Konstantin_Levin88 ha scritto:pudepu ha scritto:Franco Biondi Santi faceva le riserve con vigneti di almeno 25 anni di eta'. Peccato che non ci sia piu' almeno avresti potuto spiegargli che stava perdendo tempo...
Hai detto una quantita' di castronerie in questi ultimi post che non saprei da dove iniziare....Wineduck ha scritto:littlewood ha scritto:Ale avere vigne vecchie e' un vantaggio x tutti i produttori a qualsiasi latitudine....la differenza fondamentale fra sangiovese e nebbiolo e' che il primo e' molto piu' sensibile al mal d' esca che e' un vero flagello x riuscire ad avere vigne longeve. Qui incidono moltissimo i terreni ma soprattutto una gestione corretta della vigna e soprattutto della potatura..
Le cause sono molteplici e non ridurrei tutto a questioni di "abilità" dei vignaioli perchè almeno nel Chianti Classico (ripeto a Montalcino può darsi che sia diverso) tutte le aziende fanno la rotazione dei terreni e non credo che non ci sia gente in grado di potare correttamente la vigna (quelli bravi non saranno tantissimi ma sono presenti in tutte le aree geografiche).
Sulla questione delle malattie sto zitto perchè non sono ferrato sull'argomento: mi limito a riportare che tutti i produttori spiegano che la produttività del Sangiovese dopo vent'anni praticamente si azzera.
Io inoltre su questo argomento la penso esattamente come Armando Castagno: "non esiste alcuna prova scientifica che il vino prodotto da vigne vecchie sia migliore di quello prodotto da vigne giovani". E se lo dice lui che ha studiato a fondo la Borgogna (possiamo dire che sia uno dei massimi esperti a livello mondiale di quel territorio) che sulla storia delle "vecchie vigne" ha inc... ehm... fatto marketing in modo esasperato a svantaggio di milioni di consumatori.... credo sia alquanto attendibile!
Secondo te non c'è differenza qualitativa tra la produzione di una vigna di 7 anni e un'altra (stesso vitigno, esposizione, terreno, conduzione agronomica, ecc...) di 70?
Cosa ti ha fatto pensare che non ci sia differenza? Che sia tutta fuffa? Mi interessa, perchè anch'io ho sempre paura di prendere lucciole per lanterne su questi argomenti, per cui sono sinceramente interessato alla tua opinione.
Posso dirti che ho conosciuto diversi viticoltori che erano SINCERAMENTE convinti di fare del vino migliore con le loro vigne più vecchie, di cui selezionavano le uve, magari anche senza riportare in etichetta il fatto che fossero vigne vecchie (cioè non usavano l'informazione per marketing...). La prova provata non c'è mai, perchè di solito per un vino "superiore" si usa un protocollo differente, per cui non si possono paragonare. Ho conosciuto altri viticoltori che invece la pensano come te, cioè che sia un'invenzione finalizzata al marketing.
Io tendo a pensare che le viti vecchie facciano una certa differenza, ma sono curioso di sentire la vostra opinione.
La mia opinione, che vale come mia personale opinione e basta: non esiste NECESSARIAMENTE una correlazione tra età delle vigne e qualità del vino.
In alcuni casi, ben noti e di grande importanza a livello planetario, è straordinariamente frequente constatare un autentico assestamento della qualità del vino anche oltre i 25 anni che citava Pudepu a proposito delle riserve di Biondi-Santi, età che assolutamente non inquadra e non riguarda il problema perché ci sono molti luoghi del mondo del vino dalla cultura profondissima in cui una pianta di 25 anni è considerata unanimemente in fase post-adolescenziale. A dire che non esistono leggi generali, ma qui davvero solo casi specifici.
