Messaggioda samuyahu » 09 giu 2013 14:51
Sabato 1 Giugno
Quella bottiglia di Champagne Beaufort 2002 era (diversamente da altre) libera sia da riduzioni che da ossidazioni; agrumi canditi e freschi, zenzero, fiori dolci, arancia dolcissima e crema pasticcera, mineralità insistente di mare e ostriche. Bocca di perfetta calibrazione tra sale, dolcezza, freschezza con aromi di gigli amari, che accelera e incede lunga e molto piacevole.
Clos Vougeot Grand Cru 2000 Domaine de la Vougeraie amaro e maturo al naso, con la bocca dall'attacco acidulo e centro dal tannino quasi sgraziato; alcolico; corto finale.
Le Pergole Torte 1995 acqua di concia, ruggine e ferro, fiori secchi, specialmente viola, e funghi, terra e erba gialla bagnata. Bocca rinfrescata e dall'attacco pieno ma si scopre un po' al centro lasciando spazio ad un tannino appena ruvido e vegetale; risorge bene nel finale molto minerale, anche se lascia un po' asciugata la bocca (l'amalgama acidi-tannini non era tra i più perfetti, diciamo).
Chianti Rufina Riserva 2004 Bucerchiale. Grande vino. Frutti rossi e prugna matura, spezie, terra, acqua di concia, alloro, limo di fiume, ciottolo di fiume, ferro, ghisa, tanto altro. Bocca dal tannino risolto e massiccio, fuso ad un'acidità che eleva il vino potentemente al centro bocca e lo conduce ad un finale spesso e lungo, inondato di sale; lascia sale e ferro sulla lingua, insieme ai piacevoli e complessi ritorni aromatici. Austero e dolce, duro ed elegante.
Non ho scritto note dei vini seguenti, ma ricordo nitidamente un Percarlo 2004 ben fatto ma non entusiasmante: in questa batteria si sentiva ben poco a casa, come una donna al mare coperta di trucco e vestiti, in mezzo a tante altre bellissime ma spensieratamente nude e prive di orpelli, con solo il costume da bagno..
Poi ci sono alcuni mostri come Brunello di Montalcino La Cerbaiona 2004, spremuta di frutta di perfetta maturazione, mosto appena svinato, che tiene al suo interno una complessità atomica. La bocca di questo vino è semplicemente perfetta nell'estrazione tannica e nell'equilibrio, fonde eleganza e spessore senza precedenti. Non ha il finale spaziale ed eterno delle due Riserve seguenti - e infatti non è Riserva-, e si affaccia ad un certo momento una nota selvatica-cerottosa che non avevo mai trovato in altre bottiglie dello stesso produttore e millesimo; siamo comunque di fronte a un vino magnifico e che meriterebbe una serata dedicata solo a sé, oltre che alcuni anni di cantina per aprirsi al meglio, se non mi inganno.
Brunello di Montalcino Riserva Gianni Brunelli 2004. In questa fase è più introverso aromaticamente che in passato, benché agrumi, fiori chiari, erbe aromatiche, sali, fragola matura, mirtillo netto, terra, spezie, mentuccia, note boschive, siano solo alcuni dei sentori che ha sbuffato fuori dal bicchiere nel corso della serata, lentamente. Anche la bocca rappresenta un vero e proprio matrimonio tra austerità e massa da una parte e grazia e godibilità, leggerezza dall'altra: in ciò è insuperabile. Attacca spesso e quasi compresso ma subito corre ad aprire un ventaglio di sensazioni aromatiche e gustative più rilassate e complesse, di polpa di frutto, agrume, sale, dolcezza tannica, che a metà strada corrono in un turbinio tale da esplodere come un'onda quando si abbatte sul mare; il finale vola luminoso e di lunghezza incommensurabile. Vino molto dinamico, cambiato più volte nel corso della serata, ogni tanto chiudendosi scorbutico e animale, poi riaprendosi più volte; anche questo ritengo sia da conservare per molto tempo gelosamente in cantina, perché è solo all'inizio del suo lungo percorso evolutivo.
Brunello di Montalcino Riserva 2004 Vigna Paganelli, Tenuta il Poggione. Mostro sacro. Panico a ricordarlo. Naso immenso, di altezza, larghezza, lunghezza, profondità sconfinate; nonostante l'introversione olfattiva generale della vera Riserva in questa grande annata, è impossibile non cogliere la stoffa di questo vino già dall'olfatto. Superfluo elencare i sentori: non vengono ad elenco, ma costruiscono un territorio, un paesaggio, un quadro, un film.
La vera essenza di questo vino è la bocca: un liquido immenso, armonioso, austero, che tocca e risuona in ogni angolo del palato, del cavo orale, che ha tannino e acidità perfetti, e che ha un finale degno delle premesse - sono tutte premesse, perché il finale è l'apice, il disvelamento : ineffabile mostro di sale e luce, calore e terra, profondo e immenso, di cui è chiaro e indelebile il ricordo, per le sensazioni; difficile però afferrarle e scriverle. Vino perfetto anche ''grammaticalmente'', ed è un vero peccato che nelle annate seguenti uscite sul mercato finora siamo molto lontani da questa riuscita, così come nella precedente 2001; a questo punto vado in cerca del 2003, che sento dire sia stato un capolavoro.
Ho dimenticato Biondi Santi 2004 e Poggio di Sotto 2004: due grandi vini per me; il primo per austerità e profondità acida e minerale; il secondo per grazia, equilibrio e carattere.
C'erano anche Billecart Salmon Champagne Brut: vino inutile, inutile e dannoso.
E Riesling Auslese Brauneberger Juffer Sonnenuhr Maxferd Richter: che io ricordi, il miglior Riesling finora da me bevuto, stratosferico.