Oggi si cimenta il Post ad analizzare la situazione dell'agricoltura europea.
Il 6 febbraio la Commissione Europea ha annunciato un nuovo ambizioso obiettivo che prevede la riduzione del 90 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2040, rispetto ai livelli del 1990. La raccomandazione, che non è vincolante e sarà discussa in futuro dalle altre istituzioni europee, contiene riferimenti molto vaghi al settore agricolo nonostante questo produca circa il 14 per cento di tutte le emissioni nell’Unione Europea. La mancanza di indicazioni chiare non è passata inosservata e, secondo vari osservatori, è dovuta alla volontà della Commissione di non esacerbare ulteriormente i rapporti con gli agricoltori, diventati tesissimi nelle ultime settimane in parte proprio per le iniziative legate alla riduzione delle emissioni dei gas serra.
...
Il settore agricolo nell’Unione Europea ha un ruolo importante sia dal punto di vista economico sia per i servizi che offre, visto che produce il cibo consumato da centinaia di milioni di persone. I dati completi più recenti riferiti al 2022 dicono che agricoltura e allevamento costituiscono circa l’1,5 per cento del prodotto interno lordo dell’Unione. È una quota relativamente contenuta rispetto ad altri settori molto più grandi, ma in termini assoluti è comunque rilevante, intorno ai 221 miliardi di euro sempre nel 2022. Se si considera il valore generato da tutte le attività agricole, compreso l’indotto, si arriva a quasi 540 miliardi di euro, la maggior parte dei quali è derivata direttamente dalle coltivazioni (circa 290 miliardi di euro).
Quattro paesi da soli producono circa il 57 per del valore di tutto ciò che è legato al settore agricolo europeo: Francia con 97 miliardi di euro, Germania con 76, Italia con 71,5 e infine Spagna con 63. Il maggior peso di queste nazioni nella produzione agricola spiega almeno in parte perché alcune delle proteste più grandi si siano verificate proprio in quei paesi.
Per ragioni storiche e di funzionamento del mercato, è molto raro che il settore agricolo riesca a sostenersi senza aiuti pubblici. È un problema diffuso che riguarda molte aree del mondo e che viene quasi sempre affrontato dai governi con agevolazioni fiscali e sussidi, tesi per esempio a far costare meno i carburanti per i mezzi agricoli o a favorire investimenti in sistemi per rendere più efficiente la produzione agricola. Spesso ai sussidi per obiettivi si affiancano finanziamenti “a pioggia”, che vengono quindi attribuiti senza che sia richiesto qualcosa in cambio.
Nell’Unione Europea l’insieme delle norme che regolano l’erogazione dei fondi europei si chiama “Politica agricola comune” (PAC) e viene aggiornata ogni cinque anni. Quella attualmente in vigore risale al 2023, sarà valida fino alla fine del 2027 e prevede lo stanziamento di circa 387 miliardi di euro, divisi in due grandi fondi: il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR). La maggior parte del denaro sarà distribuita attraverso sussidi diretti per gli agricoltori, con una spesa intorno a 190 miliardi di euro.
Con la precedente PAC, si stima che la maggior parte degli agricoltori ricevette nel 2019 circa 5mila euro, mentre una piccola parte costituita da aziende molto più grandi incassò più di 50mila euro. I criteri di assegnazione della nuova PAC sono stati rivisti, con nuove modalità di accesso ai fondi e maggiori vincoli legati soprattutto alla tutela dell’ambiente: gli agricoltori che non rispettano alcune richieste necessarie per accedere ai fondi possono perdere diversi pagamenti.
Come in altri settori dove sono previsti, i sussidi possono condizionare negativamente il sistema, per esempio mantenendo in vita aziende non efficienti, che non si sentono incentivate a migliorarsi visto che tanto i fondi riducono il rischio di non essere redditizie.
Se accompagnati da incentivi, i sussidi possono però fare la differenza e indurre le aziende ad adottare comportamenti virtuosi, investendo per esempio in nuovi macchinari e tecnologie per aumentare la resa delle coltivazioni e ridurre il loro impatto ambientale. I sussidi sono inoltre importanti per tenere sotto controllo i prezzi di beni di prima necessità, che devono essere il più possibile accessibili a tutte le fasce della popolazione. Trovare il giusto equilibrio non è mai stato semplice e le cose si sono ulteriormente complicate circa cinque anni fa in seguito all’avvio di un enorme, e necessario, piano per ripensare l’economia europea e renderla più sostenibile: il “Green Deal”.
Il progetto più importante all’interno del Green Deal per il settore agricolo è il cosiddetto “Farm to Fork”, letteralmente “dalla fattoria alla forchetta” in inglese. È anche in questo caso un piano estremamente ambizioso per: "Avere un impatto ambientale neutro o positivo, contribuire a mitigare il cambiamento climatico e ad adattarsi ai suoi impatti, invertire la perdita di biodiversità, garantire la sicurezza alimentare, la nutrizione e la salute pubblica, assicurando che tutti abbiano accesso a cibo sufficiente, sicuro, nutriente e sostenibile, preservare l’accessibilità economica dei prodotti alimentari generando ritorni economici più equi, favorendo la competitività del settore dell’approvvigionamento dell’UE e promuovendo il commercio equo."
...
Nelle intenzioni, il Farm to Fork aveva obiettivi molto ambiziosi come una forte riduzione dei fertilizzanti e dei pesticidi (che hanno effetti su molte specie importanti per gli ecosistemi), la conversione di un quarto dei terreni alle colture biologiche e la piantumazione di almeno 3 miliardi di alberi. Alcune proposte sono rimaste, mentre altre sono state via via riviste e ridotte di portata per venire incontro alle richieste del settore agricolo. In alcuni casi si è trattato di scelte obbligate perché alcuni provvedimenti erano impraticabili, in altri casi di cedimenti alle pressioni degli agricoltori, che riescono a esercitare molto bene la loro capacità di influenza a livello nazionale ed europeo soprattutto negli anni elettorali.
Il caso più evidente e discusso negli ultimi giorni è stato quello della Sustainable Use Regulation (SUR), che nell’ambito del Green Deal prevedeva una progressiva riduzione dei pesticidi entro il 2030. Martedì 6 febbraio la Commissione Europea ha deciso di rinunciare alla SUR, dopo che a novembre dello scorso anno la proposta sulla riduzione era già stata respinta dal Parlamento Europeo ed era quindi già esposta a una probabile cancellazione o comunque a una sua profonda revisione.
I pesticidi riducono il rischio di perdere interi raccolti a causa dei parassiti, ma il loro impiego su larga scala ha un forte impatto sugli ecosistemi e in particolare su una grandissima quantità di specie di insetti, che ne patiscono ugualmente gli effetti. Tra i più colpiti ci sono spesso gli insetti impollinatori, che hanno un ruolo centrale nella fecondazione di molte varietà di piante. Meno insetti significa anche meno cibo per molte specie di uccelli e di altri piccoli predatori, con un progressivo impoverimento della biodiversità, cioè di quanto è diversificato un certo ambiente naturale.
- Indice PARLIAMO DI... La piazza dei forumisti
- Cerca
-
- Oggi è 09 nov 2024 01:34
- Tutti gli orari sono UTC+02:00
Coldiretti: autarchici, retrogradi e un po' fascisti
Dove discutere, confrontarsi o scherzare sempre in modo civile su argomenti attinenti al mondo del food&wine e non solo.