rapidamente il lato economico, mettendo in campo il migliore Keynes (ma quanto hanno bisogno Germania e USA di migliori infrastrutture pubbliche, per esempio?), non vedremo la copia della crisi del 2012-13.
Chiudo approfittandone per criticare quella che ritengo la peggiore sciagura dei tempi moderni, la destra populista, ben rappresentata da Trump, Johnson, Salvini, Kaszinski, Orbàn e al governo anche in Australia nonché ben attiva in Austria e Germania.
Se le cause della emersione di questa tendenza politica rimandano alla rabbia delle fasce di lavoratori che, a causa della globalizzazione, hanno visto posti di lavoro, quote di stipendio e aspettative di ascesa trasferirsi a Est, generando un'area di risentimento pronta ad accendersi ai proclami facilmente illusori e consolatori; dobbiamo però rinfacciare a costoro che chi ha creato le condizioni di base sono proprio le stesse persone della destra anglosassone, prona non tanto al libero mercato quanto ai profitti dei loro finanziatori, che ora invocano al potere sperando in una resurrezione quando invece troveranno solo ulteriori sacrifici e penalizzazioni.
E che se analizziamo l'efficacia delle risposte statali alle circostanze economiche non possiamo non notare come chi si è posto obiettivi di lungo periodo (Cina, Corea, Giappone, Singapore) continui a mietere successi nonostante le immense fragilità che nascondono, mentre il blocco occidentale naviga confuso e apparentemente inerme, dipendendo dagli umori di un elettorato volatile e disancorato da realtà e visioni.
E' il mio un appello all'uomo forte? No, neanche per sogno. Piuttosto ad una politica forte, che non legga il sondaggio per capire cosa fare (vedi Salvini banderuola, chiudiamo-apriamo-chiudiamo-boh). E' l'eredità irrisolta della "fine della storia" come la definì Fukuyama.
Un'altra cosa che vedremo, qui e là, sarà l'accorciamento della supply chain; il reshoring, cioè il rientro in patria di produzioni delocalizzate. In Europa ci sono accenni di singole voci politiche in tal senso. Non abbastanza per definire una tendenza ma sufficienti a percepire un mood che si sta ampliando. Effetti? Forse pochi, vedremo.