zampaflex ha scritto:Mi dice: Kagami fa Kagare, rossi giurassiani vanno bene per le aiole, se dovete diserbarle; tra i bianchi qualcosa di potabile schivando le volatili della polizia e le creazioni artistiche cialtroniche, si trova. Tournelle sugli scudi, Bouillet sorpresa positiva, Labet diventa La"beh, ovvio", Bottes Rouges e Pélican bene sui 22. In generale 21 tremenda, durissima, quasi imbevibile.
Anch’io ero alle due suddette fiere.
My two cents, in un contesto peraltro sfavorevole alla degustazione per la quantità assurda di persone presenti, il caos, il caldo.
Sui super blasonati:
Pierre Overnoy ha presentato due campioni di botte, entrambi savagnin: 2023 totalmente scombinato e completamente privo di acidità. Qualsiasi persona priva di pregiudizi lo avrebbe bocciato senza appello. E data quella bocca dubito che possa migliorare. Tra due anni lo troverete sui mercatini a oltre 300 euro. Siete avvisati.
Poi c’era un 2012 ancora in affinamento (non ossidativo). Bevuta che si anticipa molto interessante, vino lungo e complesso che ti proietta in dimensioni olfattive decisamente originali. Un vino sul quale un po’ di hype potrebbe essere giustificata.
Labet: il vin de paille di grandissima finezza, un ossidativo cesellato come non penso di aver mai bevuto. Per me di sicuro il vino più buono di tutta la fiera, davvero vino di gran classe. Qui un po’ di soldi ce li metterei.
Il resto della linea una pura spremuta di limone, tutti dominati da un’acidità davvero aggressiva. Non ricordo quale cuvée ha 12.5 di alcol e 7.5gr di acidità (dichiarati in etichetta). Siamo molto al di sotto di quella che può essere una bevuta piacevole. Poi certo si può giustificare dicendo che tra vent’anni sarà buonissimo. Ma chi lo beve prima (cioè la stragrande maggioranza delle persone) o non capisce nulla di vino, o è demente, oppure tutte e due assieme.
Ho sentito un italiano cretino dire in un francese stentato che il suddetto vino era “pura poesia”.
Kagami: dei tre per me il migliore per equilibrio e senso di un vino coerente, fatto per essere bevuto, e pronto da bere. Sembrano tre condizioni ovvie per un vino, ma vi assicuro che nel contesto è stata una piacevole sorpresa. Un vino ’vino’.
chardo e savagnin 22 se non sbaglio.
Rispetto ai buoni della fiera, ovvero Tournelle, Pelican, Renardière, di sicuro almeno una spanna sopra, ma comunque in quella direzione. Lo pagherei volentieri il doppio dei suddetti, certo non 30 volte. Se i soldi non fossero un problema qualche cartone in cantina mi piacerebbe averlo.
Sulle cose stravaganti, e non erano poche, vince l’Octavin. Ha presentato un poulsard in versione 2016 e 2022. la 16 era già aceto, la 22 dominata da un puzzo di culo di gallina che mi è raramente capitato di sentire in un vino. quando mi ha presentato uno chardonnay color diarrea ho istintivamente tirato indietro il bicchiere. E dire che nei circoli naturali ha un suo discreto corso.
Interessante il fatto che un buon 40% dei partecipanti fossero italiani. Non so dire se perchè siamo più furbi o più scemi del resto degli Europei (ai GD jours non erano queste le proporzioni, e forse è una risposta), ma se non altro vi dà un’indicazione del fatto che almeno in parte quella del Jura speculativo è una tendenza che si sviluppa più da noi che altrove, statisticamente parlando.
Sulle annate: la 21 davvero dura anche in produttori come Marnes Blanches che tendono a fare vini piuttosto centrati. Bocche che ricordano da vicino gli aligoté da annata fredda, per darvi un termine di paragone.
La conclusione che abbiamo tratto è che sulle ultime annate è bene bere prima di acquistare perchè la variabilità è estrema.