Diario economico

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zampaflex
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 30 ott 2023 19:16

Dataroom sui contratti ed il famigerato minimo, conviene riportare per capire di che si parla

I partiti di opposizione propongono di affrontare il problema potere di acquisto con un salario minimo definito per legge a 9 euro lordi l’ora, che tradotti in paga mensile per un dipendente a tempo pieno fanno 1.550 euro lordi su 12 mensilità (circa 1.200 netti).
Le statistiche Istat mostrano che quasi 3 milioni di dipendenti sono sotto, in media, di 804 euro l’anno [cifre da verificare, cfr articoli successivi].
Tuttavia, i partiti di governo non ne vogliono sapere.
Su 27 Paesi Ue, 22 applicano il salario minimo, parametrato al costo della vita e all’andamento del mercato del lavoro. Stessa cosa per 30 su 38 Paesi Ocse. In Germania non si scende sotto i 2.080 euro lordi al mese, in Belgio 1.900, in Francia 1.750, in Spagna 1.250. La paga oraria minima non c’è in Italia, Finlandia, Svezia, Danimarca, Austria.
Secondo i detrattori della misura, il salario minimo potrebbe innescare un meccanismo al ribasso: chi oggi paga meno di 9 euro con un contratto regolare potrebbe ricorrere al nero; chi invece applica un contratto poco sopra i 9 euro l’ora sarebbe tentato di abbandonarlo per passare al salario minimo.
Nella pratica tutto questo nei Paesi europei che già da anni hanno introdotto il salario minimo non è mai avvenuto. Il ricorso al nero invece è una piaga tipica del nostro Paese, e che andrebbe stroncata con maggiori controlli.
Su richiesta del governo, il Cnel si è espresso sul salario minimo per legge: 39 consiglieri contrari su 62. Per il Cnel è un provvedimento non necessario soprattutto per un motivo: in Italia la contrattazione collettiva è forte e definisce già salari minimi per ogni settore. In effetti anche la Commissione europea è convinta che un salario minimo contrattato sia meglio di uno definito per legge, tanto che impone il salario legale soltanto ai Paesi dove la contrattazione nazionale copre meno dell’80% dei dipendenti. E da noi la contrattazione fra le parti sociali copre almeno il 95% dei lavoratori: il 92% con contratti firmati da Cgil, Cisl e Uil e il 3% dai sindacati minori. Ad avere invece il contratto di una sigla pirata, cioè nata apposta per firmare accordi al ribasso, è lo 0,4% dei lavoratori dipendenti. Questi numeri però non dicono tutta la verità.

La Fondazione dei consulenti del lavoro, analizzando solo i principali accordi, ha individuato ben 22 contratti di categoria sotto i 9 euro lordi l’ora, firmati da Cgil, Cisl e Uil: c’è il personale delle cooperative e consorzi agricoli con retribuzioni d’ingresso a 8,4 euro; quello dei dipendenti delle imprese di pulizia a 8,1; i dipendenti dell’industria delle calzature a 7,9; del vetro a 7,1. Fino ad arrivare agli addetti della vigilanza pagati 5,37 euro l’ora da un contratto firmato non da sindacati di comodo, ma da quelli confederali con il mondo delle cooperative. In questo caso è intervenuta la Cassazione, che, con la sentenza del 2 ottobre scorso, ha definito l’accordo non in linea con la Costituzione (articolo 36), perché la retribuzione garantita non ha le caratteristiche di «proporzionalità e sufficienza». Nella pratica da anni la contrattazione in molti settori non riesce più a negoziare salari decenti. La maggior parte degli accordi al ribasso sono firmati da associazioni delle imprese che fanno riferimento al mondo delle piccole aziende e della cooperazione, ma qualcuno anche da Confindustria. Tutto questo avviene per diverse ragioni intrecciate tra loro, a partire dal fatto che i sindacati in molti settori si sono indeboliti. Dove le aziende sono piccole non riescono nemmeno a entrare: in Italia il 95% delle imprese ha meno di 10 dipendenti.

Solo nel settore privato i contratti sono un migliaio. Diversi comparti, dall’alimentare al tessile ai servizi, tendono a spezzettarsi in una enormità di sottosettori ciascuno con il suo accordo. Oggi c’è il contratto dei florovivaisti, delle società che fanno derattizzazione, degli installatori di piscine, dei produttori di spazzole e pennelli, di quelli delle lampade. Ovviamente chi esce dal «contratto madre» punta a dare ai dipendenti uno stipendio più basso e minori garanzie. È emblematico il caso dell’alimentare: fino a ieri facevano rifermento a Federalimentare 13 associazioni di categoria (i produttori di latte, bevande, acque minerali, di trasformazione, ecc.), e tutte con un contratto unico.
Recentemente si sono staccate quelle che rappresentano i produttori di farine, di mangimi e carni, e stanno negoziando un
contratto parte. Improbabile che sia al rialzo.
A complicare le cose poi è la nascita di sempre nuove associazioni delle imprese. Ciascuna firma un suo contratto. Così solo nel settore dei servizi ci sono 242 contratti nazionali. Nel metalmeccanico 50. Qui, rispetto al principale, firmato da Federmeccanica, il contratto degli artigiani metalmeccanici paga 480 euro lordi in meno al mese. Eppure a firmare sia l’accordo con Federmeccanica che quello con gli artigiani dell’industria sono sempre Cgil, Cisl e Uil.
I contratti nazionali vanno rinnovati ogni tre anni. Oggi il 57% è scaduto da tempo, e la percentuale sale addirittura al 96% nei servizi dove sono fuori tempo massimo, tra gli altri, i contratti dei servizi di Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione (tutti scaduti nel 2019), quello del turismo e dei pubblici esercizi di Confcommercio (scaduto nel 2021). Sono coinvolti in questo ritardo circa 7,5 milioni di dipendenti che devono fare i conti con l’impennata dei prezzi.
Su quasi 1.000 contratti nazionali, ben 353 sono siglati da sindacati non rappresentati al Cnel. Si tratta di contratti firmati spesso da associazioni di comodo per produrre accordi al ribasso, e riguardano 54 mila lavoratori.
Talvolta si tratta di un pugno di aziende che si mettono insieme con il supporto di un consulente del lavoro e di un sindacato compiacente. Prendiamo il caso di Federconcia, associazione di una ventina di imprese del distretto veneto della concia di Arzignano nata a giugno 2021 per firmare tre mesi dopo un contratto di categoria con un sindacato sconosciuto, il Confial.
In concorrenza con il contratto principale del settore, firmato da Unic-Confindustria. Cgil, Cisl e Uil dei chimici si sono rivolti al tribunale contestando il comportamento antisindacale e hanno vinto. Ma hanno potuto andare per vie legali solo nelle aziende in cui erano presenti. Infatti in quelle più piccole, dove non hanno rappresentanti, il contratto continua a essere applicato.

