Diario economico

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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 07 lug 2013 09:47

Incorporo il rapporto "Renzi" nel thread perché contiene nella parte tabellare molti dati interessanti.

http://www.ilfoglio.it/cerazade/3008

Esempio: le tavole 2 (crescita debito dovuta alla politica di deficit spending, inflazione e svalutazione della lira), 4 (riduzione della spesa per interessi grazie all'ingresso nell'euro), 7 (spaccato del differenziale del CLUP), 11 (la politica Berlusconiana di alta spesa pubblica viene smascherata), 15 e 16 (inefficienza delle forze militari e di polizia)... e via dicendo.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 08 lug 2013 09:34

E' la fine per il gloriosissimo modello tedesco nato dalla Agenda 2010?

"L'aumento di competitività della Germania negli ultimi anni rispetto ai partner europei, generalmente attribuito ai benefici delle riforme del mercato del lavoro realizzate dal Governo Schröder, la cosiddetta Agenda 2010, ha un'origine meno ovvia di quanto appare a un'analisi superficiale. Non è venuta, osserva Sebastian Dullien, in uno studio appena pubblicato dallo European Council on Foreign Affairs, da un aumento della produttività, che anzi è cresciuta più lentamente nell'ultimo decennio che in quello precedente e non differisce in modo significativo dalla media dell'eurozona.
Il fattore decisivo è stato invece un ferreo controllo sui salari nominali, che a sua volta, insieme alla debolezza degli investimenti, ha generato il surplus dei conti correnti. Al basso livello d'investimento ha contribuito la compressione di quello pubblico, compreso in educazione e ricerca e sviluppo. Una ragione in più, secondo Dullien, per non additarlo a modello al resto d'Europa."

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-07-07/minisalari-disuguaglianze-ombre-modello-082553.shtml?uuid=Abweo2BI
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo » 08 lug 2013 12:28

l'autore del programma è un deputato del PD nato in Israele e naturalizzato italiano: Yoram Gutgeld
http://www.ilfoglio.it/soloqui/18545
I comunisti mi trattavano da fascista, i fascisti da comunista.
Tutto questo ha aiutato il film.
(Sam Fuller, a proposito di "The Steel Helmet")

http://fortezza-bastiani.blogspot.com
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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 09 lug 2013 16:54

tenente Drogo ha scritto:l'autore del programma è un deputato del PD nato in Israele e naturalizzato italiano: Yoram Gutgeld
http://www.ilfoglio.it/soloqui/18545


Ma credi veramente che esista la volontà per poter realizzare un programma simile in Italia? Un paese con un premier come Letta che dichiara che "....uno dei problemi della politica italiana è che ci sono troppi privilegi per i politici, e troppi politici...."

http://www.lettera43.it/politica/governo-letta-attacca-la-casta_43675101754.htm

è l'apoteosi della presa per il cu£o elevata alla n

ma soprattutto è la constatazione che la "casta" ha vinto ancora una volta soprattutto grazie alla maggioranza degli italiani inconsapevoli di essere nelle mani di un potere oligarchico e autoreferenziale.
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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 09 lug 2013 17:05

Sempre per rimanere in tema economico ecco un'interessante tabella sull'occupazione in Italia dal 1992 ad oggi.

Nella fascia fino a 34 anni il lavoro è diminuito, ma in quella tra i 55 e i 64 è notevolmente aumentato. Scusate le dimensioni big del grafico :?

Il link è http://www.cermlab.it/grafici.php

P.S.: già che ci siete date un'occhiata anche al grafico produzione industriale, giusto per ricordarci che istanbul, il cairo o Sao Paulo sono molto lontani, non solo geograficamente.


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Re: Diario economico

Messaggioda ugc » 10 lug 2013 12:08

harmattan ha scritto:Sempre per rimanere in tema economico ecco un'interessante tabella sull'occupazione in Italia dal 1992 ad oggi.
Nella fascia fino a 34 anni il lavoro è diminuito, ma in quella tra i 55 e i 64 è notevolmente aumentato.

