Evito di quotare per semplicità ma son d'accordo con quanto detto finora e in particolare con l'oste e gp.
Ahimé l'immagine del dolcetto è viziata da due fattori: il nome (tutti pensano che sia dolce, specie all'estero), e la sua estrema variabilità da produttore a produttore, da zona a zona, da anno a anno...
Sotto il nome di dolcetto si sono vendute schifezze immonde, si sono effettuati esperimenti con barrique, si è andati sulla sovramaturazione, quando invece la sua essenza è il vino da pasto, da due chiacchiere, da scolarsi in compagnia, senza essere però perforza banale.
Come si diceva sopra, il dolcetto ahimé è tra i vitigni più ostici da coltivare e vinificare, perché è estremamente fragile ed è difficilmente recuperabile se qualcosa va storto. È inoltre a maturazione precoce, soffre il caldo così come la pioggia, etc... Tradizionalmente veniva messo nelle parti meno vocate e più esposte delle vigne di nebbiolo delle langhe, o nei versanti esposti peggio. Solo nei comuni dove non si coltivava nebbiolo come Diano e Dogliani, allora surgeva a rango di primadonna e si prendeva le esposizioni migliori. La qual cosa negli ultimi decenni ha però causato problemi di sovramaturazione da un lato e la ricerca spasmodica del prodotto di punta che potesse primeggiare nei mercati, creando quindi i dolcettoni barricati assolutamente imbevibili dei primi anni duemila.
Detto ciò, i miei favoriti sono langhetti, visto che l'unica denominazione decente al di fuori sarebbe Ovada, ma i cui dolcetti hanno per me una chiusura fin troppo ammandorlata che mi dà un po' fastidio.
Asti, forget it.
Nomi? Già detti quasi tutti: Rivella, Burlotto, Vajra, Roddolo, Cappellano, Accomasso, in misura minore pure Bartolo e Citrico, poi a Dogliani San Fereolo, Chionetti (occhio solo all'alcool), Marziano Abbona (Papà Celso è top dei "moderni ma con giudizio"
), infine a Diano Bricco Maiolica (più il base che la riserva) e Renzo Castella (top q/p), etc...