Per la serie "non si vive di solo Rodano", ieri (sabato 26 settembre) ci siamo trovati nel consueto ristorante Buriani di Pieve di Cento per farci una storica scorpacciata di Bordeaux di alto e altissimo livello.
La compagnia è stata particolarmente divertente e rilassante sebbene non siano mancati i contributi di competenze enoiche ed esperienze degustative portate dal nostro iconico ed istrionico Marco Vinogodi senza il quale il piacere di bere si riduce, almeno per me, in modo significativo.
Come al solito abbiamo mangiato divinamente grazie alla mano sempre più sicura e precisa di Alessandra Buriani che ad ogni appuntamento si supera in creatività e precisione die piatti: le animelle di vitello, il risotto al parmigiano ed il piccione con polvere di ciliegie sono stati per me i momenti più belli di un pranzo tutto di alto livello.
Abbiamo bevuto:
Prima batteriaChateau Mouton Rothschild - Pauillac 1999
Chateau Latour - Pauillac 1999
Castello dei Rampolla - Vigna d'Alceo 1999 [ringer]
Chateau Lafite Rothschild - Pauillac 1999
Seconda batteriaChateau Margaux - Margaux 1999
Chateau Haut Brion - Pessac Leognan 1999
Chateau Cheval Blanc - Saint Emilion 1999 (bottiglia non a posto sostituita da un Chateau Troplong Mondot - Saint Emilion 2000)
Chateau Ausone - Saint Emilion 1999
Terza batteriaChateau Leoville Las Cases - Saint Julien 1999
Chateau Lynch Bages - Pauillac 1999
Fidenzio Toscana IGT - Podere San Luigi 1999 [ringer]
Chateau Pavie - Saint Emilion 1999
Tutti i vini erano di livello molto alto come già detto, semmai li definirei mediamente giovani ed all'inizio della loro parabola di maturità. L'annata più fresca ha permesso di goderli con "soli" 20 anni dalla vendemmia quando normalmente questi mostri sacri si rivelano nella loro bellezza non prima di 30-40 anni nelle annate considerate top. Se ad un'annata come la '99 potrà mancare un fino di profondità rispetto alle annate più blasonate, si aggiunge invece una maggiore leggibilità dello stile dei vari chateau ed una bevibilità mostruosa che in quasi in tutti i casi ci ha portati a tracannare come degli assetati nel deserto. Il confronto è servito anche a capire che a noi appassionati la freschezza dei cabernet della riva sinistra piace mediamente di più rispetto alla ricchezza estrattiva dei mostri super concentrati (e più merlottosi) della riva destra dove invece Robert Jr. Parker trova più soddsfazione anche in annate come la 99.
Un grande sorpresa è venuta dalla terza batteria che non si affatto dimostrata lontanissima dalle prime due: meno complessità ovviamente, ma grandissima piacevolezza da parte di Lynch Bages (sempre un rapporto Q/P stupefacente), grande verticalità signorile in Leoville Las Cases (da berne a secchi senza stancarsi mai) e performance sopra le attese per il piombinese Fidenzio che è stato "beccato" come ringer per i suoi aromi più mediterranei, la sua maggiore concentrazione ed il colore incredibilmente giovane ma è piaciuto a tutti ed alla colonna toscana addirittura "moltissimo".
Il mio personale cartellino della giornata registra due vini saldamente e inequivocabilmente piazzati nelle prime due posizioni: Haut Brion netto vincitore della giornata (vino del cuore con una costanza mostruosa in qualsiasi annata) con il suo goudron caratteristico, la sua freschezza quasi balsamica, i suoi tannini di seta purissima e perfettamente sferici, seguito da un Muoton Rothschild ci ha spiazzati (molto mobile olfattivamente, una parata di polveri di cacao finssimi e tabacchi cubani degni dei migliori humidor del mondo) vincitore della prima batteria staccando nettamente il favorito Lafite (sebbene in risalita con il passare del tempo ma con un tannino leggermente rude, assolutamente non all'altezza della sua fama planetaria) e tenendo testa ad un Latour campione di equilibrio e quindi di bevibilità. Il Vigna d'Alceo si è comportato benissimo al cospetto di tanti campioni: più giovane, più scuro, più terroso e dominato da uun frutto rosso vivo e pulsante (un po' durone, un po' amarena). Peccato per un'acidità leggermente scomposta sul finale che lo rendeva più rustichello e quindi meno nobile dei suoi compagni di batteria. In compenso era il più gastronomico con le animelle di vitello (in salsa di finanziera) che richiamavano un vino "di territorio" più sgrassante e potente: io ho trovato quindi il modo di godermelo comunque alla grande.
Nella mia terza piazza invece si sgomita fra tanti bellissimi vini ma se devo proprio dare la precedenza ad uno solo, scelgo Margaux per la sua classe infinita condita da un saldo di merlot che gli conferisce quel quid di giusta morbidezza senza sconfinare nella mollezza feminea. Latour subito dietro, poi Lafite ed infine Ausone un gradino sotto per un filo di irruenza (potenza?) tipicamente parkeriana che a Bordeaux non gradisco più.
In sintesi posso quindi confermare che la grandezza universale è più che meritata e che è praticamente impossibile trovare vini di questa finezza e longevità in altri territori. Sono tornato molto volentieri a fare questa bellissima esperienza dopo tante degustazioni consecutive incentrate sul Rodano..... ma adesso non vedo l'ora di tornare fra le "tette e le cosce" dei miei inostituibili "super-erotici" vini del Rodano
Riceverete presto notizie dai "rodaniani"...