Messaggioda Aramis » 01 giu 2011 23:15
Martedì a pranzo:
Dom Pérignon 2002: molto bello, gessoso, dritto come una spada; media struttura, molto appoggiato sulle durezze, vivaddio niente nocciola. Sgasato, pare un buon Charlemagne; intende essere un complimento. Per costituzione, pare acqua se confrontato con il mostro che segue, ma preso da solo è uno splendido vino.
Dom Pérignon Oenothèque 1996 (sb. 2010) (secondo assaggio in un mesetto): sensazionale. Materia proveniente da altri mondi; ne basta un nulla per avvolgere e foderare tutto. Infinito. Purissimo. Vino indimenticabile; tre assaggi coerenti, il secondo dopo una mezz'ora di tempo per placare la riduzione (niente "idrocarburi e tartufo" sentiti da sedicenti esperti seduti al tavolo: era solo ridotto).
Dom Pérignon Rosé 2000: ruvido; ordinario ai profumi, cuoioso addirittura; molto potente al sorso, scarsa la grazia, discreto allungo finale; vino prescindibile trovandolo a 50 euro, da ridere al prezzo che ha.
Dom Pérignon Oenothèque 1990 (sb. 2007): ottimo, coordinato, bolla finissima, colore molto chiaro; naso aromatico di pasticceria e glassa appena sussurrate, poi acacia, erbette e gesso; crescita vorticosa della complessità del bouquet nel bicchiere, ma la struttura, sorprendentemente agile, non giustifica né racconta la lunghissima sosta sui lieviti; manca dunque un po' di persistenza e di presenza scenica all'assaggio. Preso a pizze in testa senza riguardo nel confronto ravvicinato con il 1996, sotto ciascuno dei profili considerati.
Dom Pérignon Oenothèque 1973 (sb. 2006): greve, umido, baritonale; materia assai densa con dignitosa mobilità, più interessante dal lato tattile che da quello aromatico, che soffre il confronto con entrambe le altre annate servite. Persistenza manesca.
"L’appellation d’origine constitue un patrimoine collectif, et ne peut donc pas être la propriété d’opérateurs économiques à titre privatif, contrairement à une marque, par exemple." (INAO, Institut National des Appellations d'Origine)