Il Cnel dice no al salario minimo ma non spiega come si rilancia la contrattazione. Un’idea ce l’ha invece la Fondazione Consulenti del lavoro, si basa sulla misurazione della rappresentanza dei sindacati e delle associazioni delle imprese: definire i settori, prendere per ciascuno l’accordo più rappresentativo per numero di aziende, dipendenti e valore prodotto, quindi applicare la paga minima e le tutele al resto del comparto, vietando accordi peggiorativi. Nel metalmeccanico vale quello di Federmeccanica, dove il salario d’ingresso è di 10,8 euro l’ora, e sotto non deve andare. Le altre organizzazioni potrebbero contrattare soltanto al rialzo. Ma potrà fare questo un governo sostenuto da piccole e numerosissime associazioni di categoria, premiate anche con un maggior numero di posti dentro al Cnel?
È il caso di ricordare che quando i salari sono troppo bassi intervengono i sussidi, poi è necessario integrare pure le pensioni, e
tutto finisce a carico della fiscalità generale.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 30 ott 2023 19:19

Qui è Pagella Politica a tentare di fare luce sui numeri.

https://pagellapolitica.it/articoli/quanti-lavoratori-prenderebbero-salario-minimo

Nell’estate del 2022, presentando il rapporto annuale dell’Inps, l’allora presidente dell’istituto Pasquale Tridico aveva dichiarato (pag. 9) che oltre 4,3 milioni di lavoratori in Italia guadagnano meno di 9 euro lordi l’ora. Lo scorso luglio, in un’audizione in Parlamento, l’Istat ha stimato che «i rapporti con retribuzione oraria inferiore ai 9 euro lordi coinvolgono circa 3 milioni di lavoratori». Il nuovo rapporto annuale dell’Inps, presentato il 13 settembre, parla (pag. 102) invece di soli 20 mila lavoratori che non supererebbero la soglia del salario minimo. Come si spiega questa differenza così grande tra i numeri?

Nel 2022 l’istituto guidato da Tridico, nominato presidente dal primo governo Conte, considerava una soglia pari a 9 euro lordi l’ora, escludendo la tredicesima. Fosse introdotta in Italia una soglia di questo tipo, pari a circa il 75 per cento del salario mediano italiano, sarebbe la terza più alta tra quelle in vigore nei Paesi del mondo con un salario minimo, fissato in media a un valore sotto al 60 per cento del salario mediano. Nel suo ultimo rapporto l’Inps, ora guidata dalla commissaria straordinaria Micaela Gelera, nominata dal governo Meloni, ha considerato una soglia più bassa, pari al 60 per cento del reddito mediano, in linea con la dottrina economica e con quanto fatto da Paesi simili all’Italia. Sembrerebbe quindi che la ragione stia dalla parte della nuova dirigenza dell’Inps, ma le cose non stanno del tutto così.

Nello stimare la possibile platea dei lavoratori interessati dal salario minimo, il rapporto di quest’anno si concentra solo sui lavoratori che hanno un salario inferiore al minimo lavorando senza interruzioni per tutto l’anno. L’Inps ha preso in considerazione solo le retribuzioni orarie di ottobre 2022 e non ha considerato, per esempio, chi in quel mese si trovava in cassa integrazione parziale, chi era assente dal lavoro per malattia o maternità, i lavoratori intermittenti, in part-time e quelli in apprendistato. Dei circa 164 mila lavoratori full-time con una retribuzione inferiore alla soglia infatti, l’Inps conta solo i 51 mila «senza assenze temporanee» (31 per cento del totale).

L’Inps ha così deciso di concentrarsi sui lavoratori considerati “poveri” solo per la loro bassa retribuzione, e non per la loro bassa intensità di lavoro (ossia per il numero di ore lavorate inferiore al full-time). È necessario però contestualizzare questa scelta di metodo per capire perché i lavoratori interessati dal salario minimo potrebbero essere molti di più dei 20 mila stimati dall’Inps.

Innanzitutto, dei 51.400 lavoratori rilevati come working poor a ottobre 2022, solo 20 mila sono stati considerati potenziali beneficiari del salario minimo perché gli altri 31 mila hanno raggiunto una retribuzione superiore al 60 per cento della mediana nel corso di tutto l’anno. Si tratterebbe quindi di working poor temporanei. È scorretto però pensare che, dato che il salario medio annuale è stato sopra la soglia, allora il minimo non avrebbe interessato questi lavoratori. Stiamo infatti parlando di persone che hanno avuto un impiego senza lunghe assenze per malattia o altri motivi, eppure sono state pagate per ogni ora di lavoro meno di quanto, secondo gli standard imposti dall’Inps nell’analisi, sarebbe considerata una retribuzione dignitosa. Almeno nel mese di ottobre dello scorso anno, quindi, il salario minimo avrebbe interessato più di 50 mila persone anziché 20 mila.

L’Inps ha poi deciso di escludere i lavoratori intermittenti perché tendenzialmente non hanno orari regolari e spesso lavorano meno ore rispetto a un dipendente full-time. Questa assunzione sembra essere troppo generosa: esistono persone che guadagnano 25 euro l’ora, lavorando però solo un’ora al giorno, ma è anche vero che molti di coloro che svolgono un impiego intermittente sono pagati meno del 60 per cento della retribuzione mediana. Dati precisi non ce ne sono, ma supponiamo che questa seconda categoria rappresenti un terzo degli intermittenti: in questo caso le persone interessate dal salario minimo sarebbero altre 37 mila.

Va considerata anche la categoria degli apprendisti. Secondo l’Inps le loro retribuzioni sarebbero al di sotto della soglia del salario minimo a causa delle grosse agevolazioni su imposte e contributi che ricevono. La retribuzione lorda degli apprendisti, infatti, tende a essere più bassa perché i contributi a carico di azienda e lavoratori sono spesso ridotti di molto o azzerati per incentivare le assunzioni dei giovani lavoratori. Il netto, però, rimane in linea rispetto a livelli che normalmente corrisponderebbero a un lordo superiore a 9 euro l’ora. Anche questo è possibile, ma la soglia del salario minimo indicata dall’Inps è piuttosto bassa ed è improbabile che siano in molti a stare al di sotto solo per questa ragione. Supponiamo che siano circa metà: l’altra metà sarebbe quindi considerata come beneficiaria del salario minimo. Sono altre 48 mila persone.

