Diario economico

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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 24 lug 2015 22:50

Il cantone austriaco patria del semifascista-paraleghista Haider, nonché affamato arraffatore di aziende trivenete in cerca di un fisco più leggero, è sull'orlo del fallimento :lol:

http://www.corriere.it/esteri/15_luglio_15/carinzia-sull-orlo-crac-syriza-tsipras-d82244a2-2ada-11e5-8eac-aade804e2fe2.shtml

(ben gli sta)
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 31 lug 2015 10:34

A domanda banale, risposta banale.

"Perché la Fiat sembra diventare sempre più americana?"

"Perché gli utili li fa solo lì"

Fca ha chiuso il secondo trimestre 2015 con un Ebit adjusted di 1,5 miliardi, in rialzo del 58%; ricavi a 29,2 miliardi (+25%); vendite di veicoli a 1,2 milioni, in linea con il 2014.
L'Ebit adjusted è più che raddoppiato nell'area Nafta (NordAmerica e Messico) a 1.327 da 595 milioni euro. L'America Latina registra una perdita di 79 milioni da un utile di 63 milioni. In Europa (Emea) utile di 57 milioni da un saldo pari a zero, in Asia i margini calano a 47 da 110 milioni.
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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 03 ago 2015 22:37

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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 04 ago 2015 07:42

Questo report del Fmi è quanto di più sbagliato potessero pubblicare, sia ideologicamente che metodologicamente.
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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 05 ago 2015 17:44

zampaflex ha scritto:Questo report del Fmi è quanto di più sbagliato potessero pubblicare, sia ideologicamente che metodologicamente.


E che mi dici del rapporto Svimez? Anche quello è sbagliato ideologicamente?

Secondo me un minimo di "contraddittorio" alle sparate di governo deve pur esserci, perchè se l'elettore medio non prende coscienza del suo prossimo futuro continuerà a votare una classe dirigente autorefenziale e disinteressata ai veri problemi del paese, che poi sono quelli dei cittadini.

Intanto ti invito, se hai tempo, a leggerti questo articoletto sugli abili giochi di prestigio dei numeri ad uso e consumo di questo governo (ma anche di chiunque occupi la poltrona, in genere!).

https://phastidio.net/2015/08/05/sguardo-dal-ponte-su-congiuntura-bollente/
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 05 ago 2015 20:12

Il rapporto fmi è profondamente sbagliato perché fa delle PREVISIONI basandosi malthusianamente su condizioni passate, parzialmente già superate e considerate immutabili.

Il rapporto svimez invece fotografa una realtà attuale : che il sud sia alla canna del gas è cosa arcinota, non è colpa di questo governo e di quelli che lo hanno preceduto (quasi quasi nemmeno dell'ultimo Berlusconi ) , bensì dell'immaturità di un ceto produttivo arenato sul mercato locale e sul piccolo cabotaggio, di una classe politica locale votata all'arraffo e allo scambio elettorale, ma anche e forse soprattutto dei cittadini stessi che preferiscono perpetuare un modello di negazione dei diritti e diffusione a pioggia dei favori, delle raccomandazioni, del passaparola.
Se il sud non diventa più nordico e non impara a vivere la cultura del merito è destinato a campare di elemosina pubblica. Non tiratemi fuori le eccezioni per favore, la massa purtroppo va in un'altra direzione.
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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 07 ago 2015 22:14

Più passa il tempo e più sento un certo scoramento nell' essere romano, soprattutto per il fatto che è solo colpa nostra (dei romani e degli abitanti di Roma).

L'articolo al seguente indirizzo (con grafici "più" visibili!)
http://www.bloomberg.com/news/articles/2015-08-05/these-are-the-diverging-fates-of-italy-s-two-greatest-cities

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Messaggioda zampaflex » 11 ago 2015 22:54

Dal Corriere di oggi.
Delle diciannove nazioni facenti parte dell'euro, solo una ha aumentato il numero di occupati rispetto ai disoccupati tra il 2007 e il 2014: ovviamente la germania.
Le imprese italiane hanno reagito alla crisi con la risposta più facile e sbagliata : tra 2010 e 2014 hanno tagliato gli investimenti di 3 punti di pil.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 27 ago 2015 14:37

Aumentano i mutui in Italia e i prestiti al settore privato in tutta Europa. Altri piccoli segnali di (moderato) recupero.

