Ecco la mia panoramica della giornata. Ringrazio come sempre Marco della splendida ospitalità: MVP della giornata un baccalà squisito (e insolitamente NON stra-salato, come si è abituati a mangiarli di solito) e spadellata di salsicce e funghi da endovena!!!
JEAN VESSELLE Champagne Brut “Réserve”: l’ho bevuto forse un pò distrattamente perchè eravamo ancora al pre-aperitivo e si stava un pò cazzeggiando. Detto ciò, mi è parso piacevole, ma non molto di più. Molto pulito al naso, non particolarmente complesso, ha una bella freschezza agrumata, ben integrata nel corpo del vino, tuttavia abbastanza esile.
86/100
EGLY-OURIET Champagne Brut Grand Cru ’04: con questo, invece, si fa veramente sul serio. Bevuto che non è tanto lo ’02, mi pare che in questo momento questo ’04 regali più soddisfazioni del fratello maggiore (che data l’importanza dell’annata ha forse bisogno di ancora qualche annetto in bottiglia). Regala bei profumi (ampi, ma non amplissimi) di crosta di pane, tostatura, caffè, cedro, la classica nota rancide e, poi, in seconda battuta, cannella. E’ la bocca però a rivelare una stoffa di prim’ordine, potente, freschissima (a dispetto di altri ’04 bevuti, Dom Perignon in testa) e molto lunga. Unico piccolo neo: una bollicina non particolarmente integrata (ma non certo grossolana), forse è solo la gioventù dell’imbottigliamento, chissà.
93/100DOMAINE LEFLAIVE Puligny-Montrachet 1er Cru “Clavoillon” ’11 (Magnum): al netto delle valutazioni sulla gioventù del vino (del tutto evidente), risulta comunque un pochino deludente. Il naso non si apre nemmeno dopo un’ora e mezza nel bicchiere, giocando su note, molto delicate, di pera, cipria, specie dolci, leggera polvere pirica. In bocca è quasi più magro che delicato (anche in rapporto alla tipologia e, soprattutto, al fatto che si tratta di un 1er cru), ha comunque grande freschezza e un buon allungo sapido-agrumato. Ma da un manico del genere mi aspetto forse di più. Opto per un’annata non memorabile (ma non ne sono certo).
88/100
GAJA Barbaresco ’99: stappato da Marco all’ultimo in sostituzione di un 2001 tappato, rivela da subito la sua bontà e il suo carattere, tanto che per un po’ mi è parso anche migliore del Sorì Tildin ’95 (il quale però è uscito alla grandissima alla distanza). Al naso un netto lampone e una balsamicità conturbante (alloro), il rovere si sente ancora un po’ ma non è prevalente, scia sapida di salamoia e tanto altro; in bocca è veramente grande, potente ma slanciato, con un’estrazione tannica finissima, per un finale molto lungo. Darà il meglio di sé fra qualche annetto (diciamo fra il 2020 e il 2049… vedere seguito), ma già oggi davvero un grande barbaresco.
93/100
GAJA Barbaresco Sorì Tildin ’95: questo, invece, buono sin da subito, esce prepotentemente alla distanza. Il primo naso è floreale (azzardo una rosa appassita) e fruttato (marasca), poi pian piano escono i terziari (rabarbaro, cioccolato), il tutto in un quadro davvero articolato e mobile. La bocca ora è perfetta: l’estrazione tannica è puntiforme, la freschezza contrasta magistralmente la dolcezza del frutto, il finale è ampio e profondo.
95/100
GAJA Barbaresco ’87: qui, invece, sembra sentirsi l’annata un po’ debole e il vino appare in fase declinante. Naso non pulitissimo, completamente terziarizzato, la bocca è magra, anche se non diluita, comunque meglio la bocca (ancora viva) che il naso.
84/100
GAJA Barbaresco ’74: che dire, è davvero emozionante bere un vino di quarant’anni che in bocca scalpita ancora come un ragazzino! Il colore qui è molto più scarico dei Gaja che si è abituati a bere, anche al naso è praticamente impossibile riconoscere la presenza del legno piccolo (che pure già allora veniva utilizzato). Foglie secce, marasca, il naso gioca sull’eleganza e la delicatezza. Quando lo assaggi, rimani di stucco: tannini e freschezza sono talmente vivi da dare una sensazione di una tale gioventù! E non è per modo di dire. E pur essendo ormai un quarantenne ha ancora tanta pienezza, unita all’eleganza. Il finale, sa va san dir, è lungo e irradiante.
97/100
GAJA Barbaresco ’64: sembra quasi replicare il vino precedente, soltanto si invertono un po’ i fattori: il naso è più intenso, anche più articolato, la bocca, invece, pur essendo ancora di una piacevolezza assoluta, manca forse della “forza motrice” del fratello minore. Ma avercene tutta la vita!