...
P.S.: già che ci siete date un'occhiata anche al grafico produzione industriale, giusto per ricordarci che istanbul, il cairo o Sao Paulo sono molto lontani, non solo geograficamente.

Contando che si tratta di numeri normalizzati, bisognerebbe capire con che criterio lo hanno fatto...
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 10 lug 2013 16:08

ugc ha scritto:
harmattan ha scritto:Sempre per rimanere in tema economico ecco un'interessante tabella sull'occupazione in Italia dal 1992 ad oggi.
Nella fascia fino a 34 anni il lavoro è diminuito, ma in quella tra i 55 e i 64 è notevolmente aumentato.

...
P.S.: già che ci siete date un'occhiata anche al grafico produzione industriale, giusto per ricordarci che istanbul, il cairo o Sao Paulo sono molto lontani, non solo geograficamente.

Contando che si tratta di numeri normalizzati, bisognerebbe capire con che criterio lo hanno fatto...
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E comunque uno che nel 1990 aveva 40 anni, nel 2010 ne aveva 60 :mrgreen:
("Lies, damn lies and stats").
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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 10 lug 2013 22:15

zampaflex ha scritto:E comunque uno che nel 1990 aveva 40 anni, nel 2010 ne aveva 60 :mrgreen:
("Lies, damn lies and stats").


Statistiche a parte, la realta dei fatti mostra un tasso di disoccupazione crescente, soprattutto fra i giovani e i neolaureati. Ciliegina amara sulla torta è la compressione delle retribuzioni e la ridotta possibilità di crescita stipendiale.

http://www.almalaurea.it/sites/almalaurea.it/files/comunicati/2013/sintesi_rapporto_condizione-occupazionale-laureati_0.pdf

Minimizzare il fenomeno è un'acrobazia riservata solo a qualche faccia d'asino dei nostri governanti e ai loro sedicenti economisti.
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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 10 lug 2013 22:22

ugc ha scritto:Contando che si tratta di numeri normalizzati, bisognerebbe capire con che criterio lo hanno fatto...
Non capisco poi cosa intendi col PS


Il criterio bisognerebbe chiederlo all'ISTAT, considerato che il grafico in questione riporta la dicitura accanto Anno: 2013 - Fonte: Istat Database (LFS - Labour Force Survey). Il PS era da intendersi come prosecutio. Oltre il grafico sul lavoro ce ne sono altri da osservare.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 12 lug 2013 12:25

C'è un cambiamento ideologico in America, si passa dalla proprietà di un bene all'affitto. Arriverà anche da noi? Mi sa di si.

http://www.sys-con.com/node/2707816

Le nazioni emergenti non sono più così emergenti...anzi, le loro valute si stanno inabissando, le bilance commerciali pure.

http://soberlook.com/2013/07/us-emg-nations-are-on-different.html
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 15 lug 2013 14:23

Un passaggio molto tecnico, in cui si scopre come molte banche europee abbiano preso a prestito dalla BCE per fare carry trade sui decennali USA, e come tale movimento sia stato bruscamente invertito alla prima finestra di rimborso.
Non avranno determinato tutto il movimento, ma di certo hanno pesantemente contribuito. Così come questo movimento ha distorto la creazione e distribuzione di moneta nel periodo.

http://soberlook.com/2013/07/other-central-banks-impacting-us-money.html
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Re: Diario economico

Messaggioda ugc » 15 lug 2013 15:06

harmattan ha scritto:
ugc ha scritto:Contando che si tratta di numeri normalizzati, bisognerebbe capire con che criterio lo hanno fatto...
Non capisco poi cosa intendi col PS


Il criterio bisognerebbe chiederlo all'ISTAT, considerato che il grafico in questione riporta la dicitura accanto Anno: 2013 - Fonte: Istat Database (LFS - Labour Force Survey). Il PS era da intendersi come prosecutio. Oltre il grafico sul lavoro ce ne sono altri da osservare.