Nei primi sette mesi del 2015 i prestiti per l’acquisto di una casa sono aumentati dell’82% per un valore complessivo di 26,6 miliardi, rispetto ai 14,6 miliardi dello stesso periodo del 2014. Lo fa sapere l’Abi con una nota parlando di «forte ripresa del mercato dei finanziamenti alle famiglie per l’acquisto delle case». Un dato simile si ritrova solo nel 2011 (26,9 miliardi).

Cresce l'erogazione di credito a famiglie e imprese in Europa, allo stesso modo che in Italia. Secondo i dati forniti dalla BCE, i prestiti alle famiglie sono aumentati dell'1,9% a luglio dopo l'1,7% di giugno.
Stessa dinamica per i prestiti alle imprese, che mostrano un tasso di crescita più contenuto dello 0,9%, ma in accelerazione rispetto allo 0,2% del mese precedente.
Per quanto riguarda le famiglie, i crediti al consumo hanno evidenziato una crescita stabile rispetto a giugno dell'1,8%, in forte accelerazione rispetto allo 0,5% di maggio, mentre i mutui erogati per l'acquisto di una casa confermano un aumento dell'1,6%, analogo al mese precedente, rispetto all'1,4% di maggio.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 01 set 2015 12:24

Statistiche ballerine quelle sull'occupazione ma il trend è quello giusto. Sperando che i problemi asiatici non abbiano effetti vistosi sulla crescita globale.

A luglio il tasso di disoccupazione è sceso al 12% dal 12,5% di giugno (rivisto dal 12,7%), tornando al livello del luglio 2013. Nel secondo trimestre il tasso di disoccupazione è al 12,1% e quello dei 15-24enni al 41,1%.

In discesa anche il tasso di disoccupazione nella fascia di età 15-24 anni, ovvero l'incidenza dei giovani disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca di lavoro, che si attesta al 40,5% dal 43,1% del mese prima (rivisto da 44,2%): anche in questo caso si tratta del minimo dal luglio 2013, quando si registrò 39,9%.

A luglio il tasso di occupazione è pari al 56,3%, in aumento di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali, e cresce di 0,7 punti su base annua. Gli occupati (22,479 milioni in totale) sono in aumento dello 0,2% rispetto a giugno (+44.000) e dell'1,1% su base annua (+235.000).
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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 01 set 2015 19:05

zampaflex ha scritto:S.....il trend è quello giusto. Sperando che i problemi asiatici non abbiano effetti vistosi sulla crescita globale.


Tranquillo, tempo 6 mesi (ma neanche!!) e si aggiusta tutto. 8)
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 04 set 2015 18:01

Articolo fon-da-men-ta-le per capire il futuro della nazione, in questo momento, più importante per il pianeta. San Marino.





No, va là, la Cina...
https://www.stratfor.com/weekly/chinas-crisis-price-change?utm_source=freelist-f&utm_medium=email&utm_term=Gweekly&utm_campaign=20150818&utm_content=readmoretext&mc_cid=d5d074175b&mc_eid=2803139456
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 06 set 2015 10:04

La Repubblica ha pubblicato i risultati di una analisi della UE sulla percentuale di IVA effettivamente incassata dagli stati rispetto al teorico dovuto. Mostruosa la differenza italiana, con un terzo dell'imposta non pagata.

http://www.repubblica.it/economia/2015/09/04/news/iva_in_italia_mancano_incassi_per_47_5_miliardi-122204068/?ref=HRLV-6
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Messaggioda zampaflex » 08 set 2015 18:08

Argomento esodati. Dopo le rumorosissime proteste, soprattutto, dei sindacati, si scopre che un quarto dei "posti" disponibili non sono nemmeno stati usati, il che vuol dire che quelle persone in realtà lavoravano. Dal Sole:

L’ipotesi per la settima salvaguardia per gli esodati
La stessa necessità si determina per l'utilizzo di una parte delle risorse non spese nelle sei operazioni di salvaguardia in corso a favore di un nuova (settima) platea di circa 25-26mila lavoratori esodati. I risparmi delle prime sei salvaguardie dovrebbe aggirarsi attorno ai tre miliardi (sui 12 stanziati) e utilizzando queste risorse con un sistema di slittamento dei termini di riconoscimento della salvaguardia si potrebbe alzare la platea degli esodati tutelati da 170mila a circa 190mila senza maggiore spesa.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 08 set 2015 18:10

La Germania, la crescita delle sue esportazioni e le cause recondite del nostro traccheggiare.

http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2015/09/08/nemmeno-la-crescita-del-costo-del-lavoro-frena-il-surplus-tedesco/

