Messaggioda zampaflex » 05 gen 2023 22:39
«L’Italia deve combattere quegli
stereotipi che circolano in alcuni
Paesi del Nord Europa, secondo cui
non si preoccuperebbe delle
generazioni future e vorrebbe
scaricare i suoi oneri su altri partner
comunitari, come del resto in parte
avviene fisiologicamente con il Next
Generation Eu dove il nostro Paese
riceve più di quanto versa. E deve
combatterli alla radice, togliendo
loro quel tanto di verosimiglianza
che a volte si riscontra in un Paese
che spesso trova naturale avere
disavanzi di bilancio molto alti,
tollerare un’evasione fiscale
elevatissima e sanata da frequenti
condoni, muoversi verso una
tassazione proporzionale invece che
progressiva malgrado
disuguaglianze sempre più gravi,
considerare indecente il solo
discutere di una modesta
imposizione sui patrimoni o di
imposte di successione un po’ più
alte, come in tanti altri Paesi
europei». L’attacco del ministro della
Difesa Guido Crosetto alla Bce non
lascia indifferente Mario Monti,
l’economista e senatore a vita che è
stato anche presidente del Consiglio
e Commissario europeo. Sono parole
che considera errate nel merito e
controproducenti negli effetti.
Crosetto mette in discussione
l’indipendenza della Bce...
«Mi pare che l’indipendenza di una
Banca centrale riduca uno dei rischi
più diffusi nelle moderne
democrazie, che è la tentazione di
scaricare costi presenti sulle
generazioni future, attraverso
l’inflazione e disavanzi pubblici
eccessivi».
Ma la Bce è troppo
autoreferenziale?
«È indipendente dai governi, ma ha
una “accountability” democratica,
esercitata dall’unico organo della Ue
direttamente eletto. Infatti i vertici
della Bce riferiscono regolarmente al
Parlamento europeo, che ha anche
un ruolo nella loro nomina. Inoltre,
quando sono stati invitati, sono
spesso andati anche di fronte ai
Parlamenti nazionali a spiegare la
posizione della Bce».
Dunque, anche il Parlamento
italiano potrebbe invitare Lagarde?
«Perché no? Ovviamente si
tratterebbe di un invito, non certo di
un mandato di comparizione! Va
tenuto presente che la Bce deve
pensare all’interesse comune
dell’intera zona euro, non a questo o
quel singolo Paese. E vi sono tensioni
quasi permanenti. Esponenti dei
governi del Sud Europa reclamano
tipicamente tassi più bassi e
maggiore larghezza monetaria, e
viceversa quelli del Nord. Questo non
giova a nessuno. Ci sono casi in cui il
silenzio è più utile. Pochi sanno, ad
esempio, che la faticosa soluzione
della crisi finanziaria di dieci anni fa
iniziò proprio con una posizione
comune dei tre maggiori Paesi che,
rompendo con il passato, si imposero
un “silenzio simmetrico”».
In che senso?
«La più approfondita biografia della
Cancelliera Merkel, scritta da Ralph
Bollmann, colloca l’inizio della svolta,
che poi portò alle decisioni
dell’Eurosummit del giugno 2012 e
nel luglio dello stesso anno al
“Whatever it takes” di Draghi,
nell’incontro del 24 novembre 2011 a
Strasburgo, quando Sarkozy e Merkel
si riunirono per la prima volta con il
presidente del Consiglio italiano, in
carica da pochi giorni, ossia il
sottoscritto. In quella sede ci si
accordò su una cosa semplicissima,
di puro buon senso: un silenzio
simmetrico. Sia chi voleva una
politica monetaria più morbida,
come la Francia e l’Italia, sia chi
invece vi si opponeva, come la
Germania, avrebbe smesso di
sollecitare pubblicamente la Bce. Fu
il primo passo di un confronto che
sarebbe stato ancora lungo, ma per la
prima volta, dice Bollmann, la Merkel
si sentì ingaggiata in un dialogo
pragmatico, non “costretta” a dar
prova di rigidità. E la Bce, se ci sono
forze che pubblicamente chiedono
determinate cose, non può fare altro
che negarle, per non essere accusata
da altri di avere derogato alla propria
indipendenza».
