Eccomi qua.
APERITIVI:
- PAUL BARA BRUT RESERVE: saltato, e non per mia volontà... (gli amici toscani erano arrivati presto e avevano una certa sete
)
- ROEDERER VINTAGE 2007: buon champagne, la liqueur e l'elevage in legno si sentono in maniera misurata e complessivamente piacevole. La bocca è abbastanza magra, ma tesa e di buona lunghezza.
- EGLY OURIET VP (sboccatura maggio 2015): di grande impatto a livello olfattivo, con note di crema pasticcera, lieviti e yogurt a dominare la scena. Bocca magistrale per finezza di perlage e pienezza, più da vino che da "champagnino", di allungo superiore. Una solida certezza.
- JACQUESSON 740 (sboccatura dicembre 2016): al naso è ancora (comprensibilmente) indietro nello sviluppo, molto fine comunque nelle sensazioni minerali. Epperò il gusto è straordinario, saporito, di impetuosa freschezza e con quella trascinante gessosità che solo i grandi champagne sanno donare. Chapeau.
PRIMA BATTERIA:
- VOSNE ROMANEE 2004 DOM. LEROY: l'avevo già assaggiato da Vinogodi anni fa e lo ricordavo meno affascinante di quanto non l'abbia trovato ieri. Invece il tempo ha giocato a suo favore (inaspettatamente, considerando l'annata), rendendone i profumi davvero magnetici: letteralmente impossibile per me staccare il naso. Un magma quasi inestricabile di aromi (in cui, random,ritrovi: spezie orientali le più varie, fragole spappolate, fragoline e lamponcini di bosco, caramella al rabarbaro, hashish e incensi, mazzi di fiori fanè, ecc. ecc. ecc.), di stupefacente intensità e bellezza. In bocca chiaramente paga il pegno dell'annata, vino più nervoso che pieno, ma cacchio: che naso!
- SODACCIO 1986 MONTEVERTINE: diciamo che, se un certo Giancarlo Marino ti suggerisce che è il più grande vino che Montevertine abbia mai prodotto, un motivo ci sarà. E dire che io ero rimasto fulminato dall'88, altro vino mostruoso. E il motivo c'è. Lento ad aprirsi, guadagna ogni minuto in definizione aromatica, in un quadro sì di terziarizzazione, ma assolutamente misurata e nobile. Anzi, mano a mano che rimane nel bicchiere (poco, purtroppo) sembra farsi sempre più giovane. Ma è la bocca il vero portento: di superiore finezza, piena ma affatto pesante, anzi trascinante di freschezza, vitale e lunghissima. Giama ha detto che non è il migliore '86 da lui bevuto (in effetti era stato portato da Martino la mattina stessa e qualche scombussolamento l'aveva avuto). A me è parsa la quintessenza della nobiltà del sangiovese.
(con lode e cuoricino)
- CLOS DES LAMBRAYS 2005 DOM. DES LAMBRAYS: stappato all'ultimo minuto, va detto. E tuttavia, seppur lasciato nel bicchiere quasi un'ora, non si è spostato di un millimetro. Chiuso a doppia mandata. L'assaggio, è vero, rivela in filigrana un vino di finezza e qualità superiori. Ma di certo è lecito aspettarsi di più da un cru del genere, per di più in (teorica) grande annata. Sboccerà prima o poi? Me lo auguro, ma se ne avessi delle bottiglie in cantina non si sognerei di aprirle prima di diversi anni. N.G.
SECONDA BATTERIA:
- BRUNELLO DI MONTALCINO 2008 VALDICAVA: non mi ha fatto una buona impressione. Smaltato al naso, abbastanza massiccio in bocca, privo della finezza che ti aspetti da un sangiovese di razza.
- BAROLO VIGNA RIONDA 2004 MASSOLINO: sempre una certezza. Chiaramente giovane, è un florilegio degli aromi più classici di Langa. La bocca è pura eleganza, pur nella presenza tannica.
- UNICO 2000 VEGA SICILIA: ok giovane, ok quel che si vuole, ma continuo a non avere feeling con questo vino e, più in generale, con vini di questa impostazione stilistica. Profumi di Big Babol, nespola spampanata e un vaniglione che più coprente non si può (e infatti guarda caso risulta affinato in botti non solo francesi, ma anche americane), in bocca è potente, ma senza grazia, senza dettaglio. A mio avviso, una delle tante
fake news del mondo del vino.
INTERMEZZO:
- VALTELLINA SUP. SASSELLA VIGNA REGINA RIS. 2007 AR.PE.PE.: non facile da giudicare dopo i vini serviti in precedenza, abbastanza indietro nello sviluppo aromatico, bellissimo però all'assaggio, pieno, disteso e armonico. Raffinato.
TERZA BATTERIA:
- MONTESODI 1995 FRESCOBALDI: per me una vera sorpresa! Grande nitidezza olfattiva, bellissimo nei profumi di foglia di alloro, foglie secche e un frutto ancora integro e per nulla cotto, la bocca cede, è vero, in profondità gustativa, ma è davvero un piacere berlo.
- PERGOLE TORTE 1996 MONTEVERTINE: per certi versi, il contrario del vino precedente. Paga pegno al naso, abbastanza sfocato e decisamente terziarizzato. Al contrario in bocca è una meraviglia, profondo, di grande armonia e distensione. 'Na chicca.
- CLOS-VOUGEOT VIEILLES VIGNES 2005 CHATEAU DE LA TOUR: se Clos des Lambrays era chiuso a doppia mandata, questo aveva proprio la cintura di castità!!! Grosso, tannico, compresso. Un magma inestricabile. Il Giama sostiene che questa sia la sua espressione "classica". E' possibile. Io che è la prima volta che lo bevo sospendo il giudizio, mi piacerebbe risentirlo tra una decina d'anni per capire se è proprio così o se non sia, piuttosto, il frutto di un'annata anomala. N.G.
- CORNAS REYNARD 2012 THIERRY ALLEMAND: la faccio breve, buonissimo. Di una finezza tannica insolita per un Cornas, è chiaramente giovane, ma già estremamente gourmand. Speziatissimo, pieno ma di grande eleganza. Datemene una damigiana.
STANDING ALONE:
- VINO SANTO 1901 FAM. DILETTI: irreale. Già dal color vivissimo, un oro liquido per nulla velato. Profumi complessi che vanno dalla cera d'api alla scorza di cedro, dalla cenere spenta a una nobile ossidazione. Profumi che ti si conficcano nella mente senza possibilità di staccarsi. L'assaggio è folgorante per vitalità, la dolcezza è misurata, magnificamente contrastata da una freschezza che invoglia a un altro sorso, e a un altro ancora. Pura magia, che solo la magnanimità del grande Ivo può svelare. Grazie davvero.
(con amore e emozione)
P.s. A questa tornata, ho trovato irresistibili i crostini di fagiano e la lepre in pancetta. Tutto comunque buonissimo.
P.p.s. Non sapendo come ringraziarlo per la sua presenza (lui e i toscani davvero dei commensali alla mano, simpatici e scherzosi), mi sono permesso di regalare a Martino Manetti, sceso dalle colline di Radda per risalire al borgo di Brisighella, uno dei miei vini del cuore, che guarda caso è prodotto proprio a Brisighella (per la precisione, in frazione Fognano). Un vino quotidiano se ce n'è uno, ma di autentica nobiltà contadina e insospettabile longevità: il Trebbiano Tèra di Fondo San Giuseppe (2013, nel caso di specie).