il sempre ottimo Massimo Fontana su Facebook
in parole povere, come dicevo nel mio piccolo anche io, l'inflazione era con noi da prima della guerra e sostanzialmente è causata dal deficit spending e l'aumento di massa monetaria dovuto alle politiche sociali per contrastare gli effetti del Covid
deficit spending e aumento del circolante che di per sé (questo lo dico io) sono un male, ma in tempo di Covid diventano un male necessario
ed ecco l'ottimo Fontana:
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Nelle settimane passate abbiamo esaminato le vicende ucraine e l’andamento dell’economia russa a seguito delle sanzioni occidentali.
Oggi invece volevo guardare in dettaglio la dinamica economica degli Usa e dell’occidente partendo da quello che al momento è il problema più grave che sta affliggendo entrambe le due aree, ovvero l’inflazione.
Ora, per il commentatore medio italiano proprio l’inflazione è la conseguenza della guerra e delle sanzioni alla Russia.
Peccato che i dati reali ci mostrino tutta un altra realtà.
Sia che noi guardiamo quelli americani, qui
https://fred.stlouisfed.org/series/CPIAUCSL#0 sia che noi esaminiamo quelli italiani qui,
https://www.istat.it/.../05/Prezzi-al-c ... rile22.pdf , ciò che vediamo senza ombra di dubbio è un progressivo aumento del tasso d’inflazione per tutto il 2021.
Negli Usa, ma anche in Italia, l’inflazione aveva raggiunto valori molto elevati e seppure leggermente inferiori, comunque comparabili a quelli di aprile 2022, già a dicembre del 2021, ovvero almeno 2 mesi prima dello scoppio della guerra in Ucraina e almeno tre mesi prima dell’applicazione delle sanzioni alla Russia.
Quindi no, guerra e sanzioni non sono la causa dell’inflazione elevata attuale.
Tolta di mezzo questa favoletta, dobbiamo però chiederci da dove arrivi un tale aumento dei prezzi.
A questa domanda risponde molto semplicemente la teoria economica: un rialzo generalizzato dei prezzi è la conseguenza o di un aumento della domanda aggregata frutto di una politica di deficit spending da parte del governo, o di un aumento della quantità di moneta in circolo frutto di politiche monetarie espansive da parte della banca centrale.
O come nel nostro caso, della combinazione di entrambe le politiche, che praticamente ogni governo del pianeta ha messo in atto nel 2020 e 2021 per combattere gli effetti negativi dovuti al lockdown delle economie per contenere la pandemia.
Proprio la dinamica temporale dell’aumento dell’inflazione per tutto il 2021 ci mostra che la risposta alla nostra domanda risiede esattamente in questa combinazione di politiche economiche e monetarie: più le economie venivano riaperte, più il denaro fiscale e monetario entrava in circolo e infine più l’inflazione saliva.
Nulla di molto complicato invero.
Qualsiasi studente universitario che abbia fatto l’esame di macroeconomia, riconosce nelle parole viste sopra il modello IS-LM,
https://it.wikipedia.org/wiki/Modello_IS-LMModello che ci dice anche come procedere per diminuire l’inflazione: basta ridurre i deficit pubblici e applicare una stretta monetaria.
Ma ecco che arrivati a questo punto sorgono però i primi problemi.
E non sono economici, ma politici, derivanti da due aspetti diversi del problema “inflazione”.
Il primo ha a che vedere con gli effetti di una riduzione del deficit pubblico e di una stretta monetaria: effetti che sono un marcato rallentamento della crescita economica se non anche nei casi più gravi una caduta in recessione.
Problema: nessun politico accetterà mai di mettere in atto una politica economica che deprime l’economia.
E questo è esattamente quanto stiamo vedendo negli Usa, ma anche in Europa e sostanzialmente in ogni parte del mondo: la classe politica cercherà di evitare in tutti i modi un taglio del deficit e un aumento dei tassi d’interesse.
Il caso più emblematico è la Turchia di Erdogan, il quale proprio per non pagare gli effetti politici di una manovra monetaria restrittiva, si è inventato la strampalata teoria che l’inflazione si riduce tenendo bassi i tassi d’interesse, con la conseguenza che l’inflazione è ormai fuori controllo e in chiaro territorio iper-inflattivo, qui
https://www.bbc.com/news/business-61332272Ma dinamiche politiche simili le vediamo anche se ovviamente in misura minore rispetto alla Turchia pure negli Usa, dove il presidente Biden si rifiuta categoricamente di ammettere che l’inflazione è una conseguenza delle politiche espansive descritte sopra, anche lui inventandosi la curiosa teoria che l’inflazione può essere controllata aumentando la tassazione delle società multinazionali.
Instaurando tra l’altro su tale argomento un feroce scambio di accuse con Jeff Bezos, qui
https://edition.cnn.com/.../bezos-biden.../index.htmlL’unica sottolineatura da fare a riguardo, a parte che almeno questa volta ha decisamente ragione Bezos, è che tale teoria sul controllo fiscale dell’inflazione non nasce dal caso, ma dalla MMT, ovvero da quell’accozzaglia di favolette economiche riprese al bisogno da Marx e Keynes e che ormai ha preso il posto del marxismo come teoria economica di riferimento dell’estrema sinistra socialisto-comunista di tutto il pianeta (ma anche e non curiosamente, della destra neofascista).
In questo caso ovviamente ci riferiamo all’azionista di minoranza dell’attuale coalizione politica che sostiene il presidente Biden, ovvero all’ala facente capo a Bernie Sanders e alla deputata Ocasio-Cortez, grande propugnatrice del neo-cartalismo,
https://en.wikipedia.org/wiki/ChartalismMa c’è anche un secondo aspetto che gioca a favore del non controllo dell’inflazione e questo risiede negli effetti di una inflazione improvvisa o comunque non ancora prezzata nei valori reali.
Di cosa stiamo parlando?
Del debito pubblico e dei salari.
Quando arriva una inflazione consistente ma imprevista, questa riduce il valore reale di ogni bene e servizio non agganciato all’inflazione.
Il debito pubblico e i salari sono appunto tra questi.
L’effetto è allora una loro riduzione.
E aspetto che qui ci interessa, tale riduzione è per la classe politica una cosa positiva.
Se la riduzione del debito pubblico è chiaramente intuibile perché sia un fatto positivo, qualcuno potrebbe chiedersi perché lo sia anche per i salari.
La risposta la fornisce anche qui la teoria economica.
Per la precisione quella neoclassica, che asserisce tra le altre cose esserci una relazione inversa tra salario e occupazione, ovvero più è basso il salario più è alta l’occupazione, o invertendo, più è bassa la disoccupazione.
Quindi, nel momento in cui arriva una inflazione elevata improvvisa, i salari reali, ovvero al netto del tasso d’inflazione e unica cosa importante per le imprese, vengono ridotti.
Riducendosi i salari, in presenza tra l’altro di un sistema economico in espansione, il tasso di disoccupazione viene ridotto molto velocemente fino ad arrivare alla piena occupazione.
Questa dinamica è esattamente quanto stiamo vedendo in tutto l’occidente.
Lo vediamo negli Usa, dove il tasso di disoccupazione ha raggiunto il livello più basso di sempre, qui
https://www.reuters.com/.../us-unemployment-rate.../ , ma con salari reali inferiori a quelli dell’anno scorso di oltre il 2%, qui
https://www.bls.gov/news.release/realer.htmLo vediamo nella Gran Bretagna idolatrata dai no-euro, che ha raggiunto anch’essa il livello più basso di disoccupazione da 50 anni a questa parte, ma anch’essa grazie a salari reali in forte discesa, qui
https://news.sky.com/.../cost-of-living ... ges-drop...
Tra l’altro nel caso inglese, l’inflazione sta raggiungendo valori talmente elevati, che la caduta dei salari reali viene prevista dal Office for Budget Responsibility come la più severa dal 1956 in poi.
E’ evidente allora come di fronte a questa bonanza sul fronte della riduzione del debito e del tasso di disoccupazione frutto dell’elevata inflazione, la classe politica occidentale sia abbastanza restia a intraprendere politiche economiche e monetarie restrittive, che tra l’altro farebbero fare una inversione ad U sia sul fronte del debito e della disoccupazione.
Cosa aspettarsi allora?
Direi una versione più moderata del caso turco: ovvero ci sarà una riduzione lenta del deficit pubblico e una stretta monetaria ridotta al minimo indispensabile.
Ma cosa comporterà tutto questo?
Chiaramente che una inflazione relativamente elevata rimarrà tra noi ancora per molto tempo.
Fino a quando?
Logicamente fino a quando i benefici dell’inflazione diventeranno inferiori ai costi.
Perché i politici l’hanno ormai dimenticato, ma questa politica espansiva ha anche dei costi, che nel lungo termine sono maggiori di quelli positivi.
Noi infatti abbiamo sempre parlato di inflazione improvvisa, ovvero non prevista dagli operatori economici.
Ma quando questi si renderanno conto che l’inflazione non andrà via tanto facilmente, inizieranno a prezzarla nei valori economici reali.
Quindi i tassi d’interesse saliranno consistentemente e i lavoratori cercheranno di avere aumenti salariali tali da riprendere il passato potere d’acquisto.
Questo da un lato aumenterà ancora di più l’inflazione (aumenti salariali), dall’altro aumenterà i costi di tutto il sistema economico (i tassi più alti).
L’effetto sarà la caduta delle economie nella stagflazione, ovvero uno stato di bassa o nulla crescita economica con alta inflazione e disoccupazione di nuovo in rialzo.
Finiremo in tale scenario?
In Europa per ora credo non sia probabile, grazie all’eredità benefica della bundesbank, presente purtroppo non abbastanza nella Bce.
Negli Usa invece potrebbe essere uno scenario da non escludere, soprattutto se continuerà ad essere predominante nel governo americano la visione dell’ala socialista del partito democratico.
E con questo, auguro una buona serata a tutti.