Palma ha scritto:Dedalus ha scritto:Il punto cruciale sta altrove.
Come facciamo a stabilire quando è arrivato il momento di passare da un certo punteggio (diciamo 91/100) dato ad un vino che ci è piaciuto un tot al centile successivo per un vino che ci sia piaciuto un po' di più?
A parte il fatto che non è scontato pensare di utilizzare la scala assoluta, RVF ad esempio, non lo fa, ti rispondo a questa obiezione, stavolta in maniera quasi seria. e penso che non siamo distantissimi in questa interpretazione
Questo è realmente il passaggio più empirico e dipende esclusivamente dal valutatore. Ovviamente è anche possibile mettere tutti i voti tra 99 e 100 aggiungendo una marea di + e di -. Allo stesso modo posso ritenere assolutamente non raggiungibile il vino ideale e quindi valutare tutto sotto al 90. Dipende,dalla risoluzione della scala utilizzata, dai riferimenti, dall'essere più o meno di manica larga e da una buona dose di approssimazione (l'importante è non utilizzare schede che facciano diventare buoni anche i tristi) ma di certo se A è meglio di B deve risultare, altrimenti la valutazione è scazzata, non c'è verso. Ma mica sempre è così netto che uno sia meglio dell'altro ed allora si che è solo questione di gusti.
Insomma quando si valuta una valutazione, bisogna comunque conoscere il valutatore
Io sono oggettivista con giudizio e perciò non ritengo che per questo tutti dobbiamo dare gli stessi voti, però si deve far capire se un vino è buono o è tristo.
E' solo per una convenzione che ci permetta di capirci, che dobbiamo assumere, ad esempio, che la soglia della bontà sia 90/100 e quella dell'eccellenza sia 95/100.
Non creo che si capisca molto, ma sono disponibile a chiarire.
RVF non lo fa, ma è inevitabile che uno debba riportare tutto ad una scala assoluta, se vuole capirci qualcosa. Metti il famoso 100 al Coteaux Champenois 2002 di Egly Ouriet. Se uno stappa e pretende di trovarci dentro un pari di un Romané-Conti rimane deluso. Ma se uno sa che RVF punteggia così e ha un'idea di cosa sia un GC di Vosne e un Coteaux Champenois ci mette la tara e sa che quel Pinot Noir che prende 100 in Champagne vale nella scala assoluta in cui si trova ad esempio la Borgogna circa 93-95. O giù di lì. Quindi inevitabilmente si torna sempre alla scala assoluta. Altrimenti io do un 100/100 al Clinton passito vinificato in bianco svizzero che ho provato l'altra sera, che nella categoria li merita tutti, e questo significa che il tal vino è buono come l'Oremus 6Puttonyos 1999.
Il punto come hai ben capito sta nell'elasticità della scala a punti. Nella sua deformabilità. Che non è banalmente soggettiva, è addirittura assolutamente ARBITRARIA, e se si trova una certa convergenza in materia, è puro lavoro di affiatamento di gruppo.
Dove voglio arrivare? Voglio arrivare a dire che la distribuzione dei punteggi ai vari livelli qualitativi che esprime il vino risponde ad un'esigenza ben precisa: quella di ordinare i vini che si assaggiano, in maniera che essi risultino appropriatamente distinti gli uni dagli altri. Che si possa fare differenza. Quindi tutto dipende dalla frequenza con cui si assaggiano i vini di vario livello.
Immaginiamo che un gruppo assaggi tutti i giorni solo e soltanto la migliore annata mai prodotta di Romanée-Conti, diciamo la 1978 tanto per tirarne una a caso, insomma un 100/100 per antonomasia, concentrandosi esclusivamente sulle tenui variazioni che ci possono essere fra una bottiglia e l'altra. L'esigenza di questo gruppo sarà quella di fare differenza fra questi diversi vini, e comincerà a relegare una bottiglia leggermente sottoperformante perché un po' chiusa a 99, o 98. Il meccanismo mi pare chiaro. Finisce che la boccia più debole dell'anno di Romanée-Conti 1978, ancorché esente da qualsivoglia difetto, arriva a beccarsi 82-83 punti, magari anche meno.
Inutile replicare cosa succede quando uno assaggia tutti i giorni solo e soltanto Tavernello dei vari lotti. Finisce che c'è un lotto che si piglia pure lui 82-83 punti, magari anche più.
Siamo tutti abbastanza intelligenti da capire cosa succede quando, pur avendo tutti esperienza sia dei minimi sia dei massimi livelli qualitativi, ed avendo quindi tutti la chiara capacità di distinguere -al netto della preferenza personale- i vini grami da quelli buoni, si hanno frequentazioni diverse sui vini di livello alto o di livello basso.
La scala si sposta, scivola, si allunga, si accorcia, si contorce... ed è chiaro che non fa "errore" più grande chi assaggia tutti i giorni solo Tavernello spingendo una porcheria fino a 82-83, di chi a furia di bere solo Romanée-Conti finisce per relegare a 82-83 un vino appena un capello sotto l'assoluto.
Dunque, per evitare di finire al qualunquismo dell'incomunicabile, ognuno dà i punteggi accazzo e nessuno può contestarglieli, è allora necessario fissare dei punti di ancoraggio, in termini qualitativi. Di norma il lavoro si fa ai livelli delle cinquine. Anziché dire davanti ad un 93: "eh, ma allora cosa ci do allo Chateau Latour del 19eppippa che ho bevuto ieri, che era comunque molto meno buono de Vougeot GC 20eccozze bevuto l'altro ieri, che era molto molto molto meno buono del Monfortino 18emmortacci bevuto nella seduta spiritica di sabato scorso...", ci si metterà a ragionare di caratteristiche.
Tenendo ovviamente conto del fatto che:
1) non si misura la qualità del vino, che in sé non esiste, ma il gradimento che il vino induce in chi beve
2) ogni tipologia di vino impone di considerare la sua specificità costitutiva: così come un Bordeaux non si valuta con il modello di un Borgogna, un Dolceacqua non si valuta con il modello di un Barolo
3) ogni assaggiatore può valorizzare con una certa varietà di parametri e varietà di peso le varie caratteristiche di ogni vino; se di norma la maggior parte degli assaggiatori si ritrova su parametri ampiamente condivisi (io ad esempio in questo sono molto medio e non valorizzo parametri estremi, tipo l'acidità di gremul tanto per intendersi) può anche capitare che uno si dimostri eccentrico, e ad esempio non valorizzi per forza la complessità, bastandogli anche la purezza e la nettezza aromatica di pochissimi descrittori, etcetera
I punteggi sono mobili più delle donne. Sono strumenti, non monoliti, e servono a capire quanto un vino è piaciuto a tizio e a caio. Il resto è voglia di replicare da grandi il giochino del righello, pensando di affermare la propria superiorità di assaggiatore (o meglio all'interno della comunità degli assaggiatori) con l'esibizione di vini di gran qualità, fama e costo; quindi di punteggio, e guai a chi si azzarda a sconfinare in certe zone rosse con vini di fama e costo molto inferiori. Io la vedo così.
“La cultura è organizzazione, disciplina del proprio io interiore; è presa di possesso della propria personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere la propria funzione nella vita, i propri diritti e i propri doveri.”