Il dato più evidente portato come contributo dalla vigna vecchia, stando agli studi dei più importanti agronomi del mondo, è l'annullamento tendenziale, cioè come minimo il calmieramento, dell'effetto-annata, cioè della divaricazione qualitativa dei vini a seconda dell'andamento stagionale. In soldoni: una vigna vecchia "se ne frega" o quasi dell'annata, mentre una vigna molto giovane amplificherà gli effetti dell'annata nel vino, i quali effetti risulteranno enfatizzati, nel bene e nel male. Anche nel bene, qualche volta: chissà cosa doveva essere a livello di frutto, appena uscito, La Tache 1952, vino leggendario ottenuto da piante molto giovani.
Una varietà che non ha mai mostrato di avvantaggiarsi in modo significativo dell'età della pianta è ad esempio la Barbera.
Una varietà che certamente si avvantaggia sotto diversi aspetti dell'età della pianta è il Pinot Nero, per il quale il contenimento delle rese in vino è semplicemente basilare, e la vigna vecchia ha questa caratteristica: produce acini tendenzialmente più concentrati, e talvolta meno grappoli (non sempre; piuttosto, fa quasi sempre meno foglie, e questo fornisce aerazione e migliora il microclima del vigneto).
Il Pinot Nero ha una pellicola dove altre uve hanno la buccia, e pertanto teme muffe e marciumi come l'uomo teme la peste, la morte, l'Agenzia delle Entrate o la Lazio nei minuti di recupero. Per cui, lo si pianta sempre in luoghi fortemente drenanti, ma per ciò stesso poverissimi di acqua negli strati superficiali; l'allungamento dell'apparato radicale, che oltre i 60/70 centimetri serve SOLTANTO per l'acqua e l'ancoraggio al suolo (mancano infatti alla radice i recettori delle sostanze minerali-nutritive del primo orizzonte di sottosuolo), è per il Pinot Nero garanzia di vita e di sanità. Oltre a questo, le vecchie piante "agostano" meglio delle giovani, e questo per il Pinot Nero è fondamentale, perché l'agostamento, ovvero la lignificazione del raspo e dei vinaccioli, consente se perfetto di vinificare con una quota o persino in tutto "a grappolo intero", con aumento di struttura polifenolica del vino senza inficiarne la delicatezza generale, e con miglioramento dell'ossigenazione del vino nelle prime fasi, senza dover travasare con le pompe in modo ripetuto.
Inoltre, le piante vecchie presentano spesso delle caratteristiche superiori dal punto di vista "botanico", perché innestate in campo (o addirittura non innestate; ma non è che dalla zona di Tramonti o dal giardino del Castel Katzenzungen, due luoghi dove allignano mostri botanici secolari, vengano i più grandi vini del mondo) anziché in vivaio, "al tavolo", dove le condizioni sanitarie e il tipo di taglio (omega, oggi, per la grande parte) non sembrano lavorare per una longevità della pianta paragonabile a quella della pianta innestata in campo o a piede franco.
Poi: una vigna vecchia presenta certamente una popolazione di individui assai più variegata di una vigna recente messa giù con i cloni, o addirittura con un solo clone: questo porta a una tendenziale (tendenziale) possibilità di aumento della complessità del vino finale.
Infine, come credo nell'esperienza di chiunque ci abbia fatto caso, un assaggiatore assiduo può fornire esempi numerosi di vini mediocri da vecchie vigne e di vini grandiosi da piante di meno di 20 anni o persino meno di 10. Per la mia modesta esperienza, posso dire che spesso alla domanda - che pongo SEMPRE - sull'età delle piante di un vino che mi è parso fantastico ho avuto indietro risposte veramente sorprendenti, e sempre nel senso che non mi sarei aspettato tanta complessità da piante così giovani. Ma non con tutte le varietà di Italia e Francia: in alcuni casi, come accennavo, profondità, morbidezza naturale, complessità e carisma sono costante patrimonio dei vigneti più vecchi.
Un abbraccio a tutti, vi leggo con piacere pronto a imparare e nel caso a cambiare idea.
Armando