Se dal 1990 in poi le nostre aziende avessero investito in ricerca e sviluppo invece che darsi all'immobiliare, dove avrebbero potuto essere oggi?
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 11 set 2015 16:52

I sindacalisti stanno diventando i peggiori lobbisti in servizio permanente effettivo. Dei loro iscritti, che oramai sono in prevalenza pensionati o lavoratori vicini alla pensione.
Le affermazioni di Damiano, ex sindacalista, sull'entità del taglio per eventuali anticipazioni dell'età pensionabile, confrontate con i numeri di Boeri puzzavano da lontano.
Ecco che La Voce calcola i costi reali di tale proposta e smaschera il desiderio di questi succhiatori di sangue giovane, Robin Hood al contrario.

Col cavolo che basta l'1/2% anno di penalizzazione, deve essere il 4% per stare in piedi senza sottrarre risorse alla popolazione via trasferimento dall'Erario per bilanciare (cioè, maggiori tasse!).

http://www.lavoce.info/archives/36822/la-flessibilita-sulle-pensioni-ha-un-prezzo-alto/
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 17 set 2015 18:02

Aggiornamento della situazione esodati con un articolo del Corriere, davvero interessante.

Tutto parte da un’iniziativa della commissione Lavoro del Senato che ha lanciato tra aprile e luglio 2015 un censimento online. La scheda da riempire è stata proposta alla Rete degli esodati ed elaborata con la loro collaborazione. Ebbene il risultato è sorprendente: le schede compilate sono state 1.645, il 41% di chi ha risposto ha tra i 55 e i 59 anni mentre il 57% rientra nella fascia 60-64 anni. Tra i 1.645 ex lavoratori censiti solo 1.177 sono persone che rientrano nella categoria degli esodati ovvero non hanno usufruito di nessuno dei sei provvedimenti di tutela che sono stati emanati a partire dalla contestata riforma Fornero (2011). La proporzione tra coloro che hanno risposto al questionario Senato-Istat e gli aventi diritto alla salvaguardia è del 71,6% ma è il numero assoluto a generare sorpresa. Nessuno finora poteva fornire un dato certo e nelle polemiche di tutti i giorni si è arrivato addirittura a indicare la cifra-monstre di 50 mila esodati, adesso abbiamo qualche elemento in più. E non è poco per quello che ne consegue in termini di scelte amministrative e di discussione politica.

Se guardiamo nel dettaglio i risultati del censimento possiamo constatare come il rapporto di lavoro sia cessato per licenziamento nel 50% dei casi, per dimissioni o risoluzione consensuale negli altri. Hanno goduto di un incentivo all’esodo pagato dall’impresa titolare del rapporto di lavoro 848 soggetti ovvero il 51,6% di chi ha compilato il questionario. Dettaglio molto interessante: in un caso su sei l’incentivo a lasciare l’azienda è stata la contemporanea assunzione di un figlio. Per quanto riguarda gli studi un numero cospicuo (871) è in possesso di un diploma di scuola media superiore, sono meno (444) coloro che si sono fermati dopo la scuola media inferiore o l’avviamento professionale. I laureati non sono pochi: 227 e ci sono addirittura 45 tra titolari di master universitario o dottorato. Dopo la risoluzione del rapporto di lavoro il 21% ha svolto un’attività lavorativa temporanea e quasi sempre si è trattato di un lavoro subordinato. Senza voler esagerare i dati dell’Istat ci aiutano a inquadrare meglio il fenomeno non solo da un punto di vista quantitativo (con la sorpresa di cui abbiamo parlato) ma anche qualitativo.

Riepilogando la situazione la domanda che sorge immediata è una: è possibile che ci siano degli esodati che non hanno compilato il questionario e quindi il numero di 1.177 non sia veritiero? Con il buon senso si può rispondere che sicuramente ci saranno delle persone che per qualche motivo - non esclusa una forma esplicita di non collaborazione - non hanno partecipato all’indagine conoscitiva ma comunque è assai difficile che partendo da 1.177 casi si possa andare troppo più in là. Una chiave di lettura dell’enorme differenza tra i 50 mila virtuali e i poco più di mille reali la fornisce il senatore Pietro Ichino che per primo aveva proposto il censimento. «La realtà è che quasi tutti coloro che oggi si qualificano come esodati e chiedono un nuovo intervento di tutela sono semplicemente disoccupati ultracinquantacinquenni. Il cui problema sicuramente va affrontato ma con altri strumenti, che privilegino il loro reinserimento nel tessuto produttivo e non sanciscano invece l’espulsione definitiva».