Grazie per la precisazione ma continuo a non capire che cosa intendi...magari sono io che son tordo...
Anche il rapporto almalaurea che hai postato peraltro presenta alcune incongruenze, un uso bizzarro della lingua italiana, diverse interpretazioni perlomeno discutibili e, forse, qualche strafalcione...
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 15 lug 2013 17:29

Per chi ne ha voglia, ecco un enorme pippone di McKinsey (prevedo macumbe di Harmattan al solo leggere questo temibile nome 8) ) sulla competitività cinese e sulle sfide poste. Da alcuni punti di vista, le stesse considerazioni si possono applicare al nostro settore manifatturiero rispetto alla competizione di qualità (Germania, Giappone, in alcuni casi USA).

http://www.mckinsey.com/insights/manufacturing/a_new_era_for_manufacturing_in_china?cid=china-eml-alt-mip-mck-oth-1306

Intro:
"China’s emergence as a manufacturing powerhouse has been astonishing. In seventh place, trailing Italy, as recently as 1980, China not only overtook the United States in 2011 to become the world’s largest producer of manufactured goods but also used its huge manufacturing engine to boost living standards by doubling the country’s GDP per capita over the last decade. That achievement took the industrializing United Kingdom 150 years.

Today, however, China faces new challenges as economic growth slows, wages and other factor costs rise, value chains become more complex, and consumers grow more sophisticated and demanding. Moreover, these pressures are rising against the backdrop of a more fundamental macroeconomic reality: the almost inevitable decline in the relative role of manufacturing in China as it gets richer.1 Manufacturing growth is slowing more quickly than aggregate economic growth, for example, and evidence suggests that the country is already losing some new factory investments to lower-cost locations, such as Vietnam, sparking concern about China’s manufacturing competitiveness.2

Competitiveness, of course, is a broad term that can confuse more than clarify. During the 1980s, for example, there was much hand-wringing in the United States about declining manufacturing competitiveness versus Japan. In the following decade, however, those concerns faded, replaced by a focus on the failings of “Japan Inc.,” the SUV-fueled resurgence of the US automotive sector, and the boom in US high-tech manufacturing. In the United States then, as in China today, there isn’t just one manufacturing sector; there are many, each with different competitive strengths and weaknesses.

In this article, we move beyond the hyped hopes and frantic fears for Chinese manufacturing as a whole, to gain a more balanced picture of this diverse sector. We start with a summary of four key challenges that affect different types of manufacturers in different ways and then move on to a discussion of competitive priorities whose importance again varies for players of different stripes. Despite the variation across manufacturing subsectors, companies—Chinese owned and multinational alike—can’t escape the need to raise their game and move up the value chain by boosting productivity, refining product-development approaches, and taming supply-chain complexity. Those that do should prosper in the years ahead, while those that rely on yesterday’s model of rock-bottom wages and stratospheric domestic growth rates are likely to fade.

Four challenges

For years, China’s low salaries; strong supply base; high investment in port, road, and rail infrastructure; and solid engineering and technical skills provided a strong platform for manufacturing exports. Meanwhile, a vast domestic market helped fuel China’s continuing transition to a consumption-based economy. Today’s outlook is more mixed. Here, we review four core challenges and the types of players particularly affected by each of them. In doing so, we draw on a set of global manufacturing archetypes established recently by the McKinsey Global Institute.

Rising factor costs

Rising wages and the appreciation of the renminbi have dampened China’s exports in recent years and focused global attention on its future viability as a low-cost manufacturing center. Most multinationals that produce labor-intensive goods, like textiles and apparel, are actively seeking to diversify beyond China to reduce costs and mitigate political and supply-chain risks. China-based processors of goods such as beverages, fabricated metals, food, and tobacco are also concerned about rising costs, including those for packaging. Yet their regional focus makes this less a global competitive issue and more a question of which players in the value chain will create the most value.

