Messaggioda BarbarEdo » 17 apr 2019 18:28
Fear and loathing in Tortona
È da un po' che volevo scrivere due righe su Claudio Mariotto, dopo una "visita in cantina" (se così si può definire) di alcuni giorni fa, che si è rivelata un'esperienza al contempo surreale, folle, divertentissima, estremamente istruttiva, enoicamente esagerata, folle (l'ho già detto?)... Insomma, da raccontare.
Arrivo a Vho, poco fuori Tortona, verso le 15 circa... cortile deserto. Incrocio per caso il fratello del titolare che mi accompagna in una stanza dove trovo quattro uomini intorno a un tavolo con una trentina di bottiglie sopra. Due sono visitatori, come me. Gli altri due sono, rispettivamente, Claudio Mariotto e "Pigì".
Partiamo da Claudio: sulle prime ricorda un curioso incrocio tra una rockstar e un "simpatico sociopatico" stile criminal minds. Ha due passioni nella vita: la prima è quella che.. ehm... accomuna tutti noi utenti del forum, la seconda invece è il vino.
Pigì, collaboratore prima di Walter Massa, ora di Mariotto, è una figura mitologica del vino tortonese: uomo massiccio, perennemente scalzo e in salopette blu, barba raccolta in due ciuffi da due elastici colorati. I suoi discorsi sono flussi di coscienza che spaziano dal mondo del vino all'economia, dalla Svizzera al Venezuela, con nessi associativi per così dire...aleatori. Al di là dell'apparente bizzarria, comunque, i due sono persone di estrema simpatia e intelligenza.
Partiamo con gli assaggi... Saranno stati venti o trenta, e non era decisamente il contesto adatto per prendere appunti, né per sputare, quindi i ricordi sfumano nell'onirico...
Tutti i vini, bianchi e rossi, sono stati serviti a temperatura ambiente.
Timorasso "vigna San Michele" 2017
..non sono sicuro del nome.. Viti giovani, primo anno di produzione. Primario, pulito, sulla frutta bianca. Sapido, piuttosto semplice. Non indimenticabile
Timorasso Derthona 2017
Il suo base. Un filo più complesso, pietra focaia e pesca bianca, misurato nel frutto e di buon equilibrio acido. Nessuno dei suoi vini, pur serviti a temperatura ambiente, appare squilibrato nell'alcol. Buon bianco, un gradino sopra.
Timorasso Cavallina 2017
Apre su un fiore solare, quasi dolce, note di fieno ed erbe aromatiche. Naso davvero espressivo e bello. Bocca fresca, sorso pulito e lungo. Il mio preferito tra i '17.
Timorasso Pitasso 2017
Naso più riservato in questo momento. Struttura più importante, tutto tensione e droiture, poco accessibile ora. Tra 3-4 anni sarà un bel bere.
Timorasso Pitasso 2006
Colore ancora giovanissimo, paglierino con un inizio di viraggio verso il dorato. Naso bello bello, maturo e solare, di pasta di mandorle netta, fiori di campo e un filo di idrocarburo sullo sfondo. Bocca di gran sapore, con analoghi rimandi. Lungo. Pazzesco.
Prima bottiglia alla cieca:
Paglierino senza cedimenti, al naso torna la pasta di mandorle intensissima, i fiori, la polvere da sparo, ancora più bello bel precedente. Sorso di integrità assoluta, perfetto, ancora più "dritto" del precedente. Penso a un'annata fresca e dico "Pitasso 2008", sbagliando non solo cru e annata, ma pure il vitigno: trattasi del Profilo 2005, selezione di uve cortese. Solforosa bassissima e un anno in acciaio sulle fecce. Tappo probabilmente miracoloso, comunque vino della giornata e uno dei più bei bianchi italiani mai assaggiati.
Orange wine 2017 "l'imbevibile"
Esperimento dalle uve del Pitasso, 30 giorni di macerazione. La vinificazione sulle bucce lo rende più aperto e pronto rispetto al "fratello" vinificato in bianco. Apre con una leggera volatile, che sparisce in 5 minuti. Fieno, agrume, albicocca disidratata, anche in bocca sembra più accessibile. Tannino appena percettibile, un buon orange, ma non lo cambierei con i suoi bianchi.
Barbera "Territorio" 2017
Solo acciaio. Alla cieca avrei detto, con tutta tranquillità: ruchè di Castagnole Monferrato. Un buon ruchè, tra l'altro: l'aromatica è quella, intensa, di rosa candita e ciliegia, con però più freschezza al sorso. Non potevo credere che fosse barbera, ma fa parte dell'esperienza surrealista della giornata. Vino semplice e ben fatto, ma molto atipico come barbera.
Freisa Braghé 2015
Acciaio. Stessa nota particolare di petali di rosa canditi, lavanda e lampone. Interessante come il terreno marchi in modo simile, quasi aromatico, alcuni vini rossi da vitigni differenti. Qui c'è un filo di complessità in più. Buona.
Croatina Montemirano 2015
Vinificazione e affinamento in legno. Composto, equilibrato, floreale fine e frutto rosso ricco, assenti le note "bucciose" o vinose di molte versioni oltrepadane. Bocca un filo in debito di freschezza.
Barbera Vho 2015
Barrique e tonneau. Altra storia rispetto al "territorio": frutto rosso molto pulito, tipico, senza fronzoli. Mano in affinamento molto equilibrata: leggera speziatura , tabacco. Barbera di una certa eleganza, solida, piacevole, in stile "moderno con cognizione". Molto piaciuta.
Barbera Poggio del Rosso 2013
Vino rosso di punta dell'azienda. Qui, vai a capire perché, torna la nota di rosa dolce, poi naso articolato tra spezie, alloro, legni nobili. Frutto non molto in primo piano. Più complesso ma meno solare del Vho, a cui va la mia preferenza.
Barbera Poggio del Rosso 2004
Barbera Vho 2003
Barbera Territorio 2003
Qui i ricordi si confondono un po'... Poggio 2004 notevole, ben terziarizzata, più sul cuoio e mallo di noce. Vho 2003 un filo ossidata, anche se ancora in piedi. Territorio 2003 (alla cieca) pazzesca: ancora un'acidità invidiabile, tutta sul fiore che sembrava un nebbiolo. Bellissima.
Il tutto accompagnato da ottimi formaggi della zona e un cotechino (!) prodotto da Claudio...
Esperienza delirante nel senso più positivo del termine... Iniziato a degustare alle ore 15:30, finito alle h 20:30. Probabilmente sono stato fortunato, trovandomi nel posto giusto al momento giusto.
Comunque sia: visita consigliata.
Primum bibere deinde philosophari