Inoltre, nelle stime dell’Inps, ci sono i lavoratori part-time che sono classificati tra i working poor. Sono più di 500 mila, a cui vanno sottratti i 18 mila apprendisti in part-time, che abbiamo già considerato. In totale rimangono 498.700 working poor in part-time. L’Inps ha deciso di escludere questa tipologia contrattuale perché questi lavoratori non sarebbero in questa condizione se lavorassero a tempo pieno. È vero, la loro condizione dipende anche dal fatto che non lavorano tutto il giorno, ma sarebbe sbagliato dare per scontato che tutti questi occupati riceverebbero una retribuzione superiore al minimo se passassero a un full-time. Anzi, è la stessa Inps a identificarli come working poor utilizzando una soglia diversa (24,9 euro al giorno, contro i 48,3 per i full-time) proprio perché lavorano meno ore. Supponendo anche che il rapporto tra part-time temporaneamente assenti, ossia in malattia o in maternità o simili, e totale dei lavoratori in part-time sia uguale a quello dei full-time (31 per cento circa), gli occupati in questa categoria che avrebbero diritto al salario minimo sarebbero comunque 155 mila.

Ricapitolando: con una stima molto conservativa, possiamo dire che a ottobre 2022 gli occupati che avrebbero beneficiato di un salario minimo pari al 60 per cento della retribuzione mediana sarebbero circa 290 mila. Considerando tutti i working poor in part-time, il numero salirebbe a circa 635 mila. Questo numero è sì più basso degli oltre 4 milioni ipotizzati dall’Inps l’anno scorso, quando però si era usata una soglia del salario minimo più alta, ma è comunque oltre 30 volte tanto quanto indicato nel rapporto annuale di quest’anno.

Anche senza considerare gli apprendisti e i lavoratori intermittenti, sarebbero comunque 550 mila le persone con un’occupazione “stabile” (ossia con un lavoro regolare nella formula di 40 ore la settimana o 20 ore nel caso di part-time) che riceverebbero una paga inferiore al 60 per cento del reddito mediano. Come sottolineato dal quotidiano Il Foglio, il mese di ottobre, su cui si basano le nuove stime dell’Inps, è un mese con pochi lavoratori stagionali. Un’analisi su un periodo diverso, magari sui mesi estivi del 2022, avrebbe probabilmente individuato una platea di beneficiari del salario minimo più alta.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 30 ott 2023 19:22

E qui è La Voce a ospitare un intervento in chiave giuridica.

https://lavoce.info/archives/102438/salario-minimo-un-conflitto-istituzionale/

Il 12 ottobre l’assemblea del Cnel ha approvato il documento contrario all’introduzione del salario minimo per legge, affermando in sostanza che a questo scopo è sufficiente la contrattazione collettiva e bocciando un emendamento che tendeva alla sua sperimentazione in alcuni settori.

Pochi giorni prima, la Corte di Cassazione aveva affermato l’esatto contrario: lo standard retributivo minimo fissato dalla contrattazione collettiva in molti casi è insufficiente a garantire i principi sanciti dall’articolo 36 della Costituzione sulla retribuzione.

Vi risparmio l'articolo, chi vuole se lo legga dal link.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 05 nov 2023 12:48

I dati dell’occupazione di settembre ci hanno riservato una sorpresa. Visto il pil fermo del terzo trimestre ’23 ci si poteva anche attendere un passo indietro nel mercato del lavoro con le aziende pronte a liberarsi di manodopera per far fronte al ristagno della domanda e ai rischi di recessione. E comunque poco invogliate ad assumere. Invece il quadro, ancora una volta, è più complicato. Le trasformazioni dell’economia reale italiana e del lavoro seguono percorsi non sempre lineari e sfidano analisti e commentatori a guardarvi dentro. E a porsi domande.
Ma veniamo ai numeri di ieri: nel mese di settembre 2023 gli occupati sono aumentati di 42 mila unità sul mese precedente raggiungendo un’alta quota (23,656 milioni). L’incremento è dato in parti uguali (27 mila) da più occupati permanenti e più autonomi, mentre prosegue la discesa dei contratti a termine (-12 mila).
Se spostiamo l’occhio dal confronto mese su mese e lo portiamo a esaminare le tabelle trimestre su trimestre sono 80 mila i posti di lavoro in più. Ancora più clamoroso è il confronto anno su anno: l’incremento dei posti di lavoro è stato di 512 mila
unità, di cui la stragrande maggioranza (443 mila) posti fissi.
Ma – ed è la domanda che sorge spontanea – come è possibile che un’economia come quella italiana che nello stesso periodo ha viaggiato al ritmo di zero virgola di pil possa sfornare più di 500 mila posti di lavoro aggiuntivi e per due terzi a tempo
indeterminato? E per di più segni una mobilitazione di chi era restato fuori dal perimetro dei servizi del lavoro visto che a settembre sono calati significativamente gli inattivi (-92 mila) e sono aumentate le persone messesi in cerca del posto di lavoro (35 mila).
La spiegazione che potremmo definire ottimistica parla di labour hoarding, la tendenza delle aziende a non licenziare i propri dipendenti e anzi a stabilizzare la forza lavoro temporanea, a non lasciarsi scappare “i bravi” e a far fronte alla crisi demografica ingaggiando, ora, le competenze e le braccia che magari serviranno dopo, in una ripartenza ancora da calendarizzare. E questo avviene a scapito per ora dell’utilizzo dei contratti a termine. Insomma le imprese stabilizzano, sostituiscono chi va via ma reclutano a fatica sia persone cosiddette “skillate” sia più prettamente operative. L’area della
flessibilità che corrisponde a circa 700 mila contratti di somministrazione resta elevata in termini di stock ma non cresce in quanto a flussi. Dalle agenzie del lavoro le fotografie del mercato del lavoro che arrivano parlano di imprese che ragionano sul
capitale umano trimestre per trimestre, temono il 2024 ma per ora non suonano l’allarme. Tengono botta. E infatti anche il settore delle costruzioni non si è liberato della manodopera, si è limitato a rallentare tenendo però aperto il suo ciclo.
L’altra spiegazione sulla totale sfasatura pil/occupazione ci parla in primis delle ore lavorate. Nel secondo trimestre 2023 sappiamo che erano calate per l’appunto le ore lavorate per occupato mentre era proseguita l’espansione del numero di persone occupate, le “teste”. La differenza non è però macroscopica e da sola non spiega il disallineamento di cui sopra se non la probabile e ampia diffusione del part time involontario. Fin qui siamo rimasti nell’ambito di un tradizionale scenario di resilienza, dove i rischi di recessione, le politiche del personale delle imprese e le trasformazioni del mercato del lavoro convivono in un mix inedito ma che non fa emergere particolari rischi, se non quelli legati ovviamente all’evoluzione della congiuntura economica e a un 2024 horribilis.
Ma c’è un’altra spiegazione del disallineamento che potrebbe definirsi sistemico e più preoccupante.
Quella del delinearsi di un’economia labour intensive caratterizzata però da crescenti posti a bassa produttività e a basso costo del lavoro.
In quest’interpretazione il serbatoio dei nuovi posti sarebbe principalmente quello di servizi low cost come turismo, cura della persona e vigilanza. Un tutti dentro per guadagnare poco, viene da dire. In questo caso da uno scenario resiliente passeremmo a uno patologico. Con l’occupazione che garantisce inclusione, diffonde reddito ma resta incastrata nella trappola della bassa produttività.
Ultima modifica di zampaflex il 10 nov 2023 10:37, modificato 1 volta in totale.
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 09 nov 2023 13:33