Rising consumer sophistication

McKinsey research suggests that by 2020, the income of more than half of China’s urban households, calculated on a purchasing- power-parity basis, will catapult them into the upper middle class— a category that barely existed in China in 2000 (for more, see “Mapping China’s middle class”). The members of this group already demand innovative products that require engineering and manufacturing capabilities many local producers do not yet adequately possess. An executive of a Chinese television-panel maker, for example, recently confessed that his company cannot fully meet the requirements of high-end customers and that the quality of his company’s flat-screen panels is exceeded by that of products from fast-moving South Korean competitors. China’s automakers face a similar challenge: consumers perceive their brands as lower in quality, even compared with foreign brands assembled in nearby Chinese factories.

These issues confront players in a range of other sectors—from appliances and chemicals to electrical and office machinery, pharmaceuticals, telecommunications gear, and transportation equipment. What they have in common is that they compete on the strength of their R&D, technology, and ability to bring customers a steady stream of new products and services. Rising consumer expectations will require even food and beverage players to raise their game on freshness and regulatory compliance, areas where China’s standards still lag behind Western ones.

Rising value-chain complexity

Another big challenge is coping with the rising value-chain complexity that accompanies consumer growth. Greater affluence and rapid urbanization require product makers to manage, make, and deliver an array of increasingly diverse and customized products to increasingly remote locations. Between now and 2015, for example, almost two-thirds of the growth in demand for fast-moving consumer goods will come from smaller (Tier-three and Tier-four) cities, which outnumber their Tier-one counterparts, such as Beijing or Shanghai, by a factor of 20.

Product proliferation and booming e-commerce also contribute to value-chain complexity. Business-to-consumer online sales in China are expected to grow by 45 percent a year from 2010 to 2015. For product makers, this means smaller and smaller lot sizes and deliveries to households farther and farther “out there.” During Chinese festival periods, the supply chains of many companies already creak under the strain of online orders. Demanding consumers contribute to supply-chain headaches, as well. Since many retailers in China accept cash-on-delivery payments, it’s not uncommon for shoppers to pit online retailers against one another by ordering, say, three identical products from three retailers—and refusing delivery to all but the first to arrive.

Such issues are relevant for technology companies and others responding to the Chinese consumer’s increasingly sophisticated tastes. But rising value-chain complexity is also a worry for manufacturers of more labor-intensive goods, given the sheer variety of products they make, and for regional processors, whose logistics networks are affected by urbanization and booming infrastructure development.

Heightened volatility

The uncertain global economic environment since 2008 has complicated life for manufacturers everywhere. Those in China have arguably been the most severely affected, given the country’s status as the workshop of the world.

In China’s steel industry, for example, annual demand growth slowed to 3 percent in 2012, after a decade of double-digit increases. The result has been lower capacity utilization, cutthroat competition, and a 56 percent decline in average profit margins for the industry from 2010 to 2012. Similarly, in China’s massive auto industry, annual growth rates over the past five years have varied from 7 percent to 52 percent.4 Appliance and electrical-machinery producers have also experienced strong demand fluctuations, exacerbated by gyrating overseas demand.

Volatility at such levels makes planning difficult for China’s manufacturers. This is problematic for companies that routinely make large, long-lived capital expenditures whose returns are crucial determinants of performance."
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Re: Diario economico

Messaggioda ugc » 15 lug 2013 19:23

mi fa piacere che McKinsey dica quello che sostengo da anni. La cina non è il futuro della produzione, è il presente.
Il futuro che ci interessa, ovvero per tutto ciò che è made-to-order, sarà molto più vicino a noi: est europa, Turchia, paesi del mediterraneo...
Potremmo anche essere noi se ci svegliassimo a fare le riforme che servono.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 16 lug 2013 17:52

ugc ha scritto:mi fa piacere che McKinsey dica quello che sostengo da anni. La cina non è il futuro della produzione, è il presente.
Il futuro che ci interessa, ovvero per tutto ciò che è made-to-order, sarà molto più vicino a noi: est europa, Turchia, paesi del mediterraneo...
Potremmo anche essere noi se ci svegliassimo a fare le riforme che servono.


