Messaggioda tenente Drogo 2 » 12 dic 2017 12:48
la versione di Oscar
(possibilmente da leggere senza pregiudizi ad hominem, insomma quella storia del dito e della Luna)
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LA GRANDE ALLEANZA CONTRO LA LIBERTA' DEGLI ORARI COMMERCIALI :UN PRETE, UN SINDACALISTA, UN DIRIGISTA E UN ANTIGLOBALISTA DECIDONO CHE SANNO COME E QUANDO SI VENDE MEGLIO DI CHI LO FA PER MESTIERE
E CHI SE NE IMPORTA SE E' IL CLIENTE A ESSERE PENALIZZATO
Luigi Di Maio annuncia che il Movimento Cinque Stelle è favorevole a intervenire per legge fissando chiusure comandate degli esercizi commerciali. Roberto Fico aggiunge che il reddito di cittadinanza, da sempre bandiera dei Cinque Stelle, potrebbe essere usato anche per pagare i ricercatori universitari che lo Stato non paga abbastanza.
Per carità, in campagna elettorale i partiti lanciano palloni e mongolfiere di ogni tipo. E’ un loro diritto. Sta agli elettori giudicare anche in materia di letteratura fantasy. Ieri al convegno del Mattino su giovani e Sud de Magistris vantava la grande ripresa napoletana, mentre De Luca annunciava una crociata contro il Nord. Cala Trinchetto, diceva un vecchio carosello. E infatti il ministro Calenda ha usato tutt’altro linguaggio, aggiungendo che di tuto il Sud ha bisogno, tranne che di dichiarare guerra al Nord o di rimpiangere il vecchio meridionalismo, tutto spesa pubblica a pioggia e in deficit.
Detto questo, le due suggestioni pentastellate sono a propria volta molto emblematiche. Di quel singolare miscuglio di paternalismo di cui da sempre si nutrono movimenti dai riferimenti culturali eclettici – una spruzzata di rock a sinistra e di paso doble a destra, ma il tutto in chiave pop neomelodica - di prevalente approccio rassicurante-populista.
Non vogliamo qui entrare nell’intreccio tecnico degli argomenti he hanno portato il nostro Paese, da 5 anni a questa parte, alla totale liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali. Leggerete altrove il paragone con la Francia che chiude ogni tanto, con la Germania che chiude spesso, con la Spagna che chiude talora. Noi pensiamo che la liberalizzazione degli orari non solo non sia sbagliata, ma avrebbe dovuto essere estesa a una miriade di settori dai quali invece la politica italiana continua ferocemente a escluderli. Sotto l’incalzare in ogni settore di artigliati interessi che difendono regolazioni e privative figlie del passato, di un mondo in cui domanda e offerta non erano aperte e globalizzate, ma s’incontravano come in un vecchio duello cavalleresco: a ore fissate e facendosi l’inchino.
Dalle concessioni balneari ai notai, dalle farmacie alle poste, dal trasporto pubblico locale a un’infinità di altri settori, avremmo dovuto fare liberalizzazioni come negli orari commerciali. E il motivo vero non è una predilezione ideologica thatcheriana, ma un semplice e devastante dato di fatto, che la politica si ostina a ignorare. Dagli anni Novanta perdiamo produttività comparata, e sappiamo dove e perché. La ricerca economica ci ha mostrato in maniera inequivoca che le imprese italiane esposte al morso della concorrenza internazionale fanno il miracolo di un export che in questo 2017 sfiorerà i 500 miliardi di euro risalendo nella catena del valore, e quando hai alti costi e fisco predatorio ciò è possibile solo aumentando la produttività di tutti i fattori, non solo del lavoro. Al contrario., dove continuiamo ad avere produttività negativa è nel settore dei servizi pubblici e nei beni e servizi privati no tradable, cioè non esposti alla concorrenza domestica e internazionale. Per questo abbiamo bisogno di liberalizzare.
Qual è il principio alla base della liberalizzazione degli orari commerciali? Il fatto che non debba essere la legge a fissare la volontà del gestore di tenere aperto. Ma è questione invece che si si risolve con contratti di lavoro tra privati: del gestore con i suoi dipendenti, collaboratori e fornitori. Nella miglior ricerca di un margine che non è uguale per tutti. Ma diversamente stimabile e realizzabile a seconda del tipo di offerta commerciale, della superficie del negozio, del luogo in cui sta, dell’assortimento che propone, dei flussi di clienti che il gestore ha imparato a conoscere e valutare nel tempo. Perché chi lavora incessantemente con orari differenziati preferisce o può acquistare solo la domenica, oppure a tarda ora la sera. Che cosa c’è di sbagliato in questa preferenza per la libertà adattativa, rispetto al vincolo dirigista di legge?
Ed ecco invece che il partito che si definisce da anni della rete e del digitale, i Cinque Stelle, preferisce tutt’altra impostazione culturale. Quella che per altro, in questi anni, abbiamo visto in molte Regioni e da parte di tutti i partiti – destra e sinistra - proposta esattamente negli stessi termini che oggi i pentastellati sposano anch’essi a livello nazionale.
Cioè una singolare summa ideologica che vede sommarsi quattro pulsioni. La predica del curato che confonde teologia e regolazione del mercato, invitando a chiudere i negozi per assistere alla messa domenicale. L’omelia del dirigista di Stato, che diffida della libertà del commerciante perché inevitabilmente vi legge l’espressione di avidità di profitto. La diffidenza sindacale, ostinatamente contraria a patti di lavoro aziendali al posto di contratti nazionali, rigidi anche sul tempo di prestazione. E infine l’eco antiglobalista, per il quale la libertà di orario equivale a un assist alla grande distribuzione, ignorando sprezzantemente che essa offre naturalmente prezzi più convenienti al consumatore proprio perché ottimizza tutti i fattori di costo.
Ma chi se ne importa che il consumatore ne guadagni, è lo Stato che deve definire il ”giusto prezzo”. E’ una tesi che la politica ripropone dai tempi del calmiere di Diocleziano, e prima ancora nei prezzi del grano fissati dal faraone in Egitto. E lì vuole tornare, anche chi si ammanta di nuovo e di internet.
Quanto all’idea di Fico, chiariamoci. O il reddito di cittadinanza è uno strumento di assistenza “condizionata” a chi ha basso reddito, in cambio dell’osservanza di un percorso di formazione e ricollocazione che, se rifiutato, fa decadere il beneficio. Come i Cinque Stelle nel tempo lo hanno voluto presentare, dacché all’inizio sembrava tutt’altro. E in quel caso per discuterne bisogna però innanzitutto capire bene come si coprano i 17-19 miliardi che costerebbe: capirlo credibilmente e concretamente, non fantasiosamente, perché se no esso si tradurrebbe in una rovinosa avventura per la già molto stressata finanza pubblica italiana. Oppure è un incerto ibrido buono a ogni uso, visto che ieri Fico l’ha evocato anche come strumento di sostegno al reddito degli statali. Ma, in quel caso, al problema della copertura se ne aggiunge un altro. Evitare che diventi il disinvolto equivalente delle false pensioni di invalidità della prima e seconda repubblica. Ne abbiamo avuto abbastanza: no grazie.
I comunisti mi trattavano da fascista, i fascisti da comunista.
Tutto questo ha aiutato il film.
(Sam Fuller, a proposito di "The Steel Helmet")