Ma se i dati fossero così drasticamente ridimensionati come si giustifica la dura battaglia che cerca di inchiodare il governo per aver dimenticato la portata del fenomeno? Ichino non ha dubbi: «La contestazione che avviene sotto la bandiera degli esodati ha un contenuto effettivo diverso: chi la conduce, in Parlamento e fuori, si propone si smontare la legge Fornero. E di tornare a prepensionare i cinquantenni».
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 24 set 2015 17:32

Avvisate Harmattan, può rimettere l'attico sul mercato! :mrgreen:

È il secondo trimestre del 2015 che segna il cambiamento di passo nel mercato immobiliare italiano. Secondo l’ultima pubblicazione dell’Osservatorio dell’agenzia delle Entrate nel periodo considerato, da aprile a giugno di quest’anno, si è registrato un incremento del 6,8% nelle compravendite immobiliari.
Il comparto residenziale, che costituisce la parte preponderante del mercato, ha registrato transazioni in aumento dell’8,2% rispetto allo stesso periodo del 2014, valore che nelle città capoluogo segna quasi un +10%. Bene anche il commerciale che segna un +10,3%, mentre restano col segno meno il comparto produttivo (-8%) e il terziario (-3,8%).
Nel segmento residenziale il trimestre si è chiuso con 116.500 compravendite (poco più di 89mila le pertinenza passate di mano, che sono perlopiù box e posti auto), contro le 95.454 transazioni del primo trimestre 2015.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 24 set 2015 17:34

Questo post invece parla dei nostri cuginastri spendaccioni.

Per i francesi il giorno della “liberazione fiscale”, quello cioè in cui hanno finito di lavorare per pagare le tasse e iniziato a guadagnare per sé, è stato quest’anno il 29 luglio. Uno in più rispetto all’anno scorso, tre in più rispetto al 2010. Lo ha calcolato, come ormai da tempo, l'Istituto economico Molinari, sulla base delle cifre rielaborate da Ernst&Young.
In Europa solo il Belgio, che ha però appena varato una riforma fiscale favorevole soprattutto alle imprese, è messo peggio (6 agosto). Per la Germania la “liberazione fiscale” è arrivata il 10 luglio, per l’Italia il 2 luglio, per la Gran Bretagna addirittura il 9 maggio.
Il prelievo complessivo sui redditi dei lavoratori dipendenti francesi è quindi del 57,5% (quello medio Ue è del 45,1%). E i 41 miliardi di alleggerimento fiscale sulle aziende (in quattro anni) deciso dal Governo per rimediare all’inasprimento imposto tra il 2011 e il 2014 e ridurre il costo del lavoro non cambieranno di molto le cose: il prelievo scenderà al 55,8%, collocando la Francia al terzo posto in Europa, dopo Belgio e Austria.

In sostanza su un costo del lavoro annuo medio di circa 55.800 euro (il quarto nella Ue), i dipendenti francesi ne intascano 23.700 (undicesimi in Europa). Con oneri sociali per 28mila euro su 32mila di prelievo complessivo, il cuneo fiscale più alto del continente. Per dare al proprio dipendente 100 euro di potere d’acquisto, il datore di lavoro ne deve spendere 235, rispetto a una media Ue di 187 (l’Italia è a 200, la Germania a 210, la Spagna a 176, la Gran Bretagna a 154).

Se si prende in considerazione un altro indicatore, quello cioè relativo alla pressione fiscale generale in rapporto al Pil, comprensiva di tutti i redditi, la situazione non è meno drammatica: è al 44,7%, un livello che colloca la Francia al secondo posto in Europa dopo la sola Danimarca (che potrebbe essere superata quest’anno). Il prelievo effettivo sul valore aggiunto delle imprese (quello nominale può arrivare al 38,3%), peraltro più forte sulle medie imprese perché le piccole hanno un trattamento agevolato e le grandi possono contare sui complessi meccanismi di ottimizzazione, è del 25,5% (23,7% in Italia, 13,9% in Germania), con un differenziale – stando ai calcoli del Medef, la Confindustria francese – di circa 134 miliardi rispetto alle imprese tedesche. E la tassazione sui capitali sembra fatta apposta per disincentivare gli investimenti a rischio: la Francia è al terzo posto in Europa, con un prelievo medio sui dividendi del 40,2% e sulle plusvalenze mobiliari del 58,2% (42% oltre i due anni e 64% entro i due anni di possesso). Il centro studi Rexecode ha calcolato che cumulando tutti i redditi e le relative tassazioni (patrimoniale compresa) si può arrivare all'assurdità di un prelievo abbondantemente superiore al 100 per cento.
Una simile pressione fiscale – che molti definiscono “confiscatoria” e che da anni Banca di Francia, Ocse e Bruxelles nelle sue ripetute raccomandazioni chiedono di diminuire perché ritenuta il principale freno, insieme alle rigidità del mercato del lavoro, alla competitività e all’attrattività della Francia – serve a sostenere i costi dell’enorme spesa pubblica del Paese.