Non c'è niente da fare, i cinesi per ora competono solo sul prezzo. E molti insistono a cercare la svalutazione apportata dal ritorno alla lira come rimedio...lo sarebbe, ma solo temporaneo, prima dell'abisso finale.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 17 lug 2013 14:14

Ah ha...prime misurazioni di svalutazione interna in Italia (non so quanto attendibili, magari è solo l'effetto della cassa integrazione che, mantenendo un lavoratore in carico all'azienda ma facendogli percepire un salario minore, abbassa la media):

http://vitolops.blog.ilsole24ore.com/2013/07/voil%C3%A0chiamasi-svalutazione-interna.html
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 20 lug 2013 11:59

Mi sono arrabbiato per tanti mesi perché il petrolio WTI costava un botto meno (il 20% !!! ) del nostro Brent, il cui prezzo fa da parte preponderante di molti dei nostri acquisti energetici. Ho pensato a qualche manovra dei biechi capitalisti plutogiudomassonici di Wall Street... 8)
Nel giro di pochi mesi, il gap si è azzerato.

Immagine

Uno dei motivi potrebbe essere il margine di raffinazione negli USA, che in un anno è triplicato invogliando i raffinatori a raffinare, e quindi consumare, quanto più petrolio possibile. Evidentemente anche la domanda finale di benzina è alta.

http://soberlook.com/2013/07/why-crude-oil-inventories-continue-to.html
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 20 lug 2013 12:10

L'Europa si sta avviando a ripetere il "decennio perduto" del Giappone?

http://soberlook.com/2013/07/the-eurozone-is-on-verge-of-repeating.html

La crescita dei prestiti a aziende non finanziarie è scesa sotto zero, quindi tali prestiti sono in calo, NEL TOTALE DELL'EUROZONA.
Pensare ad una azione a livello europeo per il riconoscimento degli assets non più performanti con la creazione di una o più bad banks potrebbe essere una buona idea.
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Re: Diario economico

Messaggioda Dedalus » 22 lug 2013 02:29

Cosa sarebbe una (o più...) bad bank? :|
“La cultura è organizzazione, disciplina del proprio io interiore; è presa di possesso della propria personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere la propria funzione nella vita, i propri diritti e i propri doveri.”
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 22 lug 2013 09:02

Dedalus ha scritto:Cosa sarebbe una (o più...) bad bank? :|


Ripeteremmo l'esperienza degli USA con la crisi delle Casse di Risparmio negli anni 80 e svedese con la loro crisi bancaria di inizio anni 90: si costituisce una società a cui le banche conferiscono i loro assets problematici (partecipazioni, crediti dubbi ed incagliati). In questo modo le banche si liberano del macigno che impedisce loro di essere valutate correttamente dal mercato (col corollario di ristrettezze sui prestiti e tassi alti) e di erogare prestiti rispettando i parametri di vigilanza; dall'altro la società di liquidazione (bad bank) si prende tutto il tempo necessario per liquidare ordinatamente gli assets "tossici" avendo la garanzia dello Stato e quindi non generando paure di vicino fallimento.
Potendo attendere anche anni il momento giusto per incassare un credito o vendere un cespite, il costo per la collettività si riduce enormemente.

Il piano TARP della Fed del 2009 (Troubled Assets Relief Program) ha ottenuto lo stesso risultato: la Fed acquistò dalle banche USA pacchi di mutui casa cartolarizzati che non avevano più mercato e il cui sottostante (il valore delle case su cui venne erogato il mutuo) stava perdendo valore. Attendendo il semplice pagamento delle rate da parte dei mutuatari, la liquidazione ha permesso alle banche di tornare più velocemente in salute ed ha perfino prodotto un utile per la Fed (e quindi, per lo Stato federale).
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 26 lug 2013 16:08

Sta tornardo la ripresa?
A luglio in Europa, per la prima volta da due anni, l'indice dell'indagine presso gli uffici acquisti del settore manifatturiero registra un dato superiore a 50, che vuol dire espansione invece che contrazione.

