Messaggioda tenente Drogo » 04 nov 2007 13:34
ottimo Ilvo Diamanti
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Ruoli capovolti. La Juve è all'opposizione
SENTIVAMO nostalgia di questo derby. Lo attendevamo con una certa trepidazione. Perfino un po' di ansia. Ci mancava il "nemico" ... pardon: l'avversario. Perché in Italia almeno, si tifa "contro" più che "per". O meglio: si tifa "per" e "contro" allo stesso tempo. Solo che l'amore è diviso, frazionato. Fra molte appartenenze. L'odio - o, almeno, l'ostilità - invece no. E' altamente concentrato. Due squadre su tutte. Juve e Inter. Appunto. (Indagine Demos-Eurisko, maggio 2007).
Due campionati fa, prima di "calciopoli", non era così. Bersaglio del disprezzo dei tifosi era solo lei. La Juve. La chiamavano "Vecchia Signora", a quel tempo. (Ma i nemici indicavano una signora di facili costumi). Ora non più. Perché è cambiata. Non è chiaro se le vicissitudini degli ultimi anni l'abbiano invecchiata oppure rinnovata. Forse entrambe le cose. Di certo non è più una "signora". E non è più sola ad essere "odiata". Accanto a lei, oggi, c'è la nuova padrona del calcio italiano. L'Inter. Che fino a due anni fa era, al contrario, simpatica ai più. Come il suo presidente, Massimo Moratti. Certo: è facile essere simpatici a tutti quando perdi. Quando arrivi, puntualmente, secondo. Anche se spendi un sacco di soldi e compri tutto quel che si muove sul mercato. Anzi: più che con simpatia vieni guardato con ironia (quando va bene). Oggi, però, tutto è cambiato. Due campionati dopo, il mondo (del calcio) si è capovolto. Come ha scritto (benissimo) ieri, su Repubblica, Michele Serra: l'Inter è al governo. E, come il governo in carica, sta ai minimi storici, nella simpatia dei tifosi. Potenti e antipatici. Meglio così, penserà certamente il popolo nerazzurro. Ma si dovrà abituare, a questo nuovo status. E non è sempre facile. Lo sa il popolo bianconero. Che, peraltro, dopo tanti anni trascorsi dalla parte dei "forti", stenta ad abituarsi a vivere in questo "mondo rovesciato".
Due anni fa: noi Moggi, loro mogi. Oggi, loro padroni e noi operai. L'Inter: i due ultimi scudetti cuciti sulla maglia. E una lista di giocatori tale da giustificare, da sola, un album Panini. Che forse è stato già fatto, a mia insaputa. Fra gli altri, Vieira e soprattutto Ibra. Che aveva incantato - e a volte irritato- la platea bianconera, nei due campionati passati alla Juve. Moratti ha comprato anche loro, un anno fa. Ma, assicura, "solo per far piacere alla Juve". Nella quale, oggi, militano alcune bandiere, un paio di campioni e molti giocatori costati quasi nulla. Di qualcuno, prima, non sospettavamo neppure l'esistenza. Chessò: Grygera e Sali-qualcosa. Impronunciabili. Insieme ad altri, rimasti quasi per caso (e per fortuna: Chiellini, Le Grottaglie; ma anche Camoranesi e perfino Trezeguet, a un certo punto, pareva se ne andassero). E ad alcuni giovani promettenti. Le poche spese "esagerate" (Tiago, Almiron), per ora, giocano in panchina. O stazionano in infermeria. Cose, che una volta, capitavano all'Inter. Un altro buon motivo per credere che il mondo si sia capovolto. Oppure, come suggerisce ancora Serra, che siamo tornati indietro. Ai tempi di Moratti padre, Helenio Herrera. E di Italo Allodi. "Un Moggi in regola con le leggi". (Anche se, allora, non era possibile scoprire se qualcuno le infrangeva. Né la federazione né tanto meno la Juve commissionavano intercettazioni telefoniche o
pedinamenti).
Oggi l'Inter è padrona. Campione d'Italia e capoclassifica. La Juve una neopromossa.
L'Inter (insieme al Milan) è Milano-capitale-del-Nord. In più: è il petrolio, le telecomunicazioni, la telefonia mobile, un pezzo importante dell'editoria che conta. La Juve non si sa più cosa sia. Dal punto di vista geopolitico, Torino conta poco (e il tifo bianconero non ha una sola città. E' nazionalpopolare). La Fiat, dopo un eclino durato vent'anni, è tornata un'azienda di successo. Ma i suoi manager non sembrano provare troppa passione per la Juve. O, almeno, non lo danno a vedere. Preferiscono la Ferrari.
Cobolli Gigli, Blanc, Ranieri. I dirigenti e il tecnico: persone per bene. Educate. Fin troppo, pensano in molti (tifosi bianconeri compresi). Perché la Juve, politicamente, sembra leggera. Gli arbitri, nell'incertezza, la puniscono. Basta vedere i rigori che subisce. (5 in 10 partite fin qui. Non ricordo quanti, l'Inter. Ma penso di meno...). Questa Juve. E' molto diversa da un tempo. Non è più una "vecchia signora". Ha lo spirito dei giovani: flessibili e precari. Ha indossato una tuta operaia. E' dimagrita. Ma resta "la più amata dagli italiani", con il 30% sul totale dei tifosi.
Molti juventini hanno nostalgia dei "bei tempi" recenti. Quando c'era Moggi. Io no. (Anche se non credo che un "sistema" si possa reggere su una persona e una società sola, senza una responsabilità condivisa, in qualche misura, dai principali attori - leggi: dai principali club - che partecipano al gioco).
Ma dopo tanti anni trascorsi a esercitare il potere negli stadi e nel palazzo, un periodo di esilio, un viaggio nel deserto, aiutano. Rigenerano. Purificano.
Così, questa sera assisteremo a una sfida singolare, che sancisce un passaggio d'epoca. Fra una Juve più povera, senza privilegi arbitrali, perfino vessata; una squadra operaia, giovane e meno bella di un tempo. E un'Inter padrona, poderosa, ricca, esuberante e un po' arrogante. Divenuta, per questo, antipatica. E' la seconda Repubblica del calcio. Dove l'Inter è al governo e la Juventus all'opposizione. Potrebbe non essere un male. In questi tempi, il potere logora chi ce l'ha.
(4 novembre 2007)