Cresciuta negli ultimi 15 anni di una cifra pari al 6,2% del Pil (nello stesso periodo quella media europea, complice la crisi, è salita del 4,9%, mentre quella tedesca è scesa dello 0,3%), ha raggiunto quota 57,2% del Pil. Un livello che colloca la Francia al secondo posto in Europa, dietro alla sola Finlandia. Metà di questa spesa (il 26% del Pil) serve a finanziare un sistema di welfare particolarmente generoso e strutturalmente in profondo rosso (a partire dalla mostruosa macchina di sostegno alla disoccupazione, che ha ormai accumulato un deficit di 26 miliardi). E un quarto (il 23% del totale, pari al 13% del Pil) per pagare gli stipendi dell’esercito di dipendenti pubblici (protetti da uno statuto anacronistico che garantisce condizioni privilegiate rispetto al privato e la non licenziabilità): 5,5 milioni di persone, il 22,5% della forza lavoro complessiva (rispetto al 17% della media Ue, al 15% dell'Italia, all’11% della Germania), la percentuale più alta in Europa dopo i Paesi del Nord
Sul banco degli imputati c’è soprattutto quello che viene abitualmente chiamato “il millefoglie territoriale” e sul quale la Corte dei conti continua a sparare ad alzo zero: 22 Regioni (ora portate a 13), 96 Province, 15.400 organismi intercomunali, 12 città metropolitane e 36.500 Comuni (il 41% di tutta Europa!). Una miriade di enti locali, dalle competenze spesso sovrapposte, che assorbono il 20% della spesa pubblica complessiva e che spendono il 24% delle entrate (trasferimenti compresi) solo per gli stipendi (35 miliardi in più negli ultimi sei anni, con un numero di dipendenti salito di 100mila unità a 1,9 milioni). Secondo i calcoli della Banca di Francia, tra il 2000 e il 2014 al netto delle necessità e degli oneri legati alla decentralizzazione, gli enti locali hanno registrato un incremento “non giustificato” di 416mila addetti (+30%, rispetto al +12% dell’intera amministrazione pubblica) e del 39% delle spese di funzionamento.

È evidente che questo circolo perverso ha conseguenze disastrose sull’efficienza dell’intera economia e disincentiva l’imprenditorialità. Basti ricordare che i margini delle società sono scesi a livelli storicamente bassi (meno del 29%, rispetto al 40% delle concorrenti tedesche) e che solo adesso, grazie ai crediti d’imposta varati d’urgenza per cercare di evitare la catastrofe, stanno lentamente risalendo sopra il 30 per cento. Comunque troppo poco per investire, assumere e remunerare il capitale.
Purtroppo non si può neppure dire che questa fiscalità punitiva (che comprende, unico caso in Europa, anche un'imposta patrimoniale e spinge gli alti redditi a emigrare) sia servita a mettere ordine nei conti pubblici. Visto che, nonostante entrate pari al 53,1% del Pil (48% in Italia, 44,3% in Germania), la Francia sta faticosamente cercando di portare il proprio deficit nominale al 3,8% (quello strutturale è dell’1,3%, il più alto dell’Ocse) e di evitare che il debito sfondi la soglia del 100% del Pil. L'amara constatazione è quindi che nessun altro Paese europeo (forse al mondo) ha nel contempo un fisco così vorace e conti pubblici così squilibrati.