http://1.bp.blogspot.com/-Sxqb-cPtPhg/UfFyrgnvyqI/AAAAAAAAOdI/81aVzCQ8nZA/s1600/Eurozone+Man.jpg
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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 26 lug 2013 23:11

zampaflex ha scritto:Sta tornardo la ripresa?
A luglio in Europa, per la prima volta da due anni, l'indice dell'indagine presso gli uffici acquisti del settore manifatturiero registra un dato superiore a 50, che vuol dire espansione invece che contrazione.

http://1.bp.blogspot.com/-Sxqb-cPtPhg/UfFyrgnvyqI/AAAAAAAAOdI/81aVzCQ8nZA/s1600/Eurozone+Man.jpg


Non credo che sia una rondine a fare primavera. Tralasciando i dati sempre più negativi del nostro paese (aumento debito/PIL, disoccupazione, introiti fiscali diminuiti, ecc.) io non sottovaluterei la risalita dei tassi USA accompagnati da un dollaro debole sull'euro, fortemente penalizzante sul nostro export.
Inoltre c'è uno strano fenomeno in giro che non mi sembra di buon auspicio, ossia una riduzione di liquidità sui mercati a cominciare dalla FED che ha deciso di terminare il suo piano espansivo, per passare al Giappone che non inietterà null'altro per i prossimi 10 anni e per finire i Brics che stanno alzando i tassi di interesse come non si era visto mai.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 27 lug 2013 08:21

Harmattan e Dedalus si trovano a discutere di economia:

http://www.youtube.com/watch?v=2t356vAq0sA

Dai, seriamente, :wink: il Giappone è vent'anni che spende e spande per fare ripartire l'economia, gli USA hanno quadruplicato la base monetaria, anche la morigerata BCE ha espanso non poco...se ci sono i primi timidi segnali di ripresa rallegriamocene...in ogni espansione, il tasso di disoccupazione è l'ultimo a migliorare, perché le aziende prima recuperano efficenza e produttività, poi ricominciano ad assumere.
Anche i sondaggi bancari sulle condizioni del credito in Europa mostrano miglioramenti, quantomeno la fine dell'aumento della restrizione del credito:

http://soberlook.com/2013/07/glimmers-of-hope-in-euro-area.html
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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 28 lug 2013 23:59

zampaflex ha scritto:Harmattan e Dedalus si trovano a discutere di economia:

http://www.youtube.com/watch?v=2t356vAq0sA

Dai, seriamente, :wink: il Giappone è vent'anni che spende e spande per fare ripartire l'economia, gli USA hanno quadruplicato la base monetaria, anche la morigerata BCE ha espanso non poco...se ci sono i primi timidi segnali di ripresa rallegriamocene...in ogni espansione, il tasso di disoccupazione è l'ultimo a migliorare, perché le aziende prima recuperano efficenza e produttività, poi ricominciano ad assumere.
Anche i sondaggi bancari sulle condizioni del credito in Europa mostrano miglioramenti, quantomeno la fine dell'aumento della restrizione del credito:

http://soberlook.com/2013/07/glimmers-of-hope-in-euro-area.html


Ok...voglio darti tempo...diciamo di aspettare settembre/ottobre, anche se personalmente vedo la ripresa di produttività che tu auspichi molto lontana.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 29 lug 2013 12:36

Interessantissimo post riguardante l'evoluzione dello stipendio percepito per fasce d'età in diversi paesi sviluppati. E' centrato sul Giappone ed i suoi problemi (nota interessante, quando devono tagliare i costi non licenziano ma piuttosto tagliano lo stipendio soprattutto ai più anziani - d'altronde si sa che i dipendenti nippo vengono spremuti da giovani e poi negli ultimi anni di lavoro vengono piazzati in un ufficio ad aspettare la pensione). E c'è un grafico che contiene anche noi: si vede che lo sviluppo delle nostre retribuzioni è lineare, dall'ingresso nel mondo del lavoro c'è una crescita costante fino alla pensione. Ora, sono dati 2006 che oggi sanno di poco probabile vista la crisi, ma scommetterei sul fatto che torneranno a funzionare in questa maniera.

http://soberlook.com/2013/07/the-clock-is-ticking-on-abe-to.html

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