I comunisti mi trattavano da fascista, i fascisti da comunista.
Tutto questo ha aiutato il film.
(Sam Fuller, a proposito di "The Steel Helmet")

http://fortezza-bastiani.blogspot.com
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 10 nov 2023 13:37

Corporativismo medievale e marchette elettorali...

Almeno 450 nuovi taxi “su strada” - a cui potrebbero aggiungersi altri 100 con doppia guida - entro giugno 2024. Con l’obiettivo di arrivare a mille vetture in più entro la fine del prossimo anno. Sotto la Madonnina scatta il conto alla rovescia
per allargare il parco delle auto bianche in circolazione, e risolvere l’emergenza dei taxi introvabili che attanaglia un po’ tutte le grandi città. A dare il via è l’approvazione, da parte della Giunta Sala, di una delibera con le linee guida per un imminente bando per l’assegnazione di 450 nuove licenze taxi, da completare nel giro di sei-sette mesi.
Da tempo Palazzo Marino sta lavorando per potenziare il servizio di trasporto non di linea in città, avendo stimato un fabbisogno di almeno mille auto bianche in più.
La Lombardia ha però una legge particolare, unica in tutta Italia: l’autorizzazione, per legge ordinaria, spetta alla Regione, che finora ha sempre ignorato le richieste di Milano.
Il Comune ha tentato già nel 2019, chiedendo di poter aprire un bando per 450 taxi; poi nel 2023 ci ha riprovato, chiedendone altri mille. Inutilmente finora: dal Pirellone nessuna risposta. Così ad oggi Milano ha lo stesso numero di taxi di 20 anni fa, 4.853. La nuova delibera sfrutta invece il recente decreto Asset (legge 136/2023) promosso dal ministero delle Imprese e del made in Italy. Il decreto prevede infatti una procedura accelerata che permette agli Enti locali di aumentare del 20% il “parco taxi” (per Milano fino a 971 macchine) per sopperire all’aumento strutturale della domanda.
La norma prevede anche che il ricavato dell’assegnazione delle nuove licenze (l’amministrazione punta a prezzo che si aggira sui 100mila euro ciascuna) venga ripartito tra i 4.853 tassisti locali già in servizio, a titolo di compensazione.
Milano dovrà quindi rinunciare al 20% dell’incasso totale che la procedura ordinaria di assegnazione delle licenze (legge Bersani 248/2006) riconosce ai Comuni.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 18 nov 2023 16:42

Qualche dato e ragionamento sull'evasione e sull'immonda iniziativa di stampo retroguardistico e elettorale del Magnifico Governo.

Un patto con gli evasori in un’Italia dove i dati accertati dal Mef fanno impressione: 41,45 miliardi di evasione da lavoro autonomo o reddito di impresa per 4,1 milioni di contribuenti. Sono così suddivisi: ci sono quasi 3 milioni di autonomi (di cui 1,7 in regime di flat tax al 15%) e 453.429 società di persone che complessivamente evadono il 69,2% dei redditi Irpef per 32,4 miliardi, e altre 674.551 società di capitali che evadono il 23,8% di Ires per 8,98 miliardi.

3,5 milioni di piccoli contribuenti evadono mediamente 10.000 euro di tasse a testa. Prendete il vostro 730 e capite quanto vi fregano.
La tesi della nostra destra, che siano le grandi società ad essere cattive e non paganti, cede di fronte al dato che il gettito evaso procapite sia di poco superiore: 13.000

Come funziona la porcata in gestazione, che ricorda esattamente le procedure per il calcolo dell'imposta sulla ricchezza mobile che vigevano in Italia negli anni 60, inizio settanta, prima della riforma Vanoni?

L’Agenzia delle Entrate presenta a ciascun contribuente con un volume d’affari sotto i 5 milioni di euro una proposta che vale per la tassazione nel 2024 e nel 2025 con una stima del reddito imponibile. Il calcolo avviene sulla base delle informazioni presenti nella banca dati dell’Anagrafe tributaria e nei modelli Isa che sono una sorta di pagella (con voto da 1 a 10) sul livello di affidabilità fiscale di ciascuno.
Il contribuente si confronta con l’Agenzia delle Entrate in un contraddittorio semplificato e, se accetta, per due anni paga le imposte in base alla proposta che gli viene fatta.
Esempio: l’offerta dell’ Agenzia delle Entrate alla mia società di persone definisce per gli anni 2024 e 2025 un reddito imponibile di 75 mila euro al posto dei 52 mila di solito dichiarati. Qualora nel 2024 la mia società consegua un reddito imponibile di 100 mila e nel 2025 di 120 mila le mie imposte e contributi saranno sempre calcolati su 75 mila euro.
L’accordo però mette come condizione che venga dichiarato tutto quello che guadagno, e se sgarro, o comunque dichiaro
meno, non perdo il beneficio del concordato solo se i ricavi nascosti non superano il 30% di quelli dichiarati.
Per il contribuente o la società che evade le tasse ci sono, dunque, due vantaggi su tutti:
1) paga meno del dovuto, anche perché difficilmente i dati e le informazioni che utilizzerà il Fisco per calcolare l’imponibile sono completi;
2) non subirà accertamenti dall’Agenzia delle Entrate nei 2 anni successivi (a meno che non decadano i presupposti). I controlli, semmai ci saranno, si concentreranno su chi non aderirà al concordato.
In sintesi: il Fisco amico non mi chiede tutto, mi concede un margine di errore, e poi non mi controlla.
Non ci sarà, invece, nessuno sconto sull’applicazione dell’Iva che andrà pagata secondo le regole ordinarie.