Quindi chiedere alla Bce una
politica monetaria più lasca avrà
l’effetto opposto?
«Esatto. Se l’obiettivo di certe
dichiarazioni è evitare un rialzo dei
tassi, esse non avranno seguito reale.
Un’altra ipotesi è che chi fa questi
attacchi punti, più che ad un risultato
a Francoforte, ad avere consenso in
casa propria, mostrando la propria
capacità di protesta, a “difesa” della
Nazione. Ma il ministro della Difesa
Crosetto mi pare persona genuina,
concreta, non cinica, oltre che
simpatica. Forse non aveva ancora
avuto modo di riflettere bene su
questo tema complesso».
Crosetto chiede che la Bce
riprenda gli acquisti di titoli di
Stato. Sarebbe coerente con una
politica monetaria restrittiva?
«La risposta è no: il ritmo di creazione
della moneta è stato enorme negli
anni del Quantitative Easing e se una
Banca centrale compra titoli di Stato
lo fa mettendo in circolo moneta e
quindi aumentandone la quantità.
Non è vero che tutta l’inflazione
europea derivi dalla guerra in
Ucraina, c’erano già i presupposti per
creare inflazione nella politica
monetaria espansiva degli scorsi
anni. Inoltre il Quantitative Eeasing si
pone già al limite dei trattati europei,
se dovesse essere a tempo
indeterminato desterebbe
preoccupazione ancora maggiore nei
Paesi che guardano con timore
all’espansione dei disavanzi come
quello italiano».
Altra critica: la Bce azzoppa
un’economia già in difficoltà…
«Se la politica monetaria, il cui
compito principale è quello di
contenere l’inflazione, non
decelerasse, allora avremmo quel
mostro che si chiama stagflazione.
Non si può chiedere troppo alla
Banca centrale. Con il Quantitative
Easing, cominciato nel 2015 e finito
forse troppo tardi, ha distribuito dosi
ingenti di analgesico che hanno
avuto effetti sui governi ma anche
sulle parti sociali e hanno reso molto
meno cogente fare riforme
strutturali. Una politica monetaria
alla quale i governi chiedono un
eccesso di atteggiamento materno,
non solo crea più inflazione, ma
toglie altri stimoli al cambiamento
necessario».
Ha anche lei l’impressione che la
premier Meloni sia in fondo più
legata al rispetto formale e
sostanziale delle regole europee
rispetto ad alcuni suoi ministri?
«Mi sembra che al governo oggi ci
siano persone che ancora poco
tempo fa erano accomunate da una
visione populista, e in certi casi
sovranista. Persone che hanno avuto
il costume dell’opposizione più a
lungo di altri in Italia: in quell’habitat
era comprensibile la denuncia, per
quanto superficiale e a volte
grottesca, di forze esterne più o meno
occulte. Adesso, la presidente
Meloni, con grande lucidità e
guardando evidentemente a un
disegno di lungo periodo, ha
invertito le posizioni che teneva
sull’Europa. Vedo con favore questo
nuovo orientamento, dimenticando
volentieri che fino a uno o due anni fa
c’era anche lei nel mazzo di coloro
che fustigavano alcuni governi, forse
il mio più di altri, per avere seguito in
stato di necessità linee molto simili a
quelle che lei, con mano ferma, sta
imponendo alla maggioranza.
Capisco anche che chi oggi
appartiene a partiti di governo che
hanno avuto minore successo di FdI
tenderà ad essere meno
esclusivamente dedito all’interesse
del Paese nel lungo termine. Ma noto
pure che il ministro Giorgetti,
responsabile per le materie
finanziarie, osserva una linea di
estrema prudenza».
Non progredi est regredi