USA
Sanità, gig-economy: negli Usa cresce il lavoro, non gli stipendi
di Marco Valsania
06 Ottobre 2019 - da Il Sole 24ORE
"C’e chi lo chiama l’enigma dei salari. I compensi dei lavoratori americani, nell’insieme, sono in affanno. Continuano a faticare a tenere il passo con il costo della vita, anche dopo dieci anni di espansione e 108 mesi di crescita negli impieghi. Dopo una marcia che, se rallenta il passo, ha schiacciato il tasso ufficiale dei senza lavoro ai minimi da 50 anni, al 3,5%, in settembre. Quello stesso mese ha però tradito anche l’inquietudine salariale: le paghe orarie sono rimaste ferme rispetto ad agosto - anzi diminuite di un centesimo - e il più rilevante andamento nei dodici mesi ha mostrato un aumento del 2,9%, il più debole da oltre un anno.
Combinato con un declino nei posti di lavoro manifatturieri, tra i meglio remunerati, fa presagire le sfide davanti a un’economia appesantita da fragilità globali e conflitti commerciali: ombre sui redditi delle famiglie minacciano i consumi, pari a due terzi del Pil, che hanno già sofferto flessioni nella fiducia il mese scorso e incrementi minimi nella spesa dello 0,1% in agosto.
È un ristagno, quello salariale, che ha molteplici radici. Gli analisti sottolineano che un’attenta lettura riserva sorprese positive. Affiorano progressi in particolare nelle fasce più deboli: i dipendenti in mansioni di produzione e non manageriali sono reduci da un incremento annuale pari al 3,5%, vicino a recenti massimi del 3,6% (seppur dopo anni di guadagni doppi rispetto alla media concentrati nel 5-10% meglio remunerato). E in parte la debolezza potrebbe essere spiegata, indicano gli economisti di Evercore Isi, dalla capacità di una longeva espansione di attirare adesso sul mercato del lavoro anche americani marginalizzati e con scarse qualifiche. Potrebbero inoltre influire, stando a Jefferies necessarie evoluzioni demografiche: il pensionamento della generazione dei baby boomers lascia posti a dipendenti più giovani e meno pagati.
Resta tuttavia la frenata evidenziata dall’insieme dei compensi, con pressioni nei comparti più diversi, dai servizi d’informazione al commercio, dalle utilities alle finanza. E rimane una debole tendenza di più lungo termine, dopo picchi agli inizi del 2019 che avevano fatto sperare in riscatti. I salari reali, tenuto conto dell’inflazione, sono lievitati ancor meno nel corso dell’ultimo anno, in media dell’1,2 per cento. Altre forze profonde potrebbero essere qui all’opera: da ipotesi di “stagnazione secolare” e frenate nella produttività, a globalizzazione e rivoluzioni tecnologiche, con l’avanzata di servizi e “gig-economy” che rendono più precario il lavoro. Nel mirino sono pratiche monopolistiche e anti-concorrenziali in nuove industrie quali l’hi-tech. E l’arretramento del sindacato, che rappresenta solo il 6% dei lavoratori nel settore privato.
Il comparto che più ha trainato la creazione di buste paga, non a caso, il mese scorso è risultato l’assistenza sanitaria, circa 40mila nuovi impieghi, segnato però da sacche di bassi compensi. Il manifatturiero, già in contrazione, ha invece perso duemila impieghi e da gennaio ne ha creati 41mila contro 188mila l’anno scorso, dando crescente eco alle preoccupazioni sui salari."
..... e in special modo sono crollati ormai da anni i salari dei milioni di giovani neo-assunti, dopo la crisi del 2008 che ha potuto sfruttare la usuale legge del ricatto " licenziamenti di massa - calo dei salari " .....
grazie Nico, pensami sempre, almeno tu (e Gianni) ! Mai che mi pensi quell' elitario di zampaflessa