Strada aperta anche a quel 1,7 milioni di autonomi con redditi fino a 85 mila euro che pagano la flat tax al 15%, ai quali l’Agenzia delle Entrate ricalcolerà l’imponibile un po’ al rialzo: chi aderirà potrà comunque mantenere il regime forfettario. I requisiti di adesione prevedono che non ci siano pendenze con il fisco (o non superiori a 5.000 euro) e la qualifica di soggetto «fiscalmente affidabile», ossia con un punteggio Isa almeno di 8 (come previsto dal decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri il 3 novembre). Su 4,1 milioni di contribuenti al momento la pagella fiscale in ordine ce l’hanno in poco più di 1,1 milioni, cioè il 28% del totale. Una percentuale che sale al 47% se si esclude quel 1,7 milioni di contribuenti in regime forfettario che aderisce alla Flat tax, perché l’Isa non ce l’ha, e pertanto non è possibile sapere se sono o meno fiscalmente
affidabili.
Il prof. Marco Leonardi della Statale di Milano e il prof. Leonzio Rizzo dell’Università di Ferrara hanno spacchettato i dati. Prendiamo come esempio la categoria dei commercianti di dimensioni medio-grandi. Quelli che possono essere considerati più affidabili (Isa sopra 8 ) sono il 43%, dichiarano in media un fatturato di 575.690 euro e un reddito imponibile lordo di 61 mila. Perché dovrebbero aderire pagando in più visto che, rientrando nella categoria di quelli presumibilmente in regola, non sono nel mirino dei controlli?
Potrebbe convenire a chi in realtà non ha proprio tutti i conti a posto, ma ha solo ingannato l’algoritmo, e aderendo si porta a
casa proprio la garanzia della sospensione degli accertamenti per due anni.
È poco affidabile invece, il 57% dei commercianti di dimensioni medio-grandi (Isa sotto 8 ): il fatturato medio dichiarato è di 434 mila euro e il reddito imponibile di 19.150 euro lordi. I soldi di questa probabile evasione come il governo intende recuperarli?
La speranza di Meloni & C. è che dichiarino spontaneamente un po’ di più per prendersi il voto 8, e quindi poter aderire al concordato preventivo con i suoi vantaggi. Una scommessa difficile da vincere perché legata completamente al comportamento spontaneo dell’evasore, in cambio di «minori oneri connessi alla gestione, da parte del contribuente, delle attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria e, quindi, alla riduzione delle occasioni di conflitto e dei conseguenti contenziosi». La prova che è poco più di un’illusione recuperare in questo modo un po’ di evasione è nelle stime che fa il governo stesso: dalle previsioni risulta che da chi dichiarerà un po’ di più per prendersi il voto 8 saranno recuperati solo 605 milioni di euro. Secondo il professor Leonardi e il professor Rizzo avrebbe avuto più senso prevedere che l’Agenzia delle Entrate facesse una proposta a chi è poco affidabile, andandoli davvero a stanare, e proponendo poi un accordo tarato sul
reddito imponibile simile in tutto e per tutto a quello del contribuente che sta sopra 8.
Per fare un altro esempio: il 51% dei professionisti medio-grandi ha un Isa superiore a 8, un fatturato in media di 171.550 euro e un reddito di 105.940; mentre il 49% con Isa inferiore a 8 dichiara in media 170 mila euro di fatturato e 64 mila euro lordi di reddito imponibile. Affinché il provvedimento possa avere più probabilità di successo in termini di recupero di evasione, anche in questo caso il vantaggio per lo Stato sarebbe quello di fare una proposta a questi ultimi.

In ogni caso il patto con gli evasori può funzionare solo se c’è unaminaccia credibile di controlli in caso di rifiuto del concordato preventivo. Vuol dire che, chi non accetta la proposta dell’Agenzia delle Entrate sarà sottoposto a controlli puntuali ed inesorabili. L’articolo 34 comma 2 del decreto legislativo dice: «L’Agenzia delle Entrate e il Corpo della Guardia di finanza programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per intensificare l’attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale». Per fare più controlli serve più personale: resta da capire come il proposito sarà attuato nella pratica visto la cronica carenza di risorse.

In questo provvedimento non c’è nulla di nuovo: è del tutto simile a quello messo in campo dal ministro Giulio Tremonti nel
2003. Si rivolgeva a 3 milioni di contribuenti: le adesioni sono state 250 mila e in 2 anni lo Stato ha incassato 57,5 milioni contro i 3,58 miliardi stimati. In questo caso le stime complessive sono ben al di sotto: nella relazione tecnica è indicata la cifra di 760,5 milioni di euro. Con un’aggiunta che dice tutto: «Nonostante le quantificazioni sopra sviluppate, alla presente disposizione non si ascrivono cautelativamente effetti positivi di gettito». Tradotto: sono pochi soldi e non è detto che si riesca ad incassarli.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 28 nov 2023 13:07

In Texas, il produttore di petrolio e gas Occidental Petroleum (OXY.N) sta costruendo un gigantesco impianto in grado di aspirare 500.000 tonnellatedi anidride carbonica dall'atmosfera ogni anno per impedirle di riscaldare il clima, un progetto sostenuto da centinaia di milioni di dollari dalla società di investimenti BlackRock.
In Louisiana, un consorzio di aziende che include l'azienda svizzera Climeworks si sta unendo per costruire un impianto simile in grado di estrarre dal cielo un milione ditonnellatedi gas serra all'anno, grazie a centinaia di milioni di dollari di sovvenzioni
da parte del governo degli Stati Uniti.

I progetti di cattura diretta dell'aria (DAC) si trovano in Stati limitrofi, ma le società che li guidano sono distanti tra loro per quanto riguarda i punti di vista sul modo in cui l'eliminazione del carbonio - una famiglia di tecnologie costose e in gran parte non provate per combattere o addirittura invertire il riscaldamento globale - dovrebbe essere impiegata in un futuro rispettoso del clima e sul ruolo che il petrolio e il gas dovrebbero svolgere nella sua diffusione.

Occidental afferma che una parte del suo carbonio verrebbe iniettata nei giacimenti petroliferi per aumentare la pressione e la produzione di greggio - una strategia che, a suo dire, può evitare l'impatto climatico del futuro consumo di combustibili fossili nel mondo.
Climeworks e il suo partner Heirloom, invece, sostengono che il suo carbonio andrà direttamente nello stoccaggio sotterraneo e che la tecnologia deve andare di rivale passo con la transizione verso le energie rinnovabili.