Il futuro prossimo non giustifica inoltre alcun ottimismo. Della “grande riforma fiscale” promessa da François Hollande all'inizio della sua presidenza non si vede l’ombra e le misure di riduzione della spesa pubblica (50 miliardi in tre anni) sono in realtà finalizzate a limitarne l’aumento. La crescita prevista (peraltro superiore all’1% medio annuo) è certo inferiore a quella media del periodo 2007-2012 (3,3%) e a quella tendenziale (2,5%), grazie a tagli che stanno peraltro provocando la rivolta dei sindaci, ma di crescita pur sempre si tratta (quando invece l’Ocse scrive che la spesa si può ridurre in volume dell’1% annuo aumentandone l'efficienza e senza conseguenze sul livello dei servizi). E la prevista abolizione delle Province è stata rimandata al dopo 2017, cioè quando ci saranno con tutta probabilità un altro presidente e un altro Governo. Mentre la pressione fiscale, pur nelle eccessivamente positive previsioni del ministero delle Finanze, rimarrà superiore al 44% del Pil. E la spesa al 55 per cento.

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-09-24/parigi-soffocata-spesa-pubblica-073943.shtml?uuid=ACJvOj3
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Re: Diario economico

Messaggioda Tex Willer » 06 ott 2015 16:27

http://www.lastampa.it/2015/10/06/ester ... agina.html

Air France non si voleva comprare Alitalia??? Pezzenti! :P
Se qualcosa è gratis, il prodotto sei tu
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 06 ott 2015 18:34

Tex Willer ha scritto:http://www.lastampa.it/2015/10/06/esteri/lira-di-hollande-sul-caso-air-france-violenze-inaccettabili-hK1yST5mE6xQ8VzmyOBEEO/pagina.html

Air France non si voleva comprare Alitalia??? Pezzenti! :P


gli (le?) sta bene! :lol:
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 06 ott 2015 18:40

Due daterelli che smontano la vecchia nozione del costo del lavoro caro in Italia.

Fatto 100 il netto percepito dal lavoratore, in Italia il lordo è 200; in Germania 210; in Francia 235.
L'aliquota fiscale sugli utili di impresa (dati 2014) in Italia è il 31,4%, in Germania il 30, in Francia il 33,3.

Insomma, a fare tutta la differenza sono il contesto (soprattutto burocratico), ma principalmente l'insufficiente livello di produttività dei fattori usati dalle imprese italiane. Livello che deriva principalmente da un fattore, con varie ricadute: la bassa spesa per ricerca e sviluppo di nuovi prodotti. Questo fa si, per esempio, che troppe aziende restino ancorate a prodotti a basso valore aggiunto. Pensiamo per esempio alla (oramai persa) chimica fine, quando da noi si investiva solo in quella di base?
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 09 ott 2015 18:13

Altra tappa sul furto perpetrato dai pensionati ai danni della collettività: un centro studi ha calcolato i livelli corretti delle pensioni attualmente pagate, in base ai contributi versati.

"Prendiamo il caso dei tanti baby pensionati. Chi avesse cominciato a riscuotere un assegno di mille euro a quarant’anni di età con 17 anni di contributi versati e altri 45 di aspettativa di vita (è quella attuale per le donne, per gli uomini è di poco inferiore) sarebbe stato omaggiato dallo Stato e dagli altri lavoratori con ben 442.800 euro. E non è nemmeno il caso più estremo. Le cosiddette pensioni «baby» sono state eliminate più di vent’anni fa, ma di situazioni simili a questa ne esistono diverse centinaia di migliaia. Per ogni mille euro di pensione, 820 vengono letteralmente regalate al pensionato che si trova in tali condizioni.

All’opposto di questa situazione si collocano coloro per i quali la pensione retributiva, calcolata cioè in rapporto allo stipendio, coincide con l’assegno contributivo, vale a dire misurato esclusivamente sui contributi versati. Un punto di equilibrio che nelle proiezioni di Baldassarri calza addosso a pochissimi: almeno 63 anni di età, almeno 43 anni di contributi versati e altri 22 anni di aspettativa di vita. Senza considerare, ovvio, la reversibilità ad eventuali superstiti. I calcoli attuariali del resto sono spietati: riducendo i requisiti anagrafici o i versamenti, il metodo retributivo regala sempre qualcosa. Con questo sistema un lavoratore che si ritirasse a 57 anni con 37 di contributi avrebbe una pensione superiore del 30% a quella contributiva. Un cinquantacinquenne con 35 anni di versamenti, addirittura del 40%.

Il che consente di fare anche il ragionamento inverso, e cioè di valutare quanti soldi si dovrebbero rimettere decidendo di andare prima in pensione, come sembrano prevedere alcune proposte in gestazione, ma senza il regalino del metodo retributivo. A 60 anni e con ben 40 di contributi, il taglio sarebbe del 16,8 % A 58, del 26,9 . A 54, del 43,1. "
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 11 ott 2015 11:27

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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 28 ott 2015 13:35

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