95/100
GAJA Barbaresco ’58: si tratta di una riserva uscita nel marzo 1965 (contrassegnata dall’etichetta nera, anche se non dichiarata espressamente come “riserva”), quando Angelo Gaja aveva da poco preso le redini dell’azienda del padre Giovanni. Ha fatto un doppio passaggio in botti piccole (
), come si apprende dalla brochure rimasta per 66 anni nel retro del fazzoletto che avvolge la bottiglia. Di un bellissimo color melograno, il vino ha cominciato il suo lento declino, al naso si avvertono i primi sentori fungini, ma, porca miseria, la bocca c’è ancora tutta! Grassa, vibrante, freschissima. Chapeau.
92/100
VIETTI Barolo Riserva “Villero” ’07: certo che dopo questa sfilata di mostri, è come un brusco atterraggio. Vino quasi invalutabile in questa fase: compresso al naso, dove oltre alla componente fruttata marca il legno (mi è stato assicurato non piccolo, ma certamente nuovo), la bocca è a “V”: apre larga, chiude stretta e amarognola. Da rivedere fra molti anni, ma forse si è trattata di bottiglia non performante (anche se senza alcun difetto).
87/100BRUNO GIACOSA Barolo “Le Rocche del Falletto” ’01: grande. Il naso più articolato dell’intera giornata, davvero ampio: parte con un’evidente fruttato dolce (marasca, caramella al rabarbaro), poi vira su spezie dolci (curry), foglie secche, pasta di olive, e poi ancora sentori floreali (glicine) e balsamici (china). Bocca mirabile per eleganza e potenza “terrosa”, tannini finissimi, finale lunghissimo.
97/100
BIONDI-SANTI Brunello di Montalcino Riserva ’01: come ho già scritto, per me un tappo subdolo c’era eccome, con sentori di fecce e straccio bagnato che non se ne sono andati mai. Bocca altrettanto magra (per essere una riserva BS, tra l’altro in ottima annata) e irriconoscibile. Per questo, coerentemente, non esprimo un giudizio.
ALDO CONTERNO Barolo Riserva “Granbussia” ’99: grande vino anche questo, soltanto appena più prevedibile aromaticamente (il legno marca ancora un poco) e meno complesso di quello di Giacosa. Però la bocca è davvero grande: l’estrazione tannica ancora in evidenza, una freschezza viva, il lungo finale di tabacco dolce da pipa restituiscono l’impressione di un vino dal grande potenziale, ma ancora parzialmente inespresso.
94/100
DOMAINE PERROT-MINOT Charmes-Chambertin vieilles vignes ’99: vino davvero “fuori contesto”, da molti bocciato, a mio parere, perché in bocca sembrava si perdesse. Eccecredo!!! Dopo un’infilata di tannini nebbioleschi come quella di cui sopra, nessun pinot nero ne sarebbe uscito vivo (ok, quasi nessuno). Non sto parlando evidentemente di qualità, ma di percezione gustativa, i palati di tutti, a mio avviso, erano ormai “tarati” su ben altre estrazioni. Premesso ciò, a mio parere il vino era molto buono, anche se forse non entusiasmante. Il naso è da grande pinot noir di Borgogna: lampone, arancia rossa, specie dolci, leggera salamoia, sentori muschiati. La bocca, come detto, sembrava un po’ debole rispetto alle precedenti, ma ti accorgevi che non era così dal finale davvero lungo, fresco ed agrumato.
92/100
GIUSEPPE MASCARELLO Barolo Riserva “Cà d’Morissio” ’95: lo premetto subito, a me non è piaciuto. Nel senso che da una riserva di tale fama ti aspetteresti ben altro. Il naso appariva già un po’ scollinato, sentori di funghi e carne frolla la facevano da padrone. La bocca, pur elegante e fresca, appariva tuttavia un po’ esile ed anche nel finale ritornavano quelle note un po’ evolute che tendevano a prevalere.
88/100GIACOMO CONTERNO Barolo Riserva “Monfortino” ’95: qui siamo su ben altro registro, anche se l’annata fredda si avverte anche sul Monfortino. Delicati ma piacevolissimi profumi di vaniglia, anguria, tabacco, foglie secce; bocca misurata, più elegante che potente (per essere un Monfortino), gli manca però un po’ di ciccia a contrastare la forza tannica, il finale è comunque molto lungo ed altrettanto piacevole.
92/100
COMM. G.B. BURLOTTO Barolo “Vigneto Monvigliero” ’04: dopo la complessità dei precedenti, ci si presenta di fronte un vino più semplice, ma non privo di interesse. Caramella al rabarbaro, china, tamarindo al naso; bocca energica ed elegante. Devo dire però che le mie papille gustative erano ormai sature e lo dovrei riassaggiare per valutarlo con piena cognizione di causa.
89/100 (da rivedere)
CASCINA FONDA Moscato d’Asti ’14: di bevibilità assassina, è un moscato affilato ed elegante, dai profumi intensi.
86/100
CAPPELLANO Barolo Chinato: servito bello fresco, è una vera goduria.
88/100