Le filosofie contrastanti rispecchiano il dibattito globale in corso sul ruolo che le tecnologie di rimozione del carbonio dovrebbero svolgere per evitare che il mondo superi l 'aumento di 1,5 gradi Celsius che sarà al centro della 28a conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre.
Gli Emirati Arabi Uniti, membri dell'OPEC, che ospitano la conferenza COP28 , stanno promuovendo l'uso della rimozione del carbonio - una famiglia di tecnologie per mantenere l'eccesso di CO2 fuori dall'atmosfera - come mezzo per ridurre le emissioni dei combustibili fossili, invece di eliminare i combustibili fossili stessi. Gli scienziati hanno affermato che la rimozione del carbonio è necessaria per mantenere gli obiettivi climatici.
Questo approccio ha il sostegno dei produttori globali che vogliono continuare a trarre profitto dai combustibili fossili, ma attira lo scetticismo degli ambientalisti e di alcuni governi che lo vedono come uno stratagemma per prolungare la durata di vita del petrolio e del gas e che stanno spingendo per un linguaggio duro alla COP28 per eliminare completamente i combustibili fossili.
A sottolineare la spaccatura, la scorsa settimana l'Agenzia Internazionale per l'Energia ( IEA ) ha detto che l'industria del petrolio e del gas sta facendo eccessivo affidamento sulla cattura del carbonio per ridurre le emissioni e ha definito l'approccio "un'illusione", scatenando la reazione stizzita dell'OPEC che vede la tecnologia come un'ancora di salvezza per il futuro utilizzo dei combustibili fossili.
" Riteniamo che la cattura diretta dell'aria non debba essere usata come giustificazione per prolungare l'espansione della produzione di combustibili fossili", ha detto Vikrum Aiyer, responsabile della politica climatica di Heirloom, che è partner dell'impianto della Louisiana chiamato Project Cypress.
I diversi approcci riflettono anche un'importante dinamica finanziaria nel settore della rimozione del carbonio: Nel breve termine, è molto più facile fare soldi intrappolando il carbonio se ciò comporta un vantaggio come una maggiore produzione di petrolio.
Altrimenti, l'enorme prezzo della rimozione del carbonio su scala mondiale dovrebbe ricadere sui governi se si vuole che questi progetti sopravvivano.

SALVATORE O FOGLIA DI FICO?
Secondo l'AIE, il DAC dovrebbe catturare fino a 1 miliardo di tonnellate all'anno entro il 2050 se il mondo vuole raggiungere i suoi obiettivi di decarbonizzazione, un aumento massiccio rispetto alle 10.000 tonnellate che rimuove attualmente.
Una delle principali preoccupazioni è che la tecnologia DAC è sia costosa che non provata su scala. La cattura del carbonio con il DAC costa tra i 600 e i 1.000 dollari per ogni tonnellata, soprattutto a causa dell'enorme quantità di energia necessaria per far funzionare le apparecchiature.
Attualmente sono in funzione due impianti DAC commerciali: un progetto di Climeworks in Islanda in grado di catturare solo 4.000 tonnellate di CO2 all'anno e il progetto di Heirloom in California in grado di catturare 1.000 tonnellate all'anno, mentre il resto delle emissioni rimosse dal DAC è attribuito a piccoli progetti pilota.
Più di 100 altri progetti DAC sono in varie fasi di sviluppo, ma non è chiaro quanti saranno completati o quando, né come potrebbero sopravvivere finanziariamente.
Anche la tecnologia più matura di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), che intrappola le emissioni in una fonte puntuale come una ciminiera, richiede una rapida scalata per fare la differenza. Secondo il Global CCS Institute, esistono 41 progetti CCS commerciali operativi in tutto il mondo, con la capacità di immagazzinare 49 milioni di tonnellate all'anno - circa un millesimo delle emissioni totali di CO2 del mondo legate all'energia e all'industria.
La maggior parte di questi progetti utilizza il carbonio per il recupero migliorato del petrolio (EOR) o sono collegati a impianti di etanolo che cercano di generare crediti a basse emissioni di carbonio, secondo l'istituto.
Il prossimo presidente della COP, Sultan al-Jaber, ha detto che la tecnologia per catturare o rimuovere il carbonio è necessaria in "qualsiasi scenario realistico" per raggiungere gli obiettivi climatici mondiali.

LICENZA DI CONTINUARE
L'amministratore delegato di Occidental, Vicki Hollub, ha detto che il DAC potrebbe dare all'industria petrolifera "la licenza di continuare a operare per i prossimi 60, 70, 80 anni".
L'azienda afferma che il suo progetto Stratos in Texas utilizzerebbe il carbonio rimosso per recuperare il petrolio, o comunque per generare crediti di carbonio che le permettano di marchiare il suo petrolio come "net zero" e i carburanti da esso raffinati come "low carbon".
"Quello che stiamo dicendo è che esiste un modo altamente trasparente e credibile di affrontare le emissioni di quei barili di petrolio", ha detto Mike Avery, presidentedi 1PointFive, una sussidiaria di Occidental che sviluppa i suoi progetti DAC.
Occidental ha anche una proposta di hub DAC separato in Texas che ha ottenuto mezzo miliardo di dollari di sovvenzioni federali. Secondo il Dipartimento dell'Energia, la CO2 di questo progetto sarà sequestrata nel sottosuolo e non avrà alcun legame con il petrolio e il gas.
In Louisiana, i sostenitori di Climeworks e del Project Cypress di Heirloom vogliono chiarire che la tecnologia non deve avere alcun ruolo nel prolungare il futuro dei combustibili fossili, anche se ciò significa impegnarsi in fonti di ricavi più limitate rispetto a rivali come Occidental.
I loro soldi verranno invece guadagnati commercializzando crediti di rimozione del carbonio a società non coinvolte nei combustibili fossili che desiderano compensare le emissioni inevitabili, o ai governi che cercano di rimanere in linea con gli obiettivi climatici.
"Se si utilizza la cattura dell'aria per estrarre altri combustibili dal suolo, si toglie potenziale di mercato alle energie rinnovabili", ha detto Christoph Gebald, CEO di Climeworks. "Questo non è in linea con la transizione energetica".
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Re: Diario economico

Messaggioda mennella » 28 nov 2023 13:25

Proprio due giorni fa ho letto qualcosa sullo stoccaggiodi co2
https://24plus.ilsole24ore.com/art/la-i ... e-AFNQX5lB
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 28 nov 2023 21:49

Lo posto qui per non aprire un nuovo thread.
Articolo ben fatto che spiega genesi e stato della diffusione dell'uso del Fentanyl negli usa o nel mondo.

https://www.ilfoglio.it/esteri/2023/11/27/news/fentanyl-un-dramma-americano-5950160/amp/
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 02 dic 2023 13:48

"Una società italiana affetta da sonnambulismo, che si mette una mano davanti agli occhi e ignora i presagi."

Così il Censis.
Io lo dico da un sacco di tempo.
Una nazione di struzzi che hanno la testa nella sabbia, nel culo o rivolta all'indietro (quando va bene).
Alla ricerca di un passato presunto glorioso che non può tornare.
Acciambellati in posizione fetale.

https://www.ilsole24ore.com/art/dalla-crisi-demografica-giovani-fuga-fotografia-censis-italiani-ciechi-dinanzi-presagi-AFSmxcrB
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 06 dic 2023 15:47

Istat dice questo

A ottobre 2023 l’occupazione continua a crescere. Rispetto al mese precedente, l’aumento riguarda i soli dipendenti permanenti, che superano i 15 milioni 700 mila.
Il numero degli occupati si attesta a 23milioni 694mila e registra, rispetto a ottobre 2022, un aumento di 455 mila dipendenti permanenti e di 66 mila autonomi; il numero dei dipendenti a termine risulta invece inferiore di 64 mila unità.
Su base mensile, il tasso di occupazione e quello di disoccupazione salgono rispettivamente al 61,8% e al 7,8%, mentre scende al 32,9% il tasso di inattività.

Ma dice anche questo

Nel 2022 la produttività del lavoro diminuisce dello 0,7%, come risultato di un incremento delle ore lavorate più intenso di quello del valore aggiunto (rispettivamente +4,8% e +4,1%).
Lo rileva l’Istat nel report “Misure di produttività.
Anni 1995-2022”. La dinamica negativa della produttività del lavoro segue un lungo periodo di crescita, seppur lenta, 0,5% in media negli anni 2014-2022,. In questo arco di tempo, nell’Ue a 27 si è registrata una crescita del 1,3%. La dinamica dell’Italia è risultata inferiore a quella della Germania (1,1%) ma superiore a quella della Francia (-0,1%) e in linea con quella della Spagna.

Cosa vuol dire? Più occupati, più ore, produttività stagnante?
Che continuiamo ad investire troppo poco, che quindi non c'è incremento del valore aggiunto da potere distribuire tra i vari fattori della produzione, tra cui in primis la manodopera (niente aumenti di stipendio), e che probabilmente l'aumento dell'occupazione avviene in settori a basso valore aggiunto come edilizia e turismo.

Basterà poco per farci ritornare indietro.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 07 dic 2023 18:54

La disonestà fiscale di una multinazionale, spiegata per tutti. Ikea.

https://fiscomania.com/ikea-tax-planning/
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Re: Diario economico

Messaggioda l'oste » 08 dic 2023 23:26

zampaflex ha scritto:La disonestà fiscale di una multinazionale, spiegata per tutti. Ikea.

https://fiscomania.com/ikea-tax-planning/

Molto istruttivo e interessante sebbene sia l'ennesimo esempio che fa girare i cojoni e -personalmemte- depennare un brand dagli acquisti.
Purtroppo con la scusa che queste brave persone fanno lavorare (meglio dire sfruttano) migliaia di persone, sono intoccabili perché sono stati resi legali meccanismi fiscali eticamente scorretti.
D'altronde, in Italia lo sappiamo benissimo che aggirare le regole e i comportamenti fiscali grazie al commercialista "esperto" è la norma, dalla piccola azienda familiare al colosso del mercato. Le scappatoie sono così tante che chiunque può trovare la più adatta al proprio business. Chi opera in modo ingenuamente trasparente invece spesso soffre per gabelle e tasse e deve per forza ricorrere ai cravattari seduti dietro ad uno sportello.
Business, as usual.
Non importa chi sarà l'ultimo a spegnere la luce. E' già buio.


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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 09 dic 2023 15:57

Sunto dell'ultimo rapporto Censis, da leggere per bene per poi andare a confrontarsi col mondo che vediamo attorno a noi e capire quanto la nostra visione della realtà sia deviata e offuscata.
Io molto meno, essendo un super critico, almeno spero di non essere più quasi solo :mrgreen:

https://www.censis.it/rapporto-annuale/i-sonnambuli
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 09 dic 2023 16:02

l'oste ha scritto:
zampaflex ha scritto:La disonestà fiscale di una multinazionale, spiegata per tutti. Ikea.

https://fiscomania.com/ikea-tax-planning/

Molto istruttivo e interessante sebbene sia l'ennesimo esempio che fa girare i cojoni e -personalmemte- depennare un brand dagli acquisti.
Purtroppo con la scusa che queste brave persone fanno lavorare (meglio dire sfruttano) migliaia di persone, sono intoccabili perché sono stati resi legali meccanismi fiscali eticamente scorretti.
D'altronde, in Italia lo sappiamo benissimo che aggirare le regole e i comportamenti fiscali grazie al commercialista "esperto" è la norma, dalla piccola azienda familiare al colosso del mercato. Le scappatoie sono così tante che chiunque può trovare la più adatta al proprio business. Chi opera in modo ingenuamente trasparente invece spesso soffre per gabelle e tasse e deve per forza ricorrere ai cravattari seduti dietro ad uno sportello.
Business, as usual.


Gli alleati di questi miserabili non sono però i politici di qui e di là, bensì alcuni stati fiscalmente canaglia, quinta colonna europea del turbocapitalismo.
Olanda, Irlanda, Lussemburgo.
Arriverà spero il momento in cui, per fame fiscale, la grande e grassa addormentata tedesca capirà che sia ora di finirla, e fanculo l'alleato frugale, e via queste scappatoie per una fiscalità societaria europea standardizzata.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 10 dic 2023 17:15

Nascere in una famiglia povera, in Italia, è l’equivalente di una condanna che difficilmente si finisce di scontare una volta raggiunta l’età adulta. Perché nel nostro Paese la trasmissione dell’indigenza tra generazioni è molto più frequente di quanto avvenga non solo negli altri membri fondatori dell’Unione, ma anche in Stati meno ricchi come Portogallo e Grecia. A dirlo è un’analisi comparativa su 30 Paesi condotta dai ricercatori Michele Bavaro, Rafael Carranza e Brian Nolan. Dal loro paper Intergenerational Poverty Persistence in Europe – Is There a ‘Great Gatsby Curve’ for Poverty?, pubblicato dallo Stone Center on Socio-economic inequality del Graduate Center presso la City University of New York, emerge che la Penisola è quinta dietro Bulgaria, Romania, Lituania e Serbia per correlazione tra stato di povertà al momento attuale e povertà dei genitori.

