Al 59 Via Brunetti a Roma: tipica cucina emiliana. Ci vado per continuare la mia ricerca di un valido indirizzo per mangiare emiliano a Roma.
Ci mettiamo seduti e subito vediamo menu e carta dei vini e già qui ho iniziato a capire che qualcosa non andava: carta dei vini composta per l’80% da vini da supermercato venduti a 4 volte il loro prezzo e da “chicche” tipo supertuscan più in voga a prezzi allucinanti.
Chiedo un Pinot nero dell’Alto Adige e non ce l’hanno. Mi propongono un Lagrein “ è la stessa cosa” ..
Ordino tortelli di zucca ferraresi ma li fanno solo con burro e salvia: dopo breve trattativa ottengo che me li facciano al burro e parmigiano, insieme ordino un piatto di tortellini in brodo e per secondo carrello dei bolliti: carrello che non hanno funzionante, mi riferiscono, i bolliti li portano dalla cucina. Ed in effetti mi accorgo che il carrello dei bolliti è presente ma funziona da porta oggetti e fioriera.
Passano 45 minuti e non si vede nessuno: da noi perché gli altri tavoli che sono arrivati dopo hanno già ricevuto il piccolo omaggio dello chef(due suppli
) ed il primo piatto e noi nulla.
Faccio presente che forse si erano dimenticati qualcosa, e, per incanto, arriva il piccolo omaggio dello chef che rifiutiamo ,che viene tranquillamente omaggiato al tavolo dietro al nostro. ]:)
Arrivano finalmente i nostri primi piatti
I tortellini sono immersi in un brodo di acqua calda con tracce d’olio e sanno esclusivamente di noce moscata.
I tortelli di zucca sono 4 , uno aperto, e sono ricoperti di una salsetta rossastra che temo sia il ripieno del tortello aperto amalgamato con l’acqua di cottura.
Lo chef viene al nostro tavolo con la solita domanda “Tutto bene”? Gli faccio notare l’accaduto e lui mi accusa di essere prevenuto e mi invita ad andare via.
Cosa che faccio prontamente senza pagare: e lo ringrazio perché ho la sensazione che se avessimo proseguito oltre ad un conto stratosferico(i tortellini sono a 14 euro ed il bollito a 22) avrei scritto queste note dal letto di un ospedale.
Alcune riflessioni su questa esperienza le volevo fare.
Il cuoco ha passato quasi tutto il suo tempo nella sala, ad omaggiare gli ospiti, a preoccuparsi che non ci fossero spifferi alle finestre, che la musica non fosse alta, che avessimo trovato parcheggio facilmente e così via.
Fosse stato in cucina non so se le cose sarebbero andate meglio per lui, non credo: certi piatti non possono essere serviti neppure in una mensa aziendale, figuriamoci se si possono definire cucinati espressi.
Ma almeno non avrebbe dato sfoggio della sua ipocrisia chiedendo ad un cliente che ha chiaramente rifiutato il cibo che gli hai mandato se andava tutto bene: che si aspettava che gli dicessi, che la mer@a che ha tentato di somministrarmi mi era piaciuta?