Messaggioda Alberto » 19 mar 2013 20:02
Reduce dalla bella rassegna veneziana Gusto In Scena - I Magnifici Vini, che pur diventata ora a carattere annuale (mentre prima si svolgeva ad anni pari solamente) ha presentato ugualmente una validissima presenza di aziende. Di seguito, qualche impressione sintetica, e come sempre personalissima...
Buranco: vini se vogliamo "tecnici", ma con gran bei risultati: Cinqueterre 2011 base nitido e penetrante nelle note di erbe fini e leggera pasta di olive; Cinqueterre Magioa 2011 (selezione con raccolta ritardata e breve macerazione) meno preciso, lievemente scisso tra una maggior maturità del frutto ed un accenno mielato al naso, ed un'acidità quasi citrina, scorbutica; Sciacchetrà 2010 molto buono, non dolcissimo, salino, con minore impatto aromatico rispetto ai secchi. Gran prova nel complesso.
Ca' di Frara: solo OP Spumante Metodo Classico in assaggio: Cruasé 2009 fruttatissimo e gastronomico, divertente; BdN 2008 gessoso ma nel complesso non molto fine, e Rosé Riserva 2006 dai tratti agée un po' troppo spinti.
Castello Romitorio: azienda ilcinese che so ricadere nel novero, forumisticamente parlando, degli "appestati"...però il Brunello Riserva 2006 era proprio un gran, gran vino, punto e basta. Una certa diluizione invece sul Brunello 2008.
Ceratti: Greco di Bianco 2007 e Mantonico Locride 2008 dai tratti dolci-amari, "arcaici", di grande fascino ma non per bevitori di primo pelo...soprattutto direi il mantonico, per via dell'impronta ossidativa. Un mondo a parte, ad ogni modo.
Coutandin: un'anziana coppia che produce sui terrazzamenti dell'alta collina pinerolese la bellezza di 2000 bottiglie in tutto, di un uvaggio rosso molto complesso di varietà locali tra cui avanà e chatus. E questo è quanto, per l'aspetto puramente cronicistico. Ora però vorrei lasciare da parte qualsiasi discorso sulla qualità intrinseca del vino, per farvi capire come bevendo il loro vino abbia avuto cognizione, in maniera clamorosa e sintetica, di tutto un mondo, di un sapore, di una "foto di famiglia": quella del rosso alpino, fatto di un fruttato rosso vivido mai troppo maturo, di una speziatura altrettanto vivace, e soprattutto di una presenza quasi "fisica" del bosco. Per la cronaca, in assaggio c'erano il "base" Ramiè 2010 ed una piccola partita dello stesso mosto, annata 2009, messo in un'unica barrique, il Barbichè 2009 (quest'ultimo leggermente più largo, vuoi per l'annata, vuoi per il passaggio in legno). Plus enorme: la mia consueta grazia di elefante catapultato in una cristalleria ha fatto sfracellare a terra, con mia somma vergogna, una bottiglia di Ramiè: scrollata di spalle, sorrisi, e non una piega. Chapeau.
Drusian: quando i 23 g/l di zucchero di dosaggio ti sembrano poco più della metà, vuol dire che un Cartizze è fatto decisamente bene.
La Source: Syrah 2010 canforato e pepato (con pure un po' di pelo), guizzante, molto gustoso; Petite Arvine 2011 attualmente alquanto imballato, la crio si sente tutta, sinceramente non l'ho capito.
Lis Fadis: azienda friulana di recente nascita, i vini mi sono piacicchiati e non di più: materici e densi sia il Friulano Sbilf 2010 (da vecchi cloni di tocai giallo) sia il Merlot Gian 2009, ambiziosi ma entrambi un filo carenti di focus e slancio; più scarico e alla fine più dinamico e godibile, con un discreto pepe, il Bergul 2008, taglio refosco-schioppettino-merlot. Se trovano più freschezza, è un nome da segnare, comunque.
Luretta: un plauso al pas dosé Principessa 2008, bollicina fine, non amara e dal taglio aromatico mentolato, molto particolare; buonini il Corbeau 2008 (cabernet solo un po' rigido) ed il Le Rane 2009 (malvasia VT senza "fuoco sacro" ma didascalica e pulita). Non i vini con più anima del mondo, ma molto affidabili.
Masciarelli: giornata alquanto sfortunata, ovverosia: ancor più legno del solito sul Trebbiano Marina Cvetic 2010, da quest'anno classificato Riserva (avevo invece un ricordo migliore in tal senso dal 2008, positivamente "alleggerito"); Montepulciano Marina Cvetic 2008 sporcato nel finale di bocca (un sospetto di brett?); Montepulciano Villa Gemma 2006 abbastanza amaro/sovraestratto (ma ammetto che avevo il palato molto stanco). Punto di domanda, e grosso.
Mastrojanni: Rosso 2011 un po' "caldone"; Brunello 2008 lieve e floreale, non profondo; Brunello Loreto 2008 simile nell'impostazione, ma con più polpa, buono.
Tenuta Roveglia: nel Vigne di Catullo 2010 ho trovato IL Lugana, per me: progressione salina enorme al palato dall'apparente neutralità iniziale, persistentissimo, un bianco spettacolare senza meno; la VT secca (12 g/l) Filo di Arianna 2009 invece dimostra chiaramente un carattere diverso, grasso e leggermente esotico, rimane fresco e buono in sè ma senza la genialità essenziale dell'altro.
Termeno: tanto inutilmente amaro, e per me invariabilmente sopravvalutato, il GWT Nussbaumer 2011, quanto letteralmente maestoso (e giustamente celebrato) il suo omologo dolce, la VT Terminum 2010; nel mezzo, anche l'uvaggio bianco Stoan 2010, come sempre elegante e preciso, in versione un vagamente "light" rispetto al solito.
Zymè: Valpolicella Classico Superiore 2009 vino a due facce: animalesco quasi al naso, e comunque non preciso, ed invece sapidissimo, teso come un arco e filante come una freccia in bocca; Amarone Classico 2006 gran vino punto e basta, nervoso, asciutto, leggero coté esotico, non enorme nelle proporzioni ma estremamente dinamico; l'animalità al naso è parimenti presente, in maniera però meno marcante. Kairos (2008 mi pare, ho una piccola defaillance di memoria...) morbido ed esotico da par suo, non nasconde il legno, gran stoffa ma leggermente "stufoso" nel tempo.
Dei veneti presenti sotto l'insegna di Vulcania, ovvero vini da terreni vulcanici (Soave e Colli Euganei) dirò qualcosa dopo; concludo invece questo intervento citando due vini dolci per me davvero superlativi, da accostare al Terminum 2010 in termini di qualità assoluta: il Moscato di Scanzo 2008 di Tallarini, che prima ti inebria al naso, e poi ti stende in bocca con un punch salino quasi inspiegabile; ed il COF Picolit 2008 di Ronc Soreli, dall'eleganza e dalla levità di una piuma, un vino cerebrale, pieno di sottigliezze quasi sussurrate su cui riflettere, per me (azzardo un'impressione che ho avuto così di getto) inabbinabile con qualsiasi cibo, che ne "sporcherebbe" inevitabilmente la purezza. Forse, il vino della rassegna.
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Alberto il 20 mar 2013 11:10, modificato 1 volta in totale.
Should auld acquaintance be forgot, and never brought to mind?
Should auld acquaintance be forgot, and days of auld lang syne?
For auld lang syne, my dear, for auld lang syne,
we'll tak a cup o' kindness yet, for days of auld lang syne.