Questo è l'ennesimo esempio di un paese bloccato, sclerotizzato, dove l'economia non funziona più, dove la ricchezza non viene più usata per creare opportunità e nuova ricchezza, ma viene isolata dal circuito, tramandata in stretto ambito familistico,riservata per consumi che non portano valore aggiunto localmente o narcotizzata in possessi sterili.
L'ascensore sociale è morto e con esso la vitalità della nazione.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 14 dic 2023 01:14

Oh, finalmente ammettono di avere sbagliato e provvedono a correggere una piccola parte dei propri errori.

https://www.quotidianosanita.it/regioni-e-asl/articolo.php?articolo_id=119033

La Lombardia mette al bando i medici a gettone. Solo contratti libero professionali senza intermediazione delle coop.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 14 dic 2023 20:39

Una sustanziazione dell'elusione fiscale operata dai grandi operatori virtuali, qui AirBnB:

Airbnb stacca un assegno da 576 milioni di euro e archivia, forse una volta per tutte, i suoi conti in sospeso con il Fisco. L’azienda ha annunciato ieri di avere siglato un accordo con l’Agenzia delle Entrate per chiudere il contenzioso relativo agli anni fiscali dal 2017 al 2021 per non avere trattenuto e versato la cedolare secca al 21% dai compensi dei suoi utenti per gli affitti brevi. La somma – hanno spiegato le Entrate – si compone di 353 milioni per le ritenute dovute e non versate, 174 milioni a titolo di sanzioni e 49 milioni di interessi.
La piattaforma ha chiarito che non si rivarrà sui propri host rispetto a quanto versato per l’arco temporale oggetto dell’accordo (2017-2021), cioè non chiederà ai suoi utenti di pagare Airbnb per le tasse eventualmente non pagate in quel periodo e «saldate» dalla società. La stessa piattaforma, con una comunicazione ai propri utenti, ha spiegato che l’intesa chiude il contenzioso relativo al periodo 2017-2021, ma non a quello successivo, invitando quindi gli host a mettersi in regola per le imposte sui redditi del 2022 utilizzando lo strumento del ravvedimento operoso entro il 28 febbraio 2024. Per i redditi 2023, sarà compito dei contribuenti evidenziare i propri guadagni autonomamente in dichiarazione dei redditi.
Un obbligo, quello del versamento per Airbnb della cedolare, in vigore dal 2017 e che la piattaforma aveva scelto di non rispettare presentando (e perdendo) quasi tutti i suoi ricorsi, in Italia e in Europa.
Da questo inadempimento era partita la Guardia di Finanza, che la scorsa estate aveva accertato mancati versamenti per 779 milioni. La stessa somma posta poi sotto sequestro a novembre dalla procura di Milano. I 353 milioni chiesti a Airbnb, le sole imposte al netto di sanzioni e interessi, sono sì una cifra inferiore a quanto ipotizzato inizialmente, ma che riflette in maniera più puntuale l’importo che realmente potrebbe essere stato sottratto al Fisco. Le Entrate spiegano che sono stati esclusi tutti i contribuenti per i quali la norma sulla cedolare secca non era applicabile - partite Iva, beneficiari di affitti a lungo termine e i titolari di più di quattro appartamenti - e soprattutto chi aveva già pagato autonomamente l’imposta.

E con questo possiamo anche immaginare quanti affittuari abbiano incassato in nero...facile prendersela col pesce grosso, più impegnativo col piccolo evasore. Che, in più, vota...
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 17 dic 2023 17:00

https://www.huffingtonpost.it/esteri/2023/12/16/news/houthi_israele_mar_rosso-14600468/

Adesso ci si mettono pure gli Houthi a fare danni.
Ovviamente sono filo iraniani.
Ovviamente gli iraniani hanno interesse a provocare danni al resto del mondo.
Ayatollah da fare sparire dalla faccia della terra come Hamas, quanto prima possibile.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 18 dic 2023 20:08

Unite i puntini.

Gli Houthi sono filoiraniani, e aiutati dall'Iran.
L'Iran e la Russia vogliono dividersi la sfera di influenza caucasica/mediorientale.
Ambedue sono membri OPEC+
Ambedue odiano l'occidente che pretenderebbe che fossero più democratici. Tipo non ammazzare gli oppositori...
L'occidente ha poco petrolio e ne importa tanto.
Il petrolio sta scendendo nonostante i tagli perché se ne consuma meno.

E quindi...

https://www.reuters.com/markets/commodities/oil-climbs-nearly-1-drop-russia-exports-red-sea-jitters-2023-12-18/

Oil climbs 3% as Red Sea tanker attacks prompt reroutings

A Norwegian-owned vessel was attacked in the Red Sea on Monday and oil major BP said it has temporarily paused all transits through the body of water. Other shipping firms said over the weekend that they would avoid the route.
Brent crude futures were up $1.98 , or 2.6%, to $78.53 a barrel by 12:22 p.m. ET (17:22 GMT), while U.S. West Texas Intermediate crude rose $1.82, or 2.6%, to $73.25.
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 18 dic 2023 22:35

zampaflex ha scritto:https://www.huffingtonpost.it/esteri/2023/12/16/news/houthi_israele_mar_rosso-14600468/

Adesso ci si mettono pure gli Houthi a fare danni.
Ovviamente sono filo iraniani.
Ovviamente gli iraniani hanno interesse a provocare danni al resto del mondo.
Ayatollah da fare sparire dalla faccia della terra come Hamas, quanto prima possibile.


adesso ci pensa zio Sam
I comunisti mi trattavano da fascista, i fascisti da comunista.
Tutto questo ha aiutato il film.
(Sam Fuller, a proposito di "The Steel Helmet")

http://fortezza-bastiani.blogspot.com
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 21 dic 2023 14:11

Pagliacci, irresponsabili e ignoranti: hanno votato contro la ratifica del MES

Siamo isolati in Europa e ne pagheremo le conseguenze
I comunisti mi trattavano da fascista, i fascisti da comunista.
Tutto questo ha aiutato il film.
(Sam Fuller, a proposito di "The Steel Helmet")

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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 22 dic 2023 12:49

"Difficile, per i partner europei, sfuggire alla sensazione di essere caduti in una trappola, con l’Italia che finge di voler perseguire una strada comune, ottenendo risultati, pur parziali, dopo un’estenuante trattativa, e poi si sgancia, facendo prevalere considerazioni sovraniste ed elettorali."

Sipario.
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