Messaggioda Francvino » 14 giu 2015 12:37
Alla fine li ho trovati.
Si erano rintanati in uno chalet sul lido riminese.
Tra turisti in canottiera e famiglie in assetto balneare li ho raggiunti e mi sono infiltrato.
20 Verdicchio 2010, 5 batterie da 4, in ogni batteria c'erano 1 Matelica e 3 Jesi.
Serviti alla cieca.
Ecco com'è andata, dal mio punto di vista.
I batteria.
Apre un Coroncino dell'omonima Fattoria dal naso accattivante nel suo fruttato complesso con tocchi di botrite e arancia candita; bocca altrettanto ricca, molto carica, sensualmente glicerica. Il Tosius di Ma.ri.ca esibisce sensazioni dapprima un po' erbacee per poi virare sull'anice. Chiude un po' repentinamente ma resta un bel vino coeso.
Buonissimo il Vertis di Borgo Paglianetto, scintillante nella timbrica da Verdicchio di razza, saporitissimo, tenace nel finale. Una sottile nota di canfora segna il naso dello scorrevole Ylice di Poderi Mattioli, in debito di articolazione ma era al suo debutto assoluto, un po' di semplicità ci sta tutta.
Vince Verdicchio di Matelica Vertis - Borgo Paglianetto
II batteria
Esordio con la bella sorpresa, per chi non lo conosceva, del Lailum di Fattoria Laila dal naso di erbette e bevibilità di qualità eccelsa. A tavola, sul pesce, cantava (e quando finirete la bottiglia, perché la fine è quella, canterete anche voi tipo Mario Del Monaco). Nota di mela ammaccata per un Castijo Casaleta non freschissimo; un po' meglio in bocca ma senza riuscire a scrollarsi di dosso quel timbro ossidativo preannunciato dal naso. Ancor peggio il Tralivio Sartarelli, forse in boccia sfigata, con note di cappuccino e bocca statica, dolcina, bolsa. Infine giunge il mattatore di batteria, un buonissimo Collestefano '10 che sembra aver messo un po' di ciccia in quel fisico asciutto da maratoneta. Mineralità, frutto bianco, beva sublime. Uno spettacolo.
Vince il Verdicchio di Matelica Collestefano - Collestefano
III batteria
Batteria bellissima, i 4 contendenti se le son date di santa ragione.
Apre un aristocratico Vigneto Fogliano di Bisci, quasi austero nella sua tempra acida che si fa sale in fondo al palato e riverberi di anice e tiglio al naso. Affascinante. Il secondo apre con un leggiadro mazzetto di erbe aromatiche, va sul frutto giallo per poi prendere di camomilla. È lui. Si, lui. Non ci si sbaglia. Solo la struttura appena più impostata sulla beva che sull'articolazione fa capire che sotto la stagnola c'è il Classico di Bucci. Ma la mano, signori miei, la riconosceresti tra mille. Terzo vino un devastante Cantico della Figura di Leo Felici: tempra, profondità, sfumature ma anche forza, teso come una lama, di spinta portentosa. Forza di Jesi e nerbo da Matelica. Molto buono anche l'ultimo, Misco Superiore di Tavignano, molto ricco e succoso, con la sua tipica timbrica vegetale tra agrumi e mela matura. Il più largo ma anche il sorso più polposo senza lasciarsi tentare dall'eccesso.
Vince il Castelli di Jesi Verdicchio Classico Riserva Cantico della Figura-Andrea Felici
IV batteria
Stilosissimo, Verdicchio fino al midollo, delizioso in ogni sua componente, appassionante: Il Priore della famiglia Sparapani. Molte bocche aperte quando hanno strappato il velo che nascondeva l'etichetta. Il secondo vino è ossidato. Sappiamo già che ci sono problemi su alcune partite di Capovolto de La Marca di San Michele mentre altre sono buonissime. In questo caso siamo stati sfortunati.
Nel terzo bicchiere c'è Meridia Belisario, saporito ma un po' troppo vegetale e placido di come lo ricordavo. Non è malaccio in un annata giusta come la 10 mi aspettavo un altro passo rispetto a quello che palesava il liquido nel vetro.
Chiude il Rincrocca La Staffa. Riccardo Baldi ha dato vita a un gran bel Verdicchio, tutto potenza, sapore e tipicità, che mi è piaciuto soprattutto per una pirotecnica chiusura, asciutta e possente. Il migliore di sempre tra quelli assaggiati sin ora (siamo fermi alla versione 12).
Vince il Verdicchio Classico Superiore Il Priore - Frati Bianchi Sparapani
V batteria
La V batteria si caratterizza per la sostanziale impossibilità di stabilire il vincitore. Il primo e il terzo sono vini di valore assoluto nel panorama mondiale. Stili diversi, quasi opposti. Chi ama la rarefazione, il raffinato ascendente francese, la mineralità in fieri, dovrebbe fare carte false per mettersi in cantina il Villa Bucci di Ampelio Bucci (servito per terzo). Chi del Verdicchio predilige la gioia di un sorso saporitissimo, pieno di contrasti, di tensione e lunghezza inusitati farebbe bene ad attaccarsi al telefono per cercare di scovare qualche bottiglia di Mirum La Monacesca, giunto per primo nell'ordine di servizio. In mezzo, ma non vaso di coccio, un bel Lauro Poderi Mattioli, tenue e sobrio, leggere nuance balsamiche, bella bocca, mai in difficoltà nella continuità del sapore, dalla chiusura elegante, quasi rinfrescante. Tutti concordi sulla valutazione dell'ultimo vino: volatile alle stelle, bocca bruciante da aceto. Gli Eremi de La Distesa è finito dritto nel lavandino.
Vince, ex aequo, il Castelli di Jesi Verdicchio Classico Riserva Villa Bucci - Bucci e il Verdicchio di Matelica Riserva Mirum - La Monacesca
Non paghi abbiamo stappato anche Apollonia Pas Dosé 2010, un metodo classico 50 mesi sui lieviti di ottima suggestione, salino, dritto e martellante. Un vino non tenero con l'acidità, ma proprio per questo e per la grana della carbonica, fine e composta, mi è piaciuto decisamente tanto. Non aveva una minima nota amara e chi lavora nel Verdicchio sa quanto sia difficile gestire l'indole amaricante del vitigno.
Ah, segnatevi questo nome: Federico Mencaroni.
A fine serata dal ghiaccio è uscito, come Venere dalle acque, una bellissima magnum di Podium Ris. 1997 Garofoli. Complesso, finissimo, tonico. Se qualcuno dei presenti si fosse perso la qualità espressa dal millesimo del secolo precedente, il migliore del decennio, ebbene, quella bottiglia gliel'ha spiegato con voce decisa e seducente all'unisono.
Poi è venuta la volta del Vigna delle Oche Ris.05 Fattoria San Lorenzo, purtroppo troppo avanti nella parabola evolutiva e un San Sisto 1993 Fazi Battaglia dove tra le note terziarie si scorgeva ancora il profondo segno dei piccoli legni che l'hanno maturato. Il 1995 bevuto lo scorso anno è decisamente meglio.
Bellissima serata e un grazie particolare al Conte Meursault che ha provveduto a stagnolare, raffreddare, servire e cosa più lodevole offrire i vini delle 5 batterie.
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Francvino il 14 giu 2015 14:16, modificato 1 volta in totale.
La tradizione è la custodia del fuoco, non l'adorazione della cenere